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Autore: VaniaMajor    26/12/2010    3 recensioni
Dopo le avventure in La Fonte dei Desideri, Ranma, Ryoga e Mousse si trovano nella difficile situazione di dover combattere contro i tre fratelli Mario, possessori di un colpo micidiale, per evitare che questi sconosciuti si fidanzino con le sorelle Tendo a causa di una vecchia bugia di Genma Saotome! Ranma riuscirà a salvare Akane e a battere il colpo invincibile della Mano degli Dei?
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1

«Finalmente, figlio mio.» disse Nodoka, tra le lacrime.
«Sono felice per te, Ranma.» disse Soun Tendo, annuendo con fare grave, mentre alle sue spalle un grosso panda sventolava due cartelli di legno recanti le scritte: ‘Congratulazioni!’ e ‘Finalmente, Ranma!’
«Grazie, grazie a tutti.» disse Ranma, commosso, mentre tutti i suoi amici e parenti, adunati nel cortile della casa dei Tendo, si profondevano in un lungo e sentito applauso. Finalmente era tornato a essere un vero uomo. Finalmente la maledizione era scomparsa. Dopo aver dimostrato il proprio valore nella Sengoku Jidai, Ranma era tornato a casa trionfatore e con un corpo perfettamente normale!
«Grazie! Grazie di nuovo!» disse, spargendo saluti e sorrisi ai suoi acclamatori, mentre camminava per le strade di Nerima, diretto al Furinkan, dove l’intera scolaresca lo attendeva al cancello, inneggiando al suo nome. Tutt’attorno, coriandoli volavano nell’aria e nel cielo l’aviazione giapponese si esibiva in fantastiche evoluzioni.
«Ranma!» gridò una voce in particolare, attirando la sua attenzione. Dal gruppo degli studenti del Furinkan, la figura di Akane si stagliò, bellissima in un abito bianco da sposa, facendogli fermare il cuore in petto.
«Akane!» sussurrò, senza fiato. Lei gli sorrise e gli corse incontro, mentre i coriandoli diventavano chicchi di riso e fiori bianchi.
«Ranma!- disse la ragazza, abbracciandolo per poi guardarlo con occhi illuminati d’amore- Finalmente potremo sposarci.»
«Oh, Akane…» disse Ranma, perdendosi nella bellezza della sua fidanzata. Akane chiuse gli occhi e Ranma si avvicinò a lei, deciso a coronare col primo bacio quel momento di felicità…quando il silenzio calò improvvisamente, Akane scomparve e attorno a Ranma tutto si fece oscuro. Qualcuno rise in modo maligno.
«Chi è là?!» chiese Ranma, pronto a combattere.
Un fascio di luce apparve dal nulla per andare a illuminare un demoniaco Happosai, completo di corna e lingua biforcuta.
«Io non ti permetterò mai di tornare normale, Ranma!- ghignò il mostriciattolo- Ecco, a te!»
Happosai lo centrò in pieno con dell’acqua fredda che non poté evitare.
«No!» gridò, e si accorse che la sua voce era quella di una donna.
«Akane non sposerà mai una donnetta come te!- ridacchiò Happosai, beffandosi di lui- Non l’avrai mai! Ah ah ah!!!»
«Oh, mio tesoro, mia dolce dea!!» gridò una voce maschile e in un istante Ranma si trovò stretto tra le braccia di Kuno.
«Lasciami, porco!» strillò Ranma, tentando di sciogliersi da quell’abbraccio invadente. Happosai si gettò a corpo morto sul suo seno, toccando dappertutto, e Ranma strillò. «Io sono un uomo! Lasciatemi stare!!»
In lontananza, apparve la figura di Akane.
«Ranma…io non voglio amare un finocchio. Mi metterò con Ryoga.» mormorò, con aria triste. Ranma rimase basito, mentre la ragazza si allontanava.
