Film > Il gobbo di Notre Dame
Ricorda la storia  |       
Autore: minimelania    27/01/2011    4 recensioni
“Scegli me o il fuoco” aveva detto Claude Frollo ad Esmeralda, condannata al rogo.
E per salvarsi la ragazza aveva scelto lui.
Ora, nella carrozza che la conduce al Palazzo di giustizia, lei sembra già sapere quale destino l’attende. Invece, il Giudice ha in mente un progetto da proporle completamente diverso da quello che ci si potrebbe aspettare…
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 Minimelania & Marguerite90

 Presentano 

My Fair Gipsy

 
 


Capitolo 1: O me o il fuoco
 

 
Place de Grevés era gremita di persone. Sotto il cielo di una nascente alba livida, all’ombra della cattedrale, attendevano l’esecuzione della zingara Esmeralda.
Il patibolo per il rogo, allestito al centro della piazza, aspettava la ragazza col suo ultimo abbraccio mortale. Il boia la strattonò con malagrazia fino ai gradini di legno.
Forza, sali, strega.
Esmeralda sentì le corde graffiarle i polsi mentre, in camicia, veniva legata al palo.
Strega, udiva ripetere nella sua mente. Strega io, che sono innocente, che nella vita non desideravo altro se non ballare per le strade di Parigi, che ho soltanto difeso un povero ragazzo.
Alzò gli occhi verso Notre Dame: Quasimodo, incatenato, non avrebbe potuto salvarla.
Io, che avevo un amore. Forse.
Il suo pensiero andò a Febo, imprigionato assieme ai suoi amici della Corte dei miracoli. Non riusciva a voltarsi, ma sapeva che erano alle sue spalle. Al Capitano delle guardie sarebbe toccato il dolore di assistere allo spettacolo macabro della sua fine. Ammesso che gliene importasse.
Certo che le aveva previste proprio bene le cose, quel… quell’orribile essere del Giudice Claude Frollo. Eccolo lì, se ne stava in piedi, davanti a lei, con la fiaccola in mano, pronto a sferragli il colpo finale. Sogghignava, e quel suo sorriso le pareva l’anticamera dell’inferno.
Per quanto sia, il diavolo non potrà mai essere peggio di lui.
Va bene, sarò onesta, si disse, l’idea di essere al centro delle fantasie di un uomo tanto potente, capace di distruggere l’intera città solo per avermi, mi lusingava, in minima parte. Diciamo, mi lusingava un pochino. Mi lusingava e basta. Sì, ma non al punto da dover pagarlo con la pelle.
 
