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Autore: Miwako_chan    21/03/2011    5 recensioni
“Co-mor-bo-si-tà” Sillabo incerto sperando che almeno questa volta abbia capito bene.
“Si, Naruto. Bravo, finalmente ce l’hai fatta.”
Incrocio le braccia imbronciandomi. Giuro, non la sopporto quando mi tratta da stupido.
“Io per te sono come una comorbosità.” Mi spiega Sakura giocherellando con le dita tra le ciocche rosa.
“E quindi?” Domando indisponente, irritato più che altro dal fatto che non ho ancora ben afferrato che cacchio vuol dire sta comorbosità.
“Avrò rilevanti implicazioni nel tuo esito finale.” Mi dici sorridendo. Pari quasi contenta.
“Sarebbe?” Esclamo stranito. È anche vero che sono un emerito baka, ma oggi a Sakura proprio non la riesco a capire.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sai, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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Insomniac Doze












Lacrima.
Uno, due, tre.
Lacrima.
Uno, due, tre.
Lacrima.

Le raccolgono tutte, una dopo l’altra, le mani di Tsunade. Come se la pelle arida segnata dagli anni non desiderasse altro che il contatto con quelle delicate gocce d’acqua.
Posò lo sguardo offuscato dalle sue mani al suo studio. Al di là della scrivania era un tale disastro. La biblioteca in pezzi, alcuni tomi rari e dall’inestimabile valore gettati a terra alla rinfusa, altri erano stati scaraventati fuori dalla finestra che ancora adesso, rimaneva spalancata.
Non era riuscita a contenersi Tsunade. Perché la rabbia e il dolore li conosceva bene e sapeva quant’era inutile imporsi, resistergli.
Alcuni dicono che basta sfogarsi e tutto passa.
Ma non è vero niente.
Lo dimostrava il fatto che per due giorni Tsunade era rimasta a demolire il suo studio e osservare le lacrime cadere, senza riuscire a far altro. Eppure il dolore non era scomparso né tanto meno si era attenuato. Era rimasto perfettamente uguale, una perpetua e atroce fitta nel cuore. Sarebbe rimasto tale anche nei giorni, nei mesi e probabilmente negli anni a seguire, Tsunade dubitava che si sarebbe mai placato. Forse la sofferenza col tempo sarebbe divenuta una torbida cicatrice, che per quanto non sanguinasse rimaneva comunque un indelebile segno.



Lasciò cadere gli occhi castani sulla piccola fotografia incorniciata, in bilico sull’orlo della spaccatura che divideva a metà la scrivania in rovere. I suoi pugni scagliati con cieca rabbia non avevano risparmiato neppure quella.
L’immagine ritratta nel quadretto era allegra, soffusa di calda serenità. Sullo sfondo c’era Shizune che teneva stretta tra le braccia una fuggiasca TomTom, Naruto, sbucato all’ultimo momento, rimaneva sulla destra leggermente sfocato, mentre con un sorriso beffardo sul volto faceva il segno di vittoria, in primo piano, invece, c’era Tsunade con le mani poggiate sulle spalle di Sakura.
In quella foto sorridevano tutti, inclusa Sakura. Teneva le braccia nascoste dietro la schiena, le gote leggermente arrossate per chissà quale imbarazzo e gli occhi, verdissimi e vivaci, erano rivolti verso l’alto per cogliere uno sguardo d’intesa dalla maestra.

Sakura non potrà più sorridere.

Sul vetro della fotografia iniziarono a precipitare silenziose lacrime che rompendosi in microscopiche gocce si disseminarono per i volti delle persone raffigurate. In quel momento parve un’immagine di lutto, perfino il sorriso sfacciato di Naruto si trasformò in una smorfia amara.

Sakura aveva deciso di andarsene. Aveva semplicemente capito che era troppo per lei, per le sue possibilità di sopportazione.
La solitudine spesso paralizza le persone dai propri intenti, per questo non se ne sarebbe mai andata da sola. Per partire aveva bisogno di Naruto, e Naruto fu la spinta di quel volo che si rivelò caduta.


