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Autore: Lilly_93    27/12/2010    0 recensioni
L'improvviso ritorno di Anna con Abel da Trieste sconvolge la vita di Luca, ma un improvviso incidente sembra spezzare la quotidianità ritrovata.
Riusciranno Anna e Luca a confessarsi, finalmente, ciò che provano l'uno per l'altra?
Una storia post Distretto di Polizia 9.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono sicuro che la figura davanti a me è solo frutto della mia immaginazione.
Ne sono sicuro perchè mi è capitato già altre volte, negli ultimi sei mesi, di immaginare il viso di Anna.
Ma questa volta, la visione è più nitida.
Anna è lì, mano nella mano con Abel. Dietro di loro, tre valigie.
Ok, sono stato svegliato dal campanello nel bel mezzo della notte quindi sono parecchio insonnolito, ma in questo momento mi pare impossibile che mi stia immaginando tutto.
Ma se non è la mia immaginazione, che ci fanno Anna e Abel fuori da casa mia a quest'ora?
"Anna?"
I suoi occhi profondi incrociano i miei.
"Si, sono io"
Rimango impalato a guardarla, stupito della sua presenza.
"Bè, ci fai entrare o no? Abel ha sonno"
"Certo, certo"
Mi scanso quanto basta per farli entrare, poi prendo le valigie e le porto in casa.
Anna si dirige spedita verso la sua camera.
Io la seguo, più incerto.
La vedo mettere Abel a letto.
"Vedrai che ti troverai bene qui" sussurra al piccolo. "Luca è simpatico, sono sicura che andrete d'accordo"
Lo bacia in fronte ed esce dalla stanza.
Ci dirigiamo in soggiorno.
"Allora, si può sapere che ci fate voi qui?"
Mi guarda confusa.
"Se per te è un problema possiamo anche trovarci un'altra sistemazione..."
Ora sono io ad essere sorpreso.
"Ma ti pare, Anna? Questa è casa tua, lo sai. Mi chiedevo solo perchè siete arrivati qui nel cuore della notte,senza avvertire... è successo qualcosa?"
Anna si siede sul divano, facendomi segno di imitarla.
"Avevamo nostalgia di casa. Sono stati faticosi questi sei mesi, lontano dalle persone a cui voglio bene, e lo stesso è stato per Abel. E' stato molto duro per lui ritrovarsi improvvisamente senza padre e in un'altra città. Non era sereno, lo vedevo. Ho pensato che tornare qui sarebbe stato salutare per entrambi"
"E per il lavoro? Continuerai a studiare o tornerai in Polizia?"
"Mi mancano troppo furti, sparatorie e roba varia" sorride. "Ho parlato con chi di dovere, e da domani riprendo servizio"
La guardo sorpreso.
"Quindi sei di nuovo dei nostri! Anna, non sai quanto sono felice! Ma perchè non me l'hai detto prima?Avrei avvertito Elena e gli altri!"
"Volevo farvi una sorpresa. Mi dispiace per l'ora, non ho calcolato bene le ore di viaggio"
"Tranquilla, voi non disturbate mai"
Le accarezzo una guancia. Lei mi sorride, poi si alza.
"Vado a dormire, domani dobbiamo alzarci presto"
"Se vuoi posso dormire sul divano, ti lascio la mia stanza"
"No, tranquillo. Dormo con Abel"
Si guarda in giro.
"Non è cambiato niente..."
"Ho preferito lasciare le cose come stavano"
Ci sorridiamo.
"Bè, buonanotte"
Fa per andarsene, ma la fermo.
"Bentornata, Anna"
Mi stringe in un abbraccio, che non tardo a ricambiare.
La notte non riesco a dormire.
Da quando Anna se ne è andata, non è passato un giorno in cui non ho pensato a lei.
Ci sentivamo per telefono, inizialmente tutti i giorni, poi le telefonate si erano diradate, e negli ultimi tempi ci limitavamo a scambiarci messaggi sempre più brevi e freddi.
Al lavoro sono sempre più silenzioso, mi limito a condurre le indagini senza molto interesse e neanche il ritorno di Alessandro, tornato per prendere il posto lasciato vuoto da Lorenzo, riesce a tirarmi su di morale.
Non avevo mai sperato in un ritorno di Anna. Mi era sembrata così sicura quando mi aveva comunicato la sua decisione.
E io non avevo mai pensato di ostacolarla. Voleva lasciarsi dietro le spalle tutto quello che era successo tra noi e con Dorian.
La capivo.
Eppure avrei dovuto immaginare che le sarebbe mancato il suo lavoro. Era sempre stata una poliziotta coraggiosa, che metteva tanta passione in quello che faceva.
Ritrovarmela lì, davanti casa, aveva risvegliato in me quelle sensazioni che non provavo da tanto.
Il cuore che batteva sempre più veloce, le farfalle nello stomaco.
Mi è mancata tanto e ancora non riesco a credere che fosse tornata.
Finalmente riesco a zittire i miei pensieri, e cado in un sonno profondo senza sogni.

Il mattino seguente mi sveglia un forte odore di caffè e il rumore di stoviglie.
Guardo disorientato la sveglia, e quando leggo l'ora mi catapulto fuori dal letto.
E' tardissimo!
Corro in cucina e lì trovo Abel intento a bere del latte e Anna che preparava il caffè.
" 'Giorno" dico insonnolito
"Buongiorno Luca" sussurra intimidito Abel.
"Ciao Luca, finalmente ti sei svegliato, pensavo fossi andato in letargo! Siediti, ti ho preparato il caffè!"
Il fiume di parole di Anna mi travolge in pieno. Mi ero dimenticato di come fosse pimpante anche alle sette di mattina.
Accompagnamo Abel a scuola e poi ci dirigiamo in Commissariato.
"Chissà che facce faranno gli altri quando mi vedranno..."
"Saranno felicissimi, vedrai. Sei mancata a tutti. E poi c'è una sorpresa..."
"E' inutile che fai il misterioso, lo so che è tornato Ale"
La guardo stupito.
"Luca, ti sei dimenticato che sono amica di Elena?L'ho sentita un pò di giorni fa e me lo ha detto"
"Scusa è vero, non ci pensavo"
Sorride, divertita. Quanto mi è mancato quel sorriso.
Probabilmente si accorge che la sto guardando, perchè arrossisce e distoglie alla svelta lo sguardo.
Entriamo in Commissariato.
La prima che incrociammo è Elena, che sta cercando di far partire il distributore di bibite a suon di pugni.
