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Autore: Lien    05/03/2011    45 recensioni
“Sciocchi, l’amore è un sentimento senza alcun valore. L’amore è una debolezza, un virus che trasforma anche l’uomo migliore in uno straccio senza volontà propria. Non vale la pena rovinarsi per amore. Non vale la pena amare.” – 11 Ottobre, 1947
Harry Potter scopre che distruggere l'ultimo Horcrux è molto più complicato di quanto pensasse e si trova così catapultato dall’ultima persona che avrebbe mai immaginato di conoscere. Ma se la linea tra odio e amore è tanto sottile, può chi nella sua vita ha solo odiato, imparare cosa vuol dire amare? Tom/Harry
Genere: Romantico, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Serpeverde, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 27/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 
MiniA.N.: dedico il capitolo a Sumire76, che non ha mai perso la speranza e ha dimostrato una tenacia ineguagliabile nel lasciarmi promemoria (sei un tesoro!), e a Lal23, che proprio ieri compiva gli anni! Auguri! Considera questo il mio regalo di compleanno :)

 

 
 

Capitolo 27.  Studio in Rosso e Verde







Tom aprì gli occhi un paio di istanti prima che l'incantesimo-sveglia cominciasse a suonare. Rimase ad ascoltare per qualche secondo l'insopportabile driiin proveniente dalla sua bacchetta, prima di tirarsi su a sedere, lasciando che le lenzuola gli scivolassero giù ad arrotolarsi sul ventre. Fece terminare l'incantesimo afferrando la bacchetta e sussurrando un secco “Finite”, prima di girarsi e poggiare i piedi per terra, trascinando con sé parte delle lenzuola attorcigliate come un drappo bianco intorno alle gambe.

Erano le sette. Tra due ore sarebbero iniziate le lezioni, quelle di un martedì qualunque per tutti gli altri studenti della scuola. Con tutto quello che era successo il giorno prima, era strano per Tom pensare che si sarebbe alzato, avrebbe fatto una doccia e sarebbe sceso a colazione, dove si sarebbe unito agli altri Serpeverde per i quali nulla era cambiato. Perché qualcosa per lui era cambiato.

Aveva Harry.

Gli angoli della bocca gli si sollevarono con una lentezza quasi sensuale, finché un ghigno non si delineò pienamente sul suo volto.

Aveva Harry, oh, se aveva Harry...

Dopo settimane, poteva finalmente fare tutto quello che aveva desiderato fare probabilmente sin dal primo istante in cui aveva intrecciato lo sguardo con quelle splendide iridi verdi. Poteva toccarlo, accarezzarlo, baciarlo. Poteva passare le dita tra le ciocche ribelli dipinte di castano e sapere di essere l'unico a poterle toccare anche quando si rivelavano nero inchiostro. Poteva afferrargli la vita con un braccio per stringerlo al suo fianco nei corridoi, e fulminare con gli occhi chiunque si fosse azzardato a guardarlo nel modo sbagliato. Poteva prendergli il mento tra due dita e sollevargli il viso fino a catturargli le labbra in un bacio che l'avrebbe lasciato boccheggiante. Poteva lasciar che le sue mani sfiorassero ogni centimetro di pelle che il ragazzo nascondeva sotto la larga divisa, tastassero i muscoli scolpiti della schiena, delle spalle, del petto, dello stomaco, e poi più giù...

Una scintilla di eccitazione gli si accese nel basso ventre e Tom scosse la testa per chiarirsi la mente da quei pensieri i quali, lungi dall'essergli in ogni qual modo sgraditi, non facevano nulla per aiutare la sua già naturale erezione mattutina.

Si alzò finalmente in piedi, concedendosi qualche secondo per stiracchiarsi prima di dirigersi verso il bagno, vestito solo di un paio di boxer. Non era come era solito andare a dormire, preferendo indossare un pigiama intero soprattutto in inverno; nonostante gli incantesimi riscaldanti, l'umidità riusciva ad infiltrarsi da ogni crepa tra le pietre dei sotterranei. Quella era, però, un'abitudine che aveva perso quando si era accorto esattamente di quale effetto aveva su Harry il suo girare per la stanza seminudo: anche ora che non ne aveva più bisogno, Tom non poté che ricordare con un ghigno come fosse più che valsa la pena di sopportare un paio di brividi di freddo per vedere Harry deglutire, balbettare e voltare la testa dall'altro lato in evidente imbarazzo ogni sera al momento di coricarsi.

Lanciò uno sguardo distratto allo specchio prima di voltarsi verso la doccia, sfilandosi con un gesto fluido anche l'ultimo capo di vestiario che lo copriva ed entrando sotto il getto caldo, senza nemmeno preoccuparsi di chiudere la porta, tanto abituato com'era a svegliarsi da solo in una stanza vuota. Harry, infatti, non aveva mai perso la dissennata abitudine di alzarsi ad un orario improponibile per andare a far jogging intorno al Lago.

Le labbra di Tom s'incresparono in un sorrisino lievemente più sincero del suo solito ghigno, mentre pensava a tutte le stranezze che rendevano Harry semplicemente Harry.

Era perfetto, nient'altro che perfetto: era tutto quello che Tom avrebbe potuto desiderare se mai avesse pensato di voler qualcuno al proprio fianco. Era potente, audace, carismatico. Non si lasciava intimidire come tutti gli altri, anzi, gli teneva testa, ogni volta alzando il mento in segno di sfida per poterlo guardare dritto negli occhi, senza paura. Testardo, sì, ma più per fede e determinata convinzione nei suoi ideali che per egoismo o ignoranza.

E poi Tom non poteva fare a meno di stupirsi ogni volta che pensava a quante cose avevano in comune Harry e lui, nonostante sembrassero avere caratteri diametralmente opposti. Entrambi custodivano gelosamente i propri segreti e, benché l'alone di segretezza che circondava l'altro ragazzo fosse una continua fonte di frustrazione, Tom doveva ammettere che si trattava di una vera boccata d'aria fresca in confronto alla noiosa moltitudine di tutti gli altri studenti.

Entrambi avevano un potenziale straordinario. Tom non aveva remore nell'ammettere che, dal suo punto di vista, lui e Harry erano su un gradino nettamente superiore rispetto al resto della popolazione studentesca di Hogwarts.

Infine, entrambi erano orfani sin dalla più tenera età.

Sempre che non ti abbia mentito anche su quello.

Tom appoggiò le palme delle mani contro le piastrelle del muro di fronte a sé, abbassando la testa per lasciare che l'acqua gli scivolasse sul collo e rilassasse le spalle tese. Gli era impossibile evitare quel tipo di pensieri, nonostante si sforzasse in tutti i modi di offrire a Harry almeno il beneficio del dubbio. Come un tarlo, scavavano nel suo cervello cibandosi dei dubbi, della sfiducia e della diffidenza che non era mai riuscito a lasciare chiusi dietro la porta di un freddo orfanotrofio.

Ma aveva fatto una scelta, quel pomeriggio sulla Torre Nord, quando aveva capito che se il prezzo da pagare per conoscere tutti i segreti dell'altro ragazzo era dover rinunciare a lui, allora non ne valeva per niente la pena. Aveva sempre l'impressione che così com'era venuto infatti – così, fuori dal nulla – Harry potesse benissimo scomparirgli da sotto il naso, senza preavviso.

Le labbra di Tom si arricciarono in una smorfia. Certo, non era facile, soprattutto quando accadevano cose come quelle del giorno prima. Non poter fare nemmeno una domanda... richiedeva un livello di fiducia quale mai si sarebbe immaginato disposto a donare, e Tom, con la fiducia, aveva sempre avuto qualche problema.

Inoltre, Tom non era assolutamente nella posizione di potersi permettere errori di valutazione. Troppi segreti, troppe invidie, troppi nemici... Harry era un rischio enorme, forse il più alto che avesse mai corso dopo l'omicidio di suo padre. Era il suo unico punto debole, ma se non poteva eliminarlo cos'altro poteva fare?

Proteggerlo.

Il Serpeverde si fermò un attimo a quel pensiero, così chiaro e limpido nella sua semplicità. Chiuse in fretta l'acqua ed uscì dalla doccia, afferrando un asciugamano da legare in vita mentre si dirigeva verso lo specchio.

Aveva senso, no? Aveva sempre pensato che il modo migliore di difendersi era non lasciare nemmeno una breccia aperta al nemico, ma se una debolezza non poteva fare a meno di averla – e rinunciare a Harry era fuori questione – l'unica cosa che gli rimaneva da fare era proteggerla con ogni mezzo.