“Signorina Tsunade…” Questa è Shizune. Mormora sempre e lascia le frasi incomplete, è un brutto vizio.
Si solleva un nugolo di sospiri affranti dai restanti ninja medico dell’improvvisata spedizione. Come se Tsunade avesse bisogno della commiserazione degli altri, come se il dolore che lentamente si scava una nicchia nel suo animo necessitasse di pietà. Non solo lei, ma l’intero villaggio, quella mattina, richiedevano silenzio e comprensione, non inutile compatimento.
Per pochi secondi non sentì nulla, solo la freddezza e le ciniche maniere di un medico esperto che analizza e risolve. Per pochi attimi le parve che nulla osasse fiatare, risuonava soltanto il cadenzato vibrare della sua mantella verde mossa dal vento.
Le basta uno sguardo a Tsunade per capire se c’è modo, soluzione, o se non c’è più niente; ed è così che un’occhiata clinica le è sufficiente per comprendere che lì non c’è più nulla. La ragazzina dai capelli rosati seppellita dalla polvere e dal corpo dell’amico è immobile al centro del paesaggio. Come santuario ha scelto il letto arido di un fiume, percorso ai lati da alte pareti di roccia viva. Non c’è sangue a bagnare il fondo sabbioso che sollevato dalla brezza ricopre visi e capelli. Solo un rivolo nerastro incrosta ciglia e ciocche bionde sulla fronte di Naruto, tutto il resto è pulito, forse dormono.

Il silenzio permane, mancano i suoni. Il tonfo di Hinata, che ormai perse le forze cade svenuta, diviene sordo. Il sibilo dell’aria è un impercettibile taglio nella quiete, perfino quel fastidioso ticchettio è cessato.
L’orologio di Tsunade si è rotto, ha smesso per sempre di funzionare.
Si tratta di un meccanismo delicato e naturale, insito nell’anima. Scandisce la vita con disarmante precisione. Il conteggio ha inizio da quando la madre sente la vita germogliare e crescere in lei. I rintocchi si fanno più intesi quando la perla preziosa viene al mondo e continuano a riecheggiare con gioia come campane in festa fino a quando, un giorno, non s’interrompono. Tsunade non ha mai conosciuto l’immensa felicità di essere madre, ma a suo modo lo è diventata. Ha incontrato Sakura, ne è diventata la sensei, ha imparato a conoscerla, a volerle bene come allieva e ad amarla come una figlia.
La valutazione medica effettuata con uno sguardo termina insieme al melodico ticchettio: fratture multiple alle prime due vertebre cervicali, organi interni presumibilmente collassati.
L’analisi è interrotta, la sentenza è già fin troppo evidente. La vita non scorre più in Sakura.

Basta. Fermi tutti.

La freddezza di Tsunade è sciolta sotto lo scorrere di lacrime incandescenti, e le labbra si piegano, si contorcono in spasimi di dolore. Le invisibili sopracciglia bionde si corrucciano, gli occhi si stringono come a non voler vedere, cancellare l’incancellabile.
I suoni pian piano tornano a sfiorarle l’orecchio, i sentimenti il cuore. La stretta di Shizune intorno al suo braccio come a volerle donare un vano conforto. Hinata che si schianta al suolo, era già caduta da alcuni secondi, eppur quel secco rumore e la polvere che si solleva di conseguenza, Tsunade li può percepire solamente ora. Gli occhi le si sgranano, l’autocontrollo imposto per pochi attimi si dissolve sotto l’urlo di una madre distrutta, assassinata. È la stessa mamma che le dice che non è morta, che è ancora in tempo per salvare, per vedere il sorriso di Sakura ancora, ancora e ancora… É la stessa che le da la forza di gettarsi sui corpi dei due ragazzi, che la sgrida disperata dicendole che può aiutarli, strapparli alla morte come sempre è riuscita a fare, come sempre ha tentato di fare, come…

“Non ho mai salvato nessuno. Le persone che amavo le ho lasciate morire tra le mie mani. Senza poter far nulla.”

E si sente dannatamente in colpa.
Perché anche questa volta è arrivata troppo tardi quando l’orologio aveva già interrotto i battiti.
Ha paura che questa volta non bastino le lacrime, ed è stanca di questa continua, perpetua, sofferenza che non fa altro che ingigantirsi finché un giorno non la soffocherà completamente.
Il viso di Sakura è così freddo, impolverato.
E la stessa scena si ripete, Tsunade l’ha impressa nei ricordi, n’è assuefatta.

