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Autore: Primb    23/05/2011    5 recensioni
"Correvo. Semplicemente, correvo, il bianco vestito da sposa pieno di macchie e strappi, lo strascico ormai ridotto a brandelli. I rami e gli arbusti della macchia mediterranea mi graffiavano il viso e le porzioni di pelle lasciate scoperte dalla veste nuziale. Mentre inciampavo nell'ennesima radice, sentii uno schiocco e un improvviso bruciore alla guancia. Me la sfiorai con le dita ricoperte dai guanti candidi e questi si tinsero di rosso. Sangue."
Genere: Generale, Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
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Anche questa va a ribrib20.  Per la sua infinita pazienza nel riportarmi, ogni benedetta volta, nel mondo reale. Grazie.

 

 

 

 

 

‡ Beautiful Novel ‡

 

 

Finalmente un po’ d’aria.

 

 

 

 

 

 

 

- NO! HERMES, BASTA COSì! –

Lily, ma che diavolo ti prende?! Lily? LILY!

- Non muoverò un altro passo da qui, sia chiaro! Io non mi muovo! –

Urlavo a squarciagola contro il vuoto, disperatamente, anche se mi faceva male la gola e sentivo in bocca il sapore del sangue.

Ci trovavamo in un quartiere di Atene che non conoscevo, ma che non doveva essere molto distante dal centro. Per fortuna era notte fonda e in strada non c’era nessuno, altrimenti avrei passato dei guai.

Alzai la testa al cielo, cercando un briciolo di conforto in quelle stelle che Milo ammirava ogni sera prima di addormentarsi, ma non ve ne trovai traccia. Sopra di me c’era solo una fitta coltre di tenebre, un’oscurità così densa che se mi ci fossi immersa ne sarei stata inghiottita. A quanto pareva, quella sera anche il cielo mi aveva voltato le spalle.

Che vuol dire che non ti muovi? Non puoi stare in mezzo alla strada con indosso l’Armatura!

Ancora la voce di Hermes a torturare i miei poveri nervi, già sufficientemente logorati da tutte le prove di quella notte. Anche il dio doveva essere piuttosto frustrato, o quantomeno esausto, perché non aveva mai avuto un tono così stridente.

Singhiozzai senza lacrime prima di urlargli addosso.

- Mio Dio Hermes, che hai fatto? Che ho fatto? – caddi a terra sbattendo le ginocchia con violenza, ma non mi curai del dolore. Con un gesto fiacco mi sfilai l’elmo e mi passai una mano tra i capelli, e solo allora le lacrime cominciarono a scendere copiose.

Allora mi investirono i ricordi di quella notte, e un’ennesima piaga, profonda e pulsante, si aprì sul mio cuore già lacerato.

 

 

 

Pochi attimi prima ci trovavamo alla Clara Domus, la mia vecchia casa.

Hermes aveva preso pieno possesso del mio corpo, perché sosteneva che dopo l’addio a Milo io fossi troppo sconvolta per mantenere il controllo della situazione.

Mio malgrado mi ero trovata d’accordo con lui, così avevo obbedito senza protestare.

Sotto forma di coscienza mi ero ripiegata su me stessa e avevo trovato un anfratto della mia anima in cui riposare. Da lì potevo vedere tutto senza agire, ero come spettatrice della mia stessa vita.

Hermes si muoveva veloce, con grazia, usava il mio corpo alla perfezione, mortale veicolo dei suoi gesti sublimi.

Arrivammo alla Clara Domus in un attimo, e senza esitare penetrammo nel suo antico cuore di marmo. Trovammo Brain quasi subito, non ci fu nemmeno bisogno di cercarlo. Non so se lui si aspettasse una nostra visita o se si trattò di un incontro casuale, ma il fatto che indossasse una vestaglia da notte mi fece pensare che uno scontro ravvicinato con Hermes non fosse esattamente nei suoi piani.

Inutile dire che i suoi scagnozzi arrivarono subito dopo, avvolti nelle loro Armature tintinnanti e fasulle, che sfavillavano di una luce illegittima.

Anche loro sembravano sorpresi di vedermi.

Hermes agì subito, senza dar loro il tempo di riaversi dalla sorpresa. Pronunciò un discorsetto ironico e pomposo, uno di quelli che era solito fare, e che le forti emozioni di quella sera mi avevano fatto scordare; poi cominciò a bruciare il suo Cosmo immenso.

Quei poveri diavoli provarono a sferrare qualche attacco, ma ogni resistenza si dimostrò vana, e dovettero presto piegarsi alla forza impetuosa sprigionata dal dio.