"Macchinetta infernale!" inveisce. "Siamo in un Commissariato, possibile che dobbiamo accontentarci di questo rottame?"
La saluto, prima che possa spaccarla definitavamente.
"Ciao Elena"
"Ciao Luca" dice senza guardarmi.
Poi gira la testa, e rimane senza fiato.
"Anna... sei tu?"
Non le da nemmeno il tempo di rispondere. Si butta su di lei, stringendola in un abbraccio.
"Oddio tesoro quanto mi sei mancata!"
"Anche tu Ele! Sono così felice di essere tornata"
"Per quanto rimarrai?"
"Bè, finchè mi sopporterete" scherza.
"Quindi torni a lavorare con noi! Mamma mia che bello! Vieni con me, ti devo raccontare tutto!"
Elena sequestra Anna. Probabilmente non la mollerà più per tutto il giorno.
La giornata passa velocemente. Con Anna al mio fianco, tutto riprende interesse.
Da un pò di tempo stavamo conducendo un indagine su un furto in una banca, ed è proprio Anna ad avere un intuizione fondamentale per risolvere il caso.
Alle 17:00 Anna va a prendere Abel.
Io decido di trattenermi in ufficio il tempo necessario per sbrigare alcune pratiche e archiviare il caso.
Sono già a buon punto quando bussano.
"Avanti" urlo in direzione della porta.
"Posso, Luca?"
La testa di Ale fa capolino dalla porta.
"Certo Ale, entra"
"Volevo parlarti"
Si siede di fronte a me.
"Dimmi tutto"
"Finalmente siamo riusciti a risolvere l'indagine, eh?"
Il suo tono è incerto.
"Ale, di cosa vuoi parlarmi realmente?"
Alessandro sospira.
"Non ti si può nascondere niente, eh?"
"Ci conosciamo da talmente tanto tempo che ormai ti capisco al volo"
"Va bene... è che mi chiedevo... bè si, mi chiedevo se tra te e Anna ci fosse qualcosa... oltre all'amicizia, intendo"
La domanda mi spiazza, ma cerco di mantenere un'espressione neutra.
"Perchè me lo chiedi?"
"Perchè ultimamente eri sempre distratto, con la testa tra le nuvole. Parlavi poco, e se qualcuno ti domandava qualcosa a volte neanche rispondevi. Eri triste. Invece oggi sei cambiato totalmente. Sei tornato il vecchio Luca, quello che conoscevamo tutti. E allora mi sono chiesto se questo fosse dipeso dal ritorno di Anna"
A volte mi sorprendo della capacità di Alessandro di capirmi al volo. Inutile negarlo, ha centrato in pieno.
"Non è come pensi tu. E' una storia molto lunga"
"Ma io non ho fretta"
Così gli racconto tutto.
Parto dalla notte in cui stavamo per fare l'amore, fino ad arrivare alla sua decisione di partire.
Per la prima volta racconto come mi sono sentito quando avevo capito di amarla, come mi sono sentito in un certo senso tradito quando l'avevo vista con Dorian.
Alessandro è il primo a sapere quanto mi è costato non dirle niente, il giorno in cui l'ho lasciata andare verso una nuova vita,consapevole che qualcosa tra noi era cambiato, ma che nessuno dei due aveva il coraggio di chiarire.
Ascolta le mie parole in silenzio,senza interrompermi. Ha capito che dovevo sfogarmi con qualcuno, perchè tenermi dentro tutto peggiorava solo la mia situazione.
"E adesso, la ami ancora?"
"Non lo so, Ale. Il rapporto che c'è tra noi due non si può spiegare a parole, non esiste una termine per definirlo. So solo che in questi mesi mi è mancata, come l'aria. E che quando è tornata mi sono sentito nuovamente felice"
Ale mi guarda per un secondo.
"Per me sei innamorato. Dovresti vedere come la guardi, non la molli un attimo"
Alzo le spalle.
"Per ora preferisco lasciare le cose così. Per me è già tanto averla qui vicino. Piuttosto, che mi dici di te ed Elena?"
L'ho fatto per cambiare discorso, ma la sua faccia mi fa capire di aver toccato un argomento delicato.
"Elena mi è stata molto vicina da quando è morta Irene. E' stata un'ottima amica, ma nient'altro. E poi ora c'è quell'altro, no?"
"Ma quell'altro, come lo chiami tu, è stato trasferito a Bologna, ed Elena si è rifiutata di seguirlo. Si sono lasciati"
"Si, ma secondo me pensa ancora a lui. Che ci troverà poi, è più vecchio di lei!"
"Ma allora sei geloso!"
"No! Si... bo, non lo so... non ci sto capendo più niente"
"Certo che io e te facciamo a gara per chi è più incasinato, eh?"
Ridiamo,poi entrambi torniamo a casa.

Io, Anna e Abel ceniamo insieme.
Abel inizia a sciogliersi: Anna ha ragione, stare qui con noi l'aiuterà sicuramente.
Lo metto a letto io, dopo avergli letto una favola.
Quando si addormenta, Anna mi propone di vedere un film, come ai vecchi tempi.
Così preparo i pop corn, prendo un dvd e ci accomodiamo sul divano.
Ma quasi subito mi rendo conto che Anna non sta seguendo, anzi ha la testa da tutt'altra parte.
Spengo il televisore e lei nemmeno se ne accorge.
"Anna, mi vuoi dire che succede?"
"Niente, perchè?"
Sbuffo, infastidito.
"Guarda che non mi freghi. Lo so benissimo che stai pensando a qualcosa che ti turba"
Lei rimane zitta.
"Pensi ancora a lui, vero?"
Non c'è bisogno di dire il nome, sappiamo entrambi a chi mi riferisco.
Mi guarda. I suoi occhi grandi inchiodano i miei, poi distoglie lo sguardo.
"Si... a volte mi capita di pensarlo..."
Sospiro e faccio per andarmene, ma lei mi trattiene per un braccio.
"Non te ne andare... ho bisogno di te..."
L'abbraccio.
Questo è un abbraccio diverso: è il nostro abbraccio, quello che ci siamo sempre dati nei momenti di bisogno.
Da tempo ormai non ci abbracciavamo in quel modo, sentendo i nostri cuori battere insieme, e questo ritorno al passato mi fa sperare che la crepa venutasi a creare nel nostro rapporto non sia così irreparabile.
Passiamo la notte così.
Anna si addormenta, e se l'avessi portata nella sua stanza si sarebbe svegliata.
Inoltre, è così bello sentirla vicino a me, accoccolata sulla mia spalla. Non avrei mai avuto la forza di allontanarmi da lei.