Nawari, Dan, Sakura…



“Signorina Tsunade.”
Dopo aver bussato incessantemente senza alcun cenno di risposta, Shizune si era decisa ad aprire ugualmente la porta con o senza il permesso della Godaime.
Tsunade sollevò lo sguardo nocciola stringendo con astio gli occhi. Detestava farsi veder piangere, era un momento in cui tutta la sua debolezza emergeva lampante.
“Ti avevo chiesto esplicitamente di non disturbarmi per alcun motivo, Shizune!” Sbraitò con forza asciugandosi con un gesto veloce del palmo le ultime ribelli.
“L-le chiedo scusa Madamigella Tsunade.” Mormorò mortificata notando lo stato in cui versava la maestra. Senza più la tecnica segreta a renderle l’aspetto di una ventenne, davanti a suoi occhi si presentava una debole anziana dai profondi solchi a segnarle il viso e dalle dita deboli e ossute intrecciate fra loro.
“Naruto si è appena risvegliato, sta bene, pensavo che sarebbe stata felice di andarlo a trovare.” Spiegò Shizune chinando leggermente il capo.
Tsunade si volse verso la finestra da cui entrava una brezza lieve ed estiva. Racchiuse le mani a pugno sotto il mento mordicchiandosi per un attimo il labbro inferiore. Un sottile bagliore le attraversò le iridi velate dalle lacrime.
“Sa, già?” Domandò scandendo con lentezza le parole.
“No, o meglio nessuno gli ha ancora detto nulla.” Rispose Shizune con una punta di tristezza.
Tsunade sospirò tornando a posare lo sguardo sulla giovane assistente.
“Ci saranno persone che Naruto avrà ben più a cuore di vedere, che una vecchia smidollata come me.” Disse terminando la frase con un piccolo quanto amaro sorriso. “Andrò più tardi da lui. Ora, per favore, lasciami sola.”
Shizune, dopo aver accennato un inchino, tornò alla porta. Lasciò cadere un’ultima volta lo sguardo sulla maestra ritrovandosi a stringere con foga la maniglia.
“Tsunade-sama se io potessi…”
“Lasciami sola.” Bisbigliò esausta. “Per favore.”



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Sbatté più volte le palpebre, frastornato, mentre i caldi raggi del sole che filtravano dalla finestra gli sfioravano il volto.
Ancora una volta si ritrovò in quella stanza immacolata d’ospedale. Il solo contrasto a quel bianco innaturale era dato dallo spicchio di cielo estivo che s’intravedeva dalla finestra, e dalla graziosa ragazza dai capelli scuri come la notte che riposava tranquilla accanto al suo capezzale.
“Hi-Hinata.” Mormorò con voce roca carezzando con delicatezza la chioma corvina.
La giovane si svegliò di soprassalto facendo stridere le gambe del piccolo sgabello su cui sedeva.
Guardò Naruto spalancando sempre più i candidi occhi. Dischiuse le labbra per prendersi un grosso respiro, quasi stesse lì per lì per morire di meraviglia e felicità.
Gli gettò le braccia al collo scoccandogli un morbido bacio sulla zazzera bionda.
“Oh Naruto, finalmente ti sei svegliato.” Gli stuzzicò un orecchio con quel lieve bisbiglio.
Il ragazzo si discostò con garbo da Hinata, portandosi la sola mano destra, poiché il braccio sinistro era stato completamente ingessato, al capo cercando di alleviare le fitte di dolore. Sotto le dita avvertì subito la ruvida fasciatura ben stretta intorno alla fronte.
Strinse gli occhi cerulei tirando in una smorfia di sofferenza le labbra.
“Naruto, tutto bene?” Gli chiese un’apprensiva Hinata sfiorandogli il viso con una dolce carezza.
“Che è successo?” Mormorò rauco sforzandosi di ricollegare tutti i piccoli particolari che pian piano gli riaffioravano alla mente.
Hinata sembrò sospirare di sollievo. In un certo senso trovava confortante che Naruto fosse ancora all’oscuro della triste notizia o che comunque non ricordasse gli ultimi avvenimenti. Ciò però significava che presto o tardi qualcuno avrebbe dovuto informarlo, e quel compito sentiva che non poteva spettare a nessun altro che a lei.
Hinata sorrise amaramente, mentre Naruto osservava il panorama fuori dalla finestra e le stringeva la mano per trovare conforto.
“Non lo so, Naruto.” Sussurrò adagiandosi sulla spalla del ragazzo.
Non aveva mentito Hinata. Lei davvero non sapeva come fossero precipitati nel letto in secca del fiume, come fosse potuta accadere una simile tragedia. Fremette lievemente al ricordo di quell’immagine straziante.

