Capitolo 3: Presenze
Pov Sasuke
Sakura
aveva ragione ad odiarmi e non potevo di certo dargli torto.
Ma
il suo odio nei miei confronti era secondo a quello che provavo io verso il
sottoscritto. Non riuscivo a perdonarmi per quanto avessi fatto e per quanto
potessi lavarmi, continuavo a sentire il sangue di Naruto
scorrere sulle mie mani.
Nemmeno
le innumerevoli docce che mi facevo ogni giorno, riuscivano a lavarmi via quella
sensazione di sporco che mi sentivo addosso.
Sbattei
un pugno sulla parete del bagno, appoggiandovi poi la testa, mentre l’acqua
calda, mi scorreva addosso nel tentativo di purificarmi. Non vi era momento in cui non pensassi a lui.
Era
stato solo uno stupido. La scelta di
andarmene dal villaggio era stata mia,
la decisione di diventare un criminale era mia, la volontà di vendicarmi di mio
fratello e successivamente di Konoha era mia e infine
la sua morte era qualcosa che io avevo desiderato a lungo.
Come
aveva potuto pagare lui per tutti gli errori che avevo commesso? Non riuscivo
ad accettarlo. Mi sentii un idiota a provare quei sentimenti, infondo per anni
avevo desiderato di vedere il mio compagno morire trafitto dalla mia spada. La
sensazione che provavo allora al solo pensiero, mi procurava un senso di
soddisfazione, completamente di verso da quello che provavo ora.
Colpa,
ribrezzo, vergogna.
Non
mi sarei mai aspettato di sentirmi così, non dopo aver posto fine alla vita di
molte altre persone.
Mi
sentivo a pezzi, il mio cuore era in frantumi e non riuscivo a desiderare
altro, che di trovarmi al suo posto, ma Naruto aveva
impedito che ciò avvenisse perché a me ci teneva e io avevo ricambiato il suo
amore con odio. Non mi ero mai reso conto di avere dei amici che tenessero così
tanto a me, proprio come non mi ero mai accorto di quello che Itachi aveva fatto perché io potessi continuare a vivere in
un paese dove la tranquillità regnava, perché lui aveva fatto in modo di
impedire che un colpo di stato per mano degli Uchiha,
comportasse una nuova guerra a Konoha.
La
mia vita era stata un continuo errore e sapevo che mai avrei potuto porre
rimedio alle cattiverie commesse. Mi avrebbero perseguitato per tutta la vita,
ma Itachi, attraverso Naruto
e Naruto stesso, erano riusciti a liberarmi da quel circolo vizioso, che era
la vendetta, in cui ero caduto, impedendomi così di farmi ulteriormente del
male. Itachi comparendomi durante l’ultimo scontro
con quel dobe, Naruto
facendosi uccidere per evitare che fosse lui a uccidere me.
Avrei
dovuto ringraziarlo per avermi concesso una seconda possibilità, ma non
riuscivo.
Ce
l’avevo con lui, perché io non meritavo di vivere al contrario di lui. Era lui
che era disposto ad aiutare tutti, lui che si faceva in quattro per vederti
sorridere, lui che era in grado di trasformare le persone ed era sempre lui che
lottava per un mondo migliore.
Il
mondo aveva bisogno di una persona come Naruto,
invece faceva a meno di un altro assassino come me.
Da
quando era morto non facevo altro che andare alla sua tomba, per insultarlo e
domandargli il perché avesse compiuto quella stupidaggine, e tornare a casa a
deprimermi, domandandomi che senso avesse la mia vita.
Non
pensai nemmeno di riscattarmi e di farmi perdonare. Per come la pensavo non
meritavo il perdono di nessuno, né nessuno me lo avrebbe concesso. Avrei
marcito ai confini del villaggio di Konoha finchè anche io avrei cessato di vivere.
Le
parole di Kakashi e di Tsunade
di lottare mi entravano e uscivano dalle orecchie. Non volevo saperne di quello
che avevano da dire e non mi importava tornare a fare il ninja di un paese che
per anni avevo progettato di distruggere. Non ne ero degno e mai più lo sarei
stato.
Mi
addormentavo con questi pensieri e ogni notte facevo sempre lo stesso sogno.
Sognavo quel dobe e lo vedevo come mai lo avevo
visto. Deluso, amareggiato, triste, con lacrime che gli rigavano il volto e la
cosa più strana era la presenza di catene intorno al suo corpo.
Dopo
quel sogno, che mi svegliava tutte le mattine in un bagno di sudore per le
spiacevoli sensazioni che mi dava, sentivo il bisogno di andare al cimitero da Naruto per chiedergli scusa.
