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Autore: The Edge Of Darkness    17/01/2011    4 recensioni
AU/What if. Anakin scopre il piano di Sidious e farà di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote. Questo però vuol dire sacrificare sè stesso per salvare la moglie e il figlio non ancora nato. Con l'aiuto di Obi-Wan, riuscirà a cambiare i piani del Signore dei Sith, a costo della sua libertà e rischiando di perdere la vita, nonchè la sanità mentale. Sette anni dopo la sua incarcerazione, inizierà il viaggio per ritrovare la sua famiglia. Un viaggio più lungo e più difficile di quanto potesse pensare. Un viaggio che lo segnerà profondamente, durante il quale crescerà e maturerà. La sua piccola Odissea personale. (Rating Arancione per sicurezza, alcune scene sono un po' forti)
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2 – Nemo

Beh, poteva andarmi peggio.

Sebbene mi tenessero segregato in un carcere di massima sicurezza da sette anni, giorno più giorno meno, ancora mi ricordavo chi ero. Non avevo ancora dato di matto insomma, per dirla in parole povere.

Non sapevo su che pianeta mi trovassi. Probabilmente era una misura di sicurezza per evitare che riuscissi a scappare in un modo o nell'altro. Quando mi consegnai al Cancelliere, ora Imperatore, fui ammanettato, incappucciato e senza troppi complimenti caricato su un trasporto militare che mi portò direttamente alla prigione. Fu un viaggio piuttosto lungo, durante il quale sentii i cloni parlottare tra loro riguardo ai nuovi ordini. Certo, erano stati clonati per obbedire senza controbattere, ma avevano un cervello e alcuni di loro non capivano che cosa potessi aver fatto per essere portato lì, senza un processo. Alcuni di loro mi avevano visto camminare disarmato nell'ufficio del Cancelliere, e disarmato ero uscito.

Era vero. Potevo ucciderlo lì sul momento, ma nello stato mentale in cui ero, non avrei avuto speranze. Rimasi il più passivo possibile, mentre pronunciava la mia condanna al carcere a vita.

Vita...beh, circa.

Quando fui all'interno della struttura, finalmente mi tolsero il cappuccio dalla testa. Il posto era buio, scavato nella pietra probabilmente. Non c'erano segni che mi permettessero di riconoscere l'edificio in alcun modo. Mi spintonarono dentro una stanza e mi fecero sedere prima di legarmi le caviglie alle gambe della sedia e collegassero le manette ad una catena attaccata al pavimento. Proprio non volevano farmi andar via eh...

Fui interrogato da un ufficiale che non avevo mai visto, un uomo basso, tarchiato, tendenzialmente viscido con una voce acuta che faceva male ai timpani. Mi chiesero nome, cognome, occupazione, data di nascita e altre generalità varie. Mi scattarono un'istantanea per l'archivio e possibile foto segnaletica dopodichè mi assegnarono un numero. Da quel momento per sette anni io sono stato un numero di matricola, e i miei carcerieri si rivolgevano a me con quel codice. 100389. Per farla breve 389. Mi diedero la divisa di tessuto grezzo della prigione, inscatolarono i miei effetti personali – spada, tunica, cintura e contenuto delle relative tasche, stivali e mantello – e li catalogarono. Subito dopo, ogni mia presenza ufficiale in registri demografici, note militari e civili fu cancellata. Anakin Skywalker non esisteva più. Fantastico.

Due cloni mi scortarono lungo un corridoio su cui si aprivano sui due lati le porte delle celle. Prigionieri incuriositi mi guardarono, alcuni mi riconobbero e vidi lo stupore dipinto nei loro occhi mentre camminavo, ancora ammanettato, a testa alta. Non avevo perso il mio orgoglio, e non riuscirono a portarmelo via. Mai.

Mi tolsero le manette e mi spinsero dentro la cella, poi chiusero la porta.

Ventiquattro ore su ventiquattro chiuso nella mia cella, senza niente da fare. Arredamento a dir poco spartano, una lastra di pietra fungeva da letto, servizi igenici ridotti all'osso e una finestrella di neanche venti centimetri di lato per cambiare l'aria.

Non erano passate ventiquattro ore da quando la serratura elettronica si era chiusa dietro di me quando improvvisamente sentii come un grido, attraverso la Forza. Sentii un fortissimo dolore alla testa che prese a girare senza un motivo, poi un riecheggiare di spari, urla, rumori di spade laser che si spegnevano.

L'Ordine 66 era stato dato.

Quello era l'eco di migliaia di Jedi che morivano sotto il fuoco dei Cloni che fino a qualche minuto prima erano stati loro compagni d'armi. Fu un incubo ad occhi aperti. Era insopportabile. Ogni Jedi che moriva il dolore alla testa aumentava, senza contare la nausea per il giramento di testa.

Fu un momento terribile, veramente. Faccio ancora fatica a parlarne, dopo quasi venticinque anni.

In ogni modo, quello fu il mio primo dei tanti giorni di prigione. Qualche giorno dopo invece fu peggio, almeno dal mio personalissimo punto di vista.

Per qualche lunghissimo minuto entrai in connessione con Vader. Sembra assurdo, ma improvvisamente mi ritrovai ad essere attanagliato in una morsa di dolore, non c'era un muscolo, un organo del mio corpo che non fosse come stritolato. Sentivo la pelle ardere, le gambe e le braccia attraversate da continue scariche elettriche. Fu terrificante. Il suo dolore era il mio. Sentivo ciò che gli stavano facendo. Non so con che razza di sadismo lo stessero curando, ma gli stavano impiantando quattro arti artificiali...da sveglio! Fortunatamente, esattamente come quella sensazione era venuta, se ne andò.