Anche da me stesso?

Poggiò le mani sui bordi laterali del lavandino e fissò la sua immagine riflessa, mentre per un attimo le immagini del loro duello gli scorsero davanti agli occhi come un flash, e un gemito gli sfuggì appena dalle labbra.

Quello che aveva fatto... anche dopo essersi preso l'intera sera per pensarci, dopo che l'altro ragazzo si era finalmente addormentato, ancora non riusciva a dare una spiegazione razionale al suo comportamento, a capire cosa lo avesse spinto ad attaccare Harry con così tanto odio. Era successo soltanto il giorno prima, ma se provava a ricordare i suoi pensieri di quel momento, tutto gli sembrava nebuloso e confuso, come se fosse accaduto anni addietro.

Continuò a guardare lo specchio, osservando le gocce d'acqua scendere dalle ciocche ancora bagnate e scorrergli lungo il collo. Impossibile, mentre si fissava gli occhi neri, non ripensare alle folli grida e dissennati discorsi di Morfin. Che fosse possibile che...? Non aveva mai preso in seria considerazione la possibilità che parte di quella follia, riprodottasi come un cancro di generazione in generazione, gli fosse stata trasmessa e gli potesse scorrere nelle vene. Forse sarebbe stato meglio se avesse fatto qualche ricerca in più prima di incastrare suo zio e mandarlo a marcire ad Azkaban, e togliere dalla circolazione suo padre.

Non che non se lo fossero meritati.

Il suo riflesso gli rispose con un ghigno sinistro, mentre un bagliore rosso gli attraversava le iridi color inchiostro. Ah, la soddisfazione di vedere la vita svanire dagli occhi di quella feccia babbana che aveva osato abbandonare lui e sua madre! Quell'insulso, patetico verme, che una volta saputa l'origine magica di Merope, invece di ringraziare ogni divinità conosciuta per aver ricevuto l'onore di contribuire alla nascita dell'erede di Serpeverde, aveva avuto il coraggio di metterla alla porta, condannandola a morte quasi certa. Nessun tribunale avrebbe soddisfatto il bruciante desiderio di far pagare quell'affronto, e nessuno avrebbe tolto a Tom il piacere di quella vendetta.

E così, in effetti, era stato.

Con un ultimo sorriso soddisfatto, Tom lasciò andare il lavandino e lo specchio, afferrò un altro asciugamano per asciugarsi i capelli e, mentre si strofinava le ciocche nere, tornò in camera per vestirsi.

In quel momento aveva cose migliori a cui pensare che il suo albero genealogico; per esempio cos'avrebbe fatto a Harry se fosse riuscito ad intercettarlo prima della colazione, quando sarebbe tornato dal Lago. Si concesse qualche minuto per fantasticare su diversi possibili scenari mentre tirava fuori la divisa e si vestiva, fissando le tende chiuse del letto del ragazzo, sovrappensiero. Forse valeva la pena saltare le lezioni per quel giorno, anche solo per darsi un po' di tempo per riprendersi dagli ultimi avvenimenti; prendersi una giornata libera, solo lui e Harry, tutto il tempo nelle loro stanze...

Scosse la testa per liberarsi dalla tentazione: nessuno avrebbe osato dir loro nulla, ma una loro assenza avrebbe potuto far sorgere domande scomode. Qualcuno doveva sicuramente aver sentito i rumori del duello o, nonostante tutti gli sforzi di Tom per farlo tornare al suo pristino stato, aver notato i danni causati al corridoio. Se non volevano essere ricollegati a quello che era successo il giorno precedente avrebbero fatto meglio a tenersi lontani da ogni sospetto.

Spostò l'attenzione dal letto di Harry alla sua borsa, ponderando se lasciarla lì per poi tornare a riprenderla dopo colazione, o portarsela direttamente in Sala Grande. Con una scrollata di spalle, decise infine per lasciarla ai piedi del comodino e diede un ultimo sguardo alla stanza mentre apriva la porta per uscire.

E lì si bloccò, con la mano che aveva tirato fuori la bacchetta per spegnere le torce ferma a mezz'aria e la sensazione vaga che qualcosa fosse fuori posto.

Aggrottò le sopracciglia. Ora che stava dando un’occhiata generale alla camera, sembrava ci fosse qualcosa di insolito, anche se non riusciva bene ad inquadrare cosa. Passò in rassegna la stanza con gli occhi, spostando lo sguardo dalla porta chiusa del bagno agli asciugamani appoggiati alla cassettiera, al terrario dove Nagini dormiva raggomitolata, alle tende chiuse del letto di Harry –

...tende chiuse?

Tom sollevò entrambe le sopracciglia e tornò cautamente sui suoi passi, aggirando il proprio letto per fermarsi davanti ai tendaggi di velluto verde scuro di quello dell'altro. Non una volta, in tutto il tempo che Harry aveva dormito in quella stanza, Tom si era svegliato vedendo il baldacchino chiuso. Anzi, si era trovato più volte infastidito dal letto sfatto e dalle lenzuola attorcigliate che il ragazzo lasciava puntualmente in disordine ogni volta che usciva per allenarsi.

Per quanto sarebbe stato bello pensare che fosse stato semplicemente il frutto di una rinnovata scoperta dell'ordine da parte di Harry, l'ipotesi suonava dubbiosa persino alle sue orecchie mentali. Soppresse una smorfia al pensiero, mentre con una mano scostava dolcemente le tende.

Quello che trovò al di là del velluto, infatti, non fu un letto rifatto, ma la testa nera di Harry affondata nel cuscino.

Tom aprì del tutto le tende, osservando sorpreso il ragazzo ancora addormentato. Cosa ci faceva lì, ancora perso nei suoi sogni? Non aveva fatto alcun cenno, la sera prima, al fatto di voler rimanere a letto fino a tardi...

Il Serpeverde si sedette lentamente a bordo del letto, guardando il ritmico alzarsi e abbassarsi delle coperte smeraldo ad ogni respiro di Harry, il piumino attorcigliato attorno al suo corpo come se ci si fosse rotolato dentro più e più volte nel corso della notte.

Senza nemmeno pensarci, poggiò una mano sulla testata di legno per reggersi, mentre l'altra andava a scostare dalla fronte del ragazzo un paio di ciocche nere le quali – si accorse ora che le stava toccando – erano leggermente bagnate di sudore.

Nel momento in cui la mano di Tom lo toccò, Harry si mosse nel sonno, rigirandosi di schiena e mostrando il volto allo sguardo del Serpeverde. Tom corrugò la fronte: Harry aveva un aspetto orribile, persino peggiore della sera precedente. Invece di giovargli, il riposo sembrava averlo sfiancato ancora di più: il volto era pallido e creava un contrasto inquietante con le lunghe e scure occhiaia che gli adombravano il viso, i capelli gli si erano appiccicati per il sudore al collo e alla fronte, sulla quale spiccava nel centro la cicatrice a forma di saetta, tinta di un rosso arrabbiato.

In un lampo, la conversazione che aveva origliato tra Orion e Meredith più di una settimana addietro tornò alla mente del Prefetto. Non avevano forse detto che Harry aveva cominciato a mangiare molto meno, che andava a dormire distrutto ma si svegliava appena in tempo per andare a lezione, sempre più esausto, vittima di una stanchezza continua? A quel tempo, se non ricordava male, Orion aveva attribuito la colpa di tutto al litigio che c'era appena stato tra di loro, eppure…

Tom cercò di ricordare se negli ultimi giorni il comportamento di Harry avesse mostrato uno qualunque di quei sintomi, ma alla mattina avevano orari talmente diversi, e Harry riusciva ad essere talmente elusivo alle volte, che il Serpeverde non riuscì a ricordare una sola volta in cui avesse incontrato l'altro ragazzo prima di colazione o delle lezioni. Possibile che fosse già successo che Harry rimanesse in stanza a dormire, nascosto dal baldacchino, senza che lui se ne accorgesse?

Irritato, non del tutto sicuro se con Harry per averlo tenuto all'oscuro di qualcos'altro, o se con se stesso per non essersi accorto che ci fosse qualcosa che non andava, Tom si spostò più avanti sul letto, deciso a scrollare il ragazzo dal sonno e chiedere magari qualche risposta. Tuttavia un particolare attirò la sua attenzione, facendolo bloccare nuovamente: le coperte, quando si muovevano, non facevano alcun rumore.