- La prigioniera Esmeralda è stata riconosciuta colpevole del crimine di stregoneria. – disse con quella che non sarebbe stata nemmeno una brutta voce, se non fosse stata incrinata da una vena marcata di disprezzo.
I tamburi rullarono su un silenzio irreale.
- La sentenza: morte!
Si levò dalla folla qualche grido di protesta.
- L’ora è giunta, zingara, sei affacciata sull’orlo dell’abisso. Ciononostante, non è troppo tardi.- avanzò di qualche passo, quel tanto che bastava per avere il suo viso a pochi centimetri dal proprio, quel tanto che bastava per sentire il calore della torcia che egli reggeva.
- Posso ancora salvarti dalle fiamme di questo mondo e del prossimo. Scegli me, o il fuoco.
La tentazione fortissima, irrefrenabile, era stata quella di mandarlo al diavolo, di sputare contro di lui se questo fosse servito ad avvelenarlo. Ma avrebbe solo ottenuto qualche istante in meno di vita.
La vita… Avrebbe dovuto dirle addio per sempre.
Tra pochi minuti sarà tutto finito, Esmeralda. Si disse. Già, tutto finito. Il dolore dell’agonia sarebbe cessato, ma con esso anche tutte le gioie dell’esistenza.
Non possedeva molto, certo, ma ringraziava per quel poco che aveva e… ma cosa andava a pensare? Non era mica il momento adatto per far bilanci!
Dopotutto, a ben vedere, la soluzione l’aveva lì davanti, a portata di mano. Non avrebbe dovuto che pronunciare una parola.
Per quanto quell’uomo la spaventasse, o meglio la disgustasse per ciò che aveva fatto alla sua gente, sarebbe stato sempre meglio che la morte.
Guardò un’ultima volta in direzione della cattedrale: il campanaro non dava segni di riuscire a spezzare le catene. E lei che, fino all’ultimo aveva sperato di vederlo piombare sulla piazza, afferrarla per condurla in sicuro sulla torre più alta, gridando: diritto di asilo.
Nulla. Nessun segno di ribellione nemmeno da parte di quello che un tempo era stato il valoroso Capitano Febo. Niente. Doveva salvarsi da sola.
Scelgo voi, disse in un sibilo appena percettibile.
- Prego?
- Ho detto che scelgo voi.
Sul volto del Giudice balenò un sorriso di vittoria: - Lo sapevo. La morte fa paura, non è vero?
La ragazza si rifiutò di rispondere.
Frollo si era intanto voltato verso la folla con un gesto fin troppo teatrale. Il nastro rosso del cappello aveva seguito i suoi movimenti come l’ondulazione sinuosa di una lingua di fuoco.
- Popolo di Parigi, la zingara Esmeralda ha scelto di abiurare, e poiché Dio è misericordioso verrà perdonata. Tu, zingara – si trovò l’indice di lui puntato contro con solennità – dichiari davanti a Nostro Signore, alla legge e alla città di rinunziare a Satana, alle sue tentazioni, alle pratiche di stregoneria e di condurre da oggi stesso vita da degna cristiana.
Annuì con decisione.
- Abiuri le tue colpe, le tue errate credenze, le tue eresie e sei disposta ad accogliere con spirito di buon cattolico il castigo che la Nostra Madre Chiesa vorrà assegnarti per espiare i tuoi peccati?
- Sì. – fu appena un soffio.
- Con questo sì, tu sei assolta dalla tua condanna a morte. Guardie, liberatela! – poi aggiunse a bassa voce – E conducetela nella mia carrozza.
 
