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Autore: Ruri    07/01/2011    6 recensioni
Che nelle profondità dell’Inferno albergasse il gelo e non il fuoco della dannazione eterna lo sapevano in pochi. Ancor meno se l’aspettavano.
Eppure era quella la realtà: il Cocito, un immensa distesa di ghiaccio situata nel cuore del Meikai. Un cuore gelido ed immoto.
-Ultimo incontro fra Shaka ed Ikki, nelle profondità dell'Inferno. Guest star: Pandora-
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Phoenix Ikki, Virgo Shaka
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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E dunque siamo qui. Alla fine, ho deciso di pubblicare qualcosa anch'io. Una cosa piccola, niente di particolare, ma vista la fatica che mi è costata ho deciso di "presentarla al mondo". Davvero, è stata una faticaccia. Non ci so fare con questi due.

Buona lettura (forse) !

***

 

Che nelle profondità dell’Inferno albergasse il gelo e non il fuoco della dannazione eterna lo sapevano in pochi. Ancor meno se l’aspettavano.

Eppure era quella la realtà: il Cocito, un immensa distesa di ghiaccio situata nel cuore del Meikai. Un cuore gelido ed immoto.

 

Pandora rabbrividì, socchiudendo gli occhi mentre le folate gelide le pungevano la pelle. Ogni passo era una sofferenza laggiù, persino per chi, come lei, era protetto dal potere del Sommo Hades.

Hades.

Si fece forza, continuando a camminare nel cuore ghiacciato dell’Inferno, mentre le sue speranze si facevano via via più lineari. La Sacerdotessa dei Morti si aggrappava con tutte le sue forze a quelle flebili speranze, sottili come fili di ragnatela eppure altrettanto resistenti.

Una follia.

Il suo comportamento lo era: folle, completamente. Nel suo animo due voci ben note sussurravano parole affilate come lame, ricordandole qual era il suo dovere, per qual motivo era venuta al mondo.

Servire Hades.

Non tradirlo.

E lei stava tradendo il Dio dell’Oltretomba. La punizione per lei sarebbe stata orribile, lo sapeva, eppure questo non era sufficiente a fermarla.

L’abito lungo, sfilacciato, sfiorò appena i cadaveri e i resti di surplice sparsi per il Cocito. Aveva conosciuto quegli Spectre in vita, quegli uomini che si erano votati alla morte e alla distruzione della loro stessa razza.

Per purificarla.

E poco distanti da quel carnaio apparivano i solchi creati dai Gold Saints nella loro rinascita. 

Nessuno era più imprigionato nelle fredde spire del Cocito.

Tranne lui.

Pandora s’inginocchiò, prendendo il viso di Ikki fra le mani. Poteva salvarlo, doveva farlo. Ma forse era troppo tardi.

Osservò quegli occhi spalancati verso il nulla, quelle labbra distorte in un grido che la Fenice non avrebbe mai emesso, cercando un minimo segno di vita in quel cadavere gelido che teneva fra le dita.

E’ inutile.

No, non ancora. La speranza, lieve, era riuscita ad attraversare la porta dell’Inferno e ora aleggiava sulla pianura ghiacciata come una sottile e tiepida brezza.

E Pandora vide che, nelle profondità della Fenice, una fiamma ardeva ancora. La Vita ardeva ancora nel cuore gelido ed immoto dell’Inferno.

Sorrise e fu dannata.

Salvando tutti gli altri.

 

Ikki crollò in ginocchio con un gemito di sorpresa. Non si aspettava che il suo corpo fosse stato tanto provato dalla lunga permanenza nel Cocito ma le gambe, alla fine, non l’avevano sorretto.

Situazione deprecabile per un uomo che non si era mai inginocchiato davanti a nessuno. Avrebbe sorriso, un sorriso di scherno verso sé stesso prima che verso gli altri, se solo i suoi muscoli intirizziti gliel’avessero concesso.