Un incantesimo silenziatore?

Tom passò una mano sul copriletto per essere sicuro, ma nessun fruscio accompagnò il movimento. Perché mettere un incantesimo silenziatore intorno al letto? Il Prefetto scartò immediatamente l'ipotesi più ovvia, che Harry russasse o parlasse nel sonno: era sicuro che i primi giorni in cui si era trasferito in quelle stanze Harry non fosse solito nemmeno chiudere le tende, e più di una volta Tom era rimasto a leggere fino a tardi ascoltando il suono del suo lento respirare.

Da quanto tempo, quindi, andava avanti quella storia? E perché? Cosa c'era che non andava, che non gli stava dicendo?

Magari è semplicemente stremato da quello che tu gli hai fatto passare ieri, una voce, subdola, gli suggerì sibilante nella mente.

Di nuovo, come era accaduto prima in bagno, sentì una strana morsa serrargli le viscere. Non riusciva a capire da cosa derivasse, ma più osservava i segni di stanchezza sul volto di Harry, più qualcosa sembrava mozzargli il fiato al pensiero di esserne stato la causa.

Quella vena protettiva che si era sviluppata lentamente nell'animo di Tom nei confronti di quel ragazzo, quella che lo aveva spinto a promettere a se stesso che se qualcuno si fosse anche solo azzardato a toccarlo avrebbe dovuto sperimentare sulla propria pelle di cos'era esattamente capace Tom Riddle, ora gli si stava rivoltando contro. La rabbia e l'istinto di punire chiunque avesse fatto del male a quella gemma che ora dormiva innocentemente nel letto non aveva altri bersagli se non se stesso, ed era una sensazione orribile, come se... come se...

Come se mi sentissi in colpa.

Tom deglutì. Non c'erano altre spiegazioni, no? Era stato lui a ferirlo, era lui il responsabile di aver fatto soffrire Harry in quel momento, e di conseguenza ora si sentiva in colpa. Corrugò la fronte, a disagio: era una sensazione che non gli piaceva per niente. Poteva ricordare anche solo una volta in cui si era sentito in quel modo? Lo stesso orrore che aveva provato nel vedere la camicia di Harry intrisa di sangue sapendo di essere stato lui a–

La ferita.

Giusto, se ne era quasi dimenticato. Riportò l'attenzione al ragazzo addormentato, cercando di ignorare il senso di colpa che ancora gli attanagliava lo stomaco. Forse gli conveniva, vista la reazione che aveva avuto l'altro al solo menzionare l'Infermeria, controllarla adesso che Harry stava ancora dormendo invece di svegliarlo e dover lottare contro tutte le sue proteste.

Si risistemò sul copriletto per aver più facile accesso alla spalla del ragazzo, e lentamente abbassò le coperte fino a scoprirgli il braccio. Harry poteva aver pure sopportato chissà quali e quante altre ferite nella sua vita, quel taglio poteva anche non essere nulla per lui, ma Tom aveva bisogno di sapere che stesse bene, che quello che gli aveva fatto non gli avesse arrecato gravi o permanenti danni.

Tirò fuori la bacchetta dalla tasca e annullò l'incantesimo silenziatore, poi, cercando di fare il più piano possibile, scostò il collo del pigiama mezzo sbottonato di Harry fino al gomito, ignorando – dopo forse solo un secondo di distrazione – la parte di petto nudo che veniva scoperta. Harry fece uno strano verso e voltò la testa dall'altro lato, ma non si svegliò.

Tom osservò la linea zigzagante che percorreva metà braccio del ragazzo, dalla fine della clavicola al gomito. Era irregolare e arrossata, ma solo sul contorno, evidentemente non abbastanza da far supporre una seria infezione. Vi passò sopra una volta sola i polpastrelli in un tocco leggero, poi, con una smorfia contrariata, risistemò il pigiama al suo proprio posto, ben consapevole del fatto che non sarebbe mai riuscito a convincere Harry a farsi visitare in Infermeria.

Stava ponderando se riallacciare i bottoni o no quando Harry si mosse di nuovo, stavolta aggiungendo un piccolo mugugno, e lentamente aprì gli occhi. Tom lo osservò sbattere le palpebre, non ancora del tutto cosciente. Quando si accorse della presenza del ragazzo, però, un sorriso languido e assonnato gli comparve in volto.

Ehi...” sussurrò Harry, tirandosi su sui gomiti. Il pigiama mezzo sbottonato gli scivolò giù dalla spalla, ma lui sembrò non farci caso; le palpebre a mezz'asta gli adombravano gli occhi rendendo l'iride di un verde più scuro e denso e, davvero, Tom non ebbe altra scelta che reggersi con una mano alla testata e abbassarsi fino a baciarlo.

Harry rispose immediatamente con un sospiro soddisfatto, che si tramutò in un basso gemito quando sentì Tom arrampicarsi sul letto e sistemare una gamba fra le sue, sdraiandosi sopra di lui. Liberò una delle braccia dalle lenzuola per poter affondare la mano tra i capelli del Serpeverde e attirarlo a sé ancora di più, cosa che Tom assecondò più che volentieri. Per qualche infervorato secondo, il Prefetto si concentrò solo sulla bocca calda del ragazzo ancora assonnato, accarezzandogli la lingua con la propria, per poi tirarsi indietro con un piccolo morso al labbro inferiore, interrompendo il bacio.

Harry fece in tempo ad emettere un mugugno perplesso quando sentì le labbra dell'altro posarsi sotto la mascella e la testa gli scattò all'indietro con un gemito. Tom si prese un istante per ammirare la gola esposta del ragazzo, prima di continuare a lasciare baci lungo il suo collo, ghignando nel sentire il sospiro strozzato che scappò all'altro quando fece passare la lingua nell'incavo tra gola e petto.

Mmh... non sto ancora dormendo, vero?” sussurrò Harry con voce ancora roca dal sonno, portando una mano ad intrecciare le dita tra le ciocche nere di Tom.

Nonostante la scossa di eccitazione che gli andò dritta all'inguine al suono rauco di quella voce, Tom arrestò la sua discesa lungo la clavicola e sollevò la testa per fissare l'altro negli occhi. Un piccolo ghigno gli si delineò sul volto, “Dipende. Se ti dicessi che stai ancora sognando, saresti disposto a ignorare che sono le otto e mezza e sei ancora in pigiama?”

Harry sgranò gli occhi. “Cosa?!

Si tirò su di scatto, rischiando di buttare giù dal letto Tom che, fortunatamente, riuscì a mantenere l'equilibrio e scendere dal letto con la dignità intatta, mentre Harry inciampava tra le lenzuola nella fretta. Coi piedi finalmente per terra si fiondò verso il suo baule e afferrò velocemente i vari pezzi dell'uniforme, borbottando imprecazioni.

Il Prefetto, dopo essersi accuratamente stirato e sistemato l'uniforme, si limitò ad osservare i tentativi frenetici dell'altro ragazzo di vestirsi appoggiato ad uni dei pali del baldacchino, guardando con soddisfazione i segni rossi che stavano affiorando alla base del collo di Harry, rammaricandosi del fatto che la cravatta li avrebbe coperti.

'Oh, ma c'è tempo.' pensò, 'Prima o poi l'intera scuola saprà che nessuno si deve azzardare a toccarlo. Sanno bene già adesso che tutto ciò che è mio è off-limits.'

Soddisfatto a quel pensiero, tornò a prestare attenzione al presente. “Dopo colazione, per la cronaca, ho una riunione dei Prefetti, perciò non sarò a Trasfigurazione.” comunicò ad alta voce mentre Harry si precipitava in bagno, senza preoccuparsi di chiudere la porta, “Fatti accompagnare da Orion.”

Anche se non poteva vederlo, sospettava che Harry stesse roteando gli occhi al cielo. “Non ho bisogno di una balia, Tom.” arrivò la pronta risposta dal bagno, “Sono perfettamente capace di arrivare all'aula di – ehi, hai visto? Non si è infettata!”

Fu il turno di Tom di alzare gli occhi al cielo. “Si, ho visto.”

Harry uscì dal bagno che ancora si stava annodando il cravattino, ma in pochi secondi riuscì a finire di vestirsi, massaggiandosi la spalla solo qualche istante con una smorfia. La maschera sul volto di Tom dovette aver lasciato trapelare qualcosa di quella – ormai l'aveva accettata – strana sensazione di rimorso, perché subito dopo essersi voltavo verso il Prefetto, Harry lasciò cadere giù la mano.

