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Autore: _aspasia_    24/04/2011    1 recensioni
Questa serie di capitoli è frutto della mia mente malata durante un'ora di letteratura francese. Ho deciso di scrivere le odi ai sette peccati capitali, così ingiustamente e brutalmente denigrati. Inoltre questo non mi bastava, ogni peccato avrà il suo personaggio storico che lo racconterà dal suo punto di vista.
Spero che li leggiate e che vi piacciano.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il sole sta calando ormai, quest’astro innamorato arrossisce prima di andarsene, e nel fulgore della sua toccante bellezza affonda nel mare tingendolo di mille purpurei bagliori.
Sono passati anni, forse troppi da quando me ne sono andato; lontano dalla mia famiglia, lontano da lui che amavo troppo.
Ma era un amore malsano il nostro, ci distruggevamo a vicenda, e la nostra poesia fioriva incredibilmente.
La mia poesia, pensavo di cambiare il mondo, ma ero giovane e credevo di essere il migliore. E probabilmente lo ero.
Ma che importa? Non scrivo da anni; quello che c’era da dire è già stato detto.
Rosso vermiglio, che colore magnifico.
È lui che mi guida, verso casa.
Rosso del tramonto.
Rosso del mare che si tinge di questo pigmento come se non stessimo solcando acqua salata ma sangue di uomini.
Rosso, il rosso vermiglio delle sue labbra.
Rosso del suo amore così passionale.
Rosso, colore che riempie i miei occhi iniettati di sangue a causa del dolore.
Sto morendo.
Pensate che non me ne sia accorto?
Ho dovuto lasciare l’Africa, terra che mi aveva accolto a braccia aperte e sto tornando in patria. Tutto a causa di questo maledetto ginocchio, tutto a causa di questo tremendo dolore.
Mi portano del vino; lo fanno sempre.
E io non mi lamento.
È rosso, come il sangue che mi scorreva lungo la mano ed il braccio quel maledetto giorno; quand’è finito tutto.
O meglio quand’è cominciato l’inizio della fine di tutto.
Bevo ed il sapore caldo e speziato dell’alcool mi riempie la gola inebriandomi.
Che sapore, che calore.
Come faccio a smettere?
Non posso.
Non quando grazie a questo nettare rivedo i suoi occhi, risento le sue mani sul mio corpo e le sue labbra sulle mie.
Non quando dimentico il dolore.
Vino rosso vermiglio.
E che sapore meraviglioso.
Ancora, ancora. Ne voglio ancora.
Marsiglia non sarà poi così lontana.
Vino. Dolce nettare meraviglioso.
Ricordi?
Ti ricordi ancora di me?
Oh Amore rimembri ancora?
Vino, nostro compagno.
Vino, nostro dolce amico.
Oh vino, riportami da lui.
Vola vecchia bagnarola, vola verso Marsiglia, verso la Francia, verso di lui.
Perderò la gamba?
Che importa. Morirò.
Ma prima lasciatemi rivedere i suoi occhi.
Vino.
E ancora vino.
E mentre ammiro la tua torbida fluidità rivedo il mio sangue, le sue lacrime ed il mio tormento.
Perché ci siamo distrutti così? Perché?
E più ci facevamo del male, più la nostra poesia diventava sublime.
Vino, forza. Datemi quel nettare divino.
Divino.
Persino quest’aggettivo ti contiene, significherà pur qualcosa.
Il tuo sapore speziato, caldo; voluttuoso come un suo bacio, come le sue labbra che ora agogno talmente tanto.
Datemene ancora, ancora fino a quando non verrò accolto tra le torbide volute del sonno e della sbronza.
Tuttavia in quell’incoscienza, allora forse lo rivedrò e lo riabbraccerò.
Ma vai nave, naviga veloce verso Marsiglia, verso di lui, verso nuovi vini.
Vino che mi riporta da lui.
Vino che mi ammalia.
Come posso farne a meno?
Gola.
Gli alcoolisti e i fumatori commettono tale peccato.
Allora io sono doppio peccatore, ma ormai le sigarette sono state fumate tutte da ore.
Resta il vino, mio fidato compagno.
Gola.
È realmente peccato?
Il vino venne bevuto persino da Gesù Cristo, il vostro messia. È dunque anche lui peccatore?
Dite che i peccatori sono tali perché non si sanno trattenere.
Avete mai bevuto un Margaux?
Non ci si può trattenere con esso, non con tale nettare; e se la coscienza sene va facendosi sempre più debole allora tanto meglio. La fantasia è un mondo talmente migliore. Ed il vino, il vino è un galeone che porta in questi meravigliosi e sconosciuti lidi a vele spiegate.
Vino.
Gola.
Non chiamiamola peccato.
Gola.
Vino.
Che dolce ambrosia.
Non ci si può trattenere, non quando è così buono, non quando mi riporta indietro nel tempo.
Dai suoi occhi.
Dalle sue labbra che leccano le mie.
Dalle sue dita che accarezzano il mio viso.
Che sfiorano me.
Arthur Rimbaud.






Ed eccoci alla fine, mi dispiace un sacco devo dirlo.
Mi sono divertita molto a scrivere questa raccolta, a dare il giusto lustro ai peccati.
E oggi posto l'ultimo capitolo, la gola. Penso che oggi sia il giorno adatto, il giorno in cui ci si ingozza di cioccolato e leccornie varie.
Ho scelto il vino perchè come peccati di gola, oltre al cibo, sono considerati anche l'ebbrezza dell'alcool e inoltre il fumo. E ho selto Arthur perchè io amo quest'uomo, amo la sua persona, la sua splendida poesia e la sua tormentatissima storia. Così maledetta.
Arthur Rimbaud è uno dei poeti maledetti, a soli 16 anni scrive le poesie che cambieranno la poesia moderna. A 17 anni si trasferisce a Parigi, dove incontra Verlaine, anche lui poeta maledetto. Tra i due nasce una passione bruciante che porterà al divorzio Verlaine e che creerà scandalo.
I due viaggiano spesso, nel 1873 si trovano a Londra e Verlaine decide di tornare dalla moglie e minacciando di spararsi se elle non lo riaccetterà, per questo se ne va in un hotel di Bruxelles. Arthur lo raggiunge convinto che l'amante non avrà il coraggio di togliersi la vita, nel momento in cui Rimbaud vuole lasciare Paul definitivamente egli, ubriaco, gli spara ferendolo leggermente ad una mano. Verlaine viene incarcerato e Arthur torna a casa dove scriverà "una stagione all'inferno".
A soli 24 anni abbandona la patria e la poesia, viaggia in Europa e in Africa diventando persino mercante d'armi.
Morirà a causa di un tumore al ginocchio, nel 1891 tra dolori atroci.
Verlaine dei suoi viaggi ha scritto così: "non ha fatto altro che viaggiare terribilmente e morire giovanissimo".
Voglio precisare una cosa. Nei libri c'è scritto che a Marsiglia, dove morirà arriverà in treno; la mia è una scelta letteraria chiamiamola così, ispirata da una canzone che penso sia a dir poco meravigliosa: A.R. di Vecchioni. Ascoltatela è stupenda.

http://youtu.be/uk_sODPyScI

Vi lascio così fanciulle, con un poeta maledetto e tormentato, che attraverso il peccato di gola torna dal suo amato, dalla lussuria.
Spero vi piaccia e che vi siate divertite tanto quanto me. Ma tutto ha una fine.
un bacio
Aspasia

  
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