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Autore: Little Fanny    03/05/2011    5 recensioni
Il Dottore e Rose si ritrovano incastrati in una strana avventura: il loro matrimonio.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Donna Noble, Martha Jones, Rose Tyler
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Un matrimonio da sogno 
Fandom: Doctor Who 
Personaggi: Tenth Doctor, Rose Tyler, Martha Jones, Donna Noble 
Parte: 3/3 
Rating: PG13 
Genere: romantico, fluff, comico 
Conteggio parole: 6370/15680 
Avvertimenti: post “Journey’s End”, AU, het 
Riassunto: Il Dottore e Rose si ritrovano incastrati in una strana avventura: il loro matrimonio. 
Note: partecipa alla missione della settima settimana del Cow-T@[info]maridichallenge, con il prompt Matrimonio per il Vampire!Team e scritta per la mia tabella @[info]10disneyfic, con prompt Onore
La storia non tiene minimamente conto dell’esistenza di 10.5, Dottore Metacrisi o come lo vogliate chiamare. Alla fine di Journey’s End Rose è rimasta sul suo giusto mondo e ha preso a viaggiare di nuovo col Dottore nel TARDIS. 
Sono sconvolta dalla lunghezza di questa storia che si è praticamente scritta da sola. E pensare che doveva essere una piccola one-shot. Non è stata betata, ma l’ho letta e riletta più volte. Se ci sono errori segnalatemeli, perché dopo un po’ mi si sono incrociati gli occhi. 
Disclaimer: La storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto. 

Capitolo 3

 

“Sorgi e risplendi, signorina!” esclamò Martha, aprendo con un colpo secco le tende e facendo entrare la luce del sole. “Oggi è il gran giorno e abbiamo ancora tante cose da sistemare.” 
Rose si rigirò nel letto, tentando di nascondere la faccia dentro il cuscino. 
“Su, su. Non c’è tempo oggi per crogiolarsi sotto le coperte.” Le disse solare, strappandole con un colpo secco le suddette coperte di dosso. Rose tremò dal freddo e balzò giù dal letto, cercando di afferrare la vestaglia che le fu sottratta con un gesto veloce della mano. 
“Oddio, Martha. A volte sai essere peggio di Matilda.” 
Martha rise di cuore, aiutando la propria padrona a spogliarsi e ad immergersi nella tinozza di acqua bollette. 
“Ma molto spesso sono meglio di Matilda. Lei non ti avrebbe preparato un bel bagno caldo.” Le rivelò massaggiandole i capelli con un po’ di sapone. 
“Allora grazie.” Concesse Rose sorridendole con affetto. 
“Come è andata la serata ieri? Ti sei divertita?” domandò casualmente, strofinandosi un braccio. 
“Sì, signorina. Molto.” 
“E…” 
“E niente! Non mi sono di certo divertita quanto voi!” rispose arrossendo fin sulla punta dei capelli. “Ma che insolente!” ribatté Rose con il sorriso sulle labbra, schizzandola con l’acqua. 
“Avete dato spettacolo.” Rispose Martha per nulla intimorita dalle minacce della sua padrona. 
Rose si immerse completamente nella vasca, impendendole così di vedere il suo volto paonazzo. 
“Vi sentite meglio?” domandò Martha, porgendole un asciugamano con cui tamponarsi il viso. Rose annuì sospirando, lasciando che l’acqua calda sciogliesse un po’ la tensione che sentiva nei suoi muscoli. 
“Credo che sia un bravo ragazzo.” Disse Rose dopo un po’. 
“Chi?” domandò Martha curiosa, avvolgendo la padrona in un grande telo di lino. 
“Mickey. Siete una bella coppia.” 
Martha sentì il rossore risalire fino alla punta delle orecchie e abbassò gli occhi imbarazzata. 
“Siete davvero carini assieme, sono contenta per voi.” Continuò Rose, asciugandosi il corpo. “A quando il grande annuncio?” 
“Signorina!” strepitò Martha al colmo dell’imbarazzo. 
“Cosa? Mi sembra una domanda più che legittima.” Si difese l’altra guardandola con gli occhi brillanti. 
“Uh, non lo so.” 
“Tranquilla. Non volevo farti pressione.” Le disse Rose, prendendole le mani tra le proprie. 
Martha sorrise dolcemente. 
“Questa storia del matrimonio sta iniziando a piacervi.” Commentò districandole i capelli con il pettine. 
Rose mosse le dita a disagio. “È tutto ancora così strano e un po’ improvviso. Mi sembra di vivere in un sogno.” 
“È normale avere un po’ di paura, ma quando lo vedrete lì, di fianco all’altare, passerà tutto. Concentratevi solo sui suoi occhi e vedrete che andrà tutto bene.” 
Rose sospirò, cercando di allentare un po’ l’oppressione che sentiva sul suo petto e che le rendeva difficoltoso respirare. 
Martha lavorò in silenzio sui suoi capelli, districando le ciocche una per una e arricciandole sul ferro riscaldato. 
“Sarete una sposa stupenda e del vostro matrimonio si parlerà negli anni a venire.” 
“Anche grazie a te. Sono davvero splendida. Come hai fatto?” le domandò specchiandosi prima da una parte e poi dall’altra. Aveva una testa di piccoli boccoli biondi, che morbidi le incorniciavano il volto. Le varie ciocche brillavano alla luce del sole, come se ci fossero tanti piccoli brillantini incastonati. 
“Tanta pazienza e polvere di fata!” le rivelò Martha con un sorriso, decisa a non svelare i suoi segreti. 
Rose la abbracciò di slancio, scoccandole un bacio rumoroso sulla guancia. 
“Oh Martha. Non so cosa farei senza di te!” 
“A volte me lo chiedo anch’io!” scherzò l’altra ricambiando l’abbraccio. “Ma ora forza, che il vostro sposo vi attende!” 