«No, Akane…non mi lasciare.- gemette, tentando di liberarsi per raggiungerla- Akane, ti prego! Akane!! Aka…»
Ranma si alzò a sedere sul letto con uno scatto, una mano stretta alla coperta, l’altra tesa per recuperare la figura lontana della fidanzata. Un cartello di legno lo centrò in piena faccia, rispedendolo sul futon. Nel letto accanto, il grosso panda che era suo padre si rotolò sulla schiena e si rimise a dormire, dando le spalle al figlio pesto e sconvolto. Ranma riprese fiato, accorgendosi di aver sognato.
“Che razza di sogno.” pensò, con una smorfia, togliendosi la frangia dalla fronte sudata.
Era passato circa un mese dal giorno in cui lui e i suoi amici avevano varcato la soglia dei Tendo, dopo il viaggio che avevano affrontato nella Sengoku Jidai. Quel giorno, che doveva essere il più fausto della sua vita, in quanto tornava trionfante e con un corpo nuovamente normale, si era rivelato il solito disastro, perché il vecchiaccio Happosai si era procurato l’acqua di Jusenkyo e l’aveva graziato di una doccia non desiderata che l’aveva fatto ritornare ciò che non voleva essere: metà ragazzo e metà ragazza.Imprecando tra sé, Ranma si mise a sedere. Era stato facile riabituarsi alla maledizione, visto che la sua condizione di normalità era durata circa una settimana. Il suo inconscio, però, aveva fatto affiorare con quel brutto sogno tutte le paure e le frustrazioni riguardo la sua condizione. Sospirò, scuotendo il capo. Dannazione ad Happosai!
Visto che era quasi ora di alzarsi, Ranma si vestì silenziosamente e scese dabbasso, deciso ad andare a sfogarsi un po’ nel dojo. Ripensando alle scene del sogno, si oscurò in volto. La sua più grande paura, era evidente, riguardava la sua relazione con Akane. Non che avesse paura che lei non si fosse ormai abituata alla sua doppia identità. Da un certo punto di vista, però, era lui stesso che si sentiva in colpa, perché credeva che Akane meritasse un uomo normale e perfetto, che magari non la ficcasse in tutti i guai che lui si portava sempre dietro. Arrossì. Ancora non poteva credere di averle confessato i propri sentimenti, né di aver sentito la voce della sua fidanzata dirgli che ricambiava appieno. Beh, non che fosse riuscito a finire la frase, ma tre baci non conclusi dovevano pur significare qualcosa! Già, non conclusi…e in quel mese non c’era stata l’ombra di un tentativo di porre rimedio alla cosa.
“Come se fosse facile.- pensò, aprendo la porta scorrevole del dojo- Quando siamo qui, abbiamo sempre gli occhi puntati addosso. Se la sfiorassi con un dito, ci costringerebbero a sposarci il giorno dopo. Che situazione del cavolo…”
«Ranma!»
Ranma alzò gli occhi, ritornando nel mondo presente, e si accorse che il dojo era già occupato dalla sua fidanzata, che si stava allenando.
«Oh, Akane!- disse, sorpreso- Buongiorno!»
«Buongiorno a te.- disse lei, sorridendo, mentre si tergeva il sudore con un asciugamano- Sei mattiniero, oggi.»
«Ho fatto un brutto sogno.» ammise Ranma, stringendosi nelle spalle. Vedendola assumere un’aria preoccupata, si affrettò a sorridere. «Non preoccuparti. Prima o poi Kagome tornerà a casa e sistemerò anche questa faccenda.»
«Sì, hai ragione.» disse Akane, sorridendo. Era dal giorno in cui Happosai aveva avuto la bella idea di fare una doccia non prevista a Ranma che il giovane tentava di mettersi in contatto con Kagome per poter tornare alla Fonte dei Desideri, ma la ragazza non era ancora tornata nell’epoca presente. Akane sapeva che Ranma si tormentava per la sua condizione e sperava in cuor suo che Kagome decidesse presto di tornare. Desiderosa di distrarlo, gli lanciò un’occhiata maliziosa. «Coraggio, allora. Alleniamoci.- disse, mettendosi in posizione d’attacco- Se vincerò io, mangerai tutto quello che cucinerò per colazione.»