Mi addormento anche io, cullato dal dolce suono del suo respiro.

"Anna, Luca... svegliatevi!"
Sento qualcosa strattonarmi, così mi costringo ad aprire gli occhi.
Abel ci fissa confuso.
"Che succede?" mugugno.
Poi giro lo sguardo, e vedo Anna appolaiata in un angolo del divano, che si sta svegliando.
Sorrido dolcemente, vedendola con i capelli scompigliati e lo sguardo ancora addormentato.
"Succede che è tardissimo, nessuno mi ha preparato la colazione e devo andare a scuola!"
La voce spazientita di Abel ci constringe a svegliarci definitivamente.
Ci sorridiamo imbarazzati dopo esserci resi conto di aver passato la notte lì, sul divano, quasi come due amanti, anche se sappiamo entrambi di non aver fatto nulla di male.
In passato era capitato più volte di addormentarci abbracciati, e non ci avevamo mai visto nulla di male, ma dopo gli avvenimenti degli ultimi mesi anche questo gesto abituale è diventato per noi imbarazzante.
Anna prepara la colazione ad Abel, e dopo una corsa per prepararci, riusciamo ad accompagnarlo in tempo a scuola e ad arrivare puntuali al Commissariato.
Lì troviamo Elena e Gabriele agitatissimi.
"Ragazzi che succede?"
"C'è in corso un'altra rapina ad un banca, Luca" dice Gabriele.
"Ma come è possibile, li abbiamo presi!"
"Avevano due complici. Il problema è che un cassiere della banca ha tirato fuori una pistola ,uno dei due rapinatori se ne è accorto e l'ha ferito ad un braccio. Si rifiutano di farlo uscire, a meno che non procuriamo loro una macchina e una borsa con diecimila euro" risponde trafelata Elena.
"Non c'è tempo da perdere. Indossate i giubotti antiproiettile e andiamo tutti là"
Sul posto troviamo già Alessandro.
"Allora,Ale, ci sono novità?"
"No, a parte quello che già sapete. I rapinatori non lasceranno quell'uomo libero finchè non avranno quello che hanno chiesto"
"Va bene, dammi qua"
Prendo il megafono dalle mani di Alessandro.
"A breve avrete la macchina con i soldi che avete richiesto. Prima però fate uscire l'ostaggio ferito"
Nessuna risposta.
"Che facciamo, Luca?" chiede nervosa Anna.
Non faccio in tempo a risponderle. Si sente uno sparo, delle urla e poi più niente.
"Luca dobbiamo fare qualcosa!"
"Lo so, Anna, lo so!"
"Basta, io entro"
Mi giro verso di lei con il panico negli occhi.
"Tu non vai da nessuna parte"
"Invece si! E' l'unico modo. C'è un'accesso sul retro, entrerò da lì e li fermerò"
Ha ragione, lo so.
Ma non posso lasciarla andare. Rischierei di perderla, e questa volta nel modo peggiore.
"Luca, andrò io con lei" si offre Elena.
"Va bene, va bene!" urlo, sconfitto. Porgo loro due auricolari. "Indossateli, ci terremo a contatto"
"State attente" sussurro, con un groppo in gola.
Anna mi rivolge un sorriso tirato.
"Andrà tutto bene"
Mi sforzo di crederle. Cosa sarebbe potuto succedere, in fondo? Elena e Anna non sono delle stupide.
Eppure incrocio lo sguardo di Alessandro, e vedo la mia paura riflessa nei suoi occhi.
"Luca, io non ce la faccio... vado con loro"
"Fermo, Ale. Vado io, tu resta con Gabriele qui fuori"
Corro finchè non le raggiungo.
"E tu che ci fai qui, Luca?" mi chiede Elena.
"Tre è meglio di due"
Anna mi guarda interrogativa, ma non dice nulla.
Procediamo lentamente, cercando di essere il più silenziosi possibile.
Finalmente arriviamo davanti ad una porta.
La apro con cautela, cercando di sbirciare.
"Ci sono parecchie persone a terra, tra cui l'uomo ferito. E poi c'è un rapinatore che li minaccia con la pistola" sussurro pianissimo.
"Uno solo? E l'altro dov'è?" mi chiede Anna
"Non lo so, non riesco a vedere"
Ed è un attimo.D ietro di noi si materializza il secondo rapinatore. Indossa un passamontagna.
Tiriamo fuori le pistole, ma non possiamo sparare.
Ha preso Anna come ostaggio.
"Buttate le pistole o la faccio fuori"
Io ed Elena abbassiamo le armi.
Incrocio gli occhi di Anna. E' terrorizzata.
Il rapinatore si allontana velocemente, trascinandosela dietro.
Prendo al pistola e inizio a correre.
Sono usciti da una porta che da sulla strada.
Cerco disperatamente di non perderli di vista, ma hanno svoltato l'angolo.
Poi, all'improvviso, uno sparo.
Il cuore mi si ferma, e corro più velocemente che mai.
Lo spettacolo che vedo mi gela il sangue.
Anna è a terra, in una pozza di sangue. A pochi passi da lei, il suo giubotto antiproiettile.
La prendo tra le mie braccia, cercando di non scuoterla troppo.
"Anna, mi senti? Tranquilla,adesso chiamo l'ambulanza"
In un secondo faccio la chiamata.
Anna apre e chiude gli occhi, mentre tiene premuta la mano sulla ferita all'addome.
"Anna non chiudere gli occhi. Rimani con me, Anna. Tranquilla,non è niente"
"Luca... mi fa male..."
"Lo so che ti fa male, adesso arriva l'ambulanza, resisti ti prego. Non mi lasciare,amore mio..." sussurro con un groppo in gola.
"Prenditi cura di Abel... non lasciarlo solo..."
"Anna,che dici? Ci prenderemo cura noi due di lui, insieme! Fallo per lui, Anna, non lo abbandonare"
Premo una mano sulla ferita, cercando di tappare i buchi che lei lascia scoperti.
Finalmente arriva l'ambulanza.
I paramedici mettono Anna su una barella.
"Luca non mi lasciare"
Le stringo forte la mano.
"No che non ti lascio..."
Sull'ambulanza Anna perde conoscenza.
Mi fa strano vederla lì, sdraiata quasi come fosse morta.
Non so dare un nome a quello che sto provando.
Ansia, agitazione, rabbia, terrore. E quel senso di vuoto, di smarrimento.
Lei non può andarsene. Deve combattere per lei, per Abel, per me.
Il viaggio sembra durare un'eternità.
La portano in sala operatoria, lasciandomi solo.