Naruto e Sakura gettati come bambole nella polvere, abbracciati l’uno all’altra. Era questa l’atroce visione che si era presentata davanti agli occhi spauriti di Hinata. Aveva raggiunto i due corpi correndo per poi inginocchiarsi di colpo, mentre le lacrime silenziose avevano preso a rigarle il viso. Con mano tremante aveva sentito il polso di entrambi, e mentre quello di Naruto seppur debole era presente, i battiti di Sakura si erano già fermati da tempo.
Hinata dovette bloccare il flusso dei suoi pensieri, troncare ogni sentimento sul nascere e così, d’impulso, costringersi a fare la cosa giusta: tornare sui suoi passi e correre, volare, ad avvertire Tsunade. Era certa che fosse la Godaime l’unica persona capace di salvare il suo Naruto e forse, anche Sakura; sì anche lei, perché Hinata ancora non riusciva a capacitarsi di come la morte avesse potuto strapparla così presto e ingiustamente alla vita. La speranza non abbandonò mai la ragazza, da quando senza distoglierli da quel commovente e ultimo abbraccio posò un delicato bacio sulla fronte di Naruto, fino a quando divorandosi le labbra per l’angoscia e conficcandosi le unghie nei palmi non raggiunse rapidissima il palazzo dell’Hokage.

Una volta guidata Tsunade e gli altri ninja medico sul posto, Hinata, sfiancata dalla corsa e distrutta da quel cuore che le batteva a mille nel petto, si lasciò crollare al suolo, mentre l’immagine di Naruto spariva lentamente dai suoi occhi tra polvere e ombre.

“Dov’è Sakura?”
Hinata si distolse bruscamente dai propri pensieri non appena udì la domanda di Naruto. Irrigidì il collo scostandosi le ciocche corvine dal viso.
“Hinata.” La richiamò debolmente aspettando una qualsiasi risposta.
La ragazza abbassò il capo, annientata. Come avrebbe potuto dirgli: mi dispiace, ma Sakura è volata in cielo, è tramontata. Come avrebbe potuto dirgli che la sua amica, una delle persone più care che aveva al mondo se n’era andata per sempre?

Strinse i pugni, mentre i gemiti di Naruto iniziarono a trapassarle le orecchie.

Un pianto liberatorio fatto di sussulti incontrollati e d’irrefrenabili lacrime invase l’asettica stanza. Non c’era più bisogno che dicesse nulla Hinata, il suo silenzio era bastato.

Da quando aveva riaperto gli occhi stupendosi della calda luce del sole, Naruto aveva già percepito la voragine, la mancanza che si era aperta nel suo cuore accanto a quella di Sasuke, solo che in quel momento non era riuscito a darle un nome.
Ora invece, mentre si piegava in avanti soffocando le urla con il bianchissimo lenzuolo e si stringeva il volto con l’unica mano valida, quel nome l’aveva trovato.
Sakura gli bruciava in petto, ogni suo singolo muscolo si stringeva intorno a quel viso, a quegli occhi, a quella voce che ormai erano ridotti a solo un ricordo. La tremenda consapevolezza che di Sakura non gli era rimasto null’altro.

Il calore di Hinata abbracciata a lui, che inutilmente gli mormorava parole di conforto, non lo percepiva nemmeno. C’era solo lui, il nome di Sakura urlato disperatamente, e la voglia di distruggere le fredde pareti di quella stanza.
Far crollare le barriere del mondo, riprendersi il suo tutto e stringerlo tra le mani per non lasciarlo mai più andar via.
“Non me ne faccio nulla della vita se non posso condividerla con loro.” Esalò immergendo il volto segnato dal pianto tra le lenzuola.

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Un lieve bussare alla porta costrinse Hinata a sollevare il volto dalla spalla di Naruto, il quale, nonostante il lungo lasso di tempo trascorso, rimaneva ancora scosso dai singhiozzi.
La porta si dischiuse lasciando intravedere la sagoma di una giovane infermiera.
“È permesso?” Chiese la signorina spezzando con il suo vociare allegro la triste atmosfera della camera.
Hinata abbassò il capo socchiudendo gli occhi. - Tanto sei già entrata! - pensò con fastidio.
“Salve.” Salutò cortesemente lasciando ricadere lo sguardo prima su Naruto e poi sulla corvina.
Hinata la osservò attentamente, c’era qualcosa di familiare in quel volto, era quasi certa di averla già vista.
Infatti, quegli occhi color magenta erano inconfondibili, era di certo la stessa donna che aveva incontrato domenica insieme a Naruto.