A Ranma scappò da ridere. In quel mese, aveva avuto modo di scoprire quale fosse stato il desiderio espresso da Akane alla Fonte dei Desideri. Benché i suoi piatti avessero sempre un aspetto strano e poco attraente, il gusto era davvero buono e nessuno in casa aveva dovuto più fare uso di bicarbonato e digestivi.
«Se vinco io, mi cucinerai doppia razione.- disse, prendendo posizione a sua volta- Ho fame.»
Ad Akane brillarono gli occhi dalla gioia, quindi si lanciò contro il fidanzato con un grido di battaglia. Il combattimento si protrasse a lungo e vide Ranma vincitore assoluto.
«Ti arrendi?» chiese Ranma, seduto sulla schiena della ragazza.
«Uffa….- ringhiò lei, seccata- Prima o poi ti batterò.»
Ranma la aiutò ad alzarsi, sorridendo. Akane continuava a migliorare, ma Ranma non credeva che sarebbe mai potuta arrivare al suo livello. Riusciva a batterlo solo indossando la Tuta della Forza, che grazie al cielo era stata di nuovo chiusa nell’armadio al loro ritorno dall’epoca di Inuyasha. Allungò una mano per prendere l’asciugamano, ma Akane lo prevenne.
«Lascia, faccio io.»  mormorò, iniziando a detergergli il sudore dal viso. Ranma arrossì e accennò a protestare, ma poi la lasciò fare, rimanendo in silenzio.
«Akane…» mormorò. Lei lo guardò, ponendo fine al suo lavoro. Ranma le prese una mano, imbarazzato. «Akane, mi dispiace se…se non stiamo mai soli.»
Akane lo zittì con un dito sulle labbra.
«Non preoccuparti.- disse- Sapere che mi vuoi bene è sufficiente.» Abbassò lo sguardo, imbarazzata.
La sua bellezza accelerò i battiti del cuore di Ranma all’ennesima potenza. Era così dolce e pura…così vicina a lui…Basta, era il momento di fare ciò che andava fatto!
«Akane!» esclamò, allungando le braccia per abbracciare la fidanzata, pronto a darle il bacio che aspettavano da tanto. Dovette invece stare attento a non inciampare, visto che incontrò solo il vuoto. Si voltò, perplesso e deluso, sentendosi piuttosto simile a Ryoga,  solo per vedere Akane marciare con decisione verso la porta del dojo e aprirla con un scatto, facendo cadere all’interno una sorta di piramide umana formata dalle squadre Tendo & Saotome.
«Che ci fate qui?» ringhiò Akane, furibonda, mentre Ranma, dietro di lei, diventava di un colore vicino al viola.
«E’ pronta la colazione.» disse Kasumi, con un sorriso.
«Ehm…farete tardi a scuola, se non vi date una mossa.» disse Soun Tendo, alzandosi in piedi e cercando di darsi un contegno.
«Passavo da qui.» disse Nabiki, senza nemmeno curarsi di abbassare la macchina fotografica che aveva in mano. Akane li fulminò tutti con un’occhiata e immediatamente i presenti si trovarono qualcos’altro da fare. Akane sospirò e si voltò verso Ranma, che aveva ritrovato la compostezza.
«Sarà così per sempre?» chiese, stanca.
«Speriamo di no.» sospirò Ranma, giù di morale. Akane gli andò vicino e lo sorprese con un bacio sulla guancia.
«Andiamo.- disse, sorridendo e prendendolo per mano- Ti devo una colazione fatta da me, o sbaglio?»
