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Autore: e m m e    08/03/2011    16 recensioni
Prima di tutto osservai il pentacolo e a tutt’oggi non credo di aver mai visto un lavoro peggiore di quello: la stella sporgeva dai bordi concentrici e il gesso sul pavimento era sbavato in più punti, la magia che mi teneva prigioniero nel mio pentacolo praticamente non esisteva, nessuna formula di contenimento, niente erbe malefiche che mi torturavano l’essenza. Nemmeno un misero pezzo di ferro buttato da qualche parte.
Evidentemente quel mago voleva morire.
E chi ero io per non esaudire questo ammirevole desiderio?

SPOILER per chi non ha letto "La porta di Tolomeo"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Autore: emme
Fandom: La Trilogia di Bartimeus
Titolo: Libero Arbitrio
Personaggi: Bartimeus, Kitty Jones.
Rating: R
Word: 4327 (W)
Generi: Introspettivo, drammatico
Riassunto:  Prima di tutto osservai il pentacolo e a tutt’oggi non credo di aver mai visto un lavoro peggiore di quello: la stella sporgeva dai bordi concentrici e il gesso sul pavimento era sbavato in più punti, la magia che mi teneva prigioniero nel mio pentacolo praticamente non esisteva, nessuna formula di contenimento, niente erbe malefiche che mi torturavano l’essenza. Nemmeno un misero pezzo di ferro buttato da qualche parte.
Evidentemente quel mago voleva morire.
E chi ero io per non esaudire questo ammirevole desiderio?

Avvisi: Si parla di suicidio con cognizione di causa. Se il tema non vi piace non leggete.
Spoiler per chi non ha letto “La porta di Tolomeo”.
Note:  Questa storia è online dal 2011, ma è stata ricontrollata e modificata il 21/02/2013
Beta: Nessuno...



Libero Arbitrio

 


“A typical master. Right to the end, he didn’t give me a chance to get a word in edgeways.
Which is a pity, because at that last moment I’d have liked to tell him what I thought of him.
Mind you, since in that split second we were, to all intents and purposes, one ad the same,
I rather think he knew anyway.”(1)

