Capitolo 2: Imprigionato
Nonostante
fossi morto, mi trovavo ancora lì, in mezzo alle persone che mi erano più care.
Come
la maggior parte delle persone, non sapevo cosa accadeva dopo la morte, ma
sapevo che qualcosa non andava. Mi sentivo in trappola, prigioniero, fuori
posto, come se non dovessi trovarmi lì.
Era
passata ormai una settimana dal mio funerale e a me sembrava passato solo un
minuto. Non avevo fame, non avevo sete, né alcuna necessità umana. Sentivo solo
il bisogno di sentirmi libero.
Andavo
spesso in giro per le vie di Konoha, ma di tanto
intanto, mi ritrovavo sempre allo stesso punto, davanti alla mia lapide.
I
cimiteri non mi erano mai piaciuti e invece ora mi ritrovavo costantemente in
quel luogo contro la mia volontà. Forse ero in qualche modo ancora legato al
mio corpo. Eppure non capivo.
Non
avevo alcun rimpianto, nessuna faccenda da concludere, quindi tecnicamente non
vi era niente che mi potesse trattenere in quel mondo.
Pensai
a lungo a una spiegazione plausibile, ma mi venne in mente una spiegazione solo
quando vidi Tsunade fare visita alla mia tomba e
quella di Jiraya.
Nonostante
non fossi nelle vicinanze della mia lapide, sentii quello che disse e la sua
profonda tristezza.
Essa
parlava con entrambi e diceva quanto le mancassimo, ma comunque al di là di
quando era successo, avrebbe mantenuto vivo il nostro ricordo e i nostri credo
ninja.
Fu
in quel momento che ebbi un’idea.
Se
ero ancora prigioniero in quel mondo, era per causa di qualche persona che amavo,
che non aveva intenzione di lasciarmi andare.
Feci
visita uno alla volta ai miei amici e tutti sembravano andare avanti con le
loro vite, come era giusto che fosse.
Mi
mancavano solo Kakashi, Sakura e Sasuke.
Andai
dal mio compagno ritrovato. Grazie alla mia richiesta non era stato
imprigionato e lasciato tornare al villaggio e ora viveva nuovamente nella sua
vecchia casa nel quartiere Uchiha.
Lo
vidi seduto a terra nella sua stanza con il volto rivolto al giardino. Il suo
sguardo era piuttosto assente e pensieroso.
Mi
accorsi poco dopo di un’altra presenza in casa.
In
piedi davanti a lui si trovava Kakashi, il quale
provava a conversare con Sasuke.
“Grazie
a Naruto, hai avuto la grazia di non essere
imprigionato e di rifarti una nuova vita. Dovresti uscire, ti farebbe bene!”
disse.
Sasuke
lo guardò seccato “Non voglio uscire da qui. Non voglio vedere gli sguardi
accusatori degli altri!”
“Nessuno
ti accusa di quanto successo. Lui poteva difendersi dal tuo colpo, ma non ha
voluto. Nessuno ti giudica per questo!” sospirò “È stato l’ultimo desiderio di Naruto quello che non ti venisse data la colpa per la sua
morte e per quanto sia stato difficile, soprattutto per i suoi amici, stiamo
cercando di esaudire al meglio possibile questo suo desiderio. Dovresti contribuire
anche tu, facendoti una nuova vita, è quello che lui vorrebbe!”
Kakashi
aveva riferito agli abitanti del villaggio il mio volere, cioè che Sasuke tornasse a vivere a Konoha
come suo abitante, senza che venisse giudicato male per quanto successo.
Infondo
era quello che sentivo. Io non attribuivo nessuna colpa a Sasuke
della mia fine. Ero felice di come erano andate le cose. Sasuke
era salvo, si era pentito delle cattiverie fatte. Morire era un sacrificio che
ero stato disposto a fare, purchè esso non si
perdesse ulteriormente in quel baratro in cui era caduto.
“Come
potete non accusarmi?” urlò Sasuke, alzandosi di
scatto in piedi “Indipendentemente da quello che dite, sono un assassino. Ho
ucciso io Naruto. Non mi importa che lui abbia deciso
di non difendersi e di morire. Io l’ho colpito a morte. Era quello che volevo,
ma solo ora capisco quanto sia stato uno stupido in tutti questi anni. Naruto non doveva sacrificarsi per uno come me, non lo
merito!” disse e quelle parole mi fecero arrabbiare, stava vanificando il mio
sacrificio. Avrei voluto colpirlo, ma sapevo che non avrei potuto e
involontariamente diedi un colpo alla scrivania accanto a me, facendo cadere il
bicchiere d’acqua che era sopra appoggiato.
Rimasi
stupito di quanto avessi fatto. Non pensavo di poter interagire col mondo
circostante.