Ranma sorrise a sua volta e uscì con la fidanzata dal dojo.

***

La campana dell’intervallo suonò, dando il via a una sana confusione che soffocò le ultime parole del professore. Ranma si alzò dal banco con tutta calma, visto che da quando Akane aveva imparato a cucinare non aveva più bisogno di fare la corsa per comprarsi il pranzo. Un’aura oscura alle sue spalle lo costrinse a girarsi, preoccupato. I suoi amici lo guardavano con aria invidiosa.
«Beato te che hai Akane, Ranma.» brontolò uno di loro.
«Già.- aggiunse l’altro- Mangi bene tutti i giorni e noi dobbiamo accontentarci di un’insulsa crocchetta.»
«Eh?- disse Ranma, imbarazzato, sventolando le mani in un gesto di diniego- Ma…ma siete impazziti?! Sapete anche voi che le sbobbe di Akane fanno schif…»
Un bento lo centrò in piena testa, facendogli sbattere la fronte sul banco.
«Cos’è che farebbe schifo, Ranma?- ringhiò Akane, avvolta in un’aura minacciosa- Vieni a mangiare quello che ti ho preparato, fedifrago!»
Ciò detto, Akane recuperò il cestino del pranzo e trascinò un piangente Ranma in corridoio per il colletto. Poco distante dall’aula, lo lasciò. I due si guardarono, Ranma massaggiandosi con aria accusatoria la fronte, poi scoppiarono a ridere.
«Abbiamo un futuro come attori.» ridacchiò Ranma, scuotendo la testa. Portavano avanti quella recita da quando erano tornati, altrimenti avrebbero avuto spettatori ficcanaso persino a pranzo, l’unico momento in tutta la giornata in cui potevano starsene un po’ soli.
«Ti ho fatto male, Ranma?» chiese Akane, toccandogli la fronte.
«Figurati. Ci sei andata leggera.- disse lui, con un sogghigno- Quasi non riconosco più il mio maschiaccio violento.»
Akane fece cenno di dargli un pugno e Ranma schivò, prendendole il pranzo dalle mani e iniziando ad incamminarsi verso l’esterno della scuola. Akane, sorridendo, lo seguì. I due si erano trovati un posto tranquillo, sotto un albero vicino alla piscina, che a quell’ora era deserta. Nemmeno Nabiki era ancora riuscita a scovarli laggiù e questo dava loro almeno un po’ d’intimità. Anche se iniziava a far freddo, ne valeva la pena. Si sedettero sotto i rami quasi spogli e iniziarono a mangiare. A Ranma scappò una risata nel vedere l’accozzaglia di cibo stipata nella scatola, ma dissimulò e cominciò a mangiare, scoprendo come sempre da un mese a quella parte che era tutto molto buono.
«Sei silenzioso, oggi.- disse Akane, dopo un po’- Pensi ancora al sogno di stanotte?»
Ranma si strinse nelle spalle, inghiottendo.
«Non posso farci nulla.- borbottò- Non ho soldi per andare in Cina, a meno di andarci a nuoto per l’ennesima volta, e Kagome non ritorna. Questa situazione mi ha stancato. A te no?»
«Abbi ancora un po’ di pazienza, Ranma.- disse Akane, poggiandogli una mano sul braccio- Anche se hanno sconfitto Soichiro, Inuyasha e gli altri avevano ancora una guerra da finire.»
«Lo so.- disse Ranma, posando le bacchette con aria scura- E Kagome non lo lascerà solo finché la situazione non si sistemerà.»
«Difatti.- sospirò Akane- La capisco. Nemmeno io sarei in grado di lasciarti se…se tu fossi…»
Imbarazzata, abbassò gli occhi. Ranma, facendosi coraggio, allungò un braccio e la strinse a sé.
«Ranma…» mormorò Akane, sorpresa.
«Non mi importa se ci vedono.- sussurrò lui- Avevo bisogno di farlo.»
