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Autore: Prue786    23/02/2011    4 recensioni
Artemis si lasciò sfuggire un’occhiata alla cravatta nera che spiccava sulla camicia candida “È mia abitudine vestire così!... Ah, posso chiedere dove sono?” “Questa è villa Phantomhive!” “Quindi, vostro padre sarebbe…” “Io… sono il conte Ciel Phantomhive e questa casa è di mia proprietà!” Esclamò l’altro con una nota di irritazione nella voce.
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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I personaggi di “Artemis Fowl” appartengono ad Eoin Colfer mentre quelli di “Kuroshitsuji” appartengono a Yana Toboso e non sono utilizzati a scopo di lucro.

 

Il genio e il dannato

 

CAPITOLO 1

 

“Così va bene?” Chiese l’uomo finendo di avvitare un bullone.

“Sì, dovrebbe andare! Controllo subito!” Il ragazzo seduto alla scrivania digitò qualcosa sulla tastiera del computer e sullo schermo un modellino in scala cominciò a roteare su se stesso. La scritta che lampeggiava in basso confermava i suoi calcoli.

“Perfetto!” Un sorriso compiaciuto comparve sul volto pallido del giovane e gli occhi azzurri brillarono di soddisfazione.

Artemis Fowl junior si poggiò allo schienale della sedia girevole e continuò a rimirare l’esito del suo lavoro per qualche secondo prima di alzarsi di scatto.

“Quanto ti ci vuole, ancora, Leale?” Chiese  alla sua guardia del corpo che, inginocchiata a terra, continuava a stringere un bullone dopo l’altro.

“Non molto, Artemis, ho quasi…”

Il suono del campanello interruppe l’uomo che posò a terra la chiave inglese e si alzò con un sospiro. “Torno subito!”

Il giovane Fowl annuì e guardò Leale uscire prima di spostare la sua attenzione sul macchinario al centro della stanza.

Piegò la testa di lato e scrutò i pezzi di metallo con aria critica; la luce che filtrava dalla finestra si rifletteva sul materiale emanando piacevoli riflessi. Gli ci erano voluti tre mesi per mettere a punto quel progetto, ma alla fine grazie agli oggetti sottratti al piccolo Popolo, alle conoscenze incamerate in pochi anni di “collaborazione” e al suo cervello, c’era riuscito. Non che vi fossero dei dubbi in proposito, era pur sempre un genio con un QI superiore ai 200 e a poco più di 14 anni aveva all’attivo numerosi colpi portati a termine con successo. Tutti i colpi di Artemis Fowl andavano a buon fine, anche i più ambiziosi.

Indubbiamente con la sola tecnologia terrestre non avrebbe potuto riuscirci, ma questi erano dettagli.

Era da quando era tornato dall’ultimo viaggio, se così poteva essere definito, che ci pensava; con una macchina del tempo avrebbe guadagnato più di quanto avrebbe potuto farlo con qualsiasi altra cosa, e questo non avrebbe potuto che incrementare le entrate della famiglia Fowl.

Si avvicinò alla macchina e con i polpastrelli sfiorò la superficie fredda e liscia, assaporando già i fruttuosi guadagni che avrebbe realizzato con quel giocattolino ipertecnologico.

Il suo sguardo si posò distrattamente sul pulsante di accensione per poi cominciare a fissarlo quasi avidamente.

“Dovrei aspettare che Leale finisca di sistemare tutto…” Pensò mentre le dita cominciavano a sfiorare il piccolo pulsante verde.

Sorrise lievemente e scosse il capo: “La pazienza è la virtù dei forti!” Esclamò a mezza voce e in quel momento sentì il portone d’ingresso chiudersi e i passi pesanti di Leale mentre percorreva il corridoio e saliva le scale.

Un altro rumore catturò la sua attenzione. Artemis si accigliò leggermente, non riuscendo a capirne la provenienza, ma quando il suono sordo si ripetè, per un attimo si sentì mancare il fiato.

Fissò con aria sorpresa il macchinario di fronte a lui. Una spia luminosa lampeggiava a intermittenza sul monitor a cristalli liquidi.

“Si è acceso… da solo?!”

Fowl si avvicinò allo schermo e sgranò gli occhi: “Sta part…”  

“Questi scocciatori, cosa…”

Leale  rimase fermo sulla porta: “Artemis, non ho ancora finito di sistemarla!” L’uomo fece per entrare nella stanza, ma il giovane alzò una mano.

“Non entrare!” Artemis si voltò verso la guardia del corpo con aria accigliata; il suo tono non ammetteva repliche.

“Ma che sta succede…?”

Un fischio acuto uscì dalla macchina e i due furono costretti a coprire le orecchie con le mani.

“Artemis, ti porto via di qui!” Esclamò Leale, ma non riuscì a muovere un passo che il giovane Fowl si era praticamente volatilizzato.