La truccò appena, rendendola una sposa raggiante nel suo abito candido. Era composto da un bustino stretto chiuso da una scollatura a barchetta, mentre l’ampia gonna si concludeva con un piccolo strascico. Era semplice, ma molto elegante nel suo insieme. 
“Ecco, sei pronta.” Sussurrò Martha con un groppo in gola. 
“Non ancora!” esclamò Matilda, sbucando da dietro il paravento. “Una mela per la serenità e una collana per l’equilibrio!” 
Rose sputò la mela che quella pazza le aveva ficcato in bocca. Forse tentava di ucciderla in un modo alternativo. 
“Uh, grazie.” Boccheggiò a corto di fiato, pulendosi la bocca con un fazzoletto. 
“Come sto?” domandò ansiosa, facendo un giro su stessa. Le due donne la guardarono estasiate: era davvero bellissima. 
“Siete fantastica, signorina.” Balbettò Matilda commossa, mentre Martha annuiva con gli occhi appena lucidi. 
Rose arrossì, ammirandosi allo specchio. 
Un leggero bussare alla porta la fece girare bruscamente. 
“Rose? Sei pronta?” chiese Jackie facendo spuntare la testa dall’uscio socchiuso. “Oh! Ma sei splendida!” aggiunse raggiungendola per posarle due baci sulle guance. 
“Quell’uomo è davvero fortunato! Ma se solo osa renderti triste assaggerà la vera furia Tyler. Parola di mamma, tesoro mio.” Decretò Jackie alzando il pugno con fare combattivo. 
“Grazie mamma.” Rispose Rose commossa. In tutto quel trambusto non aveva avuto modo di vederla neanche per un secondo. Da una parte le sarebbe piaciuto condividere con lei quei momenti, ma dall’altra non voleva che lei usurpasse il posto della sua vera madre, che la stava aspettando nel suo giusto tempo. 
La abbracciò con affetto, nascondendo il volto tra i suoi capelli, mentre due lacrime le solcavano le guancie. 
“Bambina mia, tranquilla.” Sussurrò Jackie asciugandole il volto con dolcezza. “Andrà tutto bene. Sono sicura che il tuo Dottore sarà un ottimo marito e saprà renderti felice.” 
Rose annuì timidamente, asciugandosi gli occhi umidi. 
“Bene, tesoro. Ora fammi un bel sorriso.” Le disse sollevandole il viso con una mano e osservando orgogliosa un tremulo sorriso farsi largo sul volto della figlia. “Ecco, così va meglio.” 
Martha si schiarì piano la voce, attirando l’attenzione delle proprie padrone. 
“Signora?” domandò incerta. “La signorina è pronta?” 
Jackie osservò con aria critica la figlia. 
“Non ancora: abbiamo qualcosa di nuovo e di prestato,” spiegò sollevando la collana agganciata al collo della figlia e indicando i piccoli orecchini pendenti. “Matilda, non dovevi.” La sgridò la signora Tyler con dolcezza. 
“È un onore per me, mia Signora. Lo consideri un piccolo regalo da parte di tutta la comunità. Avete fatto sempre così tanto per noi che era giusto ricambiare.” Spiegò includendo anche Martha nell’idea del dono con un ampio gesto del braccio. 
“Allora vi ringrazio a nome di tutta la famiglia Tyler.” Disse Jackie con tono solenne. 
“Ora, secondo la tradizione manca qualcosa di antico e di blu.” Continuò tirando fuori dalla piccola borsetta di perline un piccolo astuccio che porse alla figlia. 
Rose lo aprì con mani tremanti, rivelando al suo interno un piccolo lapislazzulo a forma di goccia. 
“Ma… non dovevi…” balbettò Rose a corto di parole, mentre sua madre armeggiava con la chiusura della collana. 
“È la tradizione, Rose. Apparteneva a tua nonna che l’ha donata a me il giorno delle nozze. Adesso è giusto che l’abbia tu.” Le disse richiudendole la catenina al collo e portando la figlia a specchiarsi nuovamente nel grande specchio. 
“Ecco, ora sei pronta.” 
“Grazie mamma.” Sussurrò Rose giocando con il pendente mentre sentiva le lacrime che minacciavano di fare nuovamente capolino nei suoi occhi. 
“Grazie a te, bambina mia. E sii felice.” 

~o0o~


Rose camminava su e giù per la sagrestia, torturandosi le mani per l’ansia. 
“I fiori sono a posto in chiesa?” domandò per l’ennesima volta a Martha che annuì esasperata. “Vai a controllare per favore?” le chiese arricciandosi una ciocca di capelli sul dito. 
“Rose, tesoro. È tutto perfettamente in ordine.” Le disse sua madre, tentando di farla ragionare. 
Rose sembrava non ascoltarla, continuando a passeggiare su e giù per la stanza. 
“Stai un attimo calma o ti sgualcirai il vestito!” 
“E arriverai all’altare con il fiatone.” Rincarò la dose Martha cercando di fare aria all’amica con il ventaglio. “Capisco che la vostra vita sia tutta di corsa, ma almeno il giorno delle vostre nozze potreste camminare!” 
Rose annuì e negò con la testa, si mise seduta e si rialzò subito in piedi del tutto irrequieta. 
“Non posso sposarmi.” Esalò infine, buttandosi a peso morto su una sedia. 
“Come?!” quasi urlò sua madre, correndo dalla figlia con la stessa angoscia che avrebbe potuto avere se fosse accorsa al suo capezzale. 
“Non devi essere così tesa. Anzi! Casomai sarà lui quello a dover essere in ansia. Non capita a tutti l’onore di poter essere legati con la famiglia Tyler.” Sbottò, venendo subito zitta da un’occhiata di rimprovero da parte di Martha. La servetta le mise una mano sulla spalla, facendole segno di non pressarla ulteriormente. Ansia da matrimonio, era assolutamente normale. 