«Ranma Saotome!»
Il grido ebbe l’effetto immediato di porre almeno un metro di distanza tra loro. Ranma si nascose il volto in una mano, affranto e Akane sospirò. Mai un istante di tranquillità…e tanti saluti alla segretezza del loro posto preferito.
«Saotome, eccoti!» gridò ancora quello che si rivelò essere Mousse, in sella alla bicicletta di Shan Pu, lanciato a tutta velocità attraverso il parco della scuola e diretto verso di loro. Sul portapacchi era sdraiato in equilibrio precario un incosciente Ryoga, completo di zaino da viaggio e polvere accumulata nelle sue peregrinazioni. Mousse frenò a circa un centimetro dalla coppia e scese di sella con un balzo, scaraventando a terra la bicicletta e il povero Ryoga.
«Ranma! Mi è venuta un idea, quindi invece di stare qui a civettare dammi retta!» esclamò, guardando Akane dritta negli occhi.
«Sono qui, talpa.- borbottò Ranma, dandogli un debole calcio in faccia- E a proposito, che ci faceva Ryoga sulla tua bicicletta?»
Mousse si infilò gli occhiali e si accorse della figura sdraiata sull’erba a faccia in giù.
«Oh guarda! Ecco cosa ho colpito per strada.» disse, sorpreso. Akane e Ranma chinarono la testa, ormai abituati alle prodezze di cui Mousse era capace senza occhiali. «Beh, anche meglio.- disse Mousse, prendendo Ryoga per il colletto e iniziando a scrollarlo- La mia idea riguarda anche lui.»
Ryoga si svegliò di scatto e subito affibbiò un pugno a Mousse, mandandolo a gambe all’aria.
«Cosa mi hai fatto, dannata talpa?!» sbottò adirato, prima di accorgersi di avere degli spettatori. «Oh, Akane! Ranma! Ma voi che ci fate a Yokohama?»
Ranma e Akane si guardarono e sospirarono. Anche per quella volta avrebbero dovuto rinunciare al loro momento di intimità. Qualche minuto dopo, quando Mousse ebbe ripreso conoscenza e Ryoga ebbe finito di divorare il pranzo offertogli da Akane e ciò che restava di quello di Ranma, che fu costretto a cederlo di fronte a un’occhiata infuocata della fidanzata, Mousse iniziò a illustrare loro quale fosse la sua brillante idea.
«Ho pensato a lungo a questa storia del pozzo di Inuyasha.- disse, alzando un dito per puntualizzare le sue parole- Come sappiamo, solo lui e Kagome lo possono attraversare.»
«Infatti.- disse Ryoga, scuro in volto- E questo è il motivo per cui stiamo ancora sopportando questa ignominiosa maledizione!»
«Lo vieni a dire a me?- disse Mousse, rabbrividendo- Non hai idea di ciò che ho dovuto subire in questo mese.»
«Dannato Happosai…» borbottarono i tre ragazzi, sconsolati.
Il giorno in cui erano tornati al Tendo Dojo, non solo Ranma, ma anche Ryoga e Mousse erano stati colpiti dall’acqua maledetta e da allora si trasformavano a loro volta in ragazza quando venivano bagnati con acqua fredda. Ryoga si era perso quasi subito e in quel mese era capitato a Nerima solo un paio di volte, quindi nessuno aveva un’idea precisa di come il ragazzo avesse cercato di abituarsi alla maledizione. Ranma aveva assistito una volta alla trasformazione, in quanto si erano incontrati ai bagni pubblici, e Ryoga era svenuto alla vista del proprio corpo femminile, perdendo sangue dal naso. La seconda volta era sembrato meno sconvolto, ma per un ragazzo timido come Ryoga quella trasformazione doveva essere davvero traumatica.
