Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: Shu    04/03/2011    4 recensioni
Di tutto quello che era stato, gli erano rimasti soltanto una fermezza, e un terrore.
Presuppone la lettura del finale di xxxHOLiC, quindi SPOILER!
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kimihiro Watanuki , Shizuka Dômeki
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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“Fino a quando hai intenzione di continuare?”

“Finché non mi darà ascolto.”

E in quel momento, quel pomeriggio d’estate, in una comunissima strada assolata, lui aveva capito una cosa di Watanuki. L’aveva vista, chiara nei suoi occhi così distanti, e così seri.

Il premuroso, gentile Watanuki, che continuava a cucinare per quella donna, per farle capire il suo errore; quello sciocco di Watanuki, che andava ogni giorno a parlare ad una porta chiusa, nell’ansia di aiutare quella sconosciuta… Sciocco, gentile, volenteroso, sì certo, era ovvio, quello lo sapevano tutti…

Ma Watanuki era anche l’ostinazione.

Fermo contro una freccia che avrebbe potuto trapassargli il cuore, quando si era convinto di dover stare al fianco di quella signora che ogni giorno lo faceva stare più male. Sempre a sorridere a una ragazza che portava solo disgrazia. Accanito nel trovare a tutti i costi la soluzione per la maledizione dell’occhio.

Nessuno avrebbe potuto fargli cambiare idea, se sentiva che ciò che aveva deciso era giusto.

E questa che avrebbe potuto essere una qualità, un esempio di costanza, quella sera aveva colpito Doumeki come una lama di incomprensibile terrore.

 

 

 

C’era una ragione, adesso lo sapeva. Adesso che andava a trovarlo ogni giorno chiuso in quella casa, chiuso sempre più in se stesso. E si ripeteva che era l’ultima volta che lo lasciava fare, che difendeva le sue scelte, che la prossima volta che fosse successo qualcosa di grosso, gli avrebbe parlato. E gliel’avrebbe detta, quella frase pronunciata allora con tanta semplicità, che non aveva più smesso di risuonargli tra i pensieri. “Fino a quando hai intenzione di continuare?”

Ma poi, quella prossima volta arrivava, e passava, e lui si ritrovava sempre sotto la luce della luna, a contemplare il fondo del suo bicchiere di liquore, avvolto nel fumo della pipa, senza una parola.

A sera, la sua vita si appannava del leggero disorientamento dell’alcool, e ogni giornata che era stata ferma, immutabile, uguale come sempre alle altre, pareva a quell’ora vacillare, perdere il filo, in equilibrio sopra un vuoto. E tornava alla superficie l’ansia dietro ogni suo gesto più tranquillo, la nausea in un ampio mare completamente piatto.

E non poteva che essere così. Se avesse dovuto tenere un arco teso per tutta la vita, concentrato sul bersaglio, sordo ad ogni altra cosa, ma senza mai scoccare la freccia, la sua mano avrebbe inevitabilmente tremato.

Sentiva ormai da tempo addosso la stanchezza di quel gesto che non si compiva mai; un senso di logoramento tale da ottenebrare ogni cosa, persino il dolore. La fatica di tutti quegli anni era strisciata dentro di lui, spegnendo a poco a poco molte cose; molte cose che aveva considerato precisamente sue, pilastri del suo modo di essere, ma che invece si erano sgretolate senza rumore, lasciandogli solo la sorpresa della facilità con cui erano svanite. Era ora profondamente diverso senza essere cambiato mai, un’altra persona con lo stesso viso, silenzioso in un modo del tutto differente. Il coraggio di quel lungo, infinito gesto, di una protezione senza tempo e senza ringraziamenti, aveva eclissato ogni altra fermezza; quelle che servivano nella vita di tutti i giorni, e che si erano addormentate, per sfinimento, dentro di lui.

E così, erano mesi che aveva in casa quel kimono elegantissimo, giorni che era già stato svolto dalla carta di riso, sfiorato dalle mani e dalle lacrime di sua madre; e ancora non si decideva. Non si trattava di grandi decisioni, questa volta, solo di dire due parole. Ma la voglia di farlo annegava nel bicchiere assieme al ghiaccio.

Buttò giù l’ultimo sorso. Almeno quello doveva farlo, domani.

 

 

 

“Domani… non verrò.”

“Lo so.”

Tutto qui. All’unica svolta della sua vita, riceveva soltanto quelle parole.

