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Autore: bluemary    11/01/2011    3 recensioni
La donna sollevò lo sguardo senza rispondere, rivelando gli occhi che fino a quel momento si erano rivolti altrove. Incapace di muoversi, la guardia la fissò sconvolto. L’iride nerissima era frammentata da piccoli lampi di grigio, come delle ferite che ne deturpavano l’armonia, donando al suo sguardo una sfumatura intensa quanto inquietante; ma era stato il centro stesso dell’occhio ad aver attratto da subito l’attenzione dell’uomo, che adesso la fissava quasi con terrore, le mani strette convulsamente alla lancia ed il respiro affannoso: al posto del nero della pupilla, si stagliava il bianco tipico degli Oscuri.
Cinque sovrani dai poteri straordinari, una ragazza alla ricerca della salvezza per una razza intera, un umano con la magia che sembra stare dalla parte sbagliata. Benvenuti su Sylune, una terra dove la speranza è bandita e dove gli ultimi uomini liberi lottano per non soccombere.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sylune' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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-Capitolo 9: Scontri-

Kilik fece un respiro profondo, nel tentativo di incamerare la maggior quantità possibile di ossigeno, mentre i polmoni gli bruciavano per quello sforzo a cui non erano abituati; ormai gli sembrava di correre da ore per quella pianura sconfinata ed il suo corpo cominciava già a mostrare i primi segni di cedimento.
Lanciò un’occhiata alla sua compagna, ancora una volta sorpreso di essere stato salvato da un’umana che, nonostante in un primo momento gli fosse sembrata più vecchia, non doveva avere più di venticinque anni.
Dopo quell’ironica frase con cui si era infine rivelata un’alleata, la ragazza lo aveva liberato dalle corde, tranciandole con la stessa arma che aveva utilizzato per sopprimere le guardie, poi, senza dire una parola, gli aveva preso il braccio per guidarlo in quella corsa interminabile, verso la piccola foresta che si intravedeva in lontananza. Una sola volta l’Etereo aveva provato a chiederle spiegazioni, ma lei si era limitata a stringergli il polso, in un tacito ordine di mantenere il silenzio, prima di accelerare ulteriormente il passo.
Mordendosi le labbra il ragazzo aveva continuato a correre e, anche quando aveva cominciato a sentire le prime avvisaglie della stanchezza, si era costretto ad avanzare, ignorando il proprio stomaco inesorabilmente vuoto e le insistenti fitte al fianco sinistro.
Con le gambe che gli dolevano per lo sforzo ed il respiro sempre più affannoso, non ci era voluto molto tempo prima che cominciasse ad essere distanziato da quella ragazza apparentemente instancabile, ormai era solo la sua forza di volontà a sostenerlo, unita all’orgoglio di non poter cedere sotto gli occhi di un’umana, per di più donna.
Senza fermarsi la sua compagna rallentò il ritmo, lasciandosi affiancare.
- Dobbiamo arrivare fino alla foresta. - mormorò con tono leggermente ansante, prima di tornare qualche metro avanti a lui.
Quando finalmente raggiunsero i primi alberi, l’Etereo era ormai allo stremo; fece ancora qualche passo, poi crollò in ginocchio ansimante.
Da una sacca legata alla cintura la ragazza estrasse una piccola fiasca di pelle colma d’acqua e gliela porse senza una parola.
Troppo stanco perfino per ringraziarla, Kilik l’accettò con uno sguardo colmo di riconoscenza e si mise a bere a lunghi sorsi, placando finalmente la sete che lo stava torturando dal suo risveglio, poi gliela restituì, approfittando del momento di pausa per studiare la sua misteriosa salvatrice.
Era una giovane donna alta quasi come lui, con il fisico asciutto ma muscoloso di una guerriera; i corti capelli biondi le arrivavano appena alle orecchie, facendo risaltare gli occhi verdi ed un volto che avrebbe potuto essere bellissimo, se non fosse stato per la durezza del suo sguardo e l’espressione fredda che emanava dai suoi lineamenti.
- Il tuo nome? - chiese bruscamente, mentre l’Etereo continuava a fissarla e riprendeva fiato.
- Mi chiamo Kilik.
- Io sono Rafi.
- Immagino che questi siano tuoi. - aggiunse poi, lanciandogli i due pugnali che i soldati gli avevano tolto mentre era incosciente.
L’Etereo li prese al volo, incredulo di quella fortuna insperata, mentre si sentiva pervadere da un’ondata di sollievo e gratitudine verso quella ragazza che era riuscita a riportargli l’unico ricordo tangibile di quel fratello tanto amato.