Bartimaeus, Ptolemy’s Gate



Come al solito Kitty si svegliò prima dell’alba: dormiva poco, e anche quelle poche ore in cui la sua mente riusciva a placarsi sembravano sempre esserle insufficienti.
Dentro di sé percepiva che, anche se avesse dormito per vent’anni di seguito, quella spossatezza di cui le sue ossa erano ammantate non se ne sarebbe mai andata.
Da quando tutto era successo Kitty aveva lasciato dietro le proprie spalle la vecchia vita, aveva viaggiato e aveva finalmente visto il mondo. E il mondo aveva visto lei.
Adesso comprendeva davvero quello che aveva voluto dirle Bartimeus, tanti anni prima.
Solo adesso riusciva a concepire la selvaggia bellezza della sua Terra. Solo adesso annusava l’aria d’inverno senza pensare al freddo, ma agli odori che conteneva. Solo adesso, quando si immergeva nell’acqua di fonte, ringraziava gli spiriti del mondo per quegli splendidi, immeritati regali.
Bartimeus aveva potuto viaggiare per sette interminabili giorni, all’apice della sua potenza: aveva visto le fitte foreste dell’America del Nord e le distese di sabbia del Sahara. Aveva osservato le onde dell’oceano infrangersi lungo le sponde dei continenti, trascinando via, anno dopo anno ogni essere umano che lui aveva dovuto servire.
Il jinn aveva trascorso più di cinquemila anni schiavo dell’uomo; Kitty pensava – forse egoisticamente – che lei avrebbe potuto sopportarlo per quei sette, miseri, incredibili giorni di libertà.
Ma lei era umana, lei era legata alla sua Terra; Bartimeus era un essere di Aria e Fuoco, legato al turbinio continuo e incessante dell’Altro Luogo, lui, al pari di Kitty amava la sua casa e non poteva lasciarla.
La ragazza sospirò osservando, al di là della finestra aperta, le strade di Alessandria d’Egitto riempirsi della tenue, rosata luce del deserto, l’aria piena di sabbia e di umori notturni.
Aspirò a pieni polmoni e tossì.
Come aveva potuto vivere senza conoscere quella città ancora non riusciva a capirlo.
Kitty si svegliava sempre prima dell’alba, mangiava poco – qualche dattero e un po’ di carne priva di condimenti – e, aiutata da due silenziosi servitori, si vestiva alla foggia orientale: ormai aveva dimenticato i suoi abiti londinesi. Avvolgeva i suoi setosi capelli bianchi in teli altrettanto banchi e indossava una tunica che la copriva dal collo alla punta delle scarpe.
Le piaceva vivere in quel modo.
Quando ancora il sole era basso sull’orizzonte si recava al mercato delle spezie e immaginava quella stessa terra battuta attraversata dai passi leggeri di Tolomeo, seguito da Bartimeus, fedele per la prima volta ad un amico, dimentico del padrone.
Per qualche istante tornava a rifluire nel turbinio dell’Altro Luogo, a vedere il volto perfetto e bellissimo del giovane Tolomeo, poi apriva gli occhi e zaffate di profumi violenti la attraversavano, facendole lacrimare gli occhi.
A volte Kitty piangeva.
Ma aveva capito solo da poco che non piangeva per la loro morte. No, lei piangeva per quello che Bartimeus aveva subito. Per quello che tutti gli spiriti avevano subito.
Era sciocco, ma lo faceva.
Per Nathaniel, invece, non piangeva mai.
C’erano tante cose che non sapeva, e che non avrebbe mai saputo, tante lingue le sarebbero rimaste sconosciute, tanti anni del passato erano solo una serie di confusi avvenimenti storici slegati tra loro, che lei non avrebbe vissuto o conosciuto.
Ma quando ricordava di aver visto l’Altro Luogo, di essere appartenuta a quel mondo meraviglioso e incomprensibile, molta della sua ignoranza perdeva sostanza.
Non avrebbe voluto tornarci, questo no; anche volendo non avrebbe potuto dato che Bartimeus era morto insieme a Nathaniel, infrangendo la promessa, mentendole come se niente li legasse e lei non si fidava di nessun’altro. Non voleva fidarsi di nessun’altro.
E nonostante i rimpianti, i dolori, le lacrime, soltanto in Egitto, nelle sue giornate asfissianti e nelle sue notti di gelo, era riuscita a trovare un grammo di quella pace che era andata cercando in tutto il mondo.
Non le restava molto da vivere, lo sapeva.
Aveva appena trent’anni, e ne dimostrava più di cento.
Ogni giorno diventava più faticoso camminare, ogni giorno doveva fermarsi più a lungo sotto le palme, circondata da bambini che le offrivano frutta. Ogni giorno poteva essere l’ultimo. 
Quanto le rimaneva? Una settimana, forse dieci giorni secondo i medici. 
Per questo non poteva più aspettare.

***

Sapevo che sarebbe successo.
Insomma, uno non può rimanersene semplicemente a poltrire per tutta l’eternità – anche se ne avrebbe tutti i diritti dopo le mirabolanti imprese compiute per salvare il mondo – secondo la gretta e stupida mentalità dei Maghi.
Nell’Altro Luogo non esiste il tempo, o almeno non il tempo visto come una linea retta, per questo non avevo la minima idea di quanto fosse passato dalla mia ultima convocazione.
Qualcosa – forse il mio spiccato sesto senso – mi diceva che non ne era passato molto.
Strinsi i denti metaforici e tentai di impedire che uncini acuminati mi trascinassero via pezzo per pezzo dalla mia casa.
No, noi non impariamo mai, se è questo che vi state chiedendo.
E dato che ancora non mi ero ripreso psicologicamente dalla mia ultima disgustosa venuta – che riguardava un corpo trasudante di umori di un certo Nathaniel – non ero affatto interessato a chi mi sarei trovato davanti, e soprattutto non ero interessato a rendergli le cose semplici.
Un minimo errore nella convocazione e me lo sarei ingoiato, carne, sangue, essenza e capelli, per quanto indigesti.
Solo io posso sapere quanto avrei voluto comparirgli davanti sottoforma di orrendo mostro ghignante a tre teste, con ali nerborute e lampi e tuoni per condire, ma dovevo mantenere una promessa.
Sono decisamente troppo sentimentale. Una volta qualcuno me lo disse: eravamo nella biblioteca di Alessandria, se non sbaglio.
Comunque alla mia prima convocazione dopo la quasi-totale-distruzione di Londra diventai lui.
Lo ingobbii forse un po’ troppo... ma non era mai stato un gran pezzo di ragazzo.
Prima di tutto osservai il pentacolo e a tutt’oggi non credo di aver mai visto un lavoro peggiore di quello: la stella sporgeva dai bordi concentrici e il gesso sul pavimento era sbavato in più punti, la magia che mi teneva prigioniero nel mio pentacolo praticamente non esisteva, nessuna formula di contenimento, niente erbe malefiche che mi torturavano l’essenza. Nemmeno un misero pezzo di ferro buttato da qualche parte.
Evidentemente quel mago voleva morire.
E chi ero io per non esaudire questo ammirevole desiderio?
Sollevai lo sguardo sull’aspirante suicida, ghignando, pronto al balzo... e rimasi immobile.
Diavolo, questa sì che non me l’aspettavo.