Bene, la carrozza! Pensò Esmeralda, mentre non sapeva se mettersi a piangere o a ridere per la situazione in cui si stava trovando. La carrozza con la quale mi porterà al suo palazzo a vivere come la sua amante. Che disgustosa prospettiva! Eppure, quando l’alternativa è il rogo…
Lo sportello della carrozza si aprì. Al palazzo di giustizia, sentì ordinare. Poi, entrando, la mano del giudice sfiorò inavvertitamente la sua.
Ecco, comincia subito ad approfittare della vicinanza, fraintese.
Frollo si assestò sul sedile di fronte.
- Che avete da guardare? – ringhiò la ragazza, ricordandosi in quel momento di essere ben poco vestita – Oh, lo so che cosa state immaginando… Ma vi sbagliate, vi sbagliate di grosso se credete che io possa essere un giorno vostra! Piuttosto la morte!
- Hai un bel coraggio, ora che sei in salvo. Non mi parevi di questa opinione fino a qualche minuto fa. – replicò lui, senza scomporsi.
- Avevo forse altra scelta? Ma sappiate che io non vi amerò mai, perché il mio cuore appartiene solo…
- Solo al prode Capitano Febo, che oggi si è proprio dannato l’anima pur di salvarti. Sì lo so, non c’è bisogno di tanto melodramma. Eppoi, mia cara, non è certo l’amore che cerco.
- Eh, come no: vi basta tutt’altro! Io non ci verrò mai assieme a voi, mi disgustate, mi fate orrore e se solo oserete avvicinarvi… io…
- Avvicinarmi? A te? Davvero tu pensi che io abbia fatto bruciare Parigi solo per avere te?
Esmeralda aggrottò le sopracciglia. Cominciava a non capirci più nulla. Calma. Doveva rimanere calma e soppesare ogni parola: si trattava certamente di un altro inganno ordito da quel subdolo giudice ai suoi danni.
- Non volevate me? Cioè, voi avete messo sottosopra una città ma non per me? Intendete dire che voi non volete che io … ecco, che noi…
- No, se è quello che intendi. Tu, da quel punto di vista non mi interessi minimamente. Ma mi ci vedi? Un uomo rispettabile come me, un Giudice, il più famoso di Parigi, insieme ad una zingarella come te? – trattenne a stento un sogghigno che, poi, Esmeralda aveva capito essere il suo modo di ridere.
- Non mi volete come amante?
- No.
La ragazza si era afflosciata nelle spalle, lasciando che le mani abbandonate a ciondoloni tra le ginocchia esprimessero per lei la sua delusione.
Insomma, non aveva fatto poi così colpo.
- E allora cosa volete?
- Proporti una società: io aiuto te e tu aiuti me.
Guarda che se tu non mi avessi perseguitato, ora io non sarei in questo guaio e non avrei bisogno del tuo aiuto, avrebbe voluto rispondergli, ma non era nella posizione migliore per replicare.
- Mi serve una finta futura moglie.
Una che? Se prima non volevo venire a letto con te, figuriamoci se accetto di sposarti.
- Finta  - sottolineò lui, come se fosse stato in grado di leggere i suoi pensieri – Il Re vuole ad ogni costo accasare sua cugina. Nubile, quasi cinquant’anni, brutta come il peccato mortale, povera creatura. E vuole darla in sposa a me.
- Beh, non sareste, come dire, sprecato.
- Un’estranea in casa non la voglio. A maggior ragione se si presenta sotto tali fattezze.
Tu ti fingerai la mia futura sposa, io ti presenterò al Re che darà l’assenso al nostro matrimonio.
Io mi sarò tolto dai piedi la gentil dama, dato che non sarò più un partito disponibile per lei e tu tornerai da dove sei venuta. Arrivederci e grazie. È tutto chiaro?
- Dov’è la fregatura?
- Non c’è. – Frollo alzò il sopracciglio sinistro.
- Ma allora perché mettere a ferro e fuoco Parigi per cercarmi.
- Dovevo pur far credere al Re che il saggio, pio, equilibrato giudice Frollo era uscito completamente di senno, impazzito dal desiderio per una zingara. A questo punto, se gli è giunta voce di quello che è successo, starà pensando che no, non sono più un degno marito per sua cugina.
Che peccato! In più, proprio perché tu sei una zingara, potrò mettere in atto il mio piano: non potevo certo chiedere aiuto a qualche dama dell’alta società, tu mi capisci, vero?
Allora, affare fatto?
Esmeralda l’aveva ascoltato stupita, mordicchiandosi il labbro inferiore per la perplessità: - Non vi siete invaghito di me?
- Ancora me lo chiedi? No, non mi interessi. Spiacente se avevi delle illusioni in questo senso, temo proprio di doverti deludere.
Ma come si permetteva? Illusioni in quel senso?!
- Allora accetti?
- Vedete altre possibilità? Mi date la vostra parola che sarò libera, dopo?
Frollo cercò di assumere la stessa espressione solenne di cui si serviva in tribunale: - Ti do la mia parola. Ed io sono un uomo che mantiene fede alle promesse.
- Accetto. – fece lei porgendogli la mano, per quanto quel breve contatto le provocasse fastidio.
- Molto bene.
La carrozza sobbalzava, diretta al Palazzo di giustizia.
Vi fu un lungo momento di silenzio, al suo interno, rotto soltanto da qualche parola di lui.
- C’è, nel nostro contratto di società una piccola ehm… clausola, di cui mi ero dimenticato.
Eccolo, l’inganno. Quella clausola, si disse.
- Non ciò che stai pensando. – aggiunse Frollo – Piuttosto alludevo alla necessità di renderti presentabile agli occhi del re…
- Presentabile? Io sono più che presentabile! – ribatté stizzita.
Ma, dico, mi ha guardata bene? È la seconda volta, oggi, che infligge un duro colpo al mio fascino.
- Non intendevo in quel senso. Voglio dire: bisogna fare di te una dama, una signora ben educata. Una gentildonna.
Lei aveva arricciato il naso. Una gentildonna?
- Cosa dovrei fare, dunque?
- Non preoccuparti, ti spiegherò strada facendo. Fidati di me.
Fidarmi di te? Sì, certo. Era una parola.

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Il gobbo di Notre Dame / Vai alla pagina dell'autore: minimelania