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Autore: Graine    30/03/2011    2 recensioni
I capitoli di questa storia - scritti secondo i canoni delle flashfic - sono praticamente delle visioni oniriche. La protagonista compie un percorso iniziatico, un viaggio all'interno di se stessa, della propria psiche. Qual è lo scopo? Cosa troverà? Quali saranno le risposte? E soprattutto, quali sono le domande?
Tra deserti, labirinti e sotterranei e con la compagnia di una leonessa, vera guida di questo viaggio, spero questa introduzione vi stuzzichi abbastanza da voler fare due passi insieme a lei.
Genere: Introspettivo, Mistero, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3
Dedalo
 

 
 

Palermo, 23 marzo 2011 ore 19:45

 
 
Passo dopo passo, ancora. Lentamente.
Le impronte lasciate sulla sabbia dorata.
Silenzio tra le dune.
Il sole basso all'orizzonte e quelle dune che, ora, sembrano un deserto di fuoco.
Alzo gli occhi al cielo e fisso nella mia mente quel colore così particolare, quel blu screziato di rosso e di viola nella luce del tramonto. E il sole che brucia anche al crepuscolo.
La leonessa è accanto a me, seduta in silenzio, e mi aspetta.
Si guarda in giro, lei, sempre allerta, e la sua coda mi sfiora distrattamente la gamba.
Poi un suono basso, mi chiama.
Abbasso finalmente lo sguardo e lo vedo, il dedalo.
Un labirinto con alte mura di sabbia che si snodano serpentine, di fronte a me.
È apparso dal nulla, ne sono sicura: prima non c'era.
Un altro suono, la leonessa mi chiama di nuovo. Mi piego sulle ginocchia e le passo una mano sul pelo morbido, senza staccare gli occhi dal dedalo, e lei mi strofina il muso sul viso e poi sul collo, prima di chiamarmi ancora. È lì che dobbiamo andare.
Nel silenzio ancora un passo, e un altro e un altro ancora. C'è solo silenzio. E poi un suono, come il gocciolare leggero dell'acqua.
Viene dal dedalo.
Acqua, in quel labirinto dalle mura di sabbia.
Acqua per terra, acqua che cola qua e là dalle pareti.
Una scia d'acqua che mi bagna i piedi, su quel pavimento di sabbia duro come pietra. E ancora quel suono: acqua che cade, goccia dopo goccia, in quel dedalo di sabbia apparso dal nulla, in un deserto di fuoco nella luce bruciante del tramonto. Acqua che cade su quel pavimento dorato con un picchiettio costante - insistente, assillante, penetrane.
Quasi ipnotico e molesto. Sa essere assordante, in quel silenzio.
Ancora un passo – i piedi bagnati da quell'acqua che scorre – ed entro nel dedalo.
Il cielo blu screziato di rosso e viola sopra di me, le pareti di sabbia che si snodano davanti a me, curva dopo curva.
Procedo dritto, poi volto a destra, ancora dritto. Ora a sinistra. No, la leonessa mi chiama, è la parte sbagliata. La seguo mentre mi affianca e svolta di nuovo  destra. Adesso a sinistra. Lei sa dove andare.
E io mi guardo intorno - rivoli d'acqua che colano dalle pareti di sabbia del dedalo, le impronte che io e la leonessa lasciamo su quel pavimento dorato, duro come pietra.
La leonessa si ferma di colpo, mi chiama di nuovo e mi sfiora il fianco con la coda. Fisso i suo occhi gialli per un momento e lei ruggisce piano. C'è apprensione, nel suo sguardo. Mi sta dicendo di stare attenta, di non commettere errori.
Quanti errori si possono commettere, cercando se stessi?
Quante prove bisogna superare, prima di trovarsi?
E dopo? Le prove saranno differenti, dopo essere stati iniziati?
Apprensione e ammonimento in quegli occhi gialli, in quello sguardo che ha saputo spogliarmi di quei veli che non erano fatti di stoffa.
Mi volto a fissare il punto davanti a cui la mia compagna si è fermata: è una porta, fatta di legno scuro e con una fascia d’ottone che l'attraversa in orizzontale, al centro. Mi avvicino e ne traccio il contorno con le dita, fino ad arrivare a una serratura dorata che m'invita ad aprirla. Mi volto di nuovo verso la leonessa, la mia tacita domanda in volto. Lei solleva il collo e solo adesso noto un luccichio dorato, una chiave che dondola come il ciondolo di una collana. Mi piego per prenderla e quando sto per rialzarmi, lei mi blocca di nuovo, tirando leggermente il mio vestito blu. Mugola piano.
Apprensione e ammonimento... e una promessa: non mi lascerà. Verrà con me.
Sorrido, lo so: è il suo compito badare a me.
Apro la porta e oltre quella delle scale nell'oscurità, gradini di sabbia dura che scendono giù.
Un passo dopo l'altro li percorro, la leonessa dietro di me.
Scendiamo entrambe verso le viscere di quel dedalo.
Scendiamo nel silenzio. E poi di nuovo un suono, come uno scrosciare d'acqua attutito e lontano.
Una luce, un bagliore rosso nel buio.
E l'ambra che ho al collo inizia di nuovo a scottare. 





694 parole









Angolo autrice:
Ci tenevo a precisare una cosina, e cioè che questo capitolo rappresenta una piccola eccezione a livello diciamo tecnico, poiché conta più parole di quante dovrebbe - come ho scritto, supera le 500 -, ma, appunto perché eccezione, ho deciso di lasciare la nota 'Flashfic' in quanto è così che questa storia è nata (e come tale finirà, giurin giurello).
Ho cercato di tagliare dove possibile, ma alla fine rischiavo di stuprare il capitolo e creare un gran casino, così ho preferito lasciar perdere, e nemmeno dividere il capitolo in due mi è parsa una scelta adeguata. Nei prossimi farò più attenzione, promesso!


Graine
   
 
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