***

Kitty aveva voluto fare tutto da sola.
Ricordava perfettamente ogni formula e ogni riga da tracciare, ricordava i nomi delle erbe essenziali per allontanare il demone e teneva al collo ancora l’argento della nonna di Jacob.
Poco prima della convocazione se ne ricordò e lo lanciò al di là della stanza spoglia, ignorandolo.
Non aveva nemmeno tentato di fare le cose per bene, non tanto perché non le sarebbe riuscito o per lo spreco di energie, ma semplicemente perché sapeva già che ogni suo tentativo sarebbe caduto nel vuoto.
Aveva evitato per dodici anni di obbedire a quel desiderio inutile di rivedere qualcuno già morto, ma ormai era praticamente con un piede nella fossa: che cosa aveva da perdere?
Preferiva morire con un’orribile certezza piuttosto che con il dubbio.
Osservò il suo lavoro: il pentacolo era rotto in più punti, la stella sporgeva di fuori per ben tre volte, le rune erano storte e probabilmente sbagliate.
Ma che differenza faceva? Quel pentacolo sarebbe comunque rimasto vuoto.
Kitty si sedette al centro del proprio cerchio storto, tirando il fiato e asciugandosi il sudore dalla fronte, poi si strappò dalla testa il turbante. Se fosse comparso doveva vederla per come era.
Chiuse gli occhi riportando alla mente le parole, le ricordava come se le avesse usate due minuti prima.
Lo sforzo della convocazione la lasciò priva di fiato, esausta e tremante. E sola.
Passarono tre secondi, poi cinque, poi dieci.
Stupida. Quanto poteva essere stupida?!
Si asciugò una lacrima di rabbia fingendo che fosse sudore e fece per alzarsi.
Era appena riuscita a sollevarsi in piedi con l’aiuto di un bastone di cedro che portava sempre con se quando lui comparve.
Era un ragazzo alto, moro, dalla pelle chiara e un po’ malaticcia; era Nathaniel, con gli occhi turbinanti della saggezza e dell’ironia che aveva sempre caratterizzato Bartimeus.
Bartimeus...

