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Autore: bluemary    07/01/2011    4 recensioni
La donna sollevò lo sguardo senza rispondere, rivelando gli occhi che fino a quel momento si erano rivolti altrove. Incapace di muoversi, la guardia la fissò sconvolto. L’iride nerissima era frammentata da piccoli lampi di grigio, come delle ferite che ne deturpavano l’armonia, donando al suo sguardo una sfumatura intensa quanto inquietante; ma era stato il centro stesso dell’occhio ad aver attratto da subito l’attenzione dell’uomo, che adesso la fissava quasi con terrore, le mani strette convulsamente alla lancia ed il respiro affannoso: al posto del nero della pupilla, si stagliava il bianco tipico degli Oscuri.
Cinque sovrani dai poteri straordinari, una ragazza alla ricerca della salvezza per una razza intera, un umano con la magia che sembra stare dalla parte sbagliata. Benvenuti su Sylune, una terra dove la speranza è bandita e dove gli ultimi uomini liberi lottano per non soccombere.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sylune' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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-Capitolo 8: L’ordine dei Protettori-

Kilik riprese coscienza quando ormai era notte inoltrata.
La testa gli pulsava terribilmente e la sua gola era talmente secca che perfino respirare gli risultava difficile e doloroso. Chiuse gli occhi per qualche secondo, aspettando che l’ondata di nausea e stordimento cessasse in modo da lasciarlo libero di pensare, quindi, a poco a poco, recuperò parte della sensibilità agli arti stranamente intorpiditi.
Fu solo quando cercò di inumidirsi le labbra con la saliva che si rese conto di essere imbavagliato e legato ad un palo.
Si dibatté invano contro le ruvide corde che gli stavano incidendo la pelle dei polsi, maledicendosi per la propria stupidità mentre ricordava gli avvenimenti del giorno prima.
Fidarsi di un’umana era stata una pessima scelta. Quella vecchia apparentemente tanto altruista e gentile l’aveva in realtà venduto per poche monete d’oro: ricordava benissimo l’espressione avida con cui stava contando il denaro nel suo piccolo salotto, era l’ultima cosa che aveva visto prima di venire colpito alla testa da un soldato alle sue spalle.
E adesso era caduto nelle mani degli Oscuri, che gli avrebbero riservato lo stesso destino capitato a Kohori o forse perfino uno peggiore.
Mentre respirava a fondo per riguadagnare il controllo sulle proprie emozioni ed ignorare la paura, si guardò intorno. Il villaggio in cui era stato catturato si intravedeva appena in lontananza, grazie alla pallida luce della luna, mentre davanti ai suoi occhi i soldati avevano spento il fuoco con cui presumibilmente si erano preparati da mangiare e si apprestavano a riposare nelle tende sparse un po’ ovunque in quella pianura.
Quello che sembrava il comandante fermò due tra gli uomini più robusti e, con un gesto nella sua direzione, parve ordinar loro di montare la guardia
Non appena Kilik li vide avvicinarsi si sentì prendere dallo sconforto: con quei due soldati a controllarlo, scappare sarebbe stato impossibile senza l’aiuto della magia e lui non era abbastanza potente per utilizzarla con la sola forza del pensiero, visto che la parola ed i movimenti gli erano preclusi.
Stava giusto per abbandonarsi rassegnato a quel torpore che offuscava la sua coscienza e cancellava perfino il dolore ai polsi stretti dalle corde, quando un’ombra più nera della notte stessa sgusciò fuori dal riparo di una tenda e, silenziosamente, si avvicinò alle due sentinelle sedute a qualche metro di distanza dal palo a cui era legato.
L’Etereo la vide estrarre un pugnale e mettere fuori combattimento i soldati senza alcun rumore, con la precisione di un professionista, per poi acquattarsi furtivamente tra l’erba non appena un altro guerriero della Fiamma Nera uscì da una delle tende alla sua destra.
Ignaro del pericolo, l’uomo fece qualche passo barcollante in cerca di un luogo dove avrebbe potuto liberarsi della troppa birra bevuta durante la cena, quando una lama lo trafisse nella parte sinistra del petto, mentre una mano, premuta contro la sua bocca, soffocava il suo urlo di dolore.
Durante quest’ultima azione lo sconosciuto assassino si era girato verso il giovane prigioniero e Kilik riconobbe con sorpresa un volto femminile.