Mousse, dal canto suo, aveva preso la trasformazione con rabbia indignata. Detestava la sua forma femminile, in quanto era degradante…anche se forse non quanto diventare un’anatra. In più, Shan Pu gli aveva detto che non gli avrebbe permesso di sfidarla finché non fosse tornato normale, gettandolo nella disperazione più profonda. A dispetto di ciò, o forse proprio per questo, Shan Pu aveva trovato un nuovo sistema per tormentare il povero Mousse, che era diventato la bambola preferita della cinese, la quale lo costringeva almeno una volta al giorno a sottoporsi alle sue cure, vestendolo, pettinandolo e truccandolo. Mousse lo trovava davvero umiliante e se ne lamentava con Ranma ogni volta che lo vedeva, ma al richiamo di Shan Pu accorreva sempre come un cagnolino ubbidiente.
«Va bene, torniamo all’argomento principale.- disse il ragazzo, riscuotendosi- Come dicevo, noi non possiamo usare il pozzo, quindi non ci resta che attendere con pazienza che Kagome ritorni.»
«E che idea è?» ringhiò Ryoga, seccato. Non gli piaceva parlare di certi argomenti di fronte ad Akane.
«Se stai zitto te lo dirò.- lo freddò Mousse- Ieri, mentre cucinavo al ristorante, mi sono ricordato di una cosa che mi ha raccontato proprio Kagome.»
«Vale a dire?» chiese Ranma, corrugando la fronte.
«Ran-chan!»
Tutti sbuffarono per l’ennesima interruzione, mentre Ukyo correva verso di loro, salutando. Quello era il primo giorno che Ukyo tornava a scuola dopo il loro viaggio nella Sengoku Jidai, in quanto non si era mossa da casa fino alla completa guarigione di Konatsu dalla sua ferita. A suo dire, era stata una decisione dettata dalla preoccupazione di non  far affondare i suoi affari, che da quando era tornata stavano andando sorprendentemente bene, in quanto non poteva certo lasciare la gestione a un infermo, ma a nessuno era sfuggita la tenerezza con cui Ukyo aveva iniziato a trattare il kunoichi.
«Ran-chan, ecco dove ti nascondevi!- disse la ragazza, ansimando per la corsa- Cos’è, una riunione?»
«Ukyo…» iniziò a riprenderla Ryoga.
«Ukyo Kuonji, chiudi la bocca.- sbottò Mousse- Stiamo parlando di cose serie!»
La spatola di Ukyo lo centrò in piena faccia.
«Hai qualcosa da dire anche tu?» ringhiò la cuoca di okonomiyaki, rivolta a Ryoga, che si affrettò a scuotere il capo. «Bene, allora.- disse, sedendosi- Se ascolta Akane, posso ascoltare anch’io.»
«Va bene.- borbottò Mousse, massaggiandosi il naso e cercando di riprendere un contegno- Dicevo…»
«Saotome! Stai lontano dalla mia dolce Akane!»
Stavolta fu udibile il suono della perdita della pazienza da parte di tutti, mentre Kuno si avventava su Ranma con la katana in pugno.
«Stai zitto, imbecille!- sbottò Ranma, alzandosi in piedi e affibbiando al senpai un tremendo calcio- Voglio sentire l’idea di Mousse, una buona volta!»
Kuno volò via senza un grido, andando ad atterrare con un grande tonfo in piscina. Nemmeno a dirlo, l’acqua si sollevò in un’ampia ondata che raggiunse anche il gruppo seduto sotto l’albero.
«Bravo, Ranma.- disse Akane, con una smorfia- E adesso come ci asciughiamo?»
Ranma, affranto, chinò la testa rossa, rimettendosi a sedere.