“Rose…” la chiamò dolcemente, sedendosi ai suoi piedi. “Perché non mi spieghi il motivo per cui non lo vuoi più sposare?” 
Rose chinò il volto, lasciando che i riccioli morbidi nascondessero la sua espressione. 
“Non lo ami?” provò Martha, osservando compiaciuta come la testa dell’amica si muovesse a negare quella domanda. 
“Temi il giudizio degli altri?” ritentò, venendo smentita ancora una volta. 
“Troppa differenza di età?” 
Rose sollevò il volto lanciandole un’occhiata perplessa. 
“Ehi, non lo so!” si difese Martha sollevando le mani in gesto di resa. “Sto provando a indovinare il motivo del tuo turbamento. Sei sempre stata così decisa e sicura dei tuoi sentimenti che vederti qui così spaventata… hai paura?” chiese infine colta da un’illuminazione improvvisa. 
Rose annuì appena, raggomitolandosi in una piccola palla bianca. 
Martha si sollevò a sedere, spolverandosi la gonna con le mani. 
“Qui c’è solo una cosa da fare.” Decretò infine prendendo in mano le redini della situazione. “Matilda!” chiamò a gran voce facendo entrare in un turbinio di stoffe sia lei che la bulldog banshee. “Oh, perfetto, c’è anche lei.” Commentò compiaciuta la ragazza, avvicinandosi a Grimilde. 
“Ho bisogno che-” bisbigliò al loro orecchio, ricevendo come risposta uno sguardo oltraggiato. 
“Ma non si può!” esclamò la banshee dando ancora una volta prova delle proprie abilità canore. “Ma la tradizione!” balbettò Matilda guardando prima Martha e poi Rose. Scambiò un’occhiata con la propria padrona che scrollò le spalle come a significare che se non si poteva fare altrimenti al diavolo la tradizione! 
“Va bene.” Acconsentirono le due, defilandosi veloci dalla stanza. 
Martha e Jackie si lanciarono uno sguardo complice, avvicinandosi a Rose. 
“Rose, tesoro. Abbiamo pensato a un rimedio. Ma se ci ripensi non ti devi preoccupare. Noi saremo sempre al tuo fianco, qualsiasi cosa tu decida di fare.” Detto questo le due donne uscirono velocemente dalla stanza, lasciando Rose in balia dei propri pensieri. 
La ragazza osservò con sguardo vacuo il vaso di fiori che conteneva il suo bouquet, non resistendo alla tentazione di carezzare un petalo di rosa. Un leggero bussare la distrasse dal suo rimuginare silenzioso, facendola avvicinare alla porta di servizio per far entrare l’ospite. 
“Rose? Sono io!” disse la voce del Dottore al di là del legno. “Mi hanno raccomandato, per l’ennesima volta, che non dobbiamo vederci.” 
“Già, la tradizione.” Commentò Rose con tono funereo, allontanando la mano che già si era posata sul pomello della porta. 
“Come mai ti hanno spedito qui?” 
“Hanno pensato che tu avessi bisogno di aiuto. Hanno ragione?” chiese lui, posandosi contro il legno. 
Rose annuì con la testa, poi, ricordandosi che lui non poteva vederla glielo sussurrò a voce. 
“Va tutto bene, Rose. Non dobbiamo sposarci, se non vuoi.” 
“Ma tu vuoi sposarmi?” domandò lei a bruciapelo, posando una mano sul legno là dove sapeva che dall’altra parte battevano due cuori. 
Il Dottore rimase in silenzio per qualche secondo, prima di iniziare a parlare. 
“All’inizio no. Cioè, non fraintendermi, ma l’idea di legarmi per sempre a qualcuno mi spaventava.” 
“Anche a me.” Gli rivelò Rose con un filo di voce. 
“Per me è diverso, Rose. Il ‘per sempre’ è un concetto molto relativo. Lo capisci, vero?” 
“Lo so, Dottore. Lo capisco.” 
Rimasero in silenzio per qualche attimo ancora. 
“Però, adesso… adesso che questa storia è andata così tanto avanti,” continuò a parlare il Dottore, esponendo come mai aveva fatto prima il suo cuore; “adesso voglio andare fino in fondo.” 
“Io ti amo Rose Tyler.” Proclamò, posando una mano contro il legno freddo della porta. “E vorrei poter essere il marito che tu hai sempre sognato. Farei qualunque cosa e diventerei qualunque cosa pur di farti felice.” 
“Oh. Dottore. Io- io non so cosa dire.” 
“Dì che mi ami.” 
“Ti amo, Dottore!” esclamò la ragazza aprendo di slancio la porta e gettandosi tra le sue braccia. Lo baciò con tutto l’amore e la passione che provava per quel pazzo uomo che le aveva scombussolato l’intera esistenza. 
“E sì, voglio sposarti.” 
Il Dottore la guardò raggiante per un istante, prima che le due vecchie megere li separassero bruscamente, mettendo di nuovo la porta in legno tra di loro. 
“L’abbiamo combinata grossa.” Scherzò Rose, posando la schiena contro la porta chiusa. 
“Puoi dirlo forte, Rose. Ma non saremmo noi se avessimo rispettato le regole.” Le rivelò lui con un sorriso sornione che faceva capolino sul volto. 
“Allora che si fa?” le domandò, ancora un po’ ansioso. “Se vuoi possiamo sempre chiamare dei bravi che spaventino il prete.” Offrì scherzoso. 
“No, andiamo fino in fondo.” 
“Fino in fondo.” Ripeté lui dolcemente. 


~o0o~


Il Dottore tamburellava il piede per terra, di fianco all’altare. 
Era in ansia. 
Sempre detto lui che non era tipo da matrimoni. 
“Tranquillo.” Sibilò Donna per l’ennesima volta al suo orecchio. “Tranquillo o farai un buco nel pavimento.” 
“È in ritardo!” sbuffò lui per l’ennesima volta, spostando il peso da un piede all’altro. Si allentò di un poco il nodo della cravatta. 