Rimase a fissarla, incredulo che una donna si fosse arrischiata a penetrare da sola in un accampamento di soldati al servizio dell’impero, quando nessuno ormai osava più sfidare gli Oscuri; poi un sospetto lo attraversò all’improvviso, mentre ricordava che, un tempo, erano esistite persone con tale coraggio.
Anni prima i più valorosi combattenti che non avevano accettato la dominazione degli Oscuri si erano riuniti nella città di Hoken, fondando un ordine segreto di guerrieri che si impegnavano a riportare la libertà su Sylune a costo della loro stessa vita.
Con il nome di Protettori avevano più volte affrontato e sconfitto i soldati dell’impero, preferendo imboscate e rapidi attacchi rispetto ad un confronto a viso aperto in cui si sarebbero trovati in inferiorità numerica; erano stati i più pericolosi e sfuggenti nemici dei Cinque Re, fino a quando un giovane generale agli ordini di Daygon era riuscito a sorprenderli e ucciderli tutti nel massacro che aveva portato alla distruzione dell’intera città.
Quell’infausto giorno in cui si era spenta l’ultima speranza di libertà su Sylune era coinciso con l’avvento al potere di Devil quale braccio destro del più potente tra gli Oscuri.
Dopo la tragica fine di quei guerrieri sembrava che nessuno più avesse la forza di lottare contro l’impero, eppure da qualche tempo si sussurrava che dei ribelli si fossero raggruppati attorno ad un giovane combattente di grande talento, pronto a ricreare un nuovo ordine di Protettori.
Kilik lanciò un’occhiata alla guerriera di fronte a lui, mentre la flebile speranza di trovarsi al cospetto di una possibile alleata lo rinfrancava, a dispetto della disperazione che l’aveva invaso al suo risveglio.
Continuò a fissarla attentamente, desiderando con tutte le sue forze che le sue supposizioni si rivelassero esatte e quella sconosciuta non fosse semplicemente un nuovo nemico.
Senza riporre il corto pugnale bagnato di sangue, la donna gli si avvicinò con un’espressione quasi ironica negli occhi verdi.
- Serve aiuto?

Era da diversi minuti che Mizar si trovava nelle sue stanze, disteso sul suo grande letto senza alcuna compagnia.
Nonostante la sua fama di spietato comandante privo di compassione ed emozioni, quella ragazza dall’aspetto fragile ed indifeso era riuscita a turbarlo, al punto da fargli abbandonare la camera in cui aveva progettato di passare la notte.
Inconsapevolmente lasciò che le sue dita sfiorassero la cicatrice sul suo petto, unico segno tangibile che ancora lo legava alla sua vita passata, quando era solo un essere umano. Più volte aveva cercato di cancellarla, utilizzando le tecniche mediche più avanzate di cui era a conoscenza e perfino la magia, e tuttavia essa rimaneva a ricordargli il giorno in cui aveva ottenuto il suo potere.
Per un attimo rivisse il momento in cui Daygon lo aveva legato a sé, quella luce azzurrina che lo attraversava senza fargli alcun male ma gli imprimeva il suo marchio sulla pelle, l’incredibile sensazione di essere divenuto invincibile; poi un ricordo improvviso, nitido come nessun altro, gli ferì la mente.
Vide l’immagine di un ragazzino biondo dagli occhi azzurri che, con un amico, si disegnava sul petto il simbolo dei Protettori e fingeva di essere uno di loro.
Scosse la testa, sorpreso, mentre riviveva le giornate passate ad allenarsi con le spade, le facili missioni a cui aveva partecipato ed il desiderio di raggiungere presto la maggiore età per realizzare il suo sogno di aggregarsi a quel nobile ordine di ribelli e liberare Sylune dal dominio degli Oscuri.
Per qualche secondo lasciò che la sua mente vagasse nelle ombre di quell’adolescenza che aveva creduto sepolta per sempre sotto strati di freddezza e disinteresse ed invece, dopo il tocco di quella ragazzina, riaffiorava nei suoi pensieri; non la ricordava con rabbia, perché l’ira sarebbe stata solo una dimostrazione di come fosse ancora legato a quel passato in cui era solo un debole senza alcun potere, tuttavia il pensiero di essere stato un semplice umano come tanti altri lo infastidiva.
Un sorriso sprezzante comparve nel suo volto, ancora scolpito in una gelida indifferenza.