I
miei amici si girarono stupiti, ma li vidi non dare troppo peso alla cosa.
Kakashi
si avvicinò a Sasuke e fece quello che avrei voluto
fare io, gli diede uno schiaffo.
Sasuke
rimase col volto piegato verso destra per qualche secondo.
“Non
ti permetterò di parlare in questo modo e di rendere la morte di Naruto un sacrificio vano!” disse Kakashi
arrabbiato. “Ora smetti di piangerti addosso, esci e se ti senti in colpa vai a
trovare Naruto. Sono convinto che lui possa vederti e
che sarà felice di una tua visita, al contrario lo renderai triste e arrabbiato
se continua a vederti qui a deprimerti. È questo che vuoi?”
A
volte mi sorprendevo di quanto Kakashi-sensei mi
conoscesse bene.
In
un batter d’occhio mi trovai in un altro luogo. Era vuoto e la persona che
cercavo non era li presente. Provai a recarmi all’ospedale, ma niente nemmeno
lì. Sembrava essere scomparsa nel nulla e non sapevo dove altro recarmi per
trovare Sakura.
Poi
sentii la sua voce. Era debole e lontana ed era tremendamente triste. Sentii il
mio cuore stringersi a quella tristezza. Mi concentrai sulla voce e mi ritrovai
in un luogo a me conosciuto e non mi piacque quello che vidi.
Nel
mio appartamento, seduta sul mio letto con il mio copri fronte stretto al
petto, vi era Sakura che piangeva disperatamente e che sussurrava il mio nome.
Si domandava il perché le cose fossero andate in quel modo e perché avessi
compiuto un tale gesto.
Avrei
voluto rincuorarla e dirle che ero lì. Ma non mi avrebbe sentito. Provai a
muovere qualcosa, come era successo a casa di Sasuke,
ma non ci riuscii. Forse da una parte era meglio così, l’avrei terrorizzata ed
era l’ultima cosa che volevo.
Sospirando
e, abbassando la testa, scomparii.
Eccomi
di nuovo lì, seduto su una lapide che si trovava davanti alla mia, a fissare la
mia foto. Ero sorridente in quell’immagine. Ricordo ancora quando era stata
scattata. Era il giorno del mio diciassettesimo compleanno, che era avvenuto
tre mesi prima. Era la prima volta che lo festeggiavo e i miei amici mi avevano
preparato una gran bella festa a sorpresa.
Poche
volte mi ero sentito felice come quel giorno. Per la prima volta da quando era
successo il fattaccio, cominciai a sentire un po’ di tristezza per essere
caduto in battaglia. Avrei tanto voluto che ci fossero stati altri compleanni, diventare
un uomo e provare a sapere cosa significa diventare genitori, ma nonostante
tutto non mi pentii di quanto avevo fatto.
Era
ormai il tramonto e il cielo era tinto di un bel rosso e guardandolo
improvvisamente mi ritrovai a piangere.
Avevo
capito il perché mi trovavo in quel mondo. Sasuke con
il suo senso di colpa e Sakura con il suo piangere, chiamarmi e non accettare
la mia morte, mi tenevano in quel mondo a loro insaputa.
Sentii
dei passi avvicinarsi e alzando lo sguardo, lo vidi.
Vidi
Sasuke a pochi metri di distanza. Fermo, incapace di
fare un altro passo verso di me…o di quel che ne
rimaneva.
Lo
vidi titubante, come se non avesse il coraggio di avvicinarsi.
Mi
sentii nuovamente arrabbiato con lui e provai a spingerlo. Gli passai
attraverso e rassegnato tornai a sedermi, aspettando nemmeno io so che cosa.
Non
potevo fare niente, solo attendere. Attendere che Sasuke
e Sakura si dimenticassero di me, per poter procedere oltre.
Conoscendoli
ci avrebbero messo parecchi anni, se non tutta la vita. L’attesa si prospettava
alquanto lunga. E per l’ennesima volta sospirai pesantemente.
Con
la coda dell’occhio vidi Sasuke irrigidirsi e
guardarsi intorno.
Forse
il mio sospiro era stato in qualche modo captato.
Finalmente
lo vidi raggiungere la mia lapide e lo vidi inginocchiarsi e fissarla.
Non
disse niente, continuava a guardarla, tanto che mi sentivo osservato,
nonostante io fossi dietro di lui.
Lo
vidi stringere i pugni a terra con violenza, strappando con rabbia l’erba e
quell’atteggiamento mi rattristo nuovamente e nuove lacrime scesero dal mio
volto. Non riuscii a trattenere un singhiozzo, ma mi sentii sollevato dal fatto
che Sasuke non fosse in grado di vedermi.
Sentii
nuovamente il mio nome e alzai la testa.