- Dove li hai trovati? - chiese, allacciandoli alla cintura.
- Erano stati gettati a terra, vicino ad una tenda dietro cui mi ero nascosta. - rispose lei, scoccandogli poi un’occhiata strana, quasi volesse mettere in chiaro di non avergli fatto consapevolmente quel favore - Pensavo mi potessero servire se fossi stata scoperta, mi sono accorta solo in un secondo momento che erano troppo decorati per appartenere ai soldati dell’impero e non avevano nemmeno lo stemma della Fiamma Nera inciso sull’impugnatura.
Il volto di Kilik non mutò dopo questa precisazione, dai suoi lineamenti continuava a trasparire un profondo senso di riconoscenza, per nulla affievolito dai modi bruschi della sua salvatrice.
- Ti ringrazio. E anche per avermi liberato.
La bocca della giovane donna si piegò in un sorriso ancora più freddo della sua espressione normale.
- Non fraintendermi, non mi importa nulla di voi Eterei. Ma voglio distruggere gli Oscuri ed il tuo aiuto potrebbe servirmi. - replicò con voce dura, mentre estraeva il suo pugnale e cominciava a strofinarlo sull’erba per ripulirlo dal sangue dei soldati che aveva ucciso.
Momentaneamente gelato dalle sue parole, il ragazzo si riscosse all’improvviso mentre ne comprendeva il significato: Rafi era al corrente della sua vera identità, quindi il suo salvataggio non era stato frutto del caso come inizialmente aveva pensato e forse, ancora una volta, si era fidato troppo presto di chi non conosceva. Nonostante le sanguinose intenzioni della ragazza coincidessero con le sue, il giovane non poté reprimere un vago senso di sospetto nei suoi confronti.
- Come facevi a sapere che sono un Etereo?
- Nella locanda di Lockerhalt ho sentito una spia dell’impero che raccontava di averti catturato. - rispose lei, prima di lanciargli un’occhiata sarcastica - Sai, non dovresti fidarti delle anziane signore dall’aspetto innocuo.
Kilik accettò l’ironico rimprovero a testa bassa, il comportamento sprezzante della sua salvatrice gli rendeva ancora più amara l’umiliazione per essere caduto ingenuamente in quella trappola ed era di gran lunga più insopportabile dei rimproveri che lui stesso si era inflitto al suo risveglio.
Strinse le labbra, cercando di ignorare l’irritazione che stava lentamente soffocando la riconoscenza con cui fino a quel momento aveva guardato Rafi.
- Sei una dei Protettori? - chiese, quasi sicuro di una risposta affermativa, nonostante l’atteggiamento brusco e distaccato della ragazza gli rendesse difficile associarla a quei leggendari guerrieri per cui perfino lui provava un senso di ammirazione.
- Io sono da sola.
- E pensi di riuscire a uccidere gli Oscuri senza nessun aiuto? - esclamò Kilik quasi a bocca aperta per la sorpresa.
- Questi sono affari miei.
L’Etereo rimase in silenzio, indeciso se mostrarsi offeso con lei o cercare di capire se quella giovane assassina fosse una persona di cui si poteva fidare.
- E adesso cosa facciamo? - chiese poi, ancora stordito dagli ultimi avvenimenti e da quella fuga insperata.
Rafi ripose il pugnale ormai pulito nel fodero che portava allacciato alla gamba destra.
- Poco distante da qui c’è un piccolo villaggio, devo andare a fare provviste e recuperare il mio zaino.
- Vengo anch’io.
La ragazza si voltò di scatto, i lineamenti congelati in un’espressione dura.
- No! Non sono stata io quella che si è fatta catturare come un moccioso.
L’Etereo arrossì di rabbia, stringendo spasmodicamente i pugni per mantenere la calma.
- Solo perché ho commesso l’errore di fidarmi di un’umana come te. Ma posso assicurarti che non succederà più.
Rafi gli lanciò un’occhiata sprezzante, dalla sua smorfia di irritazione pareva quasi pentita di averlo salvato e non fece nulla per cercare di nasconderla.
- Mi saresti solo d’impiccio. Tu resti qui. - ordinò, mentre con passo leggero già cominciava ad allontanarsi da lui.
Il ragazzo l’afferrò per un braccio, voltandola bruscamente, forse nell’inconscio tentativo di farle del male o frantumare quel sorriso freddo e ironico, così terribilmente privo di umanità, con cui continuava a rinfacciargli i suoi errori.
- Mollami subito. - sibilò Rafi, socchiudendo gli occhi verdi in un’espressione pericolosa.