Ehi,” disse piano, avvicinandosi fino a trovarsi di fronte al Serpeverde, “lo sai che non ti ritengo responsabile, vero?”

Tom distolse lo sguardo, fissando qualcosa sulla sinistra. “Non c'era nessun altro a parte noi. E non te la sei certo fatta da solo.”

Ma Harry alzò le spalle. “In un litigio la colpa è sempre da dividere in due.”

Il Prefetto tornò a guardarlo e fece per rispondere che tra persone normali, quando si litiga non si finisce con l'avere bisogno di una pozione rimpolpasangue, ma si fermò. Sapevano entrambi che la colpa era di una sola persona, ma Harry stava osservando la sua divisa con quello sguardo distante che ogni tanto lo prendeva, come se stesse ripensando a vicende lontane e sgradevoli.

Decise invece di passargli una mano tra i capelli, e fu premiato con un sorriso.

Andiamo, o faremo tardi.” fu tutto quello che aggiunse.

Harry annuì, ma invece di allontanarsi per uscire poggiò una mano dietro al collo del Serpeverde e lo attirò a sé per un altro breve bacio.

Non posso ancora credere di poterlo fare ogni volta che voglio.” sospirò, poggiando la testa sulla spalla di Tom, mentre la mano del Prefetto gli carezzava pigramente la nuca.

Approfittando del fatto che l'altro non lo potesse vedere, Tom si lasciò sfuggire un sorriso. Poi, stringendolo a sé un ultima volta, lo allontanò quel che bastava per guardarlo. Con una mano gli incorniciò il viso, facendo scorrere il pollice lungo i segni viola delle occhiaie. Ora che era sveglio si notavano molto meno i segni di stanchezza sul suo viso, ma Tom non aveva intenzione di dimenticarsene: anche se non avevano tempo in quel momento per quella discussione, avrebbe ottenuto delle risposte, prima o poi.

Forza, o rischiamo di saltare la colazione.”

 

***

 

Per Harry era difficile, mentre percorreva insieme a Tom il corridoio che portava alla Sala d'Ingresso, nascondere l'enorme, ebete sorriso che gli stava stirando gli angoli della bocca. Come gli stava tornando impossibile evitare di camminare così vicino al Prefetto da sfiorargli il braccio o le dita della mano ogni tanto, o scontrargli la spalla in piccoli rimbalzi.

Se a Tom quel comportamento stesse dando fastidio, non stava dicendo nulla per scoraggiarlo. Anche se, ora che erano tornati in mezzo al resto della popolazione studentesca, sarebbe stato difficile distinguere sul suo volto qualunque emozione che non fosse stata una calma e un po' altezzosa serietà.

In effetti non avevano avuto occasione, rimuginò Harry, di parlare di come si sarebbero comportati di fronte al resto della scuola. Avrebbero fatto finta di niente, lasciando che gli altri si facessero una propria opinione da soli? Sarebbe servito un qualche gesto simbolico? Forse Tom non voleva che si sapesse in giro. Anzi, probabilmente era proprio così, visto quanto sembrava tenere alla propria privacy. Non che ad Harry avrebbe dato molto fastidio, tenere tutto nascosto. Se c'era qualcosa in cui era bravo era mantenere un segreto, e forse meno persone gli prestavano attenzione, più facile sarebbe stato per tutti dimenticarsi della sua esistenza una volta che se ne sarebbe andato.

Una familiare morsa allo stomaco lo prese a quell'idea e fu grato quando Tom interruppe il suo flusso di pensieri.

Presumo che questo pomeriggio sarai insieme ad Orion agli allenamenti di Quidditch.”

Harry notò con una punta di divertimento che Tom era riuscito di nuovo a dire Quiddich nel modo in cui Malfoy diceva mezzosangue. “Se mi chiedono di andare, certo.” rispose, “Anche se ho qualche dubbio che se ne ricordino ancora.”

Tom sbuffò, mezzo irritato e mezzo derisorio. “Se ne ricordano, su questo non ho dubbi. Se utilizzassero anche solo la metà della dedizione che hanno per quello sport ai loro –”

Ma venne interrotto da qualcuno che lo chiamava dal fondo del corridoio, vicino all'entrata della Sala d'Ingresso. Appoggiati alla base dell'arco di marmo vi erano due ragazzi, entrambi Serpeverde, che Harry aveva visto un paio di volte in Sala Comune, ma a cui non aveva mai prestato particolare attenzione.

Tom si fermò, ancora a diversi metri di distanza dai due, e l'espressione calcolata che assunse il suo viso era una che Harry non vedeva dal tempo del loro secondo incontro. Prima che potesse dire nulla, però, il Prefetto si era voltato verso di lui.

Vai pure avanti,” disse, poggiandogli una mano sul braccio, “io ti raggiungo tra qualche minuto.”

Harry lanciò un'occhiata ai due ragazzi, indeciso, ma l'intento nelle parole di Tom era abbastanza chiaro e sarebbe suonato assurdo insistere per restare.

Ok.” rispose, trattenendosi dallo squadrare i due, “ti aspetto al tavolo.” e si allontanò verso la Sala Grande mentre l'altro si fermava a parlare, riuscendo solo a sentire la voce di Tom dire “Avery, Davies...” mentre lasciava la Sala d'Ingresso.

Quelli, decisamente, non erano semplici amici. Il concetto di amicizia era tristemente estraneo a Tom, e c'era voluta tutta la buona volontà sua e di Orion assieme per convincerlo che i vantaggi di lasciarsi avvicinare battevano il rischio di rimanerne feriti. E quella era senza dubbio una conoscenza che risaliva a ben prima del suo arrivo nel 1947.

Arrivato ormai in Sala Grande Harry lanciò un'ultima occhiata alle proprie spalle, ma i tre Serpeverde sembravano semplicemente essere coinvolti in una fitta conversazione. Anzi, a parlare in quel momento era solo Tom, mentre gli altri due ascoltavano e annuivano.

Scuotendo la testa, riprese a camminare, non riuscendo però a sopprimere il brutto presentimento che quel semplice incontro gli aveva suscitato. Non pretendeva certo di conoscere tutta la vita di Tom dopo poco più di un mese – nonostante, in fondo, sapesse molte più cose sul suo conto di quante il Serpeverde ne avesse mai confidate a nessuno – eppure sapeva già dai pochi ricordi che Silente gli aveva mostrato della vita di Tom che, ad eccezione di Orion, le sue frequentazioni erano raramente prive di secondi fini. Era impossibile, per quanto si sforzasse, non lasciare che una punta di sospetto gli infiltrasse la mente.

Harry era così immerso nei suoi pensieri – e quando si trattava di Tom stava cominciando a capitare un po' troppo spesso – da non prestare nemmeno attenzione a dove stesse andando, e solo una volta arrivato davanti al tavolo si accorse che le sue gambe l'avevano automaticamente portato dalla parte dei Grifondoro. Alcuni dei quali si erano ovviamente accorti della sua presenza, lì in piedi al capo del tavolo, e lo stavano fissando chi con curiosità – evidentemente molti di loro non l'avevano ancora mai visto girare per la scuola – e chi con palese sospetto e astio: un Grifondoro, dopo tutto, non aveva bisogno di presentazioni per classificare un Serpeverde come persona non grata.

Harry deglutì, perché per quanto fosse abituato alle occhiate e all'attenzione del Mondo Magico, non era mai riuscito a trovarsi a suo agio con troppi occhi puntati addosso e la sua presenza stava attirando l'interesse anche degli altri tavoli. Stava giusto pensando che prima girava i tacchi e tornava al tavolo di Serpeverde, meno avrebbe fatto la figura dell'idiota, quando tra tutte le teste sedute una crocchia di capelli castani in particolare attirò la sua attenzione e, senza pensarci troppo, invece di allontanarsi si diresse verso il centro del tavolo.

Ciao, Minerva.”

La ragazza si voltò. “Harry!” esclamò sorpresa vedendolo, “Che ci fai qui?”

Ehrm...” Harry si sistemò meglio la borsa sulla spalla, imbarazzato: improvvisamente 'Volevo solo salutarti e sapere come andava.' suonava un po' più stupido e inutile di quando l'aveva pensato.

Minerva, fortunatamente, gli venne incontro prima che potesse dire nulla di insensato. “Come va il naso?”