Sasuke
era nuovamente in piedi e accarezzava la pietra fredda della mia tomba. Non
disse una parola, non che me lo aspettassi, ma nemmeno un misero ciao prima di
andare via.
Lo
vidi andarsene proprio come era tornato e sapevo che la sua destinazione era
nuovamente la sua camera. Le parole di Kakashi non
erano servite a niente e altre lacrime continuavano a scendere dai miei occhi.
Non
capivo cosa stesse succedendo. Poche volte in vita mi ero messo a piangere,
mentre ora da morto mi ritrovavo a versare lacrime a ogni sentimento negativo
che avvertivo e purtroppo avvertivo quella dei miei amici, andando ad aggravare
la mia situazione.
Passò
un’altra settimana e cominciavo a sentirmi alquanto nervoso
per
quella prigionia.
I
miei amici venivano spesso a farmi visita. Shikamaru
mi insultava per il mio comportamento avventato e proprio come faceva sulla
tomba di Asuma, si metteva a fumare una sigaretta.
Sapevo che quello era una un istinto che gli veniva quando era nervoso. Speravo
vivamente che non mi raggiungesse presto a causa di tutto il fumo che immetteva
nei polmoni.
Hinata
veniva a bagnare la mia tomba e a riempire il mio vaso di fiori, senza mai
battere però Sakura.
Mi
dispiaceva per lei, non le avevo nemmeno detto grazie per avermi aiutato nello
scontro con Pain, ma sembrava affrontare abbastanza
bene la mia scomparsa e di questo ne fui sollevato.
Kakashi
invece veniva e per un tempo che interminabile rimaneva in silenzio a fissare
la mia foto, dopo di chè iniziava a parlarmi e a
riferirmi di essere preoccupato per Sasuke e Sakura e
di come le cose potessero andare tra di loro.
Non
capii a cosa si riferisse, finchè non vidi Sakura
inginocchiata alla mia tomba e Sasuke raggiungerla
dopo qualche minuto.
La
mia compagna appena vide Sasuke avvicinarsi, si alzò
di scatto pronta ad andarsene, ma il venne fermata per un braccio.
“Sakura,
aspetta!” disse Sasuke, il quale venne fulminato da
uno sguardo della mia compagna.
“Non
toccarmi! Non ti osare! Non dovresti essere nemmeno qui! Con che coraggio ti
presenti davanti alla tomba di Naruto, dopo che tu lo
hai ucciso!” disse accusandolo pesantemente.
Sussultai
a quelle parole, sentivo tutto il suo rancore, che mi agitavano come non mai.
Sasuke
abbassò la testa “Lo so, non dovrei essere qui. Probabilmente lui non vuole
nemmeno vedermi, ma sento la necessità di venire qui a trovarlo!”
“Io
invece sento la necessità di ucciderti con le mie mani! Ti odio, se avessi
immaginato cosa avrebbe comportato farti tornare a Konoha,
avrei preferito lasciarti marcire nella tua vendetta. Hai rovinato la mia vita,
quelle di molte persone e soprattutto quella di Naruto
e quel che è peggio e che non sei nemmeno stato punito. Puoi liberamente
scorazzare per il villaggio come se niente fosse!”
“è
stato un desiderio di Naruto, io non centro su
questo!” le ricordò Sasuke.
Infatti
era quello che volevo, che Sasuke non venisse gettato
in un lurido carcere e la sua vita non potesse cambiare. A mio parere quel
ragazzo poteva fare grandi cose se solo gli fosse concesso la possibilità.
Era
vero che doveva pagare per i suoi errori, ma per come la vedevo io, il suo
senso di colpa sarebbe bastato a punirlo e ora si ci metteva anche l’odio di
Sakura, l’unica ragazza che lo aveva amato davvero.
Sakura
continuò a insultarlo e a dirgli quanto sarebbe stato meglio che non fosse tornato
al villaggio o che al mio posto ci fosse stato lui. Diceva tutto questo tirando
in ballo me, una parola si e due no e questo non mi piaceva.
Era
stato un mio volere far tornare Sasuke a casa e al di
là della promessa era quello che volevo e non capivo perché questa cosa dovesse
pesare così tanto su Sasuke e su di me.
Cercai
di calmare Sakura facendole sentire la mia presenza, mettendole una mano sulla
spalla, ma non mi percepii. Con gli altri aveva funzionato, ma lei era troppo
concentrata a esprimere il suo disgusto verso Sasuke
e fu allora che capii la vera motivazione della mia presenza sulla terra.
Era
l’odio, l’odio che Sakura provava nei confronti di Sasuke
per avermi ucciso.
Avevo
un conto in sospeso, far sì che tutti, Sakura compresa accettassero il mio
ultimo desiderio.