***

Sul primo livello era una vecchina dai lunghi setosi capelli bianchi con gli occhi scuri ed espressivi di Kitty.
Sul settimo livello era un’apparizione di luce, una donna di una bellezza straordinaria, con un’aureola di colori che la circondavano, incoronandola come la più grande delle regine.
E io di regine ne ho conosciute, credetemi.
Mi guardò e io la guardai.
Probabilmente eravamo tanto allibiti che le mosche avrebbero potuto fare un nido nelle nostre bocche spalancate.
Fu lei la prima a scuotersi e con mio sommo orrore si slanciò in avanti lasciando cadere un vecchio bastone pieno di tarli.
Per un attimo temetti che volesse abbracciarmi. Poi mi schiaffeggiò e trassi un respiro di sollievo.
« Credevo che fossi morto! » gridò a pieni polmoni con la rabbia che le deformava il volto: dltri due secondi e sarebbe esplosa.
Che cosa si può rispondere ad una frase del genere?
« Ehm... Sorpresa » e fu solo dopo questa mia uscita che mi sorse il dubbio che lei stesse in effetti parlando con le spoglie di Nathaniel, piuttosto che con me. In ogni caso non credo che lo saprò mai, con mia somma disdetta.
Kitty era in piedi, con un piede posato nel suo pentacolo e un piede nel mio, entrambi inutilizzabili.
A meno che non si fidasse del Jinn che chiamava, ovviamente.
Ma questo è stato un punto già ampiamente discusso in precedenza.
Nego categoricamente quella convocazione indecente riuscì a darmi di nuovo lo stesso piacere della volta che Kitty era venuta a farmi visita nell’Altro Luogo.
Notai che tremava e che quella carez... schiaffo doveva averle sottratto un bel po’ di energia.
Tolomeo non riusciva nemmeno a sollevare un’oliva senza il mio aiuto: lei aveva fatto anche troppo.
Perciò decisi magnanimamente di non spostarla quando mi crollò tra le braccia trattenendo un singhiozzo nonostante io abbia sempre sopportato poco le donne.

***

Kitty aveva tentato di trattenersi per un lungo, lunghissimo istante, poi lo aveva abbracciato, stretta come se stesse per affogare e lui fosse l’ancora che l’avrebbe riportata sulla nave.
Però non pianse.
« Potresti evitare di smoccolarmi tutta l’essenza? » chiese Bartimeus dopo qualche attimo di stasi imbarazzata.
Kitty lo lasciò andare e tentò di sorreggersi in piedi, gli occhi rossi e il respiro pesante.
« Ti suggerisco di sederti, e prenderti un tonico » continuò il jinn sorridendo con i denti bianchi di Nathaniel.
Kitty pensò di chiedergli di tornare ad essere Tolomeo, ma si trattenne: sapeva perché lo stava facendo e gliene era grata. Stupidamente grata.
Raccolse il suo bastone e si sedette a terra, a gambe incrociate e a Bartimeus dovette ricordare qualcosa, perché strinse gli occhi sospettosamente.
« Dimmi che non sei stata tu a tracciare queste quattro righe per terra » sospirò, rassettandosi la tunica di lino e sedendosi a sua volta davanti a lei, fuori entrambi dal pentacolo.
Con voce incrinata, Kitty replicò: « Non ricomincerai con la storia dei comuni che non possono convocare spiriti, vero? »
« Dovresti essere arrestata. Hai fatto un macello! »
« Non credevo che saresti comparso... »
« E questo ti dava il diritto di deturpare in questo modo il pavimento? A proposito... siamo forse ad Alessandria? » chiese lui lanciando uno sguardo fuori dalla grande finestra.
« Già » rispose Kitty, senza aggiungere altro.
Bartimeus riportò la sua attenzione su di lei: « Dalla tua pelle perfettamente curata deduco che siano passati almeno centodieci anni... sbaglio? Di quanto? Due, tre anni? »
La ragazza si coprì il volto con una mano e dopo un lungo istante sussurrò: « Il mese prossimo compirò trentun anni. »
Il silenzio invase la stanza.
Dopo aver atteso inutilmente che il jinn se ne uscisse fuori con una delle sue battute al vetriolo Kitty si decise a sollevare lo sguardo su Nathaniel, ma lui non c’era più.
Non era nemmeno Tolomeo. O meglio, non era il Tolomeo che lei aveva imparato a conoscere.
Davanti a lei Bartimeus era diventato colui con il quale ogni legame era più saldo di qualsiasi schiavitù, colui che si era sacrificato per la conoscenza e un sogno più grande.
Kitty vide il volto di Tolomeo deturpato e malato, proprio come il suo.