Il mago aveva sulle labbra il suo solito sorriso enigmatico, quello che gli riusciva ormai tanto bene e che nello stesso tempo non gli era riuscito mai. Posata la pipa, si alzò a prendere da dietro uno shoji una piccola pila di cose, perfettamente ordinata.

“Ecco, questo è il mio regalo per la sposa. E quello sotto è per te, ebbene sì, anche se non te lo meriti proprio per niente. Ah, ecco! E lo vedi quel sacchettino? Devi darlo a Himawari-chan, ma subito! Mi ha detto che ha un vestito color pesca –l’ha detto soltanto a me, invidioso eh?- Insomma, spero che vadano bene con il resto.”

Prendendo i pacchi occhieggiò dentro il sacchetto di organza, intuendo un paio di guanti ornati di pizzo e fiocchi. “Non mi sembrano tanto una cosa che una trentenne metterebbe.”

L’altro riprese la pipa, aspirandone una boccata sempre col sorriso, ad occhi chiusi. “Sono sicuro che a Himawari piaceranno.”

“Penso di poter venire dopodomani, comunque.”

“Passate anche dopo la cerimonia, magari. C’è dello champagne.”

“Penso che saremo fuori città.”

“Come preferisci.”

Era il loro primo litigio da anni, e stavano parlando di guanti color pesca e champagne in fresco. E all’improvviso sentì che sarebbe voluto scappare ovunque, dall’altra parte del mondo, e lasciarlo solo, come ad ogni modo lo era. E non sentire parlare più di niente, e farsi una vita, era comunque in tempo, e abbandonarlo lì, a sfiorire come i disegni su quei kimono, che avevano perso il loro significato ora che non si curvavano più su forme di donna. E lo sapeva, anche se se lo negava lo sapeva, che assieme ai colori e al profumo di Yuuko era sbiadito anche il senso di quella scelta; nulla più che un rito che prende forza nel suo monotono eseguirsi, una formula in una lingua morta ripetuta con religiosa fede, ma di cui è ormai dimenticato il contenuto.

E se era così, lui stava inseguendo il fantasma di un fantasma. Aveva imperniato la sua esistenza su un’incolmabile, immutabile assenza.

E anche se lui si aggrappava alla realtà opposta di una presenza, di Watanuki, lui, vero, vivo, sempre lui, che era sempre là, sempre la persona che aveva deciso di proteggere, quell’assenza gliela leggeva negli occhi. Quegli occhi che adesso non lo guardavano, che sapevano che domani lui si sarebbe sposato, e quanti figli avrebbe avuto e quando sarebbero nati, che sarebbero stati condannati al suo stesso destino, e che pure continuavano a non voltarsi verso di lui.

Era consapevole che dietro quel vuoto, quella distanza sempre più deserta fra di loro, c’era uno strazio, uno smarrimento che non potevano avere fine, e che lui non avrebbe mai potuto comprendere fino in fondo. Sapeva che da qualche parte, dietro il fumo della pipa e il sorriso, c’era ancora, raggomitolato in un angolo, un ragazzo che piangeva; e ripeteva a se stesso che era per quello che era ancora lì. Ma in fondo lo sapeva, che non era neanche quella la ragione per cui, dopodomani, sarebbe tornato in quel luogo.

Potevano spegnersi i soli; i pianeti avrebbero continuato a percorrere la loro orbita in silenzio, girando lenti attorno al buio, fino al collasso. Non importava.

Di tutto quello che era stato, gli era rimasto solo questo. La fermezza di una decisione presa, di una scelta che considerava ancora giusta. E che non avrebbe cambiato mai.

Ma qualche parte, sul fondo del suo cuore, sotto la stanchezza e i ragionamenti e il non pensare, un’ultima cosa ancora c’era: quella che aveva compreso un pomeriggio d’estate in una strada assolata, e che non se n’era andata mai più. Il terrore che quel coraggio e quella costanza portassero un altro nome, quello dell’ossessione.

 

 

[Scritta per una “sfida interna” tra un trio di amiche in occasione del 3 marzo (compleanno di Doumeki), sul tema di un “missing moment” importante ambientato nell’arco di xxxHOLiC-Rou. Sono profondamente insoddisfatta di questo lavoro confuso, in cui i temi che volevo sviluppare ci sono, ma mi è mancata la coerenza. E’ più o meno la prima volta che mi accosto, a tentoni, a Doumeki, personaggio che comprendo ma trovo difficile da gestire; scusandomi di questa pubblicazione, spero di poter migliorare il pezzo in seguito, o di dedicare qualche parola ancora a questo personaggio che paradossalmente mi risulta il più snaturato nella serie Rou.]

   
 
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