Kilik rafforzò la sua presa sul braccio magro eppure muscoloso della giovane donna, senza lasciarsi intimorire da quell’ordine minaccioso. Nonostante fosse riuscito a fuggire solo grazie al suo aiuto, non riusciva a provare la minima simpatia per lei; l’ostilità che gli dimostrava, gli sguardi sprezzanti con cui sembrava sfidarlo a ribattere e quel comportamento arrogante gli risultavano insopportabili, tanto da causargli l’intenso desiderio di ferirla.
La guardò negli occhi, irritato di non scorgere alcuna emozione oltre alla fredda minaccia presente nel suo sguardo, e ancora di più per averla creduta un’amica disinteressata quando invece Rafi l’aveva salvato unicamente per i propri scopi.
L’odio per quella razza che più volte lo aveva tradito, facendogli perdere il fratello, si riaccese violento in lui, al cospetto di quell’arrogante assassina di cui non riusciva a sopportare lo scherno.
- Perché dovrei obbedirti? Sei solo un’umana. - sibilò con disprezzo, specchiandosi in quelle iridi dure ed impassibili come il più freddo degli smeraldi.
Un violento pugno lo colpì al volto senza preavviso, facendogli perdere l’equilibrio.
Kilik si portò lentamente una mano sulla guancia dolorante, mentre, ancora seduto a terra, fissava incredulo la guerriera di fronte a lui.
- E’ meglio essere un’umana che essere altro. - gli disse Rafi, con voce carica di rancore e amarezza, quindi gli diede le spalle, incamminandosi verso il limitare della foresta - Se vuoi aspettarmi sarò di ritorno tra un paio d’ore al massimo, in caso contrario ti auguro buona fortuna, Etereo.

Lotar aggrottò la fronte, lo sguardo rivolto all’ampia finestra davanti a lui, a fissare il cielo cupo dove si erano appena spente le ultime stelle.
Quello era il giorno in cui la sua spia avrebbe dovuto fargli rapporto e l’Oscuro attendeva impaziente che arrivasse l’ora prevista; questa volta non sarebbe stato necessario rischiare per contattarlo, in quanto il suo uomo, come da accordi, si sarebbe dovuto trovare fuori dal castello di Daygon.
Finalmente il sole cominciò a far capolino dall’orizzonte, mentre il cielo si accendeva in un’alba quasi più infuocata del solito.
L’Oscuro chiuse gli occhi.
Gli bastò qualche attimo di concentrazione per percepire la sua presenza.
- Mio signore. - fece la sua spia con voce rispettosa, non appena percepì il legame mentale che la legava al mago.
Come le volte precedenti, Lotar evitò ogni tipo di convenevoli per ottenere subito le informazioni che gli interessavano.
- La ragazza che è stata salvata da Devil è ancora viva?
- Sì, è guarita quasi alla perfezione dalla sua ferita.
- E Daygon? Ha dimostrato interesse per lei?
- No, penso che non si sia nemmeno reso conto della sua esistenza.
Le sottili labbra del mago si tesero in un sorriso soddisfatto.
- Voglio che tu la rapisca e la conduca da me.
- Come desiderate. - mormorò l’uomo dopo un attimo di esitazione.
- Tra qualche giorno farò in modo di allontanare dal castello una buona parte dell’esercito di Daygon e poi ti contatterò. Per allora tieniti pronto ad agire.
- Sì, mio signore.
- E un’altra cosa: non deve succederle nulla di male. - ordinò l’Oscuro, prima di interrompere il contatto che li legava e aprire gli occhi.
Sawhanna gli si avvicinò, con le iridi nere che brillavano di curiosità.
Ormai era da quando avevano scoperto l’esistenza dell’Alher che la donna si era stabilita in quel castello, accettando l’invito di Lotar a fermarsi per qualche giorno. Nonostante non avesse portato alcun bagaglio, al suo corpo perfetto aderiva ora un vestito totalmente diverso da quello che aveva indossato al suo arrivo nel castello. Si sedette, attendendo che l’uomo facesse altrettanto, prima di interrogarlo sul rapporto della sua spia.
- Allora?
- La ragazza è viva e Daygon non si è ancora accorto di lei.
- Questa è un’ottima notizia. - commentò, arricciandosi una ciocca corvina con un gesto inconsapevole, che portava l’eco di una civetteria giovanile mai completamente dimenticata - Ma una simile situazione non potrà durare in eterno.
- E’ per questo che ho chiesto al mio uomo di rapire l’Alher e condurla da noi.
Lo sguardo di Sawhanna si oscurò all’improvviso, cercando nel volto del compagno delle spiegazioni per quel comportamento avventato che non comprendeva e disapprovava con tutta se stessa.