Donna roteò gli occhi, alzando il volto al cielo come a voler pregare una qualche divinità affinché il Dottore si mettesse calmo e zitto. 
“Uomini.” Borbottò, mentre lui sbuffava un: “Donne.” 
“Non ci avrà ripensato, vero?” domandò lui, ancora ansioso per la crisi che aveva dovuto arginare poco prima. Quasi quasi preferiva le situazioni in cui aveva poco tempo per salvare il mondo. 
Donna gli strinse una mano incoraggiante, mentre gli lanciava l’ennesima occhiata stranita per lo strano abbigliamento che all’ultimo aveva deciso di adottare. 
“Arriverà. È un ritardo studiato ad arte per fare più scena. Vedrai, sarà stata tutta un’idea di sua madre.” Scherzò Donna, muovendo la mano a sottolineare che a volte quella donna poteva essere una pazza. 
“Sicuramente.” Confermò lui, sorridendo per la prima volta nella giornata. 
Sollevò lo sguardo e fu in quel momento che la vide sulla soglia della chiesa. Si sistemò il nodo alla cravatta e si mise dritto in piedi, mentre i suoi occhi seguivano la lenta avanzata di Rose lungo la navata della chiesa. 
Era bellissima, con i raggi del sole che la facevano risplendere di una luce calda, rendendo tutto il resto del mondo opaco al confronto. Camminava con il sole alle spalle, ma i suoi occhi erano brillanti, come avessero luce propria nascosta al loro interno. 
Il Dottore deglutì, sentendo le sue gambe tremare dall’emozione. 
Rose gli sorrise facendo ondeggiare piano i riccioli biondi che sparsero una miriade di giochi di luce sulle mura della chiesa. 
Era senza parole quando finalmente la ragazza arrivò a stringere la sua mano. 
“Sei bellissima.” Le sussurrò ricolmo d’amore, accompagnandola negli ultimi metri che li separavano dall’altare. 
“Anche tu lo sei, mio caro Dottore.” Rispose lei emozionata, carezzando con lo sguardo il suo Signore del Tempo. Aveva indossato i suoi soliti abiti: il completo beige gessato e la sua cravatta preferita. Rose si arrischiò a lanciare un’occhiata alle sue scarpe, scoprendo dei semplici mocassini. 
“Come mai…?” gli domandò sottovoce, sistemando il bouquet di fiori sull’inginocchiatoio. 
“Le sneakers avrebbero destato troppi sospetti.” Le rivelò sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio con la piccola rosa rosa che portava all’occhiello. 
Seguirono la funzione trepidanti, le loro dita intrecciate. Ogni tanto si lanciavano sguardi ancora increduli, ma indubbiamente carichi d’affetto. 
“E ora,” annunciò il prete guardando con dolcezza i due giovani, “se dunque è vostra intenzione di unirvi in matrimonio, datevi la mano destra ed esprimete davanti a Dio e alla sua Chiesa il vostro consenso.” 
Rose e il Dottore si misero uno di fronte all’altra, sorridendosi un po’ impacciati. La ragazza gli porse la mano destra che tremava appena racchiusa nel palmo del suo Signore del Tempo. 
“Ci siamo.” Sussurrò lui, carezzandole le dita per infonderle un po’ di coraggio. 
“Già. Ci siamo.” Rispose lei in una risatina nervosa. 
Il Dottore le baciò le dita, prima di pronunciare la formula di rito. Rose la ripeté con un filo di voce e gli occhi puntati in quelli brillanti del suo Dottore. Sentiva il cuore nella sua cassa toracica battere a un ritmo frenetico, le orecchie fischiare. Tutti i suoni erano ovattati: esistevano solo loro in quella chiesetta di campagna, tutto il resto era dimenticato. 
Fu riportata alla realtà dallo scalpiccio dei piedi del piccolo paggetto che portava tutto orgoglioso le fedi. Il Dottore si chinò a prenderle dalle mani del bimbo, ringraziandolo con un tenero complimento. Slegò la vera più piccola e la baciò con dolcezza. 
“Rose, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.” Disse con voce ferma e sicura, infilando l’anello al dito della sua sposa. Si chinò a sussurrare qualcosa nell’orecchio di Rose, prima di rimettersi dritto in piedi e offrire la mano sinistra alla ragazza. 
Rose balbettò incerta il suo nome, un sussurro appena udibile solo dallo sposo, che le sorrise ricolmo d’amore. “Ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.” Concluse emozionata, facendo scivolare la vera al suo posto. 
Il prete finì di officiare la messa, mentre gli invitati si asciugavano commossi le lacrime. 
“Puoi baciare la sposa.” Concluse, benedicendo la coppia. 
Il Dottore si chinò sulla sua giovane sposa e le depositò un casto bacio sulle labbra, al quale Rose rispose con entusiasmo. Uscirono mano nella mano, accolti da un festoso lancio di riso e coriandoli bianchi. 
Fu un pomeriggio movimentato il loro: un’infinità di convenevoli da scambiare, mille discorsi da intrattenere con le più disparate persone. 
Il ricevimento si era tenuto nel parco della villa Tyler, allestito per l’occasione. Era stato innalzato un gazebo coperto da tendoni di lino bianco e decorato con edera rampicante e rose bianche, la famiglia non aveva affatto badato alle spese. I vari ospiti erano stati fatti accomodare attorno a tavoli rotondi, imbanditi con ogni prelibatezza. Al centro vi era una piccola fontana che rinfrescava l’ambiente, arricchita anch’essa da una decorazione floreale di rose di una tenue tonalità di rosa pastello. Gli sposi sedevano nella zona più ombreggiata, al centro dell’attenzione ma al contempo abbastanza defilati. Ridevano e scherzavano con la famiglia e gli amici più stretti, le dita intrecciate sotto al tavolo. 