Il naso?” chiese confuso, prima di ricordarsi che l'ultima volta che si erano visti Alden gli aveva appena mollato un pugno in faccia. “Oh, si, giusto, il naso... tutto bene, tutto bene. Non ci sono stati altri... ehm,” cercò di ricordare che scusa le avesse propinato al tempo, “incidenti?”

La Grifondoro assunse un'espressione divertita. “Lo stai chiedendo a me?”

...no?”

Minerva scoppiò a ridere, ed anche Harry abbozzò un sorriso, sentendo l'imbarazzo sciogliersi di fronte alla cordialità della ragazza.

Sai, non ti ho più visto in Biblioteca.” continuò lei una volta che si fu ripresa, “Hai già finito quel tuo progetto?”

Oh, no, è che ora che ho fatto i G.U.F.O. non ho più così tante ore libere. Ma sul tardo pomeriggio ci sono spesso, sarà che ci andiamo in giorni diversi.”

Prima che lei potesse rispondere, il ragazzo sedutole a fianco – un giovane dal viso tondo e i capelli biondo scuro – si schiarì la gola con fare eloquente. Solo in quel momento Harry si accorse che se prima aveva attirato non pochi sguardi, ora aveva l'attenzione del tavolo intero.

Minerva si voltò verso il suo compagno. “Che c'è, Joseph?” chiese assottigliando le labbra, in un'espressione così tipica della McGranitt da far provare ad Harry una fitta di nostalgia.

Beh,” cominciò il ragazzo guardando intorno al tavolo, “parlo a nome di tutti se chiedo chi è il tuo nuovo amico?”

Dagli sguardi curiosi che venivano indirizzati ad Harry, sembrava di sì.

Minerva roteò gli occhi al cielo. “Dio, come sei teatrale. Si chiama Harry Evans, è un nuovo studente arrivato quest'anno, e visto che si trova qua davanti potevi anche chiederglielo te.”

Harry fece un passo avanti, porgendo la mano al ragazzo con un sorriso. “Piacere.”

'Joseph' fece scorrere lo sguardo dalla sua mano tesa allo stemma verde-argento sulla sua divisa e per un attimo sembrò non avere alcuna intenzione di muoversi, ma una nemmeno troppo nascosta gomitata da parte di Minerva lo portò a stringere finalmente la mano, sebbene guardando in cagnesco la compagna.

Joseph Prewett. Grifondoro.” sottolineò, ma Harry era troppo distratto dal nome per farci caso.

Prewett...?

Ehi, ti ho visto in giro!” esclamò una ragazzina, parlando attorno ad una fetta di pane tostato, “Sei quello che gira sempre con Riddle e Black.”

Riddle? Tom Riddle?” chiese un'altra ragazza, seduta affianco alla prima.

Prima che Harry potesse rispondere, un generale gemito esasperato percorse i Grifondoro e più di un paio rotearono gli occhi al cielo.

Ti prego, Penelope, non cominciare!” supplicò Joseph.

Harry lanciò uno sguardo interrogativo alla McGranitt, che con aria rassegnata disse: “Diciamo che Penelope ha una malsana ossessione per Riddle, e siamo tutti piuttosto stanchi di sentirla tesserne le lodi.”

Non è un'ossessione!” cercò di difendersi la ragazza, arrossendo furiosamente.

Oh, hai ragione Penelope,” s'intromise Joseph, “quello che Minnie voleva dire è che hai una malsana cotta per Tom Riddle.”

Non lo ascoltare, Pen.” cercò di consolarla la compagna sedutale affianco, “Fai prima a contare chi non ha una cotta per Tom Riddle.”

Ora anche Harry, insieme alla povera Penelope, cominciava a sentirsi a disagio per la piega che il discorso stava prendendo.

È un Serpeverde!” esclamò Joseph, per poi doversi piegare in due con un “Ouch!” quando fu raggiunto da un'altra gomitata di Minerva.

Harry sorrise, un po' imbarazzato. “Bisogna imparare ad apprezzarlo, ma non è terribile come sembra.” disse, cercando di difendere Tom.

Si beh, detto da un altro Serpever- Ahia! Minnie, la vuoi smettere?”

Io la smetto quando tu la pianti di essere così cafone, Prewett. Tom Riddle è uno studente modello, Serpeverde o no: è sempre educato e cortese, non litiga mai per i corridoi ed ha, bisogna ammetterlo, un'intelligenza fuori dal comune.” rispose la ragazza con tono severo, “E non chiamarmi Minnie.”

Il Grifondoro si stava ancora massaggiando il fianco. “Beh, io non mi fido lo stesso, i suoi sorrisi mi fanno venire i brividi. E poi non hai sentito cos'ha detto Carl? La migliore amica di sua sorella è a Serpeverde, e dice che in Sala Comune si comporta come un tiranno! Dice che i primini sono terrorizzati. E inoltre –”

Ma venne interrotto dalla ragazza seduta al fianco di Penelope: “Si, si, certo, e la cugina dell'amico del vicino di mio nonno dice che sono la direttrice di Radio Strega Network. Ma ti senti quando parli? Se dobbiamo sorbirci un'altra volta la solfa 'Tom Riddle è il male incarnato' ti metto del pus di bubotubero nel cuscino.” esclamò esasperata, “Sei così fissato nei tuoi pregiudizi da non voler ammettere che hai torto nemmeno di fronte alla realtà dei fatti.”

Harry alzò le sopracciglia sorpreso a quelle parole, non riuscendo bene a credere a quello che stava sentendo.

Le orecchie di Joseph, intanto, si erano fatte paonazze. “Ma non capisci? Questo è esattamente quello che vuol far credere a tutti, vi sta ingannando!” ma dalle numerose occhiate al cielo era chiaro che nessuno lo stesse prendendo sul serio. Si voltò verso la McGranitt, “Minnie forza, diglielo anche tu!”

Harry osservò incuriosito la ragazza. Dalle loro precedenti conversazioni era chiaro che non avesse un'opinione eccellente del Prefetto di Serpeverde o che, come minimo, mantenesse alcune riserve nei suoi confronti. Ma quello che stava risultando ancora più chiaro era – e Harry ne era così sorpreso da fare fatica a credere ai suoi occhi – come quella non fosse l'opinione comune. E se persino al tavolo di Grifondoro Tom godeva di una certa stima, figurarsi nelle altre Case.

Dio mio, ha già la scuola intera che pende dalle sue labbra.

Ammetto di non fidarmi di lui,” rispose Minerva assottigliando le labbra, “però non hai alcuna prova per sostenere quello che dici. E per l'amor del cielo, non voglio ripeterlo mille volte: smettila di chiamarmi Minnie!”

Joseph sembrava ancora contrariato, ma la risposta dell'altra doveva averlo pacificato un po'. “Le troverò le prove, prima o poi...” borbottò. Poi, illuminandosi all'improvviso, lanciò un sorriso sornione all'altra, “E perché mai dovrei smettere, Minnie? Rub ti chiama sempre così!”

Si, beh, Rubeus ha, forse sorprendentemente, maniere migliori delle tue.”

Joseph stava borbottando qualcosa di risposta, ma Harry aveva smesso di ascoltare.

Rubeus. Rubeus Hagrid.

Qual era la probabilità che ci fossero due Rubeus, ad Hogwarts, in quegli anni? No, doveva trattarsi sicuramente di Hagrid... E lui prima di quel momento non aveva nemmeno pensato alla possibilità di vederlo, nonostante il suo passato fosse così legato a quello di Tom Riddle.

In fretta, fece scorrere lo sguardo lungo il tavolo di Grifondoro e, prevedibilmente, non gli ci volle molto prima di scorgere la massiccia figura del suo grosso amico seduto una decina di posti più in là. Le prime emozioni che lo colpirono furono sorpresa e curiosità, perché anche se la sua stazza lo rendeva inconfondibile, senza barba e capelli lunghi Hagrid era quasi irriconoscibile. Ma una volta che la sorpresa iniziale si fu dissolta, una fitta di nostalgia e affetto gli invase il petto, al pensiero di quanto fosse in debito con quell'uomo per tutto l'appoggio e l'affetto che gli aveva dato, quando stava ancora facendo i suoi primi, esitanti passi nel mondo magico.