Dato che dopo alcuni secondi non ottenne alcuna risposta al saluto, la giovane continuò.
“Sono Touei Ashimura, l’infermiera che si occuperà personalmente di Naruto. Ora, vorrei chiederle gentilmente di lasciare la stanza. Devo rifargli le fasciature.” Sorrise impacciata indicando il piccolo kit-medico che teneva al fianco. “Potrà venire a trovarlo più tardi, durante l’orario di visita serale che va dalle sei fino alle otto.”
Hinata tornò a posare lo sguardo su Naruto che lentamente si era sollevato poggiandosi allo schienale del letto.
Il ragazzo guardò Hinata con gli occhi cerulei ancora lucidi e rossi di pianto.
“Hinata non preoccuparti, vai pure.” Mormorò con un filo di voce.
“Ma, Naruto, guarda che non ci sono problemi. Io…”
“Davvero, va bene così.” Disse piano. “Grazie Hinata.”
Gli regalò un piccolo bacio sull’angolo della bocca e dopo avergli carezzato il viso, si alzò per avviarsi alla porta.
Touei sorrise allegra al passaggio di Hinata e si avvicinò a Naruto che preferì voltarsi dalla parte opposta per osservare il panorama alla finestra.

“Bene, Naruto Uzumaki,” Sottolineò il nome pronunciandolo con brio. “cambiamo queste fasciature?”
Non ricevette risposta e iniziò ad armeggiare con garze e batuffoli di cotone imbevuti in acqua ossigenata.
“Sai noi ci siamo già incontrati, sei quel ragazzino che non trovava più la sua amica, giusto?” Continuò togliendo delicatamente le bende attorno alla fronte del ragazzo.
“Sì, e lei è la donna a cui sono andato a sbattere contro.” Replicò atono.
“Esatto,” Rise piano. “ma ho un nome, sai? Io mi chiamo Touei.” Cominciò a tamponare con cura la ferita che ancora non si era completamente rimarginata.
Naruto sollevò lo sguardo su di lei soffermandosi sui vivaci e attenti occhi magenta e sul viso ovale incorniciato da ciocche castane.
“È molto carina la tua fidanzata.” Sorrise aggiungendo dell’altro disinfettante.
Naruto strinse gli occhi infastidito dal bruciore. Nonostante Touei si sforzasse di instaurare una conversazione, lui non ne aveva alcuna intenzione, preferiva rimanere solo nel silenzio e nel suo dolore.
La giovane sembrò capire e continuò a medicarlo senza proferir parola.

“Stringe troppo così?” Gli chiese una volta terminato di applicare le bende pulite.
“Mhf” Bofonchiò di risposta tornando a posare lo sguardo celeste alla finestra.
Touei ritirò il materiale nel kit-medico e con lievi tocchi lisciò le pieghe della gonna blu da infermiera.
“Non dirò nulla, Naruto, riguardo a ciò che è successo, so che non varrebbe a niente un semplice mi dispiace. Ma sappi che comunque ti sono vicina e ti comprendo.” Disse piano con tono dolce posandogli una mano sulla spalla.
Naruto si voltò verso di lei lievemente sorpreso, poi distolse lo sguardo, mentre le lacrime iniziavano a pizzicargli nuovamente gli angoli degli occhi.
“Come fa a dire che mi comprende?” Ribatté con rabbia in un roco sussurro.
“Anch’io quando avevo all’incirca la tua età persi una persona a me molto cara, e per quanto le sofferenze non siano mai una uguale all’altra, un po’ posso capire cosa provi in questo momento.” Spiegò allungando sulle labbra un piccolo sorriso d’incoraggiamento.
Naruto non aggiunse nient’altro e Touei invece di uscire dalla stanza preso posto sulla sedia accanto al comò.