***

Lo feci senza pensarci a dire la verità.
Sapevo che non era l’aspetto fisico a turbarla: non era mai stato un problema, né per lei né per il mio vecchio padrone.
Nei suoi occhi avevo letto la morte così come duemila anni prima l’avevo letta negli occhi di Tolomeo.
Tolomeo e Nathaniel per me e per tutti noi erano un simbolo.
Kitty lo era allo stesso modo. Se di follia o di speranza, non l’avevo ancora capito. Ma ci stavo arrivando.
La ragazza mi guardò per un lungo istante e sorrise.
Sul settimo livello il suo sorriso illuminava la stanza. Sul primo sembrava sul punto di sgretolarsi.
A Nathaniel sarebbe piaciuto. Probabilmente sarebbe stato invaso da quelle strane inutili molecole vaganti e impulsi rivoltanti. Che schifo.
« Non ho paura di morire Bartimeus, né del mio aspetto se credi questo. »
« Ehi, io non l’ho mai detto. »
« Ma l’hai pensato. »
Beccato.
Kitty si alzò con fatica, ed io non tentai di aiutarla perché conoscevo bene il suo orgoglio e ero troppo gentiluomo per...
« Non ti degni nemmeno di aiutarmi? » sibilò lei risentita.
Come non detto.
Mentre mi alzavo per aiutarla Tolomeo lasciò il posto a Nathaniel e lei non batté ciglio.
Il ragazzo allampanato con i corti capelli scuri e le labbra sottili le sorrise e lei sorrise di rimando, di nuovo.
« Ti ha congedato » commentò. E sul suo volto comparve lo stesso sorriso enigmatico di Tolomeo.
Vi darò un biscottino se scoprite che cosa le stava passando per la testa.
« No, con una capriola molto ben riuscita sono schizzato fuori dal suo naso mentre starnutiva, gli ho fatto una pernacchia e sono tornato nell’Altro Luogo » risposi incrociando le braccia, mentre la ragazza dai lunghi capelli bianchi si appoggiava al davanzale della finestra a guardava fuori.
Avevo dimenticato la notte di Alessandria.
« Stupido... » sussurrò Kitty al vento che trascinò via le parole insieme ai granelli di sabbia.
Io iniziai a fluttuare a mezz’aria, con gli occhi puntati sulla sua schiena: « Piano con le offese! »
« Non parlavo di te. »
Non potevo che darle ragione. Ma preferivo essere vivo piuttosto che schiacciato sotto tonnellate di vetro e ferro.
Ripetei quello che ho già detto una volta « Era un tipico padrone, non mi ha mai permesso di dire la mia. »
« Proprio come Tolomeo, sì? »
Non risposi, ma ovviamente la risposta è... no.
Tolomeo mi chiese più volte quello che volevo, si era interessato a me prima di essere ad uno sputo dalla morte.
Ma, inutile illudersi, non contava un fico: Nathaniel e Tolomeo, un tempo avrei riso di questo paragone.
Ora mi faceva venire il singhiozzo.
« Ti voleva bene Bartimeus » sussurrò di nuovo Kitty.
Questa volta la ignorai a modo mio, ovvero con una pernacchia.

***

Kitty rise al rumore emesso dal jinn: sapeva come era fatto Bartimeus, sapeva che non avrebbe ammesso di essere commosso nemmeno se fosse stato ad un passo dal morire... di nuovo.
Ma a lei non importava. Niente aveva più importanza adesso.
« E così alla fine siamo in tre... in tre ci siamo fidati di te, in tre ti abbiamo voluto bene. »
« Gli anni ti hanno resa decisamente poco sopportabile. »
Kitty ridacchiò, voltandosi di scatto: « Non sai che i vecchi devono essere assecondati? »
« Non mi risulta di aver mai fatto altro nella nostra – grazie al cielo breve – conoscenza »
Kitty rise di nuovo e chiuse le imposte.
« Allora! » esclamò Bartimeus a quel punto, « novità da quel di Londra? Maghi e Comuni collaborano come bravi compagni di giochi? »
« Non mi tengo più in contatto con Londra da tre anni ormai. » rispose Kitty con un’alzata di spalle, sedendosi di nuovo per terra, « questa città ha un che di magico e di malinconico, viene voglia di perdersi dentro di lei e di non uscirne più. »
« Sono stato convocato per sentire le tue ciance sulla bellezza di Alessandria? »
« Non ti ho convocato. Ti ho chiamato. Potresti andartene in qualsiasi momento. »
Bartimeus sorrise e per un attimo Kitty perse di vista Nathaniel e vide soltanto l’essenza del jinn, così come l’aveva vista ribollire attorno e insieme a lei nell’Altro Luogo.
Le vennero le lacrime agli occhi.
Dio, odiava essere così incline al pianto, lei, che da giovane non aveva pianto quasi mai.
« In realtà credevo che fossi morto e non pensavo che saresti comparso... solo, prima di morire... volevo essere assolutamente certa di non lasciarmi niente alle spalle. »
« Sono lieto di aver contribuito a questo servizio » disse lui con voce ironica.
Kitty gli si avvicinò e gli strinse la mano. Mai come allora si era sentita vicina a lui. Mai come allora le porte dei loro due mondi si stavano sovrapponendo.
« Sono contenta che tu sia vivo » dichiarò, dolcemente, sinceramente. 
Poi si tirò indietro, lasciandolo e con occhi seri e contriti batté le mani.

