Protezionismo.
Forse.
Ero una secchia. Che non vuol dire originariamente secchiona.
Vuol dire secchio, contenitore di informazioni, che forse un giorno torneranno
per tornarci utili. E’ simile a bagaglio, valigia. Secchia è una
parola-valigia, che può avere diverse accezioni.
Ma purtroppo nel mondo attuale secchia vuol dire solo una
cosa: attuale sfigato. E solo. E fragile. Un sopravvivente alla frivolezza del
mondo, che forse un giorno diventerà sopravvissuto.
E se sei secchia, e se sei sfigato, magari sei tu che non vuoi
cambiare lo status, magari sei tu che adatti ad esso il ruolo. E’ scelta,
oppure è solo condizione, o condizionamento esterno o l’aria condizionata del
ventunesimo secolo che ti dà al cervello?
Ma in ogni caso ci si deve abituare agli altri, a scaldarsi
da soli nella propria freddezza, a gioire quasi della propria solitudine, e a
trarne i vantaggi.
E fu così che creai un
mio mondo, convinta che, da sola e in mè sola, avrei
trovato tutto.
Imparai a vivere attuando una nuova politica. Autarchia
forse.
Mi chiusi ancor più in me stessa tentando di allontanare gli
altri. Protezionismo forse.
E fu così che cominciai a impiegare le mie energie nel mio
ruolo e ad evitare di cambiarlo. E fu così che smisi di ridere e di piangere
col cuore. E fu così che accanto ai dazi doganali per promesse e illusioni,
imposi, forse senza rendermene conto davvero, contingenti di importazione per
sorrisi e abbracci.