Ma subito dopo Elena, Alessandro e Gabriele mi raggiungono.
"Luca! Come sta?" mi chiede Elena, le lacrime agli occhi.
"Non lo so..." fatico a tenere la voce ferma. Sto per scoppiare in lacrime. "La stanno operando..."
Alessandro mi abbraccia.
"Se la caverà, Luca. E' forte, non si arrenderà tanto facilmente"
Annuisco. Non ce la faccio a parlare.
"Li abbiamo presi, Luca. Abbiamo preso i rapitori, anche quello che ha sparato ad Anna" Gabriele mi sorride.
"Bene..." non me ne importa granchè. L'unica cosa che voglio è vedere Anna sorridere di nuovo.
Veniamo raggiunti da Vittoria, Giuseppe e Ugo, preoccupati quanto noi.
Le ore sembrano non passare più.
Elena piange stretta ad Alessandro, che la consola.
Gabriele tortura la sua pallina, lo sguardo triste, fisso verso il basso.
Giuseppe e Vittoria sono abbracciati, mentre Ugo beve il terzo caffè nel giro di un'ora.
Finalmente, dopo un'attesa che sembra infinita, un medico esce dalla sala operatoria.
Ci affolliamo intorno a lui.
"Come sta dottore?"
"La vostra collega è stata fortunata, il proiettile non ha colpito nessun organo vitale. Purtroppo però è stata un'operazione complessa, ha perso molto sangue"
"Quindi?" chiedo impaziente.
"Per ora dobbiamo sperare che passi la notte. Poi si vedrà"
E se ne va, lasciandoci lì, senza parole.

Riesco a convincere tutti i miei colleghi a tornare a casa.
Ho chiesto ad Elena di occuparsi di Abel. Io rimarrò ospedale, non ho la forza di allontanarmi.
Sono rimasto solo, ma forse è meglio così. Non sarei stato di molta compagnia.
Non faccio altro che ripensare ai momenti passati con lei, quelli belli e quelli brutti.
E' lei che negli ultimi anni ha riempito la mia vita.
Lei, con il suo sorriso, la sua insicurezza, la sua voglia di vivere.
Non può andarsene. Abbiamo ancora tante cose da dirci...
Le lacrime che avevo cercato di trattenere escono spontanee, scivolando lungo le mie guance.
Quante volte ho sbagliato con lei?Tante, troppe.
Adesso devo riparare.
Mi alzo. Non riesco a stare seduto lì, mentre lei combatte tra la vita e la morte.
Incrocio un'infermiera.
"Scusi... sono un collega della donna che è stata appena operata"
"Si, la poliziotta. Mi dica"
"Non c'è un modo per... vederla?" chiedo incerto.
L'infermiera scruta il mio viso, poi sospira.
"Se si accontenta, gliela posso far vedere dal vetro"
"Certo che mi accontento!"
Mi conduce fino ad una stanza piuttosto piccola.
"Può restare qui"
Indica con il dito un vetro.
Mi faccio forza e sbircio...
La prima cosa che vedo sono i macchinari.
Sono tantissimi, e tutti sono collegati mediante dei fili al corpo di Anna.
Anna.
E' stesa su quel letto, gli occhi chiusi, il colorito pallido.
Sembra così fragile e indifesa. Vederla in quello stato scatena un'altra ondata di lacrime, che però scaccio subito.
Anna non vorrebbe vedermi afflitto, ne sono sicuro.
Passo la notte così, aggrappato a quel vetro, pregando che non succeda niente.
E quando le prime luci del mattino illuminano la stanza, mi sento sollevato.
Non si è svegliata, ma ha passato la notte.
Verso le nove un dottore passa a visitarla.
"Allora, come sta?" chiedo appena esce dalla stanza.
"Ha passato la notte, è già qualcosa. Ma per dichiararla fuori pericolo dobbiamo aspettare che si svegli"
"E quanto ci vorrà?"
"Questo non lo so. Non abbia fretta. E' forte, ha sopportato un'operazione complicata, ora dobbiamo solo aspettare"
Aspettare.
Certo, a lui sembra facile.
"Dottore, posso entrare? La prego..."
Probabilmente la mia espressione deve essere più che convincente, visto che mi fa indossare camicie e cuffia e mi fa entrare.
"Solo dieci minuti, però" si raccomanda.
Quando entro sono assordato dal rumore dei macchinari.
Mi siedo sulla sedia accanto al letto.
Inizialmente non so cosa dire. Il rumore dei macchinari mi distrae e scoraggia ogni mio tentativo di parlare.
Poi mi rendo conto di avere pochi minuti, e le parole vengono fuori da sole.
"Ciao Anna. Che brutto scherzo che ci hai fatto, eh? Ma adesso ti devi riprendere.D evi aprire gli occhi, Anna. Devi farlo per Abel. Non puoi lasciarlo solo anche tu. Devi farlo per Elena, Ale, Gabriele. Sono tutti preoccupati. Devi farlo per me. Non puoi lasciarmi solo un'altra volta. Io senza di te sono perso" Inizio a singhiozzare. "Possiamo fare tante cose insieme, io e te. Lo so che durante il tuo infiltraggio mi sono comportato in maniera incomprensibile, ma giuro che appena ti svegli ti spiegherò tutto. Però tu devi svegliarti"
Sento bussare sul vetro.
Il dottore mi fa segno di uscire.
"Adesso devo andare,ma torno presto, te lo prometto" Le bacio la mano.
Fuori dalla stanza trovo Elena.
"Ele ciao... dove sta Abel?"
"E' in Commissariato con Ale e Gab. Sta bene, non ti preoccupare"
"Lo so... sono io che non sto bene"
Mi abbraccia stretta.
"Vedrai che andrà tutto bene. Stai tranquillo"
Le faccio un sorriso tirato.
Devo crederle, o impazzisco.

Passa una settimana e Anna ancora non si sveglia.
I medici non capiscono il perchè ma visto che le analisi sono perfettamente nella norma, non sono preoccupati.
Io invece si.
Non mi sono mai allontanato dalla sua stanza. Ogni giorno passo dieci minuti con lei, stringendole la mano e implorandole di svegliarsi.
Più volte Elena ha cercato di farmi andare a casa, ma non voglio sentire ragioni.
Si potrebbe svegliare da un momento all'altro, e io devo essere con lei.
Non riesco neanche a pensare al fatto che potrebbe non svegliarsi più.
E' un lunedì mattina, ed sono di nuovo accanto a lei.