 

Artemis si sentì come se qualcuno gli avesse afferrato improvvisamente le caviglie dal pavimento e lo avesse tirato di colpo giù. Non ebbe neppure il tempo per urlare o per riflettere su quello che stava accadendo. Il tonfo sordo e il dolore distribuito su tutto il corpo gli comunicarono che era perfettamente caduto a faccia in giù sul pavimento. Rimase fermo per qualche secondo prima di accertarsi che tutte le ossa fossero al loro posto.

“Leale?” Mugugnò con il volto ancora premuto a terra. Nessuna risposta.

Con qualche lamento il giovane Fowl cercò di tirasi su facendo leva sulle braccia e chiedendosi perché Leale non lo stesse aiutando. Fissò il pavimento, o almeno quello che doveva essere il pavimento. “Ma cosa…?” sfiorò con le dita la superficie morbida sotto di lui “Ma questa è moquette! Questa… non è casa mia!” Quella constatazione lo fece rabbrividire. Si mise lentamente a sedere cercando di riordinare i pensieri e una crescente soddisfazione di impossessò di lui subito tramutata in preoccupazione quando si sentì chiedere: “Chi siete?”

“Non sono solo!” Pensò Artemis rimanendo seduto. “E questo non va affatto bene!”

Leale gli aveva sempre raccomandato di valutare la situazione nella quale si trovava prima di agire: “Se ti trovi in un territorio sconosciuto, cerca di conoscerlo prima di aprire bocca. Dieci secondi di osservazione possono salvarti al vita.” Il giovane Fowl ripetè mentalmente le parole della sua guardia del corpo e perlustrò velocemente il luogo in cui si trovava. La grande stanza era riccamente arredata. Davanti a sé aveva una scrivania in legno, decisamente non recente, ma di ottima fattura, e sulla destra a pochi metri di distanza, un tavolino con un'unica sedia, anch’essi non comprati di recente. Alle pareti facevano bella mostra numerosi quadri “Imitazioni?” Si chiese decidendo di alzarsi; aveva incamerato tutte le informazioni necessarie.

Sbattè le palpebre, perplesso, quando, dall’altro lato della scrivania vide un giovane che poteva avere più o meno la sua età. L’occhio destro era coperto da una benda nera e indossava un completo blu decisamente elegante e decisamente fuori moda.

“Ottocento… seconda metà del secolo, direi!” Pensò, come se stesse valutando la datazione di un dipinto o un manoscritto. Il suo volto assunse un’aria compiaciuta, ignorando l’aria accigliata che aveva assunto l’altro; l’unico sopracciglio visibile si era piegato in modo quasi innaturale: “Chi siete?” Domandò nuovamente lo sconosciuto: “Cosa ci fate in casa mia?”

Artemis si schiarì leggermente la voce e con aria tranquilla rispose: “Il mio nome è Artemis Fowl e accidentalmente la mia ultima invenzione mi ha portato qui!” Esclamò lisciando con noncuranza la sua giacca nera.

L’altro rimase impassibile e, incrociando le braccia, domandò: “Quindi siete un inventore?”

“Non esattamente, ma non è sbagliato definirmi così!” Artemis scrollò le spalle mentre il giovane di fronte a lui si incupì “Da  dove venite?”

Fowl lo fissò in silenzio per qualche secondo: “Sono irlandese!”

“Dal vostro abbigliamento non si direbbe!” Esclamò l’altro quasi disgustato.

Artemis si lasciò sfuggire un’occhiata alla cravatta nera che spiccava sulla camicia candida “È mia abitudine vestire così!... Ah, posso chiedere dove sono?”

“Questa è villa Phantomhive!”

“Quindi, vostro padre sarebbe…”

“Io… sono il conte Ciel Phantomhive e questa casa è di mia proprietà!” Esclamò l’altro con una nota di irritazione nella voce.

Artemis rimase colpito da quella reazione. Inoltre cominciava a sentirsi le gambe indolenzite per quell’immobilità forzata. Era rinchiuso in una stanza con un ragazzino con un’evidente crisi d’inferiorità e con una mentalità completamente differente dalla sua; a dirla tutta era alquanto sorpreso che ancora non avesse cominciato ad urlare “al ladro” o, peggio ancora, “alle streghe” .
Fowl continuò a fissare il conte che si era rabbuiato ancor più di quanto non lo fosse prima e che aveva cominciato a far girare con due dita l’anello che portava al pollice della mano sinistra.

L’aria era diventata decisamente pesante quando si sentì bussare alla porta.

Artemis non mosse un muscolo mentre Phantomhive distolse lo sguardo.

“Le ho portato il tè, signorino!” Esclamò una voce maschile fuori dalla stanza.

“Entra, Sebastian!”

La porta si aprì senza il minimo rumore.

“Avete un ospite, non ne ero al corrente! Preparo un altro tè?” Chiese la voce.