***

Quel gesto mi lasciò perplesso: assomigliava decisamente troppo all’atteggiamento del Nath-Mago che avevo odiato e disprezzato, e in particolare a quei momenti in cui gli passava per la mente una delle sue idee suicide. Suicide per me, ovvio.
« Naturalmente prima di partire da Londra ho fatto cancellare il tuo nome da tutti gli archivi di jinn... capiscimi Bartimeus: credevo davvero che fossi morto. Non volevo che qualcuno rimanesse deluso nel tentativo di convocarti. »
Gli umani sono tutti uguali. Mai come in quel momento compresi l’assoluta verità di questo assioma: non ti lasciano mai scegliere, che ti vogliano punire con una Punzonatura, mandare in lavanderia a ritirare le mutande pulite, costringere a partecipare a guerre suicide, ridipingere la Cappella Sistina, verniciare le scale o salvarti la vita... mai che tu possa dire la tua.
E io me ne rimasi in silenzio, come un bravo schiavo sa di dover fare.
La mia essenza ribolliva: quello che Kitty aveva fatto significava niente più convocazioni, per... be’... la speranza è l’ultima a morire, quindi io azzarderei un “per sempre”.
Non ci siamo mai trovati perfettamente d’accordo io e Tolomeo.
Non mi soffermerò sul rapporto di odio profondo che ancora mi lega a Nath.
E adesso questa ragazza-donna mi sta dicendo che sono in debito non con uno, non con due, ma con addirittura tre sacchi di ossa e carne.
Splendido.
« Puoi sempre avvertire il mondo intero che io sono vivo e più arzillo che mai. Di certo non te lo impedirò. »
Lei sorrise. E allora non solo mi sembrò di vederlo, ma vidi Nathaniel, nel bel mezzo della sua più folle, bislacca, stupida idea.
« No... non posso vedi, si dà il caso che stanotte morirò. »
Rimasi alquanto stupito, non posso negarlo. Ma lo nascosi bene, dopotutto ho 5000 anni di esperienza sul campo.
Feci un fischio di apprezzamento: « I tuoi poteri di preveggenza mi lasciano esterrefatto. Oh mia Somma, illuminami con la tua saggezza. »
« Smetti di fare l’idiota! » replicò lei con l’irruenza di quando aveva diciotto anni. « Sarai tu ad uccidermi, o meglio, mi aiuterai a farlo. »
La mascella di Nathaniel sfiorò il pavimento, e non fu assolutamente una cosa voluta.
Kitty mi dedicò un’occhiata sprezzante: « Ti ho detto di smetterla di fare l’idiota! »
« Credo che tu ti stia riferendo a te stessa » risposi con una calma invidiabile. Mi tremò un po’ la voce, ma hei! lo nascosi bene.
« Ho bisogno del tuo aiuto Bartimeus. »
« Una cippa! » adesso ero veramente arrabbiato. Chi diavolo era lei per ordinarmi di ucciderla? E perché poi? Qualche ruga è sempre un piacere da guardare, e quella luce mi stava accecando.
« Non puoi ordinarmi niente, quel pentacolo non mi obbliga nemmeno a rimanere qui, potrei andarmene quando mi pare e piace e mollarti da sola a pulirti il... »
Non mi lasciò finire. Purtroppo. Era una bella invettiva.
« Non ti sto ordinando... » spiegò con un sospiro stanco, come se avesse a che fare con un bambino un po’ cocciuto.