“Ma ti rendi conto?” bisbigliò Rose al suo orecchio entusiasta ma ancora incredula. “Siamo sposati!” 
“Sì.” Confermò lui, baciandola dolcemente sulle labbra. “Sono tuo marito.” 
“E sai qual è un privilegio del marito?” gli domandò Rose ammiccando. 
“Avere il primo ballo con la sposa. Che privilegiato.” Rispose per lui Jack, facendo un inchino davanti alla coppia. 
“Jack!” esclamarono i due novelli sposi sorpresi di vederlo lì. 
“Eccomi qui, in persona. Non potevo certo mancare al matrimonio dei miei amici più cari? Vi sembra?” disse, gonfiando il petto e facendo un occhiolino ad entrambi. 
“O diciamo che non potevi perdere l’occasione di conoscere nuove nubili signore.” commentò il Dottore alzandosi in piedi per abbracciarlo. 
“Non dimenticarti i maschietti.” Rispose lui in un sorriso, dandogli una leggera pacca sul sedere. “Scusa, Rose. Ma non ho proprio resistito.” Si finse costernato facendo scoppiare la sposa a ridere. 
“Tranquillo Jack. Non mi sarei aspettata niente di meno da parte tua.” Ribatté la ragazza gettandogli le braccia al collo e lasciandosi sollevare per una piroetta in aria. 
“Jack. Vorresti ridarmi mia moglie?” gli chiese il Dottore incrociando le braccia al petto e guardandolo con quell’espressione da ‘non cambierai mai’. 
Il ragazzo lasciò andare la sposa e si allontanò con un leggero inchino. 
“Ma il secondo ballo è mio!” urlò irriverente, mentre andava a salutare un gruppetto di giovani ragazze. 
Rose e il Dottore scossero la testa rassegnati, mentre i camerieri facevano posto sulla pista da ballo per gli sposi. Partì una musica lenta e il Dottore condusse con sicurezza Rose nelle danze, facendola volteggiare tra le sue braccia. 
“Tra quanto possiamo andare?” domandò il Dottore all’orecchio della moglie. Era stato strano dirlo ad alta voce, ma la parola era uscita fluida dalle sue labbra, come fosse del tutto naturale. 
“Credo che dobbiamo intrattenerci un altro po’.” Rispose Rose guardandosi attorno. Gli invitati avevano gli occhi fissi su di loro, non sarebbe stato facile sgattaiolare via senza destare sospetti. 
“Ci stanno ancora guardando?” chiese senza aprire gli occhi. 
“Sì, siamo l’attrazione principale della festa.” Confermò la ragazza, girando su se stessa. 
“E allora diamo qualcosa da guardare davvero!” esclamò il Dottore inchiodandola sul posto per rubarle un bacio appassionato. Si baciarono lì, nel bel mezzo della pista mentre la musica suonava ancora e gli invitati battevano allegri le mani. Si baciarono sordi ai fischi di incitamento e incuranti dei gridolini scandalizzati delle due vecchie megere. 
“Dici che ora possiamo andare?” si premurò di chiedere il Dottore, interrompendo il bacio. 
Rose gli sorrise e gli afferrò la mano, trascinandolo di corsa all’interno della villa, prima che qualcuno potesse bloccarli nella loro fuga. 
Erano marito e moglie, adesso. E niente poteva impedire loro di goderne tutti i benefici. 


~o0o~



Giunsero all’interno della casa col fiatone e si sorrisero complici: avevano sul serio dato spettacolo. Con le mani ancora intrecciate si diressero verso l’ala della villa che era stata loro riservata per la prima notte di nozze. 
Rose arrossì al pensiero, mentre il Dottore trotterellava felice al suo fianco, facendo ondeggiare le loro mani unite.
“Arrivati!” le disse fermandosi davanti a una porta. Si cacciò una mano in tasca e dopo molto frugare, ne tirò fuori una piccola chiave con un nastro di seta bianco. 
“Così non mi confondo con le altre.” Le spiegò facendola girare nella toppa. Spalancò la porta con un ampio movimento del braccio e fermò Rose prima che potesse mettere piede all’interno. 
“La tradizione.” Borbottò un po’ impacciato, massaggiandosi la nuca mentre sentiva il rossore colorare le sue guance. 
La prese in braccio e Rose si lasciò scappare un gridolino di sorpresa, mentre gli allacciava le mani dietro al collo per non cadere. Il Dottore entrò nella stanza con passo malfermo, ma tuttavia dimostrò il grande equilibrio degno di un Signore del Tempo chiudendo con un colpo di tacco la porta dietro le sue spalle. 
Le regalò un sorriso da mascalzone prima di posarla sul letto e rubarle un bacio. 
“Non ti facevo così…” Rose si interruppe, cercando la parola più adatta da usare. “Romantico.” Decretò infine, sistemando la gonna stropicciata. 
“Sono un Signore del Tempo dalle mille sorprese!” le rivelò lui, sedendosi al suo fianco. 
Rimasero in silenzio per alcuni minuti, ognuno perso nei propri pensieri. 
“Uh, Rose.” Biascicò lui imbarazzato, alzandosi in piedi e passandosi nervoso una mano tra i capelli. 
“Dimmi.” Disse dolcemente la ragazza offrendogli la sua completa attenzione. 
“Avrei… ecco… latradizionedellamiagentevuolechelosposo
scrivaundiscorsoperlapropriasposa… ecosì… ecco… orateloleggo.” Disse tutto d’un fiato. 
“Cosa?” ripeté Rose sconvolta. “Non ho capito una parola.” Gli disse sincera, prendendogli le mani tra le proprie. “Fa’ un respiro profondo e ricomincia.” 
Il Dottore fece quanto gli era stato detto e, con la voce chiara del Signore del Tempo, disse: “La tradizione della mia gente vuole che lo sposo scriva un discorso per la propria sposa.” 