La tentazione di andare lì e presentarsi, tendendo la mano al suo vecchio amico con un sorriso incoraggiante era enorme, ma come avrebbe motivato quell'improvvisa affabilità? Dal loro punto di vista, anche senza alcun pregiudizio, sarebbe stato un comportamento più che sospetto da parte di un Serpeverde. Forse la cosa migliore da fare, se proprio voleva conoscere Hagrid, era continuare a frequentare Minerva nella speranza di potersi avvicinare ad altri Grifondoro... ma in che anno era Hagrid?

Cercò di scavare nella memoria le poche informazioni che aveva su quegli anni. Hagrid era stato espulso quand'era al terzo anno e –

e improvvisamente ad Harry venne in mente la conseguenza più importante del fatto che Hagrid fosse ad Hogwarts.

La Camera dei Segreti non era ancora stata aperta.

Tom non l'aveva ancora trovata, nonostante sapesse già da tempo di essere l'erede di Serpeverde. Ma quand'è che era stata aperta? Il diario di Tom conteneva sicuramente l'intera vicenda, o non sarebbe mai potuto servire a riaprirla cinquant'anni più tardi, e Harry aveva rivisto con i propri occhi quello – o almeno parte di quello – che era successo a Hagrid, quando era stato risucchiato nel diario dallo spirito del sedicenne Serpeverde.

Sedicenne. Sesto anno.

Quell'anno.

Dio santo, quello stesso anno la Camera dei Segreti sarebbe stata aperta. E Harry era lì, consapevole di tutto ma senza poter fare nulla per prevenirlo. Nonostante sapesse bene di non avere alcuna responsabilità, gli tornava difficile non sentirsi in un certo senso complice delle orribili cose che sarebbero successe. Hagrid sarebbe stato espulso, Mirtilla Malcontenta sarebbe morta, e Tom –

Tom avrebbe perso un pezzo della sua anima.

Perché Harry se lo ricordava ancora come se ce l'avesse avuto davanti lo spirito di Tom, in piedi di fianco al corpo esanime di Ginny, che faceva roteare pigramente la sua bacchetta tra le dita affusolate di una mano mentre gli regalava un ghigno crudele e soddisfatto. Se lo ricordava bene perché era identico al Tom che aveva imparato ad adorare nell'ultimo mese, lo stesso di cui poteva ancora sentire il sapore in bocca dall'ultimo bacio.

Era chiaro che Tom aveva creato il suo primo Horcrux alla fine del sesto anno, o per lo meno dopo aver aperto la Camera dei Segreti. Cristo, aveva mutilato la sua stessa anima a sedici anni.

Una strana sensazione di disgusto lo assalì all'idea, mista al più inspiegabile istinto protettivo nei confronti dell'anima del ragazzo di cui si era innamorato, che non aveva bisogno di essere protetta da nessuno se non dal suo stesso possessore. Dio, come si poteva essere capaci anche solo di pensare a farla, una cosa del genere?

Ma forse più urgente era la domanda: possibile che Tom non avesse ancora iniziato a cercarla, la Camera dei Segreti?

“–ai ascoltando? Harry, ci sei?”

Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri e, voltandosi, vide Minerva e il resto dei Grifondoro intenti a guardarlo, evidentemente aspettando una risposta.

Scusa, mi sono un attimo incantato.” si scusò Harry con un sorriso imbarazzato, “Dicevi?”

La McGranitt lo squadrò qualche secondo da sopra gli occhiali squadrati, “Mi stavo chiedendo quando ti avrei trovato di nuovo in Biblioteca. Questo venerdì ci sarai?”

Harry ci pensò un secondo su, “Questo venerdì? Si, perché no?” rispose, poi però si bloccò: “Ah no, aspetta! Questo venerdì ho gli allenamenti di Quidditch...”

Quidditch!?” esclamò improvvisamente un'altra voce, facendo voltare entrambi i ragazzi. A parlare era stata la stessa ragazza che aveva cercato di consolare la povera Penelope poco prima. “Sei nella squadra di Serpeverde?” continuò a chiedere, assottigliando sospettosa gli occhi.

Harry rimase qualche secondo interdetto, guardandola sorpreso. “Erm, no, non proprio. La squadra era già al completo, ma visto che giocavo da Cercatore prima di trasferirmi mi hanno chiesto di partecipare agli allenamenti...”

La ragazza lo squadrò per un attimo, e sembrava sul punto di chiedere qualcos'altro quando fu interrotta da qualcuno che chiamava il nome di Harry.

L'ex-Grifondoro fece appena in tempo a voltarsi e vedere che a chiamarlo era stato Orion, prima di ritrovarsi strattonato dal braccio che il Serpeverde gli aveva allacciato intorno al collo.

Ecco dove ti eri cacciato!” esclamò con un sorriso a trentadue denti, “Cominciavo a preoccuparmi, sai?”

Ehi, Orion.” lo salutò Harry, cercando di districarsi dalla presa senza farsi notare, “Tom è già arrivato?” chiese, allungando il collo per riuscire a vedere il tavolo di Serpeverde.

Tom? No, no, anzi,” rispose il ragazzo, “pensavo fosse insieme a te. Dove l'hai mollato?”

Si è solo fermato a parlare nella Sala d'Ingresso con due tizi...” rispose Harry, riuscendo finalmente a sgusciare sotto il braccio dell'altro.

Orion lo guardò un secondo pensieroso, ma poi – come accorgendosi che avevano degli spettatori – riprese il suo sorriso e si rivolse verso i Grifondoro. “Beh, ho visto che avete fatto conoscenza col nostro ultimo acquisto! Uno zuccherino il nostro Harry, vero?”

Mentre Harry gli lanciava uno sguardo orripilato, i Grifondoro lo guardarono come se avesse appena insultato un ippogrifo. Il ché, ovviamente, non era abbastanza per fermare Orion.

Minerva!” continuò lui, “È sempre un piacere vederti quando non stai pattugliando i corridoi.”

La McGranitt annuì con un gesto secco, ma Harry riconobbe l'espressione con cui stava guardando Orion dalle tante volte in cui la professoressa si sarebbe trovata a dover trattare con i gemelli Weasley: un misto di irritazione, esasperazione e divertita benevolenza.

Black,” rispose, “sono un po' di notti che non ho più il piacere di togliere punti a Serpeverde per violazione del coprifuoco. Hai cambiato percorsi, o hai imparato a rimanere con le tue conquiste fino al mattino?”

Qualche risatina si levò dal tavolo rosso e oro, ma Orion sembrò non prendersela. “Ouch, mi ferisci.” ribatté melodrammatico.

Minerva, saggiamente, decise di non incoraggiarlo e si rivolse nuovamente a Harry, “Se non venerdì, dimmi tu quando ti trovo.”

Settimana prossima, promesso.” rispose Harry, scusandosi con un sorriso, “Ti mando un gufo appena sono sicuro di avere un pomeriggio libero. Ho solo un sacco di cose in ballo, in questi giorni.” aggiunse poi, passandosi una mano tra i capelli.

D'accordo.” rispose lei annuendo, nonostante l'espressione dubbiosa sul volto.

Orion si schiarì la gola in quel momento, attirando l'attenzione di entrambi, “Beh, è stato un piacere, ma se non vi dispiace, cari compagni rossi e oro, Harry e il sottoscritto devono ancora fare colazione.” Si rivolse poi verso il resto del tavolo, passando in rassegna alcuni dei commensali, “Julius! Il nuovo taglio di capelli ti sta una favola, e Anthea! Ce l'ho ancora io il tuo cravattino sai? Passa dai sotterranei quando hai un minuto – o anche di più.”

La ragazza in questione sembrò cercare di sprofondare sotto il tavolo mentre riceveva occhiate incredule dalle sue compagne.

Penelope,” continuò Orion imperturbato, “Tom manda i più sentiti saluti e – oh – Joseph,” si rivolse al ragazzo con un ghigno lascivo, “una tua parola e la Torre di Astronomia è prenotata – sai quanto amo le lentiggini in un uomo.”

Per Merlino, Black, sei disgustoso.” ribatté Joseph schifato, tentando di allontanarsi fisicamente finquanto il tavolo glielo permetteva.

Orion di tutta risposta gli fece l'occhiolino e, allacciando nuovamente un braccio intorno a Harry, si allontanò salutando un'ultima volta con la mano, trascinando il compagno con sé. L'ultima cosa che Harry riuscì a sentire mentre se ne andavano fu solo una ragazza sussurrare “Cazzo, ma com'è che tutti i fighi sono finiti a Serpeverde?” ad una sua amica.

Sai, non credo che fosse particolarmente interessato.” commentò Harry con una nota divertita nella voce.