- E’ fidato? - chiese con una smorfia.
- Nessuno è realmente fidato, dovresti saperlo. - replicò il mago con un sorriso - Ma lui non mi tradirà.
- Come puoi dirlo?
L’Oscuro scosse le spalle, quasi per evidenziare la futilità di quella discussione: non rientrava nel suo carattere prendere decisioni sconsiderate, il suo potere si basava in gran parte su una prudente intelligenza ed i pochi rischi corsi fino a quel momento erano stati vagliati con attenzione, soppesando i pro ed i contro delle varie scelte alla ricerca di quella meno pericolosa e più redditizia.
- E’ l’uomo più leale di cui dispongo.
- Anche più di me? - chiese la donna con un’ombra di malizia nella voce, mentre si alzava con le aggraziate movenze di una pantera, affascinante e pericolosa al tempo stesso. L’Oscuro lasciò che dal suo volto trapelasse un distaccato apprezzamento, mentre ammirava l’incredibile naturalezza con cui la maga riusciva ad esprimere la propria sensualità senza un’esagerata ostentazione, in maniera ormai del tutto inconsapevole, come se l’abitudine alla perfezione fosse tanto radicata in lei da soffocare inconsciamente qualunque difetto.
- Sì. - rispose, mentre le bianche pupille della donna gli rimandavano il suo stesso volto - Lui mi teme.
Sawhanna incurvò i lati della bocca in un leggero sorriso.
- Chi è il più forte di noi due, Lotar? In fondo non abbiamo mai provato.
Per un attimo i suoi occhi neri luccicarono pericolosamente, quasi stesse pregustando lo scontro con un avversario alla sua altezza, che fino a quel momento non aveva mai potuto disputare. Istintivamente irrigidì il corpo, preparandosi a richiamare la magia, quel potere caldo e avvolgente che la tentava ed era già riuscito ad affiorare nelle sue iridi nere, evidenziando le striature grigie presenti in esse ora simili a lampi di argento fuso.
Lotar si alzò lentamente, senza smettere di fissare la donna di fronte a lui.
- Non te lo consiglio, Sawhanna. - mormorò, lasciando trapelare dalla sua voce pacata una nota di minaccia.
Nonostante nessun movimento giungesse a frantumare il silenzio e quella tacita tregua, una fredda tensione stava turbando quella stanza soleggiata in cui i due maghi continuavano a sfidarsi con lo sguardo, non più alleati, ma nemici.
La donna sollevò le mani, accentuando il sorriso crudele della sua bocca, ma senza attaccare, in attesa di una mossa del suo avversario per dare inizio allo scontro; per un attimo l’Oscuro sembrò pronto a richiamare a sé la magia, poi si rilassò e fece un paio di passi verso di lei, poggiandole una mano sulla spalla.
- Se una volta sconfitti Daygon e gli altri sceglierai di sfidarmi, non mi tirerò indietro. Ma, prima di allora, tu ed io dobbiamo rimanere alleati se vogliamo ottenere il potere dell’Alher e la supremazia incontrastata su Sylune.
Irritata da quel contatto la donna si scostò subito, ma annuì, ricacciando la magia nelle profondità più nascoste del suo essere per poi dargli le spalle e chiudersi nei propri pensieri.
L’Oscuro ristabilì le distanze tra loro con un passo indietro, senza che il brusco atteggiamento della compagna scalfisse la sua espressione imperturbabile.
- Saresti stata una degna avversaria.- le disse con un sorriso in cui forse c’era un velo di rimpianto - Ma ricorda, con me potrai diventare ancora più forte.
Sawhanna si voltò di scatto, lasciando esplodere il potere che vibrava da ormai troppo tempo dentro di lei e subito la pervase in una scarica di luce argentea, mentre i suoi capelli color della notte venivano accarezzati da quell’ondata improvvisa di magia.
- Mi credi davvero tanto ingenua? Sappiamo entrambi che sarà uno solo di noi ad ottenere la magia dell’Alher. Mi hai messo al corrente di questa scoperta unicamente per ottenere il mio aiuto. Non sottovalutarmi, Lotar. Non farlo mai.
Lentamente il potere che l’aveva avvolta scomparve e la stanza tornò ad essere illuminata unicamente dai timidi raggi del sole. Senza una parola né uno sguardo, la donna si ritirò nella propria camera.
Le iridi verdi del mago la seguirono con un’espressione imperscrutabile, mentre sarcasmo ed un lampo molto simile alla malinconia si intrecciavano nel suo volto, in un doloroso ossimoro di vuoto ed emozioni.
- Ancora così viva…
   
 
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