"E' una settimana che sei qui, Anna. Possibile che non vuoi svegliarti? Manchi a tutti, sai?" Le scosto i capelli dalla faccia. "Elena passa qui tutti i giorni, Alessandro e Gabriele ti mandano i saluti. Abel passa il tempo con loro, però Elena non gli ha detto tutta la verità, non vuole che si preoccupi" Accarezzo dolcemente il suo viso. "Ehi cucciola, dai svegliati, fallo per me" Rimango zitto, in attesa di chissà cosa, quando mi accorgo che i dieci minuti che mi sono concessi sono passati.
Mi alzo con un sospiro. "Adesso devo andare, ci vediamo domani". Le do un bacio sulla guancia e faccio per andarmene, ma una leggera pressione sulla mano mi ferma.
Non voglio illudermi, ma giurerei di aver sentito la mano di Anna stringere la mia.
Mi avvicino a lei, stringendole ancora più forte la mano.
"Anna?"
Di nuovo la leggera pressione. Anna mi sta stringendo la mano!
Suono trafelato il campanello, e appena arriva l'infermiera le spiego la situazione.
"E' sicuro di quello che sta dicendo?" mi guarda di sbieco.
"Certo che si, non mi sto inventando nulla!"
In quel momento entrano dei medici e un'altra infermiera, che con un poco gentile "lei qui non può stare" mi fa uscire dalla stanza.
Sono talmente in agitazione che quasi non respiro.
I medici e le infermiere sono intorno al corpo di Anna, coprendolo e impedendomi di capire quello che sta succedendo.
E se mi fossi sbagliato? Magari mi sono solo immaginato tutto. Eppure sono sicuro di aver sentito la mano di Anna stringere la mia.
Vedo le due infermiere passarsi una siringa.
E se Anna stesse per... mi sforzo di non pensare. Andrà tutto bene, Luca. Tutto bene.
Passano due minuti, lunghi come due ore, e finalmente un'infermiera mi fa cenno di entrare.
Corro verso la stanza, e per la furia a momenti non vado a sbattere contro la porta chiusa.
Mi precipito verso Anna, ma vengo bloccato dal medico.
"Stia calmo, mi faccia spiegare"
"Le è successo qualcosa?" chiedo preoccupato.
"No, stia tranquillo"
Tiro un sospiro di sollievo e lo ascolto.
"Aveva ragione, la sua collega ha dato segni di ripresa. Si sta svegliando"
Non mi rendo pienamente conto delle sue parole fino a che non vedo Anna sbattere le palpebre.
Scanso il medico e mi avvicino a lei.
Le stringo la mano, mentre vedo i suoi occhi aprirsi con fatica.
Si guarda intorno, confusa, e poi si accorge di me.
"Anna sono io" le sussurro, continuando a stringerle la mano e accarezzandole i capelli.
Mi fissa e sorride debolmente.
Il mio cuore torna a battere normalmente, e l'enorme macigno che fino a quel momento l'aveva occupato scivola via.
"Si è svegliata..." sussurro felice alle infermiere.
"Ha visto? La sua collega è forte. Ora però lasciamola riposare"
Le bacio la fronte, ma lei mi stringe più forte la mano.
"Non te ne andare..." mi dice, la voce debole ma determinata.
Scambio un breve sguardo con l'infermiera, che dove aver avuto il permesso dai medici mi fa cenno di restare.
Nella stanza rimaniamo solo io ed Anna.
La guardo teneramente. Ancora non mi sembra vero di poterla fissare negli occhi, quegli occhi così grandi e belli.
"Luca... da quanto tempo sono qui?"
"Una settimana. Ci hai fatto prendere uno bello spavento, non volevi svegliarti"
"Li avete presi?"
"Si, se ne sono occupati Ale, Gabriele e Elena"
Mi guarda incuriosita.
"Hai un aspetto terribile. Da quanto tempo non ti fai una bella doccia?"
"Tranquilla, sto bene" le rispondo elusivo. Non è il caso di farle sapere che non sono tornato a casa, da quando l'hanno portata qui.
Ma è pur sempre la mia migliore amica, quella a cui non posso nascondere niente.
"Luca, sono più morta che viva ma mi rendo conto di quando dici una bugia"
"E va bene... diciamo che non torno a casa da quando sei in ospedale..."
Mi guarda allarmata.
"E Abel?"
"E' a casa di Elena. Sta benone"
"Meno male" sospira, sollevata. Poi mi guarda nuovamente, come se si fosse ricordata improvvisamente di una cosa. Sta per chiedermi qualcosa, ma la sua bocca si storce in una smorfia di dolore.
"Anna, tutto bene?" le chiedo preoccupato.
"Mi fa solo un pò male la pancia. Ho sonno"
"Va bene piccola, riposati. Io ti aspetto qua fuori"
"Non se ne parla nemmeno! Mi riposo solo se mi prometti che torni a casa"
Cerco di sostenere il suo sguardo, ma è inutile. Tanto vince sempre lei.
"Ok. Però domani torno. Non ti libererai tanto facilmente di me"
"Ma io non voglio liberarmi di te..."
Mi fissa con una tale intensità che sono costretto a distogliere lo sguardo. Le do un rapido bacio in fronte ed esco.
Solo fuori dalla stanza mi rendo conto di non aver avvertito nessuno del risveglio di Anna.
Chiamo velocemente Elena che alla notizia lancia un urlo entusiasta e promette di correre subito in ospedale insieme ad Alessandro e Gabriele.
Torno al Commissario giusto per riprendere Abel, e poi finalmente torno a casa.

"Allora, sei felice di tornare a casa?" domando al bambino accanto a me, appena entriamo la porta.
MI fissa con uno sguardo triste.
"Ehi, che hai?"
Mi inginocchio davanti a lui.
"Anna è morta?" mi chiede con voce tremante.
Lo abbraccio stretto.
"Ma certo che no, tesoro! Perchè me lo chiedi?"
"Perchè sia tu che lei non siete più venuti da me... mi avete lasciato solo"
"Amore... Anna ha avuto solo un piccolo incidente sul lavoro, e io sono stato con lei. Ma sta bene, davvero"
Mi fissa, gli occhi tristi e lucidi.
"Allora non è morta..."
"No, te lo giuro"
Mi rendo conto di essere stato uno stupido. Abel ha avuto paura, e io non ero lì con lui a proteggerlo. Che scemo.
Finalmente a casa. Mi guardo intorno. Ora che sono tornato, certo che Anna sta bene, la casa appare diversa. Più bella.
"Hai fame?" chiedo ad Abel, seduto sul divano a guardare i cartoni.
"Un pochino..."