***

« ...Come amica, ti sto chiedendo aiuto » terminò, alzandosi dal pavimento, prendendo posto su una poltrona di vimini e congiungendo le mani in grembo.
Ci fu silenzio per qualche momento poi il jinn, dalla sua improvvisa immobilità, disse « In quanto a sotterfugi si parla tanto della scaltrezza di noi jinn, ma voi esseri umani siete molto più furbi. »
Kitty percepì la rabbia presente nelle sue parole come se questa si stesse scontrando con la sua stessa pelle e capì che Bartimeus si sentiva in parte legato a lei da una sottospecie di gratitudine, ma non era questo che voleva. Tentò di spiegarlo.
« Bartimeus... »
Lui la interruppe subito: «Sai quello che mi stai chiedendo » e non era una domanda.
Kitty lo guardò per un lungo istante e alla fu con voce ferma che la risposta risuonò nella stanza: « Sì. »
« E ti aspetti che lo faccia comunque, nonostante il mio passato. »
« No » disse molto lentamente, misurando una per una le parole che avrebbe usato. « Mi aspetto che tu faccia quello che ritieni giusto. »
E finalmente Bartimeus capì, la consapevolezza si dipinse sulla sua faccia, cancellando per qualche momento i lineamenti di Nathaniel e sovrapponendoli prima a quelli di Tolomeo, poi a quelli di Kitty prima che cambiasse. Poi tornò Nathaniel.
Kitty, con tutta la delicatezza di cui era capace, con tutto l’amore che aveva da dare, gli stava offrendo il libero arbitrio, esattamente quello che per affetto e rispetto, prima Tolomeo, poi Nathaniel gli avevano negato.
Kitty gli stava offrendo la cosa più spaventosa, più bella, più importante di tutta la sua esistenza.
Bartimeus sospirò, roteando gli occhi: « Non potevi chiedermi di scegliere tra il blu o il rosso per le tende della tua stanza? »
Kitty rimase in silenzio, immobile, imperscrutabile.
« Questo è quello che vuoi? » chiese di nuovo lui.
« Sì, con tutto il cuore. »
Nell’ombra lo vide sorridere, un sorriso da gatto. « Allora temo di non avere altra scelta »
« Strana scelta di parole » rispose Kitty.

***

« E come avresti intenzione di lasciare le tue spoglie mortali, se mi è concesso saperlo. »
Sembrava che non ci avesse mai pensato prima di quel momento, ma la sua voce risultò comunque ferma, sicura. Probabilmente avrei dovuto aspettarmelo. Niente pugnali, veleni, corde o voli dal ventesimo piano di un palazzo.
La ragazza volevo morire trasportata dalle fertili acque del Nilo.
A Tolomeo sarebbe piaciuto.
Non mettemmo tempo in mezzo – il suo testamento era pronto da un pezzo, così mi spiegò – e chiese se avessi potuto prenderla in braccio e portarla a vedere la città dall’alto.
Lo chiese: disse anche “per favore”, e io potevo dire di “no”.
Dire di no è una sensazione inebriante... ora capisco perché tutti i Maghi sono dei palloni gonfiati esaltati dal loro stesso strapotere.
Ma io dissi di sì e feci spuntare dalla schiena di Nathaniel un paio di ali dalle piume grigie.
Gli esseri umani pesano poco, ma Kitty era leggera come l’aria: la sua anima stava già lasciando la terra.
Insomma, era più di là che di qua.
Osservò la città dall’alto, con affetto e lo feci anch’io. Senza affetto ovviamente, ma con una certa superiorità che derivava dal fatto che praticamente l’avevo tirata su io dalla sabbia del deserto.
Volammo per quasi due ore, fino a che i brividi non le squassarono il corpo e il Nilo si srotolò davanti a noi come un enorme nastro di seta blu.
Kitty guardò l’acqua ribollire sotto di noi. « Ah... » bisbigliò, « trascinata via verso il cuore della Terra... »
Non parlava con me: credo che si rivolgesse a se stessa, oppure era partita di testa.
La gente tende ad impazzire poco prima del suicidio.
Poi mi guardò e sorrise, brillava come il sole, e forse di più in quel momento. La mia essenza era quasi ferita dalla sua luce e un formicolio potente la percorreva.
Che finisse alla svelta e non ci si pensasse più.
« Ti ringrazio Bartimeus » disse soltanto. E forse quest’unica frase è valsa 5000 anni di schiavitù. 
Planai leggero verso l’acqua, il rumore era già forte ma ancora poteva sentirmi.
« Prima di congedarmi Nathaniel ha detto “Saluta Kitty da parte mia”. »
Lei annuì compita, come se le stessi dicendo che il sole brucia; non capii perché non le faceva alcun effetto, poi lei me lo spiegò a parole sue: « Adesso lo saluterò io, da parte tua. »
Strinse le dita trasparenti come carta velina attorno ai miei polsi e chiuse gli occhi.
Per un attimo pensai di non farlo. Per un attimo pensati di riportarla nella sua casa spoglia, darle uno schiaffo e infilarla sotto le coperte.
Poi la lasciai scivolare nell’acqua e la sua luce fu trascinata via dalla corrente.
Tre secondi dopo era sparita.
Io schioccai le dita e tornai nell’Altro Luogo.