Chi, Prewett? Bene, perché non lo toccherei nemmeno per tutto l'oro della Gringott, che in ogni caso lui certo non possiede.” rispose serafico Orion, allargando il ghigno.

Harry scosse la testa, divertito. Per un attimo si sorprese nell'accorgersi di non aver minimamente sentito l'impulso di rimproverare Orion per quelle frecciatine: infondo non erano poi così diverse da quelle che era solito lanciare Malfoy, in una delle tante volte in cui aveva preso in giro lui o Ron.

Eppure, più tempo passava insieme ai Serpeverde, più si abituava ai loro complicati modi di fare. E se c'era una cosa che aveva capito in quel periodo, era che si poteva intuire ben poco del vero carattere di un Serpeverde da quello che diceva o dal modo in cui si comportava. Qualche volta infatti, quando si fermava ad ascoltare i suoi compagni di Casa parlare in Sala Comune, gli sembrava sempre che si stesse svolgendo un'altra conversazione in parallelo, i contenuti della quale non riusciva mai ad afferrare: ogni parola pareva avere quattro diversi livelli di significato ed ogni gesto un secondo fine.

Come facevano a tenere il filo di una discussione senza dare di matto, Harry non ne aveva la più pallida idea. Non che la sua vita a Grifondoro fosse stata particolarmente priva di stress, ma per lo meno non aveva mai dovuto vivere ogni giorno guardandosi dai propri compagni di Casa, o tenendo il conto di quante persone gli dovevano un favore e quanti ne doveva lui ad altri.

Eppure bastava osservare per un pomeriggio Tom per capire che per lui, come per altri, questi piccoli intrighi non costituivano affatto un peso e anzi, sembrava addirittura trarne un vero e proprio godimento. E sebbene a Harry non piacesse affatto quel lato di Tom – troppo facile era sostituire quell'immagine con quella di Voldemort che sibilava ai suoi Mangiamorte – ogni tanto non poteva che rimanere affascinato nell'osservare il Prefetto parlare con studenti e professori, osservare la facilità con cui rigirava i discorsi, manipolava le loro aspettative e giocava con le loro emozioni.

Chissà che, se si fosse lasciato smistare a Serpeverde, non sarebbe venuto naturale anche a lui districarsi così facilmente tra quei giochi di potere...

Da quando hai tutti questi amici a Grifondoro?” chiese Orion, distogliendolo dai suoi pensieri.

Erano ormai arrivati al loro tavolo e Harry fece un cenno di saluto a Caleb Doholov e Dorea Black prima di sedersi al suo solito posto, lasciando di fianco a sé lo spazio vuoto per Tom.

Solo Minerva: ci siamo conosciuti una volta in biblioteca e da allora la incontro ogni tanto per i corridoi.” rispose, cominciando intanto a servirsi un'abbondante porzione di porridge.

Orion mugugnò in segno di assenso, la bocca occupata a masticare una fetta di pane tostato. Dopo aver deglutito tornò a rivolgersi a lui, “Ti ho visto parlare con il capitano della squadra di Grifondoro, però. Non le avrai detto niente, mi auguro.”

Chi, scusa?” chiese distratto Harry, mentre si portava una tazza di tè alle labbra.

Catherine Potter, il capitano di Grifondoro.”

Per poco Harry non si rovesciò l'intera tazza di tè bollente addosso.

P-Potter?”

Orion si girò per guardarlo meglio, posando il pane sul piatto. “Si, Catherine Potter. Del sesto anno.” Gli poggiò una mano sulla spalla, lanciandogli uno sguardo preoccupato, “Harry, tutto bene?”

Il ragazzo si affrettò ad annuire, cercando di mascherare il suo stato d'animo con una risatina nervosa e non riuscendoci per niente. Si voltò verso il tavolo di Grifondoro, ricercando con lo sguardo la ragazza in questione. La osservò con attenzione per la prima volta ma, onestamente, a parte il colore scuro dei capelli non vi era alcuna visibile somiglianza né con lui, né con James. E d'altronde cosa si aspettava, a distanza di generazioni? Non tutti i parenti si assomigliavano, bastava guardare a sua madre e sua zia...

Ehi, guarda che scherzavo,” riprese Orion, cercando di attirare la sua attenzione, “anche se le hai parlato di qualche strategia non fa niente, non lo sapevi –”

Harry riportò lo sguardo su di lui, affrettandosi a scuotere la testa, “No, non preoccuparti; sei arrivato prima che potessimo scambiare più di due parole. Non sapevo nemmeno il suo nome.”

Come mai questa improvvisa... passione… per le altre Case, Evans?” interruppe la voce di Madeleine, seduta di fronte a loro, “Posso capire l'interesse per quella bambina di Corvonero – Donill, giusto? – ma i Grifondoro? Qualcuno potrebbe cominciare a pensare che non ti trovi bene qui tra noi Serpeverde.” concluse, lanciandogli un'occhiata maliziosamente provocatoria da sopra il calice d'argento che teneva in mano.

Harry assottigliò gli occhi. “L'appartenenza ad una Casa non impedisce di conoscere persone di Case diverse.”

La ragazza alzò un sopracciglio, “Non sei d'accordo con la divisione in Case?” chiese con aria sorpresa, “Preferiresti che ci mettessero tutti insieme?”

Harry aprì e chiuse la bocca un paio di volte, “No, non ho detto questo.” rispose infine, a denti stretti, “Penso solo che questa divisione non debba essere un ostacolo, tutto qui.”

Devi ammettere che Madeleine non ha tutti i torti, però.” s'intromise Marcus Mulchiber, “Sei qui da quanto, tre settimane? E la sera ti avremo visto in Sala Comune si e no quattro volte.”

Prima che Harry potesse ribattere, anche Rudolf si sentì in dovere di di dare il proprio contributo: “Si dice che i legami che si stringono ad Hogwarts ci accompagnino per il resto della vita; la lealtà alla propria Casa dovrebbe venire subito dopo quella alla famiglia.” Il ragazzo fissò Harry attentamente, “Ma, forse, non sei familiare con questo tipo di valori a casa, Evans?”

Sia Madeleine che Heidi Rosier, sedutale accanto, riuscirono malamente a mascherare una risatina di scherno.

Harry guardò sorpreso i suoi compagni seduti al tavolo, non capendo l'improvviso interesse e animosità nei suoi confronti. Gli sembrava impossibile che ce l'avessero realmente con lui perché si sentivano trascurati, era al limite del ridicolo.

Proprio in quel momento, infatti, Orion alzò gli occhi al cielo, mentre si allungava per prendere la marmellata. “Posso assicurare di persona che Harry passa le serate in camera sua insieme a me o a Tom, e non nella Sala Comune di un'altra Casa a complottare dietro alle spalle di Serpeverde.” disse, spalmandosi per bene una fetta di pane, “Se volete così tanto la sua compagnia, perché non lo dite a Tom? Oh, ma tu guarda, proprio ora non c'è! Che coincidenza!”

E Harry, incredulo, arrivò finalmente a capire il motivo per cui sembravano essersi tutti così improvvisamente impegnati a metterlo sotto i ferri: l'assenza di Tom. Evidentemente lo consideravano sotto la protezione del Prefetto e, ora che non c'era, era come se si fosse aperta la stagione di caccia.

Ma perché in quella Casa non potevano tutti vivere la propria vita come ogni comune cristiano e farsi meno problemi? Evidentemente c'era di mezzo per l'ennesima volta qualche strana dinamica Serpeverde che a lui, come al solito, sfuggiva totalmente.

Quello, comunque, non voleva dire che sarebbe stato loro così facile mettergli i piedi in testa, e se credevano che avesse avuto bisogno della protezione di alcuno per cavarsela avevano decisamente sbagliato persona.

Beh, io sono comunque convinto che il progetto iniziale della divisione in Case fosse di far integrare gli alunni del primo anno e non dividerli, mettendo insieme ragazzini con caratteristiche in comune.” cominciò, fissando l'attenzione su Madeleine, “Lasciarsi inquadrare in uno schema così rigido per i sei anni che seguono mi sembra una scelta idiota: pensate davvero che se venissimo ri-smistati adesso saremmo tutti spediti nelle stesse Case? Volete dirmi che nessuno di voi è cambiato da quando aveva undici anni?”