«Mi dispiace.» borbottò, rivolto agli amici…o meglio, alle amiche, in quanto ormai il gruppo era composto da sole donne. Al posto di Ryoga era seduta una ragazza immusonita dai capelli corti e scuri, con strani riflessi sul verde, e gli occhi di un verde-giallo brillante. I vestiti le pendevano di dosso in maniera simile a quelli di Ranma, in quanto il suo corpo era piuttosto formoso. Al posto di Mousse, invece, sedeva una ragazza dai capelli lunghi e neri e gli occhi viola allungati, molto bella nonostante le imprecazioni poco femminili che le stavano uscendo di bocca. Il suo fisico era più magro e longilineo delle altre due, ma comunque molto femminile. I vestiti maschili le stavano quasi cadendo di dosso.
«Maledizione!- sbottò Ryoga, togliendosi i capelli appiccicati sulla fronte- Ranma, come al solito è colpa tua! Non potevi colpirlo meno forte?»
«Meno forte?!- disse Ranma, con una smorfia- Sopportalo tutti i giorni e anche tu lo colpirai ogni volta più forte che potrai.»
«Ragazza col codino! Mio amore!- gridò Kuno, emerso dalla piscina- Oh, tesoro, chi sono quelle dolci donzelle che ti stanno accanto?» Si materializzò in un lampo accanto al gruppo, sedendosi con aria seria e ispirata. «Piacere di conoscervi, dolci fanciulle.- disse, sfoggiando un sorriso seducente- Io, Kuno Tatewaki, prometto di rendervi tutte felici, perciò non accapigliatevi.»
Una serie di pugni lo raggiunse in piena faccia, mandandolo definitivamente ko.
«Visto, che vi avevo detto?» sospirò Ranma, mentre gli altri osservavano Kuno con aria schifata. In quel momento suonò la campana che segnalava il riprendere delle lezioni.
«Qui non si può parlare.- sospirò Ranma, alzandosi e aiutando Akane a fare altrettanto- Restate qui e aspettate che finisca la scuola. Parleremo a casa dei Tendo, ok?»
Ryoga e Mousse annuirono e Ranma iniziò ad allontanarsi con Akane e Ukyo.
«Ranma?» lo richiamò Ryoga, facendolo voltare.
«Sì?» chiese, perplesso.
«Dove possiamo trovare un po’ d’acqua calda?» chiesero in coro Mousse e Ryoga.

***

Più tardi, nel pomeriggio, il gruppo poté finalmente sedersi ad un tavolo per discutere dell’ancora misteriosa idea di Mousse. Ukyo era tornata al ristorante e gli abitanti di casa erano intenti a consumare la merenda che Kasumi aveva preparato, prima di uscire con Nodoka per fare spese.
«Allora, Mousse. Non tenerci sulle spine.» disse Ranma, dando un morso a un sakura-mochi.
«Dunque, come vi stavo spiegando, mi è tornata in mente una cosa che mi ha raccontato Kagome.- disse Mousse, le mani nascoste nelle ampie maniche- Mentre eravamo in attesa del ritorno di Anna, illustrò a me e a Shan Pu come aveva capito le potenzialità del pozzo di riportarla a casa.»
«Varrebbe a dire?» chiese Ryoga, sorseggiando il té.
«Il pozzo viene chiamato ‘mangiaossa’.- disse Mousse, con un’occhiata furba- Questo perché le ossa dei demoni che vi vengono gettate, prima o dopo spariscono. Kagome mi ha detto di aver pensato che potesse fare la stessa cosa con le persone e che, cadendoci dentro a causa di una oni che la stava attaccando, riuscì effettivamente a tornare a casa.»
«E allora?- chiese Ranma, sbuffando- Sappiamo già che Kagome può usare il pozzo. Il problema sta nel fatto che riescono a usarlo solo lei e Inuyasha.»
«Per quanto riguarda le persone, certo.- disse Mousse, con un sorrisetto- Ma pare funzioni anche con gli oggetti, visto che fa sparire anche le ossa di demone.»
«Non ti seguo, Mousse. Dove vuoi andare a parare?»  chiese Ryoga, sospettoso. In quel mentre, il telefono suonò in corridoio. Nabiki, sbuffando, lasciò la stanza senza che nessuno le prestasse attenzione.