Il cielo estivo vibrava di un azzurro inteso e terso, screziato unicamente dai rari voli dei falchi. La montagna degli Hokage tagliava l’orizzonte ed era nascosta in parte dalle fronde rigogliose di peschi e ciliegi.
Era la stessa stanza in cui era stato ricoverato dopo lo scontro con Sasuke, e nulla era cambiato da allora in quel posto. Le stesse bianche pareti, lo stesso caldo sole estivo, mancavano unicamente i fiori di Sakura. Quei bellissimi amaranti e camelie non li avrebbe più portati nessuno.

Di nuovo il desiderio di distruggere le fredde pareti della camera raggiunse Naruto. La voglia di far cadere una a una le barriere del mondo e riprendersi il tutto, stringerlo fra le mani per non farselo mai più sfuggire.
Per quanto il ricordo più intenso era ora Sakura, quello di Sasuke emergeva ugualmente con forza. Come una striscia nel limpido cielo, le memorie dei due amici si fondevano in un unico colore. Spalancò gli occhi celesti, quasi potesse rivedere i volti di Sakura e Sasuke nel panorama estivo, mentre il pensiero continuo e soffocante di - avrei dovuto esserci io al loro posto - non gli dava pace.
Sakura, come quei petali di ciliegio a cui tanto somigliava, era volata lontano trasportata dal vento, Sasuke, invece, era precipitato nel baratro delle tenebre. Naruto, che restava fermo e tremante proprio nel mezzo, vedeva sempre più difficile il dividersi per salire in cielo da una parte e il cadere nella perdizione per raggiungere l’amico dall’altra. Quanto avrebbe desiderato poter prenderli entrambi per mano e riportarli con sé nel mezzo, ma la realtà spezzava le sue speranze come ali di passero.

“A cosa pensi?” La fresca voce di Touei lo riscosse bruscamente dai propri pensieri.
Asciugò veloce la lacrima solitaria che aveva preso a scorrergli lungo la guancia. “A perché resta.”
La giovane fletté la bocca, stranita.
“Ah dici a me? Ma dammi pure del tu, non essere così formale!” Esclamò sorridendo piano.
“Non ha altri pazienti di cui occuparsi?”
“A dir la verità oggi è il mio giorno libero.”
Stiracchiò le gambe in avanti per poi lasciarle dondolare alternate.
“Pensavo che un po’ di compagnia ti avrebbe fatto piacere, ma non preoccuparti, tolgo subito il disturbo.” Disse alzandosi di scatto per avviarsi alla porta.
Con la mano alzata era pronta a dargli l’ultimo saluto prima di uscire, ma si bloccò con il braccio a mezz’aria. Naruto in quel momento le dava le spalle, ma guardandolo nel riflesso della finestra le sembrava proprio di scorgere gli occhi del ragazzo lucidi di pianto. Le prese un groppo alla gola, e come ogni volta che vedeva una persona in difficoltà si lasciò commuovere. Iniziò così a parlare a vanvera nella speranza di strappargli un piccolo sorriso.
“Sono qui fuori nel corridoio, ok? Tu se hai bisogno di qualunque cosa basta che suoni la campanella che hai lì vicino e io arrivo subito! Sai al mio villaggio natale gli ospedali non ci sono manco, abbiamo solo dei capannoni improvvisati! Pensa che i feriti, poveretti, se gli serve qualcosa devono gridare - infermiera! - a squarciagola per farsi sentire da un capo all’altro. Qui alla foglia, invece, che fortuna, avete tutte le comodità!” Disse con animo mimando la scena.
Quando notò che Naruto non si era nemmeno voltato a guardarla, rise imbarazzata convinta di aver esagerato.
Uscì dalla stanza e mormorando un saluto richiuse la porta alle sue spalle.


“Che casinista.”