"Cosa vuoi che ti cucino?"
"La pasta col sugo e le patatine fritte" mi dice sorridendo.
"Agli ordini, capo!" scherzo.
Mi metto ai fornelli, sperando di riuscire a tirare fuori qualcosa di commestibile.
Per fortuna Abel sembra apprezzare il mio tentativo.
Dopo cena, giochiamo insieme alla Play Station.
E' una vita che non ci gioco,e stranamente mi diverto come un pazzo, forse anche per le faccie buffe che fa Abel quando capisce di aver vinto.
Quando mi accorgo che sta per crollare lo porto a letto, con la promessa di tornare presto in ospedale per salutare Anna da parte sua.
Abel si addormenta subito, così decido di farmi una doccia rapida.
Il getto dell'acqua calda mi rilassa e lascio liberi i miei pensieri.
Ancora non riesco a credere che Anna si sia svegliata. Questa settimana infernale finalmente è finita. Tutto tornerà alla normalità.
Eppure mi rendo conto che ho lasciato troppe cose in sospeso. Ho giurato che, se si fosse svegliata, avrei chiarito con lei tutti i miei comportamenti. Basta solo trovare il coraggio necessario per farlo. Non sono sicuro di averlo.
Perso nei miei pensieri, mi metto il pigiama e vado a letto. Chiudo gli occhi e in un attimo è già mattino.
Dopo una colazione veloce accompagno Abel a scuola e raggiungo Anna in ospedale.
Sta decisamente meglio: la metà dei macchinari sono spariti, riesce a respirare senza l'aiuto della mascherina e non è più sdraiata, ma seduta sul letto.
Non è sola: Elena è seduta vicino a lei e a giudicare dal tono sommesso che usano si stanno scambiando confidenze.
Busso alla porta.
"E' permesso?"
Le due ragazze alzano di scatto la testa.
"Oi Luca, ciao!" Elena mi saluta con la sua voce squillante, mentre Anna accenna un sorriso.
"Ciao ragazze. Vi ho interrotto?"
"No,stavamo solo facendo due chiacchiere" mi risponde Anna. Noto con piacere che il suo viso non è più pallido, ma le guancie hanno ripreso colore.
"Bè,io vado, ho da fare in Commissariato" Elena si alza dal letto. "Ciao Annina", dà un bacio sulla fronte ad Anna.
"Tra poco ti raggiungo" le dico.
"D'accordo, a dopo"
Mi siedo sul letto accanto ad Anna.
"Allora, vedo che va meglio" le dico sorridento.
"Si, decisamente. Il dottore ha detto che tra pochi giorni potrò uscire"
"Bene, sono felice. Abel non vede l'ora di riaverti a casa. E anche io. A proposito,t i manda tanti saluti. Sai, ieri mi ha chiesto se... se eri morta..."
"Morta?"
"Si... non vedendoti avrà pensato che ti fosse successo qualcosa di molto brutto. Stava rivivendo il trauma della morte di Dorian..."
Ci fissiamo, e improvvisamente nella stanza cala un silenzio imbarazzato,
"Devo andare. Resterei volentieri qui ma è una settimana che non vado in Commissariato, devo sbrigare alcune pratiche"
"Tranquillo, vai pure, io mi riposo un pò"
Le do un bacio sulla guancia ed esco.
Ancora non riesco ad abituarmi alle sensazioni che mi provoca la vista di Anna.
La testa sempre più leggera, le gambe che tremano, il cuore che batte velocissimo.
Un giorno o l'altro dovrò trovare il coraggio di dirlo anche a lei,penso mentre entro in Commissariato.
Dopo aver rassicurato tutti sulle condizioni di Anna, entro in ufficio, dove trovo Elena.
"Ah Luca, meno male che sei arrivato" mi dice sospirando.
"Che succede?"
"Ci sono un sacco di documenti e di verbali da firmare"
Do uno sguardo alla scrivania e fisso allarmato Elena.
"Tutta quella roba?"
"Sei mancato per una settimana" mi dice come spiegazione.
Con un sospiro mi metto al lavoro.
Il tempo sembra volare. Guardo l'orologio e sono quasi le 17, ora in cui esce Abel da scuola.
Mentre esco dal Commissariato, noto due persono nell'ombra. Riconosco Elena avvinghiata ad un ragazzo, che inizialmente mi pare sconosciuto, ma poi metto a fuoco la figura e sgrano gli occhi.
Ele e Ale si stanno baciando, del tutto incuranti del luogo in cui si trovano.
Sono felice per loro, in fondo è sempre stato palese a tutti che provavano qualcosa l'una per l'altro.
Quando si accorgono di me, si staccano imbarazzati.
"Luca..." sussurra Ale a mò di saluto.
"Scusate se vi ho interrotto, continuate pure" dico loro sorridendo.
Salgo in macchina e sfreccio fino alla scuola di Abel.
"Ciao Luca" mi saluta felice.
"Ciao tesoro" gli do un bacio sulla guancia e lo prendo per mano, ma lui mi ferma.
"Luca voglio andare da Anna!"
"Da Anna?"
"Si, le voglio portare questo disegno: l'ho fatto oggi"
Mi passa un disegno: ci siamo io e Anna che teniamo per mano un bambino dai capelli rossi, che riconosco come Abel.
"E' bellissimo, sono sicuro che ad Anna piacerà moltissimo"
"Allora, ci andiamo?"
"Non lo so..."
"Ti prego, ti prego, ti prego!"
"E va bene!"
"Evvai!" I suoi occhi brillano di felicità.
Abel non sta più nella pelle: mi spinge impaziente verso la camera di Anna.
"Ciao Anna, guarda chi ti ho portato!" dico entrando nella stanza.
"Abel!" esclama dipingendo un sorriso sul viso.
Il bambino corre verso di lei e i due si stringono in un abbraccio.
"Allora, iccolo, come stai?"
"Insomma... con Luca sto bene, però tu mi manchi tanto" sussurra.
"Ma lo sai che fra qualche giorno torno a casa?"
"Si, lo so. Almeno ricominci a cucinare tu"
Lo guardo stupito.
"Perchè, la mia cucina non ti piace?" gli chiedo.
"Mmm..."
"Ma Abel, tu non sai che Luca e la cucina non vanno molto d'accordo" gli dice,e mi sorride.
Ci tratteniamo ancora un pò, poi arriva l'ora di tornare a casa.

Due giorni passano alla svelta, e finalmente domani esce Anna dall'ospedale.
Io prendo un giorno di ferie, mentre Abel insiste per rimanere a casa. Vogliamo dare il giusto bentornato ad Anna.