La concentrazione di Hermes era all’apice, così come la sua furia, potevo percepirlo benissimo. Aprì il palmo della mano destra e contrasse leggermente le dita: si materializzò una sfera densa di luce, che proiettava riflessi ramati lungo le pareti. Di qualunque diavoleria si trattasse, sembrava non costare troppo sforzo al dio, che in cuor suo si rallegrava, ed io potevo sentirlo, di poter ottenere la sua vendetta senza nemmeno sforzarsi di sfoderare il caduceo.

Notai che il viso di Brain aveva perso colore, e gli occhi dei suoi scagnozzi erano sgranati per la paura. Anche Hermes se ne accorse e ghignò, per poi scagliare contro di loro quel concentrato di pura energia. Ci fu un grido quasi disumano, poi i tre uomini scomparvero senza lasciare traccia.

Non realizzai subito cosa fosse accaduto. Mi sentivo frastornata, come se mi trovassi dentro ad un sogno, o chiusa dentro ad una campana di vetro, ermetica al mondo.

Poi la realtà mi colpì, improvvisa come lo scoppio di un petardo.

Avevo ucciso.

Sentii un brivido scivolarmi lungo le membra,e nelle mie orecchie si diffuse il suono sgradevole che emette il ghiaccio quando viene perforato. Ebbi come la sensazione che in me qualcosa si rompesse. Una crepa nell’anima, ecco cos’era. Una crepa che andava a poco a poco allargandosi, trasformandosi in un baratro.

All’improvviso mi tornarono le forze, mi sentivo vuota e invincibile allo stesso tempo, come una brocca che non teme di essere rotta.

Gonfiai la coscienza fino a che la mia anima, espandendosi, non riuscì ad occupare lo spazio originario. Hermes tentò di imporsi ma non ci fu verso, ero più forte perfino di lui. Lo relegai ad un brandello di subconscio, poi bruciai il Cosmo, azionai le ali dei calzari e volai via da quel posto maledetto.

Non pensavo di essere in grado di fare cose del genere; in effetti, tutte le azioni che compii quella sera andavano al di là di ogni mia immaginazione.

Ma quando stavo sorvolando un viottolo poco lontano dal centro la misteriosa energia che mi aveva mosso venne meno, e all’improvviso precipitai.

Fu Hermes ad impedire la caduta, prendendo ancora una volta il controllo. Ostinata, però, io mi imposi di nuovo, rivendicando la legittima proprietà del mio corpo e delle mie azioni.

Non sarebbe accaduto mai più.

Nessuno mi avrebbe più usata per fare del male.

Avevo lasciato che gli altri manovrassero la mia volontà, che decidessero per me, e alla fine ero diventata così passiva da lasciare che un omicidio si consumasse davanti a me senza che avessi il coraggio di fare nulla.

Come avevo fatto a cadere così in basso senza rendermene conto?

- NO! HERMES, BASTA COSì! –urlai.

Lily, ma che diavolo ti prende? Lily? LILY!

- Non muoverò un altro passo da qui, sia chiaro! Io non mi muovo! – singhiozzai.

Che vuol dire che non ti muovi? Non puoi stare in mezzo alla strada con indosso l’Armatura!

- Mio Dio, Hermes, che hai fatto? Che ho fatto? –

Caddi in ginocchio, senza neanche trovare la forza di curarmi dei singhiozzi che stavano trasformandosi in asma.

L’elmo non mi lasciava respirare. Me lo sfilai dalla testa, e con le lacrime che scorrevano senza freni lo scagliai lontano, sul selciato pietroso. Osservai il cimiero scarlatto ondeggiare nella polvere per poi fermarsi, come un serpente esotico che riposa.

Il colore di quelle piume ornamentali mi ricordò quello del sangue, e dovetti reprimere un conato per non rimettere.

Vidi le ali dei calzari agitarsi, segno che ancora una volta il dio cercava di prendere il sopravvento.

Bestemmiai mentalmente tutte le divinità che conoscevo, e di nuovo, con uno sforzo sovrumano, sovrastai la coscienza di Hermes.

Nemmeno ora riesco a spiegarmi come quella sera sia riuscita a tenerlo sottomesso per tanto tempo. Ma ormai evito di chiedermelo: quella notte le stelle, al riparo sotto la loro coltre di nuvole, assistettero a scene impensabili ed uniche, quasi si trattasse di pura magia.

In quel momento, però, non riuscivo a pensare lucidamente. Il mio turbamento non faceva altro che crescere, assieme alla moltitudine di domande che mi affollava la testa. Come faceva Hermes a non comprendere l’entità della mia angoscia? Come poteva pensare che io fossi d’accordo con lui, che acconsentissi ad uccidere un uomo, per quanto meschino?

Io pensavo che volesse limitarsi a rendere Brain innocuo, magari cancellandogli la memoria o esiliandolo in qualche universo parallelo. Mi aspettavo che gli infliggesse una di quelle punizioni tipiche degli eroi buoni, di quelli che sconfiggono i