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Autore: _Lightning_    10/02/2011    5 recensioni
Continuo a camminare, esco dal grano e mi ritrovo nel viale alberato che conduce alla villa, la ghiaia che scricchiola sotto i miei sandali, in un suono familiare e accogliente. Le cime dei cipressi danzano nei refoli di vento, che scompiglia anche le fronde degli altri alberi e il grano, rendendolo una massa ondeggiante simile a un mare dorato.
Tutto sembra dirmi: bentornato a casa.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dominus Et Deus


Il sole mi scalda gentilmente il viso mentre cammino nel grano alto, sfiorando appena i pennacchi delle spighe con le dita.
Il mio sguardo spazia su campi sterminati, colline ondulate, filari di pioppi e cipressi.
Sorrido appena nel vedere la grande villa sulla collina. 

Casa. Finalmente a casa.

Lascio scorrere senza fretta gli occhi sul paesaggio, fino a soffermarmi sull'orto, dove sono sicuro che stia giocando Adriano, fingendo di essere un legionario e facendo correre in circolo il suo cavallino bianco, a piedi scalzi sulla terra arata, con la tunica estiva corta alle ginocchia e il sorriso che va da un orecchio all'altro.
Lavinia è sicuramente lì con lui, che lo guarda amorevolmente mentre gioca, la lunga ed elegante veste che svolazza appena nel vento lieve che sfiora i campi, i capelli neri e ricci che le scendono sulle spalle e i grandi occhi castani che scrutano l'orizzonte e carezzano Adriano con l'amore che solo una madre può dare.

Continuo a camminare, esco dal grano e mi ritrovo nel viale alberato che conduce alla villa, la ghiaia che scricchiola sotto i miei sandali, in un suono familiare e accogliente. 
Le cime dei cipressi danzano nei refoli di vento, che scompiglia anche gli altri alberi e il grano, rendendolo una massa ondeggiante simile a un mare dorato.

Tutto sembra dirmi: bentornato a casa.

Scorgo due puntini allontanarsi dall'orto e giungere al viale, uno piccolo che avanza spedito lungo la striscia centrale d'erba e l'altro che lo segue con calma, con passo rilassato.

Eccolì là, come se li avessi lasciati ieri.
Lavinia, Adriano.

Mi aspettano.
Mi stanno aspettando da due anni e mezzo, ormai.

Percorro il viale, accelerando il passo senza rendermene conto, mentre il puntino che assume pian piano la forma di mio figlio mi corre incontro, ridendo.
La sua risata spensierata giunge alle mie orecchie e sento un sorriso spontaneo e irrefrenabile attraversarmi il volto.
Grido il suo nome e il mio passo diventa una corsa, allargo le braccia così da poterlo prendere mentre corre.
Dietro di lui avanza Lavinia, la tunica che segue fluidamente ogni suo passo ancora strattonata dalle dita birichine del vento.
Adriano è a pochi passi da me, ride, mi fermo e piego un poco le ginocchia per afferrarlo al volo...

Mi supera.

Mi è passato attraverso, come se fosse incorporeo, come se io fossi incorporeo.
Rimango allibito, mi giro di scatto e vedo Adriano che indica qualcosa davanti a sé, l'indice puntato verso l'ingresso del viale.
Aguzzo la vista e distinguo una nuvola di polvere levarsi all'orizzonte.
Adriano grida gioioso:

"Mamma!" la sua voce squillante riecheggia amplificata di mille volte nella mia testa, rintronandomi.

La nuvola di polvere, la sagoma di Adriano, la strada, la campagna, tutto sfuma davanti ai miei occhi assumendo una sfumatura grigio-metallica, mentre un rumore insistente e ritmico cresce nella mia mente, sovrastando tutto il resto e io barcollo stordito, mi sento ondeggiare come se fossi ubriaco.
Adriano grida di nuovo, dal suo tono riesco a intuire che sta sorridendo:

"Ci sono i soldati!"