Sarebbe uscita la mattina presto,così prepariamo una mega colazione con caffè, latte ,marmellata, biscotti e chi più ne ha più ne metta.
Dopo aver sistemato casa, guardo l'orologio e decido che è giunta l'ora di andare.
Mi sento stranamente nervoso, forse perchè non vedo l'ora di riavere Anna a casa.
Quando io e Abel arriviamo in ospedale, troviamo Anna seduta ad aspettarci, insieme al medico che,d opo aver raccomandato ad Anna di non lavorare per almeno un mese, ci saluta.
Prendo le valigie di Anna e ci avviamo verso casa.
Durante il viaggio Abel racconta ad Anna tutto quello che sta facendo a scuola. Il loro rapporto somiglia sempre di più a quello tra madre e figlio.
Finalmente arriviamo. Apro la porta e vedo Anna stupita.
"Wow, che ordine!"
"Hai visto? E se vai in cucina c'è anche una sorpresa" esclamo.
Svelta corre in cucina seguita da Abel e quanto li raggiungo, la trovo seduta ad imburrare una fetta di pane.
"Allora, ti piace la sorpresa?" le dico accarezzandole una guancia.
"Si, non sai che sollievo poter mangiare qualcosa di decente. Il cibo dell'ospedale fa più schifo del tuo"
Abel ride. Mi è mancata quest'atmosfera familiare.
Una volta finita la colazione, aiuto Anna a disfare le valigie.
"Allora, come stai?" le chiedo passandole una maglietta.
"Un pò stanca ma bene, tutto sommato"
"Sono felice che sei tornata a casa"
Mi sorride ed io finalmente mi sento felice.
Improvvisamente ho un'idea, un modo per dire ad Anna tutto quello che provo.
Chiamo Elena e dopo averle spiegato brevemento ciò che voglio fare, si offre volontaria per aiutarmi.
Così alle 17:00 in punto passa a prendere Abel -anche lui mio complice - e lo accompagna da un'amichetto,dove resterà tutta la notte.
Poi, con la scusa di voler passare un pomeriggio tra amiche, porta Anna a casa sua, con la promessa di riportarla per l'ora di cena.
Finalmente ho casa libera e ne approfitto per preparare la sorpresa ad Anna.
Decido come prima cosa di preparare la cena. Non sono mai stato un grande cuoco, ma questa volta mi impegno davvero.
Questa sera deve essere tutto perfetto.
Finisco di cucinare e abbastanza soddisfatto del risultato apparecchio la tavola,c on il servizio buono e le candele.
L'ora di cena si avvicina e inizio a sentirmi nervoso.
Non ho la più pallida idea di quello che dovrò dire ad Anna, nè tantomeno il modo in cui glielo dirò. Cerco di prepararmi un discorso ,ma è inutile, sono troppo teso.
Sento la serratura scattare e subito dopo la porta si apre, rivelando la figura di Anna.
"E questo cos'è?" mi chiede indicando il tavolo con le candele.
"Un piccolo modo per darti il bentornato"
Sicuramente nota la mia voce malferma, ma non mi dice nulla.
Le sue labbra si curvano in un sorriso entusiasta.
La faccio accomodare a tavola.
"Bè,complimenti" mi dice alla fine della cena. "Non avrei mai pensato che saresti stato capace di cucinare qualcosa di buono, e invece devo ammettere che ti ci sei davvero impegnato"
Le sorrido soddisfatto. Per tutta la cena ho cercato le parole giuste da dirle, ma ogni volta che ci ho provato lei cambiava discorso.
"Elena mi ha detto di lei e Ale" mi dice. "Mi sembra piuttosto felice"
"Si, è vero. Finalmente ce l'hanno fatta quei due a mettersi insieme!"
Ci sorridiamo, poi entrambi distogliamo lo sguardo.
Prendo coraggio e inizio a parlare.
"Anna io ti devo dire una cosa..."
"No aspetta, Luca" mi interrompe."Prima devo chiederti una cosa importante..."
"Dimmi"
Si alza e si siede sul divano. La seguo.
"Quando mi hanno ferita, prima che arrivasse l'ambulanza... ero tramortita dal dolore quindi può darsi che ho sentito male però... mi sembra che tu mi abbia chiamata... amore mio" dice titubante.
Non le sfugge niente. La guardo e sorrido.
"Hai sentito benissimo, invece. E con questo mi ricollego..."
"No, Luca ti prego" mi interrompe nuovamente e si alza. Inizia a camminare avanti e indietro, tormentandosi le mani.
"Non ricominciare con i tuoi soliti discorsi sul fatto che sei confuso, che dobbiamo trovare il nostro modo di stare insieme eccetera eccetera. Non potrei sopportarlo un'altra volta"
"Anna,io non..." cerco di interromperla, ma non mi lascia finire di parlare.
"No adesso mi fai parlare, Luca. Io ho amato Dorian, è vero" faccio una smorfia nel sentire quel nome, ma lei non si ferma. "Ma è stato come con Giorgio e poi con Carlo. Li amavo, ma non quanto sapevo di poter amare. La verità è che ho capito che non riuscirò mai ad amare totalmente una persona perchè una parte del mio cuore amerà sempre te. E quanto me ne sono accorta, quando finalmente ho capito il vero motivo per cui ho lasciato Carlo, tu mi hai respinta. Non te ne faccio una colpa, Luca, ma mi sono sentita malissimo. E nonostante questo, io continuo ad amarti. Questi mesi di lontananza non sono serviti a niente, a parte a farmi capire che, qualsiasi cosa accada nella mia vita, tu sarai sempre presente nel mio cuore" sospira, come per voler riprendere fiato, e poi continua." Scusa per avertelo detto così, ma non potevo più tacere"
Le sue parole mi arrivano piano, come al rallentatore. Il turbinio di emozioni che provo dentro di me è indescrivibile. Anna mi ha sempre amato, ed io con la mia confusione ho rovinato tutto. Ma ora non sono più confuso. Ora posso rimediare.
Anna è davanti alla finestra, mi da le spalle. Mi avvicino lentamente. Le circondo la vita con le braccia,a ppoggiando il mento alla sua spalla.
"Mi dispiace di averti fatto soffrire" le sussurro all'orecchio. "Ma quando eri infiltrata, ho capito che senza di te non posso vivere. Ti ho lasciata andare a Trieste perchè sapevo che era una tua scelta, ed ostacolarti sarebbe servito solo a metterti contro di me. Non sai quanto mi sei mancata, Anna"
Sento il suo respiro accellerare, ma non si muove, rimane ferma, forse in attesa di una mia mossa.