Ho ricevuto tre doni dagli umani: il primo mi ha donato la fede in un mondo migliore e poi la vita, il secondo mi ha donato la fede nel cambiamento degli uomini e poi la vita, la terza mi ha donato il libero arbitrio e poi la promessa di libertà, e mi ha fatto capire quanto entrambi possano essere dolorosi.
Dicevo che Tolomeo e Nathaniel sono stati un simbolo.
Kitty lo è allo stesso modo e forse di più.
Un simbolo di speranza o di follia, chiedete?
La risposta è ovvia.

Fine

(1) Qui la traduzione italiana, che a parer mio è molto accurata rispetto a tanti obbrobri che si leggono in giro.
“Un tipico padrone. Fino all’ultimo non mi lasciò modo di dire la mia. Il che è un vero peccato, perché mi sarebbe piaciuto dirgli che cosa pensavo di lui. Badate, però: considerato che in quel momento eravamo in tutto e per tutto un solo e unico essere, credo proprio che lui l’abbia capito lo stesso.”
Bartimeus, La porta di Tolomeo.

Note finali:
Se avete qualche domanda, qualche dubbio, qualche recriminazione, il posto giusto per farvi avanti e tra i commenti. Trattandosi di una saga (e di un personaggio) molto complessi non sono certa di aver fatto un buon lavoro, ma credo che si vada molto a battere sul rapporto tra Tolomeo e Bartimeus, e Nathaniel e Bartimeus. Di Kitty si tende a dimenticare, ma io credo che lei, proprio per il fatto di non essere un Mago possa capire profondamente il desiderio di Bartimeus di dire la sua.
Ovviamente, nel caso in cui si trovasse vicina alla morte e con la possibilità di salvarlo, nemmeno lei si tirerebbe indietro, allontanandolo anche senza la sua volontà. Tuttavia, credo che come ultimo dono a Bartimeus mancasse solo la possibilità di decidere senza obbligo alcuno, escluso quello del suo affetto, rispetto e riconoscenza.
Il che è molto simile a quello che accade agli uomini, possessori per eccellenza del libero arbitrio.
L’unica in grado di fargli quest’ultimo dono, con tutti i suoi pro e i contro, è Kitty.
Spero che si sia capito che le rimangono due, massimo tre settimane di vita, quindi, essendo io una sostenitrice dell’eutanasia, non credo che si tratti di vero e proprio suicidio.
Ovviamente so che non per tutti questo può essere considerato moralmente etico, per questo ho lasciato l’avvertimento all’inizio. Spero di non aver sconvolto nessuno.
In ogni caso, i commenti sono a vostra disposizione.
A presto,
emme

  
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