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Autore: Deirdre_Alton    31/03/2011    1 recensioni
Galahad ripensa alla sua vita. Quando fu chiamato a Camelot da Re Artù e dovette abbandorare il monastero in cui è cresciuto, lontano dalla madre e dal padre che non gli hanno mai mostrato l'amore di cui aveva bisogno.
(Il titolo del racconto deriva da un pezzo dei Placebo "I'll Be Yours")
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bedivere, Mordred
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Quando mi giunse la lettera del Sommo Re, accompagnata da poche gentili righe di mio padre, venni preso da uno strano sentimento. Era un miscuglio di felicità, dispiacere e paura.
Felicità perchè essere invitati a Camelot era il più grande onore che potesse ricevere un aspirante cavaliere.
Dispiacere nel sapere che un periodo della mia vita era terminato in quel preciso momento.
Paura... anche a me erano giunte quelle voci su mio padre. Certo, in mia presenza non si faceva che lodare la sua lealtà, il suo amore per Artù. Ma, quando i miei compagni credevano che io non fossi lì vicino, nel chiostro i loro bisbigli erano come veleno.
Ma io li perdonavo.
Sapevo che parlavano di cose che non conoscevano e per farsi belli l'uno di fronte agli altri, ingrandivano con la loro fantasia certe voci infondate.
Allora perchè avere paura?
Cercai di allontanare certi pensieri. Ormai ero lì, fuori dalle porte di Camelot, con il cuore in gola e tremante.
La primavera innondava le colline tutt'intorno, il verde smeraldo dei prati si perdeva a vista d'occhio.
Entrai.
In quanto figlio di Ser Lancillotto, destavo un certo morboso interesse. Le guardie alla porta mi fissarono con ammirazione, alcuni annunendo mentre si scabiavano bisbigli, «Assomiglia al padre nella corporatura, ma ha preso tutto il fascino della madre» osò farsi sentire un soldato, che fu subito fatto zittire con una gomitata dal vicino «shh! non puoi permetterti di parlare così di un santo». Il che fece trattenere a stento le risate del primo.
Io ero arrossito come una fanciulla, ma cercai di mantenere la mia espressione pacata... per quanto possibile.
La paura, salì come un'onda.
Quel soldato mi aveva chiamato santo, ma non lo ero nel vero senso del termine. Mia madre dopo avermi messo al mondo, avermi accudito da sola per sei anni, decise di ritirarsi a vita religiosa.
A sei anni non capii, pensai che fosse normale così (ovviamente dopo pianti a dirotto e risposte vaghe da chi mi aveva accolto).
Compresi solo molti anni dopo, con quelle voci nei chiostri del monastero dove venni messo ad imparare a leggere e a scrivere, perchè mia madre avesse deciso di prendere il velo.
Monastero, latino, saper leggere e scrivere, questi fattori facevano di me un santo. Conclusione alquanto affrettata, ma che se avrei tentato di controbattere con le mie sagge ed edotte parole pacate avrebbero solo aumentato le altrui convinzioni.
Lasciai correre, avrei lasciato correre, ormai quell'etichetta mi era stata affissa e me la sarei portata dietro a lungo, forse per sempre.
Scesi da cavallo e mi guardai attorno. Le costruzioni umane non mi hanno mai impressionato, per me l'uomo era nulla di fronte al creato di Dio. Vi prego, non credete che così parlando io stia cercando di sminuire Camelot, non ero certo abituato a tali imponenze. Ma non rimasi certo a bocca aperta. In quel momento ero troppo ansioso di presentarmi al Sommo Re e sottrarmi a tutti quegli sguardi che cercavano in me la somiglianza, se c'era, con il valente e grandioso Lancillotto.
Il capo della scorta che mi aveva accompagnato nella mia nuova casa, Anduin, si avvicinò a me, mi invitò a salire alcuni scalini che portavano ad una porta aperta di uno dei corpi laterali del castello ed entrammo.
Dopo alcuni istanti in cui i miei occhi si abituarno all'improvviso cambio di luce, davanti a me si presentò un andirivieni degno di un alveare.
Anduin mi sorrise «E' sempre così, sono certo che Ser Kay sia qui vicino. Posso lasciarti per pochi minuti?», annuii distrattamente appoggiando la schiena alla fredda e solida pietra del muro. Anduin si allontanò muovendosi agilmente scansando la servitù con il suo mantello svolazzante.
Fissai lo sguardo sul cortile dove il mio cavallo baio veniva portato verso le stalle con indolenza da un paggio con i capelli color del grano. Poi, il rettangolo di luce svanì. Nel riquadro si stagliava una figura alta e slanciata. Stava fermo immobile, anche se non vedevo il suo volto avevo l'impressione di essere scrutato. Uno sguardo indagatore diverso da quelli che avevo sopportato fuori.
Voltai la testa nell'altra direzione, verso il lungo corridoio e vidi Anduin avanzare con un uomo dal passo sicuro, le spalle larghe e rassicuranti e dai capelli rosso carota. Doveva essere Ser Kay, il siniscalco, fratellastro del Re. Mi staccai dal muro e Ser Kay disse avvicinandosi «Benvenuto a Camelot, Galahad figlio di Lancillotto. Bentornato Ser Mordred.»

   
 
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