Ma successe altre volte. Non con quella intensità, ma finchè rimasi chiuso in quel carcere di tanto in tanto riuscivo a percepire il suo stato d'animo, il dolore che provava alla giuntura tra la carne e gli arti meccanici, i fastidi dovuto al respiratore. Imparai a conviverci, anche se era veramente fastidioso.

Mi domandai che diavolo fosse successo e qualche ora dopo cominciò a girare la voce che uno Jedi avesse affrontato Vader su Mustafar e l'avese sconfitto, tagliandogli tutti e quattro gli arti e lasciandolo a bruciare su un crinale, a pochi centimetri dalla lava del pianeta minerario.

Obi-Wan. Ero sicuro che fosse stato lui. Non chiedetemi come, ma appena scoprii che cosa era successo, seppi che era Obi-Wan quel Jedi sconosciuto. Pregai che avesse messo Padmè in salvo o gliene avrei date di santa ragione una volta fuori di lì.

Ma non sapevo ancora che cosa c'era in serbo per me. O quanto meno lo scoprii qualche giorno dopo.

Iniziò il programma di Sidious per farmi passare al Lato Oscuro.

Con i trucchetti psicologici non aveva funzionato, beh, era l'ora del dolore fisico.

Dolore molto intenso, ve l'assicuro. Quattro o cinque volte al mese venivo trasportato in un'altra cella, legato e pestato a sangue per quel che bastava per farmi star male. Ho le cicatrici per provarlo. Probabilmente mi hanno rotto ogni osso che ho in corpo, lacerato tutti i legamenti e aperto tanti tagli da creare una bella carta geografica sulla mia schiena. Qualche volta dovette intervenire il medico per ricucirmi, ma erano occasioni rare. Avevo la Forza che mi aiutava. Non ero mai stato così bravo ad usare la Forza per guarirmi come molti miei compagni riuscivano a fare, però vi assicuro che la necessità aguzza l'ingegno, ed imparai. Almeno a risistemare le ossa rotte e legamenti stirati o strappati.

Andò avanti così per sette anni. E non era neanche la cosa più tremenda.

Il brutto era quando era Vader a subentrare ai miei carcerieri durante le sessioni di tortura. Non accadeva spesso per fortuna, ma quando succedeva, mi lasciavano in pace per un po'. Era un sadico. Non solo usava calci e pugni come facevano gli altri, ma la Forza, e soprattutto quella.

E quando mi trascinavano esanime nella cella beh, avevo un unico appiglio.

Mia moglie.

Il mio Angelo.

Era la mia ancora di salvezza. Probabilmente se non avessi avuto lei sarei impazzito dopo sei mesi, o mi sarei votato al Lato Oscuro. Mi ritrovavo a starmene sdraiato a terra per ora, a volte per giorni, ad ascoltare le ferite richiudersi e intanto pensavo a lei. Il solo pensiero annebbiava ogni dolore, era meglio di ogni tipo di anestetico.

Mi faceva addormentare sereno, mi dava una ragione per andare avanti, per tenermi in forze per quanto potessi e mi dava un motivo per tenere la testa lì dov'era, attaccata al collo.

Anche se era così lontano da me, beh, capitava che riuscissi a sentirla come se fosse di fianco a me. Anche con tutto quello che mi facevano, tenevo duro e mi aggrappavo all'idea che un giorno l'avrei stretta di nuovo tra le mie braccia e sarei riuscito a vederla nuovamente. Senza parlare di mio figlio.

Mi ricordo quando nacque. Sembra assurdo ma un mese circa, avevo ancora la cognizione del tempo in quel momento, riuscivo ancora a contare lo scorrere dei giorni, percepii un mutamento nella Forza, qualcosa di grosso, ma veramente. Un flusso di energia enorme che si sprigionò dal nulla. Beh, dal nulla no.

A quel punto capii che cosa era successo. Era nato mio figlio. O mia figlia.

Improvvisamente, anche se odiavo quel posto angusto, umido e buio, ero l'uomo più felice della Galassia. Ero padre per la miseria!

Ad ogni modo, avevo abbastanza ricordi di momenti passati assieme da potermi risollevare il morale quando ero giù. Praticamente tutto il tempo.

Però non era tutto facile. C'erano giorni in cui sentivo la paura attanagliarmi lo stomaco, e non c'era bel ricordo che tenesse. Sentivo la presenza incombente di Sidious e Vader ovunque, la Forza era perennemente in subbuglio, quasi fosse in lutto per la perdita di buona parte degli Jedi della Galassia. Oltretutto, nel corso degli anni le sessioni di pestaggio cominciarono a peggiorare. Cominciavo a temere che prima o poi mi avrebbero ammazzato, se non volutamente, perchè avevano esagerato coi calci.

Dovevo uscire da lì, in un modo o in un altro. Preferibilmente camminando sulle mie gambe.

Dovevo far qualcosa, per me stesso ma anche, e soprattutto per mia moglie e per mio figlio. 
 


Lo so, questo è pessimo. Era pessimo l'originale, traduzione e riscrittura non è che l'abbiano migliorato. In ogni modo, poi migliorano. Giuro. Chiedete a Colonnello, migliorano!
Ah, il titolo è preso da Nemo, dei Nightwish. 
I primi capitoli li ho scritti che ero un po', come dire, ossessionata da questa band. Poi cominciano a variare. Come storia, va presa molto alla larga, diventa bella dal decimo capitolo in avanti!
   
 
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