Era stato un sognatore, illuso ed ingenuo solo quanto un ragazzino cresciuto all’ombra di potenti guerrieri poteva mostrarsi, ma quell’effimero desiderio di eroismo e sacrificio aveva dovuto cedere il passo di fronte alla realtà del potere.
Ed i ribelli, a cui tanto spesso aveva guardato con ammirazione, erano caduti anni prima, proprio per mano sua.
Sfiorò ancora una volta la cicatrice a forma di stella, situata nell’esatto posto in cui avrebbe dovuto farsi tatuare il simbolo dei Protettori una volta divenuto uno di loro, quasi quest’ironica coincidenza volesse simboleggiare concretamente la scelta effettuata.
Si tirò in piedi di scatto, afferrando una maglia nera ed il suo onnipresente mantello bianco, per poi dirigersi verso l’arena in cui i suoi sottoposti avevano l’abitudine di allenarsi.
Prima di uscire all’aperto si fermò nell’ampio salone dove sapeva già di trovare l’uomo che gli interessava
- Ho voglia di fare un po’ di movimento. - disse, mentre il suo sguardo vagava sugli occupanti della stanza per poi soffermarsi per qualche secondo sul gigantesco soldato dai capelli castani.
Beck annuì, comprendendo l’ordine implicito dietro quel commento.
- Vado a prendere la spada.
Pochi minuti dopo si ritrovarono in uno stretto corridoio, entrambi senza armatura, ma già con le armi in pugno.
Non appena raggiunsero il cortile interno al castello in cui era situata l’arena, i soldati che si stavano addestrando deposero immediatamente le armi e, dopo un rispettoso saluto ai due uomini, si fecero da parte, pronti ad assistere al loro scontro.
Non capitava spesso che il loro comandante decidesse di allenarsi, ma quelle rare occasioni venivano sempre seguite con la massima attenzione, nel vano tentativo di assimilare un po’ delle sue capacità.
In perfetto silenzio i due uomini si allontanarono di qualche passo, pronti a cominciare il duello.
Nemico invincibile a causa della magia, Devil era letale anche con la spada e Beck era l’unico che riuscisse a tenergli testa, sia pure per pochi minuti, senza rischiare la vita.
Sollevarono le armi, lasciando che per un attimo il sole rosso del tramonto illuminasse la lama sottile, impugnata dal generale, e quella argentata e molto più larga del soldato, quindi cominciarono lo scontro.
Le spade si incrociarono con un suono argentino, prima di allontanarsi per poi cozzare nuovamente con violenza, senza che nessuno dei due contendenti mostrasse le sue reali capacità.
Scambiarono qualche altro colpo, più adibito a sondare la difesa dell’avversario che a penetrarla, quindi, con un movimento improvviso, il soldato più vecchio decise di portare lo scontro su un livello superiore.
Rapido come pochi, Devil evitò il fendente con un fluido movimento del corpo e si esibì in un pericoloso affondo, parato a stento dal gigante con i capelli castani. Poi fu Beck ad attaccare ancora, opponendo al perfetto gioco di gambe del suo generale la propria incredibile potenza; ancora una volta le due spade si scontrarono con violenza, senza che nessuno dei due avversari arretrasse di un passo. Rimasero impegnati in quella prova di forza per qualche secondo prima di separarsi lentamente, con uno sguardo attento e concentrato, pronti a trovare un’esitazione od una breccia nella guardia avversaria.
Con un sorriso di divertimento sul volto pallido, Devil si gettò all’attacco e le lame si incrociarono ancora una volta, mentre i soldati fissavano ammutoliti quell’incredibile susseguirsi di colpi e parate quasi troppo rapidi per poter essere distinti chiaramente dai loro occhi.
I due uomini continuarono a duellare per diversi minuti, aumentando ad ogni scontro la velocità e la potenza con cui scambiavano affondi e fendenti, fino ad esibirsi in violenti attacchi che, se fossero andati a segno, sarebbero risultati mortali.
Nuovamente le loro spade cozzarono con tale forza da scheggiarsi in piccoli frammenti d’acciaio, mentre i muscoli sulle braccia dei due guerrieri si gonfiavano nel tentativo di guadagnare quei pochi, preziosi centimetri che avrebbero messo in difficoltà l’avversario.