La sua vocina infantile sembra rimanere sospesa nell'aria per un'eternità, mentre una stilettata fredda e brutale di angoscia mi trapassa lo stomaco.
I soldati Imperiali si avvicinano, metto a fuoco lo stendardo con l'aquila ad ali spiegate che torreggia sui cavalli al galoppo; il mondo continua a ondeggiare, ho la fugace visione di una porta, lontano davanti a me, semi nascosta in un velo di foschia, i battenti neri serrati... il rumore ritmato nella mia testa aumenta, fino a fondersi con gli zoccoli dei cavalli che scalciano la ghiaia e a diventare un fragore assordante...

Spalanco di scatto gli occhi, rimanendo accecato dalla luce intensa del sole.
Strizzo le palpebre, cercando di scacciare i puntini luminosi che mi danzano davanti ad ogni battito di ciglia.
Mi raddrizzo sulla sella, dalla quale ero quasi scivolato e mi guardo intorno, spaesato.
Vedo solo una piatta distesa di terra rossa, brulla e desolata.
Ho la vista annebbiata, come se fossi ancora in una dimensione onirica, ma il dolore lancinante della ferita mi riporta bruscamente alla realtà, strappandomi un gemito di dolore che soffoco tra i denti.

Allora ricordo.

Adriano, Lavinia, la mia casa...
E i soldati.

Stanno arrivando.

Il pensiero fa perdere al mio cuore un paio di battiti, mentre sento un peso scivolare nello stomaco, facendomi sentire sul punto di svenire.
Sprono il cavallo ormai esausto, lanciandomi in un galoppo sfrenato, il cuore in gola e il petto che sembra essersi ghiacciato per un gelo implacabile, mentre ogni respiro mi trafigge i polmoni, nel terrore di arrivare tardi, troppo tardi...

Il paesaggio diventa una macchia sfocata ai confini della mia visuale, mentre raccolgo le poche forze che mi sono rimaste per rimanere in sella.
La strada sterrata scorre sotto gli zoccoli del cavallo ansimante; manca poco, dietro la curva, oltre quella collina, la casa è lì, è , a pochi passi, un ultimo sforzo.
Imbocco la curva che costeggia la collina a tutta velocità, rischiando di venire disarcionato, ma non mi fermo; intravedo in lontananza il viale, non alzo lo sguardo, lo tengo fisso sulla strada, temendo quel che potrei vedere.
A pochi metri dai filari di cipressi non resisto più e punto di scatto gli occhi sulla villa.

Fumo, terra bruciata e macerie sono le uniche cose che incontra il mio sguardo.

Stringo i denti e scalcio con forza nei fianchi del cavallo, chiedendogli le sue ultime energie, attraverso l'orto, arrivo allo spiazzo sabbioso dove giocava mio figlio e lì il cavallo perde contatto col terreno, rovina a terra, scagliandomi nella sabbia e cadendomi addosso, rompendomi quasi una gamba con il suo peso.
Mi allontano strisciando dall'animale scalciante e mi rialzo tremante, arrancando verso la villa, zoppicante e prossimo allo svenimento.

Attraverso i prima rigogliosi campi di grano, ora ridotti in un cumulo di ceneri fumanti, tossendo convulsamente ogni volta che inspiro il fumo asfissiante.
Qua e là vedo i corpi dei servi, riversi a terra e carbonizzati, a malapena distinguibili dal terreno del medesimo colore.
Qualcosa mi dice di fermarmi qui e di non proseguire, ma le mie gambe continuano a camminare, anche se non sento più la terra sotto i piedi.

Arrivo stremato alla soglia e mi blocco, gli occhi stralunati, incapaci di accettare quel che vedono.

Crollo sulle ginocchia, annichilito dal dolore e dalla devastazione che sento corrodere il mio cuore, lentamente e dolorosamente.