“Hu! Che spavento, non ti avevo visto!” Vociò Touei fermandosi appena in tempo prima di andarsi a scontrare con un anziano signore.
Il vecchio incanutito biascicò qualcosa d’incomprensibile e si strinse meglio nella candida mantella.
“Che ci fai già qui, scusa?” Gli chiese la giovane squadrandolo incuriosita.
“Non mi hai detto quando sarei potuto entrare, stupida.” Sibilò soffiando sui corti baffi.
“Di certo non adesso, l’orario delle visite è già terminato da un pezzo, se entrassi ora attireresti dei sospetti. Già il fatto che te ne vai in giro così per l’ospedale… ma scusami, non potevi startene tranquillo nascosto?” Sbuffò Touei seccata alzando lievemente il tono di voce.
L’anziano tacque trapassandola con lo sguardo.
“Sicuro che in questo villaggio debbano essere tutti scemi, non c’è altra spiegazione.” Continuò per nulla intimorita dall’occhiata minacciosa dell’altro. “Altrimenti non ti comporteresti certo in modo così avventato.”
“Anche tu sei piuttosto avventata per rivolgerti a me in questa maniera.” Sentenziò assottigliando le iridi di ghiaccio.
“Ah simpatico! Prima sgancia i soldi poi ti dirò quando potrai venire in tutta sicurezza.” Allungò sulle labbra un sorriso smaliziato porgendogli il palmo della mano aperto.
“Mi sembrava di esser stato abbastanza chiaro quando ti ho detto che non ti avrei pagata per il servizio.” Replicò inespressivo.
“Già, già, ricordo.” Ritrasse la mano richiudendola con lentezza. “Per lo meno non mi negherai di vedere il tuo vero volto, giusto?”
Con suo immenso stupore l’anziano acconsentì davvero alla sua richiesta, che in fin dei conti era stata detta poco seriamente, molto più per scherzo.
Calò il morbido cappuccio sul capo e nello stesso istante sciolse il ninjutsu che ne modificava le fattezze.
“Niente male!” Commentò allegra Touei congiungendo le mani al seno. Pochi attimi e di nuovo davanti a lei ricomparve il viso segnato dagli anni dell’attempato signore.
“Questa sera alle otto quando Hinata uscirà dalla stanza, fatti trovare già qui, siamo intensi?” Raccomandò sventolandogli l’indice alzato innanzi al volto.
L’anziano le diede le spalle avviandosi con passo lento e zoppicante verso le scale.
Touei osservò l’uomo discendere incerto gli scalini, poi portò le mani ai fianchi nella sua solita posa e si lasciò andare a un profondo sospiro.



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Hinata aprì delicatamente la porta della stanza di Naruto. Si affacciò appena dallo spiraglio osservando per alcuni attimi il viso voltato a tre quarti del ragazzo.
“Naruto.” Lo richiamò piano attirando la sua attenzione.
Il giovane inclinò di poco il capo lasciando comparire sulle labbra un timido sorriso.
“È appena andata via Tsunade per poco non vi siete incrociate.”
“Invece sono riuscita a incontrarla, mi ha detto che l’hai supplicata di farti dimettere, ma purtroppo dovrai aspettare fino a domani.”
Sicuramente Naruto si sarebbe sentito meglio nel suo amato monolocale, ma non si poteva ovviare alla prassi. Almeno quella notte avrebbe dovuto trascorrerla in ospedale.

Rimasero in silenzio. Naruto poggiato alla spalla di Hinata che intanto giocherellava con le ciocche dorate persa in chissà quali pensieri.

“Dovete aver parlato molto di Sakura, tu e Tsunade-sama.” Mormorò la ragazza interrompendo il silenzio. Alzò lo sguardo al bianco soffitto lasciando ricadere i lisci capelli corvini dietro le spalle.
“Già.” Biascicò Naruto distogliendo lo sguardo da Hinata, un leggero rossore andò a pitturargli le gote.
“Sakura è ovunque in questa stanza.” Sorrise candidamente socchiudendo tra le ciglia gli occhi di perla.
Naruto la osservò sorpreso, in seguito scosse piano la testa sospirando. Già, Sakura era ovunque, il suo ricordo aleggiava nell’aria come miriadi d’invisibili bollicine.

Hinata si alzò dal piccolo sgabello e sotto lo sguardo attento del ragazzo si avvicinò alla finestra. Rimase a osservare il panorama poggiando i gomiti sul davanzale e incorniciando il viso tra le dita affusolate.
“Ti dispiace se apro? Almeno entra un po’ di aria fresca.” Gli chiese voltandosi verso di lui per guardarlo negli occhi.
“No, anzi.”
Spalancò le ante lasciando che l’aria frizzante della sera s’intrufolasse in camera. Lo spettacolo del tramonto era meraviglioso e ora più che mai i bagliori rossi e rosati del sole coloravano con vivide tinte i volti e i capelli dei due giovani, riscaldando con delicate sfumature l’impersonale stanza.