Ero
convinto che quel sogno era sinonimo della tristezza che Naruto
provava ovunque si trovasse ed era colpa mia se era in quello stato. Ma più
passavano i giorni, più i sogni continuavano ad andare avanti a volte
diventavano più tremendi tanto da farmi temere la mia stessa ombra nelle notti
più buie. Le mie scuse e le mie visite non portarono a niente, il sogno non
scompariva e cominciai a convincermi che fosse il mio senso di colpa a
mostrarmi un Naruto in quelle condizioni. Cercai di
convincermi che esso fosse in un posto magnifico e felice, insieme al suo
maestro e ai suoi genitori, che aveva finalmente potuto abbracciare, ma quando
quel pensiero mi colpiva la mente, accadeva sempre qualcosa di strano. Sentivo
sempre un respiro affannato, a volte alitarmi sul collo.
Era
solo una mia sensazione, continuavo a dirmi, ma un giorno un evento
inspiegabile si verificò.
La
porta a scorrimento della mia stanza si aprì da sola.
Mi
alzai di scatto con un kunai alla mano, pronto a
scoprire quale intruso si nascondesse a casa mia. Inizialmente non trovai
niente e pensai che chiunque fosse stato ad aprire la porta, se ne fosse
andato, ma sentii dei rumori in lontananza e correndo mi precipitai in cucina,
dove appena entrato vidi vari oggetti per terra sparsi qua e là.
“Chi
c’è?” urlai “Se ne hai il coraggio fatti vedere!”
Ero
convinto fosse qualcuno che voleva farmi pagare le mie azioni, prima con
piccoli avvertimenti, successivamente con metodi più drastici.
Improvvisamente
vidi alcuni degli oggetti cominciare a volare per la stanza da solk. Pensai a dei fili di chakra
invisibili o a un’illusione creata da qualcuno, ma attivando lo sharingan mi accorsi che nessuna delle due ipotesi era
veritiera.
Non
c’era nessun tipo di chakra nelle vicinanze, ma
qualcosa di insolito colpì i miei occhi.
Un’aura
debole di colore bianco trasparente, si trovava lì davanti a me. Non aveva una
forma precisa e non sembrava muoversi, ma capii che era opera sua quanto stava
accadendo.
Capii
che si trattava di una persona, ma nessun uomo poteva non avere in corpo
nemmeno una goccia di chakra. La soluzione mi venne
subito in mente e bisbigliando, con i cuore in gola, dissi “Naruto!”
Pov Sakura
Era
passata poco più di una settimana e Naruto continuava
a mancarmi immensamente.
Ricordo
che inizialmente lo trovavo un ragazzo insopportabile, poi poco alla volta,
capii quanto importante fosse per me. Era un amico vero e sincero che avrebbe
fatto di tutto pur di farmi felice.
Non
riuscivo a farmi una ragione della sua morte e speravo di vedere quella sua
testa bionda e il suo sorriso spuntare fuori da qualche parte a Konoha, ma non accadde mai. Lui era sempre li, sotto quella
massa di terra che costituiva la sua nuova casa.
Avrei
tanto voluto che quello che stavo vivendo fosse solo un orribile incubo, il
quale, una volta finito, avrebbe lasciato posto alla realtà, una realtà dove Naruto era ancora vivo e mi assillava con le sue
sciocchezze e i suoi inviti a mangiare ramen.
Lo
“odiavo” per essersi fatto uccidere, ma odiavo ancora di più Sasuke. Per me non era più niente, solo un essere immondo,
uno spietato assassino impunito per le sue malefatte.
Cercavo
di non pensare a lui, ma appena il volto di Naruto
compariva nei miei pensieri, quella di Sasuke la
ricopriva, facendomi salire una tale rabbia, che mi faceva lanciare all’aria qualsiasi cosa mi
capitasse a mano.
Non
uscivo più di casa, se non per andare a portare dei fiori a Naruto.
In qualche modo volevo parlare con lui, sfogarmi e ricevere consigli, perché
ovunque esso fosse, sapevo che poteva sentirmi, ma alle mie orecchie non giunse
mai alcuna sua risposta.
Tornare
al lavoro non ci pensavo neanche, nonostante le richieste di Tsunade.
Sapeva
che avevo bisogno ancora di tempo per elaborare il lutto, ma allo stesso tempo
mi spronava a tornare in pista, per aiutarmi a continuare la mia vita e a non
lasciarmi cadere nel baratro dei ricordi che mi facevano stare male.
Era
passata solo mezza giornata dall’ultimo mio rifiuto e dopo essermi chiusa in
camera e aver fissato il soffitto per diverso tempo, mi misi seduta sul letto a
guardare fuori dalla finestra. Era sera e la luna piena splendeva in un cielo
ricoperto di stelle.
Era
uno spettacolo bellissimo, ma non riuscivo a godermelo, pensavo che Naruto non avrebbe più potuto vedere un cielo così
splendido.
Abbassai
la testa e notai che la luce della luna si rifletteva su un oggetto.
Era
la foto del mio team, quella che scattammo all’età di 12 anni.
Quante
volte l’avevo osservato, versando fiumi di lacrime e anche in quel momento
quelle gocce salate, cadevano sul vetro della foto.