Si schiarì la voce, tirando fuori di tasca un foglio stropicciato. Lo scorse veloce con gli occhi, prima di farlo in piccoli pezzettini e lanciarli dietro le sue spalle. 
“Mi ero preparato un bellissimo discorso,” cominciò a raccontare passeggiando su e giù per la stanza per cercare di smaltire un po’ di nervoso. “L’ho provato mille volte a casa, cercando le parole giuste da dire. Era anche un bel discorso davvero.” Commentò quasi parlasse tra sé e sé. “Ma tutte le parole del mondo non sono sufficienti a dirti quello che provo per te.” 
Il Dottore si sedette di fianco alla ragazza, stringendo la mano con la fede tra le sue mani. 
“Rose. Tu sei una donna fantastica, fantastica sul serio. 
Al tuo fianco ho dimenticato cosa volesse dire essere solo, l’ultimo della mia specie. Con te ho provato sensazioni che pensavo di aver dimenticato: ho vissuto il sogno di potermi costruire una vita umana, una vita vera… grazie a te. 
Quando ti ho perso, quando quel maledetto Torchwood ci ha allontano ho sentito i miei due cuori morire. 
Non credevo di poter andare avanti, ancora una volta avevo perso tutto senza poter fare nulla per poter salvare ciò che davvero mi importava. 
Non sai quanto a lungo ho cercato quel sole morente, sperando di trovare un modo, se non per potarti di nuovo con me, almeno per dirti addio. Non sai quanto avrei voluto strapparti da quel mondo… e il non poterti toccare è stato difficile. Ti avevo lì, a un soffio di distanza e non ho potuto baciarti. 
Sono stato uno sciocco, ottuso e cieco Signore del Tempo, sempre ligio alle regole. Ma tu sei stata più forte e testarda. Tu sei stata meravigliosa: sei saltata da un universo all’altro solo per vedermi, per darci una nuova possibilità. 
È per me un onore essere il destinatario del tuo amore, non sai quanto i tuoi sentimenti mi rendano davvero felice. E io… io farò di tutto per meritarmi il tuo amore.” 
Rose lo guardò con gli occhi brillanti di commozione. 
“Io-” balbettò imbarazzata, “io non so davvero cosa dire.” 
“Rose, sei la persona più importante della mia vita.” Gli disse lui sincero, carezzandole il collo con dolcezza. “Non so come sarei potuto resistere ancora senza averti al mio fianco.” La baciò su un orecchio, proseguì lungo il profilo del volto scendendo poi lungo il collo. Continuò nella sua scia di baci appena accennati risalendo dall’altra parte, sfiorando lo zigomo e poi un occhio, la fronte e poi giù sulla punta del naso. Infine le baciò le labbra. Un tocco appena accennato, ma che ben presto si trasformò in qualcosa di più profondo con le lingue che giocavano e si rincorrevano, in una battaglia senza vincitori né vinti. 
“Probabilmente avrei commesso una qualche sciocchezza, andando a cambiare il corso degli eventi. Avrei superato i limiti imposti dalle vecchie leggi dei Signori del Tempo. Avrei fatto cose che non mi sarei mai più perdonato.” Continuò guardando seriamente la sua compagna. 
“Ma ora io sono qui e rimarrò qui per sempre. Niente più ci separerà.” Sussurrò Rose solenne in un filo di voce, stringendolo a sé. 
Il Dottore la guardò con dolcezza prima di baciarla di nuovo. Non ne aveva mai abbastanza di lei e del suo sapore. Sarebbe rimasto lì a baciarla per sempre. 
Le sfiorò la nuca con due dita, slacciando la collana che ricadde sul suo palmo aperto. La mise sul comodino, trovando la scusa per allontanarsi un po’ in modo da alleviare la tensione e l’ansia che sentiva percorrere il suo sangue, facendogli annebbiare i pensieri. 
Stare con Rose era bello da togliere il fiato, qualcosa di così profondo che impediva alla sua mente di ragionare. 
Le offrì una mano e la rimise in piedi. Le cinse la vita con le braccia, mentre sentiva le sue gambe tremare appena dall’emozione. 
“Posso avere l’onore di…” soffiò sul collo della sua giovane sposa, mentre le mani aprivano la chiusura dell’abito e la sua bocca depositava soffici baci sulla schiena, per ogni bottone liberato dall’asola. 
Rose tremò appena sotto l’assalto della sua bocca. Si lasciò spogliare con calma, mentre le labbra del suo Dottore la vezzeggiavano di baci. Il vestito scivolò per terra in un fruscio di stoffa, subito seguito dal rumore irrequieto degli abiti del Signore del Tempo che cadevano sul pavimento. 
Con mano ferma le strinse una mano e la condusse al letto, facendola distendere al suo fianco. 
Si guardarono per un attimo senza fiato, intrecciando le loro dita ornate del prezioso anello. 
“Insieme?” domandò Rose ricercando gli occhi del suo sposo. 
“Insieme.” Rispose il Dottore solenne. 


~o0o~


Rose si svegliò di soprassalto, portandosi la mano alla testa. Scosse i capelli all’indietro, come a liberarsi dei pensieri che le avevano affollato la mente nel cuore della notte. Si mise seduta contro la testata del letto, guardandosi attorno spaesata. 
Era nella sua stanza nel TARDIS. Alla sua destra sul comodino c’era la foto della sua famiglia: Jackie e Mickey. Pete e il suo fratellino. Rotolò dall’altra parte del letto matrimoniale per accendere la luce: doveva ricordarsi di chiedere al TARDIS di procurarle una seconda lampada dal comodino, non poteva tutte le volte rigirarsi nel letto per avere un po’ di luce. 
“Strano.” Commentò massaggiandosi gli occhi e cercando la vestaglia caduta per terra. Se la drappeggiò sulle spalle meccanicamente, muovendosi sicura tra il caos della sua stanza. Infilò un paio di jeans pescati a caso dal fondo dell’armadio e tentò di ravvivarsi i capelli. 