La faccio girare e ora siamo faccia a faccia, i miei occhi inchiodati ai suoi.
Avvicino lentamente il mio viso al suo, cercando di controllare i battiti del mio cuore, e le nostre labbra si toccano.
Approfondiamo il bacio, entrambi felici di quel contatto.
Non dimenticherò mai quella notte, la più felice della mia vita.

I raggi del sole filtrano dalla finestra e illuminano parzialmente la stanza.
Apro lentamente gli occhi e la prima cosa che vedo è il viso di Anna, ancora profondamente addormentata.
Ci metto qualche secondo per rendermi conto che siamo nella mia stanza, abbracciati.
Mi alzo pianissimo,cercando di non svegliarla, poi vado in cucina.
Mi sembra di aver vissuto un sogno, invece è la realtà, la meravigliosa realtà!
Sono così felice...
Inizio a preparare la colazione: caffè per me e latte per Anna, poi marmellata, pane, miele e biscotti.
Sistemo tutto su un vassoio insieme ad una rosa, poi vado in camera.
Poggio il vassoio sul comodino e mi avvicino ad Anna.
"Anna... amore,svegliati" le sussurro all'orecchio.
Lei inizia a muoversi, stiracchiandosi come un gatto. E' tenerissima quando fa così.
Apre gli occhi, guarda disorientata per un attimo la stanza, poi il suo sguardo si posa su di me e sorride.
"Buongiorno" le dico, dandole un bacio a fior di labbra.
"Ciao" mi risponde.
"Guarda un pò che ti ho portato" indico il vassoio con la colazione.
"Mi hai portato la colazione a letto?" domanda stupita. "Grazie!" mi abbraccia, facendomi cadere sul letto insieme a lei.
Ridiamo, ma poi lei improvvisamente si fa seria.
"Che succede?"
"Niente è che... ho paura che ti pentirai di ciò che è successo stanotte..." si morde il labbro.
Le prendo il viso tra le mani, costringendola a guardarmi.
"Forse ieri non sono stato molto chiaro. Anna, io ti amo, e non mi sono pentito di niente. Non puoi immaginare quanto sono felice in questo momento"
"Anche io ti amo, Luca" mi dice felice.
Ci baciamo di nuovo, e poi facciamo colazione.
Ci prepariamo al volo, ma poi sentiamo bussare alla porta.
E' Abel, accompagnato a casa dalla madre del suo amichetto.
Dopo averlo portato a scuola, andiamo in Commissariato, abbracciati.
Non abbiamo nessuna intenzione di nascondere il nostro amore.
Nell'atrio troviamo Elena e Alessandro, mano nella mano.
Appena si accorgono di noi, sorridono.
"Io l'ho sempre detto che voi due siete perfetti insieme" esclama Elena, abbracciando Anna.
"Potremmo dire la stessa cosa di voi" sorrido, indicando i due,mano nella mano.
"Mi sa che siamo tutti un pò lenti qui" dice Alessandro.
Ci sorridiamo, poi ricominciamo a lavorare.
La giornata passa in fretta e finalmente torniamo a casa con Abel.
Durante la cena mi rendo conto di come sia bello avere una famiglia.
Abel non è figlio nostro ,ma è come se lo fosse. Io e Anna siamo finalmente riusciti a trovare il nostro equilibrio, il nostro modo di stare insieme.
Guardo gli occhi di Anna brillare di felicità mentre osserva la nostra piccola famiglia e mi rendo conto di non poter desiderare nient'altro.

Un anno dopo

"Anna hai fatto?" grido fuori dal bagno.
Sono già cinque minuti che è dentro. Pensavo ci volesse di meno.
"Un attimo!" mi risponde con voce tremante.
Passano altri tre minuti. Perchè ci mette tutto questo tempo?
Inizio a preoccuparmi ma proprio in quel momento Anna esce dal bagno, con gli occhi lucidi.
"Allora?" le domando, la voce rotta dall'ansia,
Con le mani tremanti mi porge il test di gravidanza, in silenzio.
"E' positivo" sussurra senza darmi il tempo di leggere.
Sono senza parole. Il tempo di capire quello che è successo e subito abbraccio Anna.
"Aspettiamo un figlio!" urlo, baciandole il viso.
La prendo in braccio e la faccio girare in tondo, mentre lei ride felice.
"Davvero vuoi questo bambino?" mi chiede.
"Ma certo che si! Nostro figlio!"
Non riesco a contenere la felicità che provo. Il solo pensiero di Anna con in braccio un bambino, il nostro bambino, mi fa toccare il cielo con un dito.
Non ho mai pensato di allargare la nostra famiglia. Negli ultimi mesi siamo stati così felici che non ho nemmeno minimamente pensato di desiderare altro. Tre mesi fa io e Anna ci siamo sposati, e abbiamo ottenuto l'adozione di Abel. Mi sembrava di aver raggiunto il massimo della felicità. Ma adesso mi rendo conto che un bambino mio e di Anna, il frutto del nostro amore è l'unica cosa che ci manca per essere davvero felici.
Io e Anna saltiamo su e giu come due bambini ma veniamo interrotti da Abel, svegliato dalle nostre grida.
"Ma state bene?" ci chiede con la voce impastata dal sonno.
"Abel ,tesoro" gli dico prendendolo in braccio. "Tu vorresti un fratellino?"
"O una sorellina?" aggiunge Anna, gli occhi ancora lucidi per le lacrime di commozione.
"Si mi piacerebbe... però solo se mi vorrete ancora bene!"
Io e Anna ci guardiamo sorridenti.
"Certo che ti vorremmo bene!" dice Anna. "Sarai un bravissimo fratello maggiore"
"Bello! Se sono il fratello maggiore allora posso comandare io!" esclama entusiasta.
Ridiamo, poi ci stringiamo in un abbraccio pieno di amore.
L'infiltraggio di Anna, le nostre incomprensioni, i nostri litigi, la mia gelosia: tutto mi appare lontano, sfocato, come appartenente ad un'altra vita.
Ora ci siamo solo noi: io, Anna, Abel e il bambino che sta per arrivare.
Io e Anna ci guardiamo. La mia felicità è riflessa nei suoi occhi come in uno specchio. Finalmente abbiamo trovato l'amore, quell'amore cercato da tanto tempo.
Abbiamo trovato il nostro modo di stare insieme ed è l'amore più vero, quello più puro.
Abbiamo trovato un sogno da vivere.
E so che non finirà mai.

  
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