Per
un motivo o per un altro, quell’immagine che avrebbe dovuto essere un bel
ricordo, portava solo dolore e in quel frangente la causa del dolore che mi
attanagliava il cuore, era raffigurato accanto a Naruto.
Aprii
il cassetto e presi delle forbici e aprendo la cornice, estrassi la foto per
tagliare via Sasuke. Aveva voluto distruggere il
nostro team andandosene e l’aveva disintegrato completamente tornando e
uccidendo Naruto. Non meritava di essere raffigurato
in quella foto. Non mi importava se rimaneva un vuoto, per me Sasuke era morto, proprio come Naruto,
ma a differenza di quest’ultimo, non mi sarebbe mancato.
Presi
un piattino che era sulla mia scrivania e togliendo le cianfrusaglie che vi
erano all’interno, vi misi la foto di Sasuke e con un
accendino gli diedi fuoco.
Appena
l’angolo si infiammò, un forte vento si alzò e spense il fuoco. Mi girai per
chiudere la finestra, quando mi accorsi che era chiusa. In effetti io non
l’avevo precedentemente aperta.
Ebbi
una brutta sensazione in quel momento. Un brivido di freddo percorse la mia
schiena e mi sentii osservata, ma non vedevo nessuno. La mia stanza era come
sempre tranquilla e quindi provai a convincermi che quel vento gelido che mi
aveva fatto venire i brividi fosse uno scherzo della mia mente, dovuto alla stanchezza
a al dolore della perdita del mio amico.
Questo
pensiero però non durò a lungo, perché sentii un vetro rompersi lentamente
senza che nessuno lo toccasse. Era il vetro della foto del team, che si stava
crepando all’altezza di Naruto. Successivamente essa
cadde e assistendo di nuovo qualcosa di strano nella stanza, urlai.
Pov Tsunade
Ero
stata chiamata d’urgenza dalla famiglia Haruno.
La
madre mi spiegò di aver trovato Sakura in stato di shock , rannicchiata in un
angolo della sua camera.
La
visitai. Vidi il pallore sul suo volto e sentii le forti pulsazioni del polso.
Qualsiasi cosa fosse accaduta, doveva averla spaventata molto. Le domandai cosa
fosse successo e dopo pochi minuti di silenzio, mi raccontò quanto accaduto.
Non
sapevo a cosa credere, ma vedendo il caos che era presente in quella stanza,
capii che qualcosa di sovrannaturale era accaduto.
Sakura
non si sarebbe fatta sorprendere o spaventare così tanto da qualcosa di umano.
Era una ragazza determinata e coraggiosa e per quanto ora fosse amareggiata e
confusa, non si sarebbe lasciare sopraffare da un attacco nemico.
Mi
disse di aver sentito una presenza, un vento gelido che le aveva attraversato
il corpo e aveva sentito anche il tocco di qualcosa o qualcuno, finchè vari oggetti, cominciando a muoversi, avevano
cercato ripetutamente di colpirla. Poi tutto a un tratto, la calma tornò a
regnare nella stanza, lasciando però il devasto.
Le medicai un taglio
che aveva alla testa, per fortuna era poco profondo, ma la cosa assurda fu il
fatto che niente l’aveva minimamente sfiorata.
“è
un fantasma” continuava a ripetermi Sakura, nonostante faticasse a credere a
quanto dicesse, in quanto scettica che certe cose potessero esistere, ma era
l’unica spiegazione che potesse darsi.
Non riusciva a spiegarsi chi potesse essere,
né perché le facesse questo. L’unica persona morta di recente era Naruto, ma oltre al fatto che non riuscivamo a capire il
perché per manifestarsi ci avesse impiegato così tanto, esso non era mai stato
capace di far del male alle persone che non conosceva, figuriamoci a una
persona che amava.
Mentre
cercavo di calmare Sakura, notai un piattino con la foto di Sasuke,
in parte bruciata, per terra. Il mio sguardo si fissò su di esso cercando di
formulare qualche sorta di pensiero, quando Sakura mi disse “Volevo bruciare la
foto di Sasuke. Voglio cancellarlo dalla mia vita,
non voglio più vederlo, io…io lo detesto, non posso
perdonarlo!”
Non
dissi niente a quelle parole, in parte me lo aspettavo, ma non potevo immaginarmi quello che avrei
visto dopo. Sentii dei passi pesanti avvicinarsi, come se la persona che stava
camminando fosse ferita. Avevo lo sguardo a terra quando vidi due piedi
affiancarsi a me, con delle gocce di sangue che colavano e macchiavano il
pavimento. Ebbi un brivido lungo la schiena, sentivo che c’era qualcosa e per
istinto alzai lentamente gli occhi.
Non
vidi niente e i piedi apparsi qualche momento prima scomparvero. Qualcosa o
qualcuno c’era e ci stava osservando.