Un bussare abbastanza concitato alla porta catturò immediatamente l’attenzione di entrambi. In breve il bel viso di Touei fece capolino.
“Sono terribilmente mortificata di dovervi disturbare, ma l’orario delle visite è terminato. Quindi la pregherei Madamigella Hinata…”
La ragazza recepì subito il messaggio e si affrettò a riprendersi la borsa poggiata ai piedi del letto. Si avvicinò a Naruto e sfiorandogli il volto con i lunghi capelli gli posò un casto bacio sulle labbra. Il giovane volle prolungare quella dolce unione immergendo le dita tra la chioma corvina di Hinata spingendola verso di lui.
Si sussurrarono brevi frasi in saluto, dopodiché la ragazza fu costretta a lasciare la stanza accompagnata da una sorridente Touei.
Appena fuori dalla porta Hinata dedicò una breve occhiata all’anziano signore che giaceva appisolato su una sedia nel corridoio, poi si affrettò lungo le scale salutando con un cenno l’infermiera.

“Vedi di muoverti.” Sibilò a denti stretti Touei al vecchio.
Il signore si alzò lentamente e con fatica mosse alcuni passi verso la camera di Naruto.



Naruto rimase incuriosito a osservare la porta aprirsi nuovamente. Touei aveva appena detto che l’orario per le visite era terminato, quindi non era possibile che qualche suo amico fosse venuto a trovarlo. Oltretutto avrebbe preferito rimanere finalmente da solo con i propri pensieri.
Sgranò gli occhi celesti quando la soglia fu varcata da una strana figura slanciata avvolta in una candida mantella, il cui cappuccio ne ricopriva quasi interamente il volto.
“Si può sapere chi sei?” Domando aspramente. Seguì con lo sguardo lo sconosciuto che senza degnarlo di risposta continuò ad avanzare, mentre i raggi del sole in tramonto tracciavano sulla sua veste singolari riflessi vermigli.
Si fermò ai piedi del letto voltandosi verso Naruto. Lunghi capelli neri gli incorniciavano il viso e un lieve ghigno, che forse avrebbe voluto essere un sorriso, si delineò sulle labbra sottili.
Naruto schiuse la bocca spalancando ancor più gli occhi cerulei. Incredulo di fronte alla persona che ora si stagliava di fronte a lui.
Lo vide posare le pallide mani sul cappuccio e con un’ elegante movenza svelarsi il volto.
Inclinò lievemente il capo posando dopo un’infinità di attimi lo sguardo intenso sull’amico.

Quegli occhi, Naruto, non avrebbe mai potuto dimenticarli. Semplicistico dire che sono neri.
Drammaticamente racchiudono la potenzialità inespressa di ogni colore.



“Sas’ke.”



















Angolino Autrice:

Sì, ecco, dichiaro solennemente che lo strazio, ehm volevo dire la storia, è finita. u_ù
Il finale è quello che è, per lo meno o per lo male sono rimasta fedele alla mia idea iniziale. Probabilmente è strano, come penso strana sia stata tutta la fan fiction, spero originale e che non vi abbia deluso più di tanto. Non è un lieto fine, ma non penso nemmeno tragico, anzi, secondo me non poteva finir meglio se non con il ritorno di Sasuke, da intendere come preferite in tutte le sue sfumature. Il finale aperto è fatto proprio per questo, per interpretarlo a proprio piacere.

Ho corretto tutti i capitoli precedenti, ma senza stravolgerli. Più che altro ho cercato di eliminare il più grosso: errori ortografici e frasi eccessivamente distorte.

Vorrei ringraziare con tutto il cuore i lettori, coloro che hanno inserito la storia tra i preferiti, le seguite e ricordate, e i recensori: Vaius, Ainsel, Missredlights, wari e Lisely91.
Un ringraziamento particolare va assolutamente a wari e a Vaius:

Vaius
, perché hai seguito la mia storia fin dall’inizio commentando ogni capitolo. Apprezzo lo sforzo xD, ma soprattutto ti ringrazio per l’enorme e stupendo sostegno che hai saputo darmi, invogliandomi a continuare! ^-^


wari
, perché le tue recensioni mi sono state utilissime, e in modo molto sincero e gentile hai saputo dirmi dove sbagliavo e in che modo poter migliorarmi. Grazie a te ho cercato davvero di rendere più bella e corretta questa storia. Quindi, un enorme grazie per il tempo che hai speso tu stessa per aiutarmi e per il tuo grandioso supporto.




Il titolo di questo capitolo è tratto dal nome dell'album della band giapponese Envy.














  
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