«Voglio dire che potremmo tentare di metterci in comunicazione con Kagome.- disse Mousse, con un sorrisetto- Potremmo scrivere un messaggio per lei illustrandole la situazione, poi lasciarlo nel pozzo e aspettare che sparisca. Dall’altra parte, non ci potrà essere che lei.»
«E leggendo il nostro messaggio farà un salto nel presente per venirci a prendere.» mormorò Ryoga, sorpreso.
«Mousse!- esclamò Ranma, poggiando le mani sulle spalle dell’amico gongolante- Sembri scemo, ma in fondo hai del cervello!»
Mousse gli affibbiò una martellata sulla testa.
«Allora, cosa ne dite della mia idea?» chiese, acido.
«Io ci sto!- disse Ryoga, alzandosi su un ginocchio e stringendo i pugni- Scriviamo questo messaggio!»
«Carta e penna, presto!» disse Ranma, esaltato, frugando nella cartella appoggiata per terra.
Akane osservò l’euforia dei tre con un sorriso. Sperava che l’idea di Mousse fosse valida, perché sarebbe bastato poco per far ricadere quei tre in depressione. In quel momento, Nabiki entrò di nuovo nella stanza, sbadigliando.
«Erano di nuovo i tuoi amici, papà.- disse, sedendosi e riappropriandosi di un dolce che Genma stava per sottrarle- Hanno detto che arriveranno domani.»
«I miei amici?» chiese Soun,  corrugando la fronte.
«Ma sì, i tuoi amici.- disse Nabiki, osservando con aria annoiata i tre ragazzi, che ora stavano cercando di mettersi d’accordo sulle frasi da scrivere- Spero che non si fermino a mangiare o dormire. Abbiamo già troppi mangiapane a ufo.»
«Ma di quali amici stai parlando, Nabiki?» chiese Akane, perplessa.
«Uffa…quelli che hanno chiamato il giorno in cui siete tornati da…- disse Nabiki, seccata, poi sembrò ricordare qualcosa- Oh già, nella confusione mi ero dimenticata di dirvelo. Comunque, quei fratelli Mario saranno qui domani.»
«Fratelli chi?- chiese Soun- Io non conosco nessuno con questo nome!»
«Come no?!- chiese Nabiki, sorpresa, attirando l’attenzione di tutti- Ma se mi hanno chiesto espressamente se questa fosse la casa di Soun Tendo e delle sue figlie!»
Akane notò che Genma si stava defilando silenziosamente.
«Signor Saotome!» chiamò a gran voce, congelandolo sul posto.
«Saotome!- disse Soun Tendo, mellifluo- Ne sai qualcosa?»
«Io?» chiese Genma, indicandosi con aria innocente.
«Papà, ne hai combinata un’altra delle tue?- chiese Ranma, annoiato, passando il foglio a Ryoga perché finisse di scrivere- Cos’è, mi hai trovato un’altra fidanzata?»
«Ehm…no. Non a te.» disse, ridacchiando con un certo nervosismo.
«Allora a chi?» chiese lui, corrugando la fronte.
«Ehm…Tendo, tu e le tue figlie fareste meglio a cambiare domicilio per qualche tempo.» disse Genma, arretrando di un passo.
«Insomma, Saotome! Che cosa stai dicendo?» sbottò Soun, indignato.
«Ecco…i fratelli Mario stanno venendo per le tue figlie, caro Soun.» confessò Genma, disinvolto, prima di darsi a una precipitosa fuga, sotto gli sguardi attoniti dei presenti. Soun Tendo divenne pallido, poi rosso, poi viola…quindi si trasformò in una enorme testa fantasma completa di lingua biforcuta.
«SAOTOMEEEEEEEEE!!» gridò, lanciandosi all’inseguimento dell’amico per i corridoi di casa.

   
 
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