Per un attimo l’incredibile potenza di Beck sembrò avere la meglio su Devil, che fu costretto ad arretrare per sostenere l’impatto del pesante spadone a due mani utilizzato dal suo antagonista. Poi, con un repentino movimento della lama, il guerriero più giovane riuscì a sorprendere il gigante dai capelli castani e la grande arma argentata cadde a terra con fragore, decretando la fine del combattimento.
Senza alcuna parola, né uno sguardo ai loro spettatori, i due guerrieri ritornarono nel castello, camminando fianco a fianco.
Nonostante la sconfitta, Beck non provava alcun rancore nei confronti del suo avversario: anche se nei loro scontri Devil non aveva mai utilizzato la magia, lui non era mai riuscito a batterlo.
Il gigante fece un ironico sorriso, al ricordo di quando, anni prima, si era allenato fino a divenire il combattente più forte della sua gente.
Da sempre considerato un guerriero formidabile, non soltanto per la sua forza portentosa, ma specialmente per le sue capacità strategiche e con la spada, era stato perfino contattato dai Protettori quando il grande villaggio in cui viveva godeva ancora dell’indipendenza dagli Oscuri.
Per paura di rappresaglie da parte dell’impero, Beck aveva preferito rifiutare la loro offerta di alleanza, tuttavia la visita di quei ribelli non era passata inosservata e Daygon aveva subito mandato il suo esercito per reclutarlo con la forza o ucciderlo.
Posto di fronte a queste due alternative, Beck aveva scelto di sopravvivere, aiutando gli invasori del suo villaggio in altri massacri che spesso venivano definiti conquiste, e riuscendo anche a raggiungere il rango di ufficiale.
Non si era pentito della sua decisione: durante le battaglie aveva assistito alla sorte di chi non si piegava al potere dei Cinque Re. La morte non s’impietosiva per le suppliche dei più disperati, né il tanto decantato eroismo o il coraggio potevano tenerla lontana; essa calava inesorabile tra gli oppositori dell’impero, spegnendo anche il più fiero degli sguardi.
Per due anni Beck aveva combattuto per Daygon, salendo pian piano di grado nella gerarchia militare, fino a divenire il braccio destro dell’invincibile guerriero dagli occhi di ghiaccio. Nonostante la freddezza con cui Devil trattava i suoi subordinati, il gigante dai capelli castani era riuscito ad instaurare con lui una sorta di rapporto, ben lontano dall’amicizia, ma fondato sul rispetto reciproco e su quell’affinità combattiva che talvolta lega due bravi guerrieri. Forse Beck era l’uomo che più si era avvicinato a comprendere la tenebrosa essenza del suo generale eppure, in quegli ultimi giorni, gli riusciva più difficile del solito capire il suo strano comportamento.
Spinto da un impulso più forte di lui, il soldato si fermò all’improvviso, attirando l’attenzione del suo biondo comandante.
- Devil, che intenzioni hai con quella ragazza?
L’uomo più giovane si irrigidì.
Chiunque altro si fosse permesso una simile familiarità con lui nel più fortunato dei casi sarebbe già stato dolorosamente punito, ma Beck, oltre ad essere il migliore dei suoi sottoposti, era anche l’unico guerriero che si era meritato il suo rispetto e con cui, raramente, scambiava qualche parola diversa dai soliti ordini.
- Perché la cosa dovrebbe interessarti?
Perfino senza guardarlo il gigante poteva percepire la fredda irritazione nella risposta del giovane uomo.
Si rimproverò mentalmente per la propria impudenza. Quella ragazzina l’aveva turbato, spingendolo a compiere un errore fatale. Non avrebbe dovuto interessarsi a questioni che non lo riguardavano, in particolar modo se esse coinvolgevano il suo comandante dagli occhi di ghiaccio; eppure ancora adesso non riusciva ad evitare di pensare a lei.
Subito gli tornarono alla mente il suo fisico minuto, i tratti delicati e quell’impressione di estrema fragilità che irradiava da tutta la sua persona e aveva attirato l’attenzione di Devil.
- Non salvi spesso la vita alle persone. - commentò infine, in tono leggero.
Il guerriero biondo sorrise sardonicamente.
- Hai ragione, di solito io distruggo.
Beck lasciò passare diversi secondi di silenzio prima di riprendere la parola.
- E distruggerai anche lei?
- Dipende dalla sua scelta. - Lo sguardo del comandante si fece pericoloso, mentre si fermava a fissare negli occhi il suo soldato - Nessuno può oppormisi e sopravvivere.
   
 
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