Si sentiva la testa pesante, come se il giorno prima avesse bevuto troppo. 
Ondeggiò fino alla porta e quasi lanciò un’imprecazione quando il suo piede nudo andò a sbattere contro qualcosa.
“Accidenti!” sibilò massaggiandosi la parte lesa. Si chinò per terra per scovare il responsabile di questo atroce delitto e afferrò una cornice d’argento. Osservò confusa il piccolo dipinto che era lì rappresentato, sentendo il battito del suo cuore accelerare nel petto. 
“Ma cos-?” balbettò incredula. Si scagliò fuori dalla stanza alla ricerca del Dottore: doveva assolutamente parlarne con lui. 
Questi sbucò da dietro l’angolo reggendo due tazze di the tra le mani. 
“Dottore!” 
“Ah, Rose. Ti sei svegliata. Come ti senti?” 
“Bene. O almeno credo.” Biascicò la ragazza, mordicchiandosi nervosamente un labbro. 
“Qualcosa non va?” domandò posando le tazze per terra e sollevando una mano per carezzarle una guancia. 
“No, non credo. Ho solo fatto questo sogno,” cominciò a raccontare stringendosi la vestaglia al petto, “dove noi eravamo…” Si interruppe, guardando sconvolta la mano sinistra del Dottore. La fissò per qualche minuto senza fiatare, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua. Osò lanciare un’occhiata alla sua mano mancina, dove un anello simile faceva capolino. 
Erano due fedine uguali, due cerchietti d’oro molto semplici ma che spiccavano lucenti sulle loro dita. 
Rose deglutì nervosa, cercando la parola giusta per concludere la frase. Si portò la mano sinistra davanti al volto, per osservarla meglio. 
Inspirò a fondo e con voce appena tremante disse: “Ho fatto uno strano sogno stanotte.” 
“Oh! Anch’io ho fatto un sogno davvero singolare.” Disse il Dottore come se stesse ripescando un evento dalla sua memoria. 
“C’erano Donna e mia madre.” Iniziò a raccontare Rose. 
“E anche Martha e Wilfred.” Continuò per lei il Dottore. 
Si guardarono un attimo perplessi. 
“C’era anche Jack!” dissero in coro, spalancando gli occhi per l’incredibile rassomiglianza dei loro sogni. 
“Non lo trovi strano?” domandò Rose, annodandosi la vestaglia con un colpo secco. 
“Uhm… beh… non più strano del solito.” Minimizzò lui con un vago gesto della mano. 
“Oh, beh… ci siamo solo sposati. Una cosa che capita tutti i giorni.” Scherzò Rose con un leggero tono seccato nella voce. 
“Io lo trovo un passo in avanti, rispetto alle nostre solite avventure. Almeno non abbiamo dovuto combattere contro creature che ci volevano morti o, in alternativa, volevano conquistare la Terra.” 
“Sì, non posso darti torto. Anche se quelle due…” 
“Grimilde e Matilda, dici?” la interruppe lui, ripescando quei due nomi da un angolo della sua mente. 
Rose annuì, ancora meravigliata da quanto quell’avventura apparisse reale. “Due ossi duri davvero. Anche se abbiamo dato loro un bel po’ di filo da torcere. Ragazzaccia!” concluse lui facendole un occhiolino. 
Rose arrossì e gli tirò un colpetto sulla spalla. 
“Non che tu sia stato tanto un santarellino!” 
Si sedettero per terra posandosi contro muro del corridoio, spalla contro spalla. 
“Allora: ci siamo davvero sposati?” chiese Rose dopo un po’ giocando con la fede che brillava sul suo dito. 
Il Dottore la occhieggiò di sfuggita, distendendo le gambe davanti a sé e posando con un tonfo la testa contro il muro. 
“Qual è l’ultimo ricordo che hai?” le domandò inclinando il volto nella sua direzione. 
Rose arrossì fin sulla punta dei capelli e il Dottore fece schioccare la lingua sul palato, comprendendo al volo l’imbarazzo della compagnia. 
“Capisco. Quindi diciamo che l’ultimo ricordo che hai è di esserti addormentata là a villa Tyler.” Riepilogò il Dottore. Rose fece un cenno affermativo con la testa, mentre un brivido le attraversava la schiena. 
“Sì, e poi mi sono svegliata qui. Sul TARDIS.” Disse guardando il Dottore negli occhi, alla ricerca di una risposta. 
“Uhm… bene. Molto bene.” 
“Hai capito qualcosa?” lo incalzò speranzosa. 
“Uh? No. No, no. Volevo solo controllare se i nostri ricordi coincidevano.” 
Il Dottore rimase in silenzio per qualche minuto, perso nei propri pensieri. 
“E…” lo richiamò Rose, sempre in paziente attesa di una risposta. 
“Cosa?” chiese il Dottore, voltandosi verso di lei con quell’espressione da ‘mi sono perso qualcosa?’ sul volto. 
La ragazza scosse la testa del tutto rassegnata a dover spiegare ogni cosa da capo al suo Signore del Tempo. 
“I nostri ricordi – o sogni, che dir si voglia – coincidono?” 
“Ah, quelli! Sì, sì. Coincidono perfettamente!” 
“Qualche idea?” sbuffò Rose al limite ormai della pazienza, andando ad afferrare la propria tazza di the. Era ancora abbastanza caldo, per fortuna. Lo sorseggiò con calma, lasciando che quell’aroma di erbe le calmasse un po’ i pensieri in subbuglio. 
“No. Nessuna.” Rispose il Dottore, fissando con sguardo assorto la propria tazza di the. 
“Ultimo ricordo del TARDIS?” le domandò dopo un po’, sgranocchiando un biscotto che aveva scovato sul fondo di una delle tasche del completo. 
Rose ci pensò su un minuto, cercando di ripescare qualcosa di utile nei recessi della sua memoria. 