L'immagine di Adriano ridente si accosta brutalmente con quel corpicino bruciato, irrigidito e irriconoscibile; il volto di Lavinia che mi sorride si sovrappone a quello emaciato, scempiato e orripilante che ho davanti a me, le braccia scheletriche che sembrano tese verso il cielo in segno di resa.

Una valanga di ricordi mi si abbatte addosso, tutti i momenti trascorsi insieme a loro, sono indescrivibili, innumerevoli e ognuno di essi mi ferisce, violentemente, senza pietà.

Spero disperatamente di scivolare nell'oblio, così da cancellare quella visione.

Rimango lì per un tempo interminabile, incapace di distogliere lo sguardo; poi mi alzo e comincio ad agire come in sogno, con gli occhi velati dalle lacrime e da una nebbia nera e soffocante.
Li seppellisco, lotto con me stesso per toccarli, domando l'istintivo ribrezzo che mi assale appena poso lo sguardo sui loro corpi, incapace di credere che quei due siano mia moglie e mio figlio.

Mi accascio piangente di fronte alle loro tombe, scosso dai singhiozzi, pregando che la morte giunga presto e scivolo nel delirio della febbre.

Dopo un tempo indefinibile, qualcuno mi tocca la spalla ferita, scatenando un dolore immane lungo tutto il braccio, ma rimango immobile.
Non ho più la percezione del mio corpo e anche se ho gli occhi chiusi sento che il mondo sta girando vorticosamente intorno a me.
O forse sono io che giro su me stesso.
Mi sento leggero, incredibilmente leggero e ad ogni istante che passa perdo sempre più contatto con la realtà.
Penso che è giunto il momento di andare nei campi Elisi, ma poi sento un mormorio sopra di me.

Delle voci.
Parlano latino, ma con un accento strano che non ho mai sentito.
Le parole mi giungono ovattate, come se fossi racchiuso in una bolla che mi isola dal resto del mondo.

Colgo stralci della conversazione, nel limbo tra la lucidità e il delirio, tra la vita e la morte.
Una parola viene pronunciata ripetutamente, più forte delle altre e con più enfasi.

Gladiatore.

Vengo sollevato senza tante cerimonie e deposto su qualcosa.
La mia mente annebbiata distingue in lontananza un cigolio di ruote.
Cerco di aggrapparmi all'ultimo barlume di coscienza, ma scivolo in un sonno agitato e mentre i miei pensieri si aggrovigliano in nodi confusi, mi soffermo su quella parola aguzza, intrisa di sangue.

Gladiatore.

Verrà il tempo per andare nei campi Elisi.

Ma non ancora.

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Nota dell'Autrice:


Eh, già, un'altra FF su "Il Gladiatore" u.u *si nasconde dietro il divano*
Sono stupita di me stessa, avrò visto e rivisto quel film centinaia di volte, ma non avevo mai pensato di scriverci una FF, anzi due!
La cosa strana è che mi viene spontaneo scrivere in prima persona e al presente cosa che non faccio mai o.o vabbè, all'ispirazion non si comanda u.u [Scrivi! NdMusaIspiratrice] (ma io non scrivo mai al presente! E non in prima persona!NdVeraMe) [Zitta e scrivi! è___é] 

Eh-hem, dicevamo ù.ù 

Grazie a JuliaSnape, che legge le mie squallide FF prodotte dalla mia mente bacata e sopporta i miei sfoghi in preda al delirio della scrittrice durante l'ora di greco e grazie a voi che leggerete! :D


-Light-


P.S. Ringrazio (per la seconda volta :D) JuliaSnape che mi ha dato l'ispirazione per la parte finale sul vecchio Max "racchiuso in una bolla" xD Lei sa a cosa mi riferisco u.u AMPLIFOOON!
 



-Tutti i personaggi e la storia appartengono a Ridley Scott, che ne detiene i diritti; questa storia è scritta senza scopo di lucro.-
   
 
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