Artemis lanciò un’occhiata di lato e vide arrivare un carrellino con sopra un servizio da tè a motivo floreale. A spingerlo un uomo slanciato che si rivolse nuovamente al conte: “Servo anche il suo ospite, signorino?”

Phantomhive rivolse la sua attenzione al giovane Fowl.

“Non si disturbi!” Si affrettò a rispondere Artemis che sembrava improvvisamente attratto da uno dei quadri alle spalle del conte.

“Non è inglese, signore?” Chiese l’uomo, rivolto ad Artemis.

Quest’ultimo si voltò, incrociando lo sguardo del maggiordomo. “Irlandese!” Esclamò subito.

“Capisco!” Il sorriso appena accennato dell’uomo fece rabbrividire Fowl facendogli desiderare che Leale fosse con lui.

“Cosa pensate di fare, signor…”

“Fowl! Mi chiamo Fowl!

“Sì, quindi, signor Fowl, quali sono i vostri progetti?” Chiese Ciel con un’occhiataccia.

L’altro si guardò leggermente intorno: “Credo che aspetterò qui finché la mia guardia del corpo non mi riporterà indietro, sempre che a voi, signor conte, non disturbi!”

“La sua guardia del corpo?” Phantomhive sembrava alquanto dubbioso.

“Sì, esatto!”

“Spero per voi che non ci metta molto!” Ciel si allontanò dalla scrivania per andarsi ad accomodare al tavolino poco distante dove il maggiordomo cominciò a servirgli il tè.

“Oltre ad inventare macchine che entrano in funzione da sole, vi occupate di altro, signor Fowl?” Chiese il giovane prima di prendere una tazzina e sorseggiare lentamente il tè.

Le sopracciglia di Artemis si incurvarono in maniera impercettibile. “Faccio tutto quello che di solito fa un ricco genio quattordicenne!”

Ciel alzò gli occhi dalla tazzina “Non credete di essere troppo sicuro di voi?”

“Non se mi chiamo Artemis Fowl e la mia intelligenza è superiore alla maggior parte degli abitanti di questo pianeta.”

“Questo lo dite voi!”

“Infatti!”

Un lieve sorriso increspò le labbra del giovane Fowl mentre continuava a fissare Ciel che ricambiava lo sguardo quasi senza espressione.

Un lieve tintinnio catturò l’attenzione dei presenti.

Il servizio da tè cominciò a tremare con insistenza crescente.

“Sebastian…?”

Il conte posò la tazzina sul tavolo e guardò il suo maggiordomo che con calma esclamò: “Una scossa di terremoto, signorino!”

“Non credo…” Sussurrò Artemis con lo sguardo rivolto verso l’alto mentre il tremore diventava più forte e il soffitto della stanza sembrava perdere consistenza. Il giovane continuò a fissare in su finché non perse l’equilibrio. Cadde a terra, in ginocchio, e poggiò entrambe le mani sula moquette.

“Artemis!”
La voce era lontana, ma la riconobbe subito.

“Leale… portami…” Un pezzo di intonaco cadde a pochi centimetri dalla sua mano. Fowl spalancò gli occhi, mentre il cuore cominciava a battergli forte per lo spavento, e tornò a guardare in alto: “Leale!”

“Sto arrivando, Artemis, tieni duro!”  Un sussurro, ma fu sufficiente.

Dal soffitto fuoriuscì un braccio che il giovane riconobbe come quello della sua guardia del corpo.

Chiuse e aprì gli occhi assicurandosi che non fosse un’allucinazione e subito cercò di rimettersi in piedi.

“Che sta succedendo?” Urlò Ciel per sovrastare il rumore. Il giovane si era alzato dalla sedia e fissava con aria confusa il braccio che fuoriusciva dal soffitto e Artemis che tentava di rimanere in piedi per raggiungerlo mentre l’intera stanza continuava a tremare.

“Signorino, è meglio che la porti via di qui!” Sebastian afferrò il conte con un solo braccio e lo sollevò da terra.

“Sebastian, no! Rimettimi giù!” Urlò infuriato l’altro, stringendo i pugni.

“Sta per crollare tutto!”

“Ti ho detto di…”

Artemis si avvicinò barcollando alla scrivania e cominciò a trascinarla in mezzo alla stanza.

“Che state facendo?” Urlò Phantomhive, stizzito, cercando di divincolarsi dalla presa del suo maggiordomo.

Fowl lanciò uno sguardo al conte, mantenuto a mezz’aria dell’uomo: “Torno… nella… mia… epoca!” Rispose Artemis tra un respiro e l’altro.

Quando fu soddisfatto salì sulla scrivania, in equilibrio precario, e alzò una mano che fu prontamente afferrata da Leale.

Quella presa ferrea fece sentire Artemis al sicuro, nonostante il giovane continuasse ad oscillare da una parte all’altra.

La stanza sembrò capovolsi quando venne tirato su di peso e il giovane Fowl strinse con forza gli occhi fin quando non avvertì altro che silenzio.

   
 
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