“È confuso.” Biascicò Rose, massaggiandosi distrattamente la tempia. “Più tento di andare indietro con i ricordi, più vedo solo nebbia. È lo stesso anche per te?” chiese, sperando che la mente del Signore del Tempo fosse molto più attiva della sua. 
Il Dottore rimase silenzioso per qualche attimo ancora, prima di balzare di colpo a sedere. 
“Ci sono Rose. Ci sono!” esclamò euforico, battendosi una mano sulla fronte. “Come ho fatto a essere così cieco? Era ovvio. Era palesemente ovvio!” 
“Cosa era ovvio?” 
“Ma il sogno! Dai, Rose, non dirmi che non te ne sei accorta!” 
“Accorta di cosa?” ripeté la ragazza, cercando di capire dove il Dottore volesse andare a parare, senza riuscire ad afferrare quale fosse l’anello mancante della catena. 
“Pensaci. Non c’era qualcosa di strano?” le chiese incalzate, cercando di spiegarle l’ovvietà della situazione. 
“Qualcosa di strano a parte tutto?” rispose la ragazza in uno sbuffo. 
“Dai, Rose. Non essere così pessimista. Sono così tremendo come marito?” le domandò facendole un sorriso da mascalzone. 
Il rossore colorò le gote della ragazza, facendole borbottare un’imbarazzata negazione. 
“Bene.” Rispose il Dottore ammiccando. “E ora, veniamo agli altri protagonisti di questo sogno. Chi c’era?” 
“Oltre ai due cani da guardia?” 
“A loro arriveremo dopo. Dai, Rose, è davvero semplice.” 
“Beh… c’erano mia madre e Martha. Anche Donna e Wilfred.” Elencò contandoli sulla punta della mano. “Jack e la madre di Donna.” Continuò, mentre il Dottore le faceva cenno di andare avanti. “Mio padre e Mickey.” 
“C’erano anche Sarah Jane e Harriet Jones.” Concluse l’elenco il Dottore. 
“Cosa ci facevano tutti lì?” 
“Ecco! È questa la domanda giusta!” commentò il Dottore euforico. “Lo sapevo che ci saresti arrivata. Sei fantastica!” 
“Ti avevo detto che era strano vedere così tante facce conosciute in un normale viaggio nel tempo, no?” aspettò l’assenso di Rose prima di continuare. “E questo doveva farmi scattare una qualche lampadina in testa, ma devo ammettere che la storia del matrimonio mi ha leggermente mandato in confusione.” Ammise un tantino imbarazzato. 
“Quindi?” lo richiamò Rose, prima che il Dottore si perdesse in uno dei suoi mille mila discorsi correlati. 
“Quindi dovevo accorgermi che era un mondo strano, ben diverso da quello a cui siamo abituati!” 
“Siamo finiti su un universo parallelo? Come io avevo giustamente detto?” 
Il Dottore mosse la testa a destra e a sinistra. 
“Sì e no. Più o meno.” Borbottò grattandosi il lobo dell’orecchio. 
“Qualcosa come mondo dei sogni?” provò di nuovo Rose. 
“Ecco! Qualcosa del genere.” 
“Spiegati meglio.” lo esortò la ragazza, bloccandolo nel suo andirivieni lungo il corridoio. 
“È stato il TARDIS a creare tutto quanto. Credo si sia intrufolato nei nostri pensieri più…” si fermò, cercando la parola più adatta. 
“Profondi?” gli offrì Rose. 
“Più intimi, direi.” Disse in un borbottio sconnesso. “Ha creato un mondo sulla base dei nostri sogni.” 
“Ok.” Gli concesse Rose. “Ma quindi, ammesso e non concesso che il TARDIS abbia creato tutto, che detto in parole povere si sia trattato di un sogno, non hai ancora risposto alla mia domanda: ci siamo sposati?” 
Il Dottore ondeggiò sui talloni a disagio. 
“E un sì e no, non mi va bene come risposta.” Lo anticipò la ragazza, incrociando le braccia al petto. 
“Uh… beh… vedendo le fedi alle nostre dita e il dipinto che hai in mano… direi di sì.” 
“Ah.” Fu tutto ciò che riuscì a dire Rose, presa in contropiede dalla situazione. 
“Quindi, nonostante sia stato tutto una sottospecie di strano sogno,” riepilogò la ragazza sbrigativa, guadagnandosi un’occhiata da ‘non è del tutto corretto, ma ti passo questa definizione spiccia’ da parte del Dottore, “noi siamo sposati.” 
“Già.” 
“Sposati, sposati.” 
“Sì. Sposati, sposati. Cos’ha che non va dire sposati una volta soltanto?” le domandò perplesso. 
Rose scosse la testa esasperata. Inutile: il suo Signore del Tempo non sarebbe mai cambiato. 
“E le due donne cos’erano?” 
“Oh, quelle! Solo le rappresentazioni della voce della nostra coscienza. Sai quella vocina fastidiosa che ti dice sempre di non fare quella cosa e tu, puntualmente, non le dai retta?” attese una risposta affermativa da parte della compagna. “Beh, quella Matilda era la voce della tua coscienza.” 
“Carina la tua, Grimilde.” Ribatté Rose, nascondendo una risata dietro la mano. 
“Ma quindi siamo proprio sposati?” 
“Sì. Certo.” 
“E ora dimmi, Dottore.” Disse Rose avvicinandosi al suo sposo e intrecciandogli le mani dietro al collo. Il Signore del Tempo la guardò con un velo di preoccupazione nello sguardo. Dalle sue parole aveva capito che la bomba non era ancora stata sganciata, ma sapeva che, non appena avesse toccato il suolo, avrebbe creato un bel po’ di scompiglio. 
“Per quanto sia onorata di essere diventata tua moglie, rimane un piccolo problema da affrontare: come lo diciamo a mia madre?” 





Fine
   
 
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