I Serpeverde continuarono ad osservarlo attentamente senza rispondere, e lui continuò, “Non è poi così difficile pensare che un Grifondoro arrivi a capire quanto è importante studiare e diventi più diligente di un Corvonero, o che un Tassorosso maturi e trovi in se stesso il coraggio di un Grifondoro. E poi parliamoci chiaro, una volta usciti da Hogwarts le persone non vanno certo più in giro con lo stemma della propria Casa appuntato al petto: uno o due anni dopo il diploma, in quale Casa siamo stati conterà ben poco, e sfido chiunque a indovinare sempre quella di chi avrete di fronte, una volta fuori da qui.”

Un interessante punto di vista.”

Harry si voltò di scatto, sorpreso di sentire la voce di Tom provenire da dietro le sue spalle, non avendolo assolutamente visto arrivare.

Il ragazzo era arrivato con la solita grazia felina, silenzioso, e Harry trovò per un secondo sconcertante il fatto che, nonostante avesse passato mesi ad allenarsi proprio su questo genere di cose, non si sarebbe accorto della presenza di Tom se non avesse parlato, sebbene si trovasse in piedi giusto tra lui e Orion. Non voleva pensare a cosa avrebbe detto Malocchio se l'avesse visto.

Tom, intanto, aveva poggiato una mano sulla spalla di Harry e, con un lieve sorrisino compiacente, allargato l'altra in direzione del tavolo, facendo focalizzare l'attenzione su di sé in pochi gesti.

Eppure, Harry, devi ammettere che il sistema delle Case non è solo l'aspetto più caratteristico di Hogwarts, ma è ciò che ne costituisce il fondamento e ne dà un'identità. Esso, infatti, apporta due elementi essenziali per ottenere buone prestazioni dagli studenti: spirito di competitività e senso di appartenenza.” cominciò con tono di voce ben impostato, a metà tra il benevolente e l'irrisorio. Per un attimo, sembrò un professore in procinto d'impartire un'importante lezione di vita a degli studenti che sapeva essere troppo piccoli per capirla.

Il primo è sufficientemente chiaro come possa funzionare – è, dopotutto, considerato una qualità essenziale per raggiungere risultati ottimali in ogni campo, dall'economia allo sport. Uno studente poco stimolato non avrebbe alcun incentivo a dare il meglio di sé: senza la spinta data dalla competizione tra Case e il sistema dei punti, gli insegnanti sarebbero costretti a trovare continuamente nuovi modi per rendere più coinvolgente il programma scolastico al fine di evitare che gli studenti diventino svogliati. Il secondo, invece, non solo fa appello all'orgoglio di far parte di una determinata Casa – la quale diventa a tutti gli effetti una seconda famiglia durante i sette anni di frequentazione – per incentivare gli studenti a guadagnare punti per vincere la Coppa delle Case, ma si appoggia a forse l'unico strumento efficace per tenere a bada un'orda di adolescenti: il loro desiderio di essere accettati.”

Harry non aveva idea di cosa avesse spinto il Prefetto ad iniziare quella specie di arringa, ma era abbastanza sveglio da capire che non fosse certo per rispondere a lui. E pur sapendo che nascosto sotto le belle parole c'era sicuramente un obbiettivo nascosto, per Merlino, non poteva fare a meno di continuare ad ascoltarlo.

Quale migliore deterrente se non la paura di essere esclusi dal gruppo dei propri compagni?” continuò il Prefetto, “Se anche a uno studente non interessasse minimamente la Coppa, ci penserebbe due volte a combinare qualcosa che costerebbe cinquanta punti alla sua Casa se sapesse che avrebbe da fare i conti con la rabbia dei propri compagni. Questo toglie ai Professori il tediante compito di inventarsi adeguate punizioni: perché mai fare tanta fatica, quando i ragazzi stessi sono generalmente più creativi e crudeli di quanto loro non riuscirebbero mai ad essere?”

Tom aveva la completa attenzione del gruppo, e anche Harry – che sapeva di non essere un esperto in fatto di retorica – riusciva ad apprezzare la particolare verve del ragazzo. Certo, sarebbe riuscito ad apprezzarla meglio se Tom non avesse spostato la mano dalla spalla di Harry alla sua nuca a metà discorso, cominciando a tracciare con le dita piccoli cerchi sulla pelle del collo, facendogli scendere brividi lungo tutta la schiena.

Ma torniamo al punto principale – il perché della divisione in Case – e guardiamo le cose dal punto di vista dei Fondatori per un secondo: non è un caso che la fondazione di Hogwarts avvenga nel momento in cui il Mondo Magico comincia a stabilizzarsi nelle forme in cui lo conosciamo oggi. Vi era un impellente bisogno di formare i maghi e le streghe che avrebbero guidato la nostra nascente società, ed erano diversi i ruoli che necessitavano di essere coperti. Pensate per un secondo alle caratteristiche richieste dai Fondatori: per Grifondoro, ad esempio, erano coraggio, lealtà, intraprendenza e una certa dose di impulsività – combattenti, insomma. Perfetti per farne dei cavalieri o, in tempi di guerre medievali, una buona scorta di carne da macello pronta a sacrificarsi per un grande e nobile ideale.”

Qui Tom si fermò un attimo, dando il tempo agli sghignazzi di spegnersi.

Non è difficile trovare determinati ruoli sociali che corrispondano alle caratteristiche delle restanti Case, che vanno ben al di là di semplici differenze di personalità. Ovviamente, dal medioevo ad oggi di cose ne sono cambiate, e le esigenze della nostra comunità – per non parlare del mercato del lavoro – sono mutate con gli anni, lasciando molta più libertà ai singoli individui di decidere sul proprio futuro. Eppure le Case esistono ancora, e ci dividono ad undici anni con lo stesso metodo che usavano i Fondatori. Se esse non sono, in fondo, che l'insieme degli studenti che le compongono, una domanda resta sempre attuale.” Fece una pausa ad effetto, in vista della conclusione, “Quanto siamo noi a darne le caratteristiche, e quanto sono loro ad influenzare le nostre personalità?”

Il silenzio che aveva accompagnato il discorso ci mise un po' a riempirsi nuovamente dei suoni della colazione.

Diavolo Riddle, era per caso un'orazione quella?” esclamò Caleb, “Erano anni che non ti sentivo farne una!”

Harry si guardò intorno, osservando gli studenti più giovani commentare tra loro con sussurri eccitati e alcuni di quelli più grandi fare un cenno con la testa in direzione di Tom, come in segno di riconoscimento. E Harry si accorse che in tutto il discorso di Tom, il Prefetto non aveva mai davvero ribattuto né a lui, né a Rudolf. Ora che ci pensava, gli tornava difficile capire a quale delle due posizioni si appoggiasse la tesi di Tom.

Anzi, qual era stata, esattamente, la sua tesi?

Già, a cosa dobbiamo tutto questo zelo?” domandò Abraxas fissando Tom, alzando un sopracciglio sottile, “Non avrai certo paura che Evans ti rubi il posto sul trono, vero?”

Era chiaro che parole così sfacciate non sarebbero state perdonate a qualcuno meno influente di un Malfoy, ma Tom non sembrò scomporsi, rivolgendogli un sorriso quasi zuccherino.

Oh, certo che no, non ho nulla di cui preoccuparmi in quel frangente.” replicò, per poi voltarsi verso di lui, “Non è vero, Harry?”

E prima che Harry potesse rispondere, due dita sottili gli avevano afferrato dolcemente il mento per sollevargli la testa da un lato: così, senza alcun avvertimento, Tom si chinò e lo baciò di fronte a tutta la scuola.





 




A.N.: ehm, non ho granché da dire, onestamente. So che molti di voi mi davano per dispersa, ma l'Author's Note non è il luogo né per le scuse, né per le risposte ai commenti, e sarà ora che inizi ad usare le nuove funzioni di EFP che rendono possibile rispondere ad ogni recensione. (Sono cambiate un sacco di cose dall'ultima volta che ho postato un capitolo su EFP! Mi sento molto Old School XD)

Per chi ancora non lo sapesse, per sapere se sto ancora scrivendo e/ a che punto sono con il nuovo capitolo, sul mio LJ (http://lien-cinnamon.livejournal.com/) c'è un word count sulla destra. È l'unica cosa che viene aggiornata regolarmente, a quanto pare.

Grazie mille a tutti per le recensioni e le e-mail. Anche se non rispondo quasi mai le leggo tutte, e sono molte volte quello che mi sprona a continuare questa storia. Grazie, sul serio.

Baci,
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