Non c’era tempo per riposare, per riprendere completamente possesso del suo corpo. Se i muscoli non erano in grado di sostenerlo, ne avrebbe fatto a meno! La sua volontà era lungi dall’esser piegata.

Alzò lo sguardo verso la Sacerdotessa e le fiamme della Fenice arsero di nuova vita mentre si sollevava, impavido.

E il suo Cosmo esplose di nuovo, cercando… cercando…

Non giunse alcuna risposta.

Non è possibile. Non può essere accaduto.

Pandora non si accorse del tremito della Fenice, dell’attimo di paura che sconvolse un uomo che aveva smesso di temere molti anni prima.

Non c’era niente. Non c’era più nessuno.

Nessuno che potesse rispondergli, nessuno se non una landa desolata di morte nella quale vivevano ancora solo i dannati.

Sono dannato anch’io, d’altronde. Non ho avuto la forza di fare l’unica cosa che ci si aspettava da me.

Scosse il capo, ferocemente. Non si sarebbe lasciato cadere in una spirale di autocommiserazione.

Era vivo. Libero. E tanto sarebbe bastato. 

Fissò Pandora, stringendo i pugni. Non riusciva più a scorgere quella donna malvagia che stava per trafiggere con il suo stesso tridente. 

Adesso aveva di fronte solo una ragazza sperduta che aveva affidato a lui tutte le sue remote speranze.

“Dobbiamo andare” mormorò la Sacerdotessa, ricambiando lo sguardo senza timore. 

“So che vorresti farmi molte domande, Ikki. Purtroppo ora non posso risponderti e forse il tempo per farlo non ci sarà mai concesso. Ma la speranza esiste ancora”

Speranza.

Quale speranza? 

Le Ali della Fenice s’innalzarono di nuovo, ma ancora una volta rimasero a volteggiare nel vuoto. Perché non c’era veramente più nessuno che potesse rispondere al loro richiamo.

Nessuno.

Gli ultimi cristalli di ghiaccio ancora caparbiamente ancorati al cloth della Fenice s’infransero, cadendo a terra con un flebile tintinnio.

“Il Muro del Pianto è crollato”

La strada per l’Elisio è aperta.

A prezzo di quali sacrifici?

“Guidami Pandora. Portami là.”

Prima che l’Inferno collassi e noi con lui.

E la Sacerdotessa obbedì.

 

Della Giudecca rimaneva ben poco ormai. Calcinacci, colonne crollate o piegate da una forza che nessuno si sarebbe aspettato di vedere all’Inferno.

Un singolo raggio di sole.

Ma tanto potente da rischiarare la profonda tenebra del Meikai. Caldo, accogliente come un sorriso e un abbraccio gentile.

Risplendeva ancora, per quanto meno potente, riflettendosi nei Gold Cloth schierati ordinatamente davanti ad un muro devastato.

“Ikki…” Pandora allungò una mano, come per chiamarlo a sé e spingerlo ad andare avanti.  Ma la forza che richiamava la Fenice fra quelle vestigia dorate era di gran lunga più potente che non il misero sussurro della Sacerdotessa dei Morti.

Non tutti.

Le lacrime della Fenice sembravano congelate nei suoi occhi, incapaci di cadere a rigargli il volto, mentre attraversava quel cimitero.

Dorato, splendente.

Ma pur sempre un cimitero.

Aleggiava fra i gold cloth ancora il sommesso ricordo di coloro che li avevano indossati: la luce pulsante che rischiarava Taurus era come una risata, lo scintillio di Pisces quasi equiparabile alla bellezza di Aphrodite, la calma solennità di Sagitter ben riportava alla mente l’eroe che era stato investito di quel cloth.

Ikki cercava, ma non voleva sapere.

Non voleva avere l’ennesima conferma di una perdita. Aveva perduto troppe cose importanti nella sua vita, ad alcune aveva cercato di metter fine lui stesso nel tentativo di tenerle legate a sé. Per questo ora, ora che si ricordava come piangere e come ridere, l’idea di aver perso lui per sempre gli straziava l’animo. 

Eppure dovrei esserci abituato.

Ma dall’esterno, nulla di tutto questo era visibile.

Era sempre stato bravo a non far trapelare nulla di sé.

 

Il rosario tintinnò contro le mani giunte che lo sostenevano: ormai quasi tutti i grani si erano oscurati per sempre.

La maschera impassibile del cloth di Virgo sorrideva appena, senza guardare più le insondabili profondità del cielo quanto il muro dissacrato che aveva innanzi.

Ikki si fermò, ricambiando quel metallico sguardo.

Un Saint di Athena era costretto a fortificarsi contro il dolore della perdita. Ma la Fenice non era in grado di accettarla appieno. Come tante cose del suo essere Saint spesso gli erano risultate quanto meno indigeste.

Ma aveva capito, non molto tempo fa, aveva compreso pienamente quale fosse il suo destino. Ed era orgoglioso di percorrere quella strada.

Gliel’aveva spiegato lui. 

Quando si erano incontrati, scontrati, incontrati ancora. Ed ora, Ikki non poteva fare a meno di pensare di essere arrivato troppo tardi.

Troppo tardi per riuscire a salutarlo di nuovo.

Troppo tardi per riuscire ad accettare che non si sarebbero più incontrati.

Troppo tardi.

La crudele ironia del Mondo dei Morti ha chiuso per sempre gli occhi di chi si ostinava a tenerli serrati.

Ikki vorrebbe solo ricordarsi come si fa a piangere.

Poi un sorriso, leggero, gl’increspa le labbra.

Anche se certo non piangerei davanti a lui.

Anche il cloth di Virgo sembra sorridere.

E si muove.

 

Lentamente, ma si muove.

L’ultimo sforzo immenso di un’anima che non ha mai accettato i limiti che il suo corpo gl’imponeva. Le mani giunte si separarono, a fatica, stringendo le dita dorate attorno al rosario. Non si tratta più di un pugno di polvere.

Un simbolo.

Un ricordo.

Con caparbietà il cloth allungò le braccia, porgendo ad Ikki l’ultimo ricordo dell’uomo più vicino a Dio.

Vai Ikki.

Una voce dal nulla, serena e superiore com’è sempre stata… tranne rarissime occasioni.

Ed Ikki afferrò quel rosario che era passato per così tante mani: Shaka, Saga, Mu, Shaka nuovamente ed ora lui. Finché non si fossero oscurati anche gli ultimi grani. Fino alla fine.

Ikki era sicuro di non aver mai sentito Shaka ridere. Eppure ora l’udì, distintamente.

Una risata sommessa, non invadente. Ma senza dubbio una risata.

Ci rivedremo presto.

Una promessa. La Fenice sorrise, perché avrebbe obbligato Virgo a mantenerla quella promessa. D’altronde Shaka non era mai venuto meno alla sua parola.

In un mondo pieno di Luce.

Il cloth si fermò, definitivamente, il braccio ancora disteso come in un saluto fra due anime che nonostante tutto erano riuscite a incontrarsi, almeno un’ultima volta. 

Per essere poi separate per sempre.

La crudele ironia del Meikai.

“Non c’è Luce qui, Shaka” mormorò Ikki, scuotendo appena il capo. Ma c’è una promessa, che aleggia fra Virgo e Phoenix.

Ci rivedremo.

In un mondo pieno di Luce.

Ikki strinse il rosario, dando le spalle al cloth immoto. Non era più lì Shaka, malgrado fosse rimasto ad aspettarlo per tutto quel tempo. Era altrove.

Pandora rimase in silenzio, aspettando accanto al Muro del Pianto.

Presto l’avrebbe raggiunto.

 

Ci rivedremo.

Neanche Ikki intendeva infrangere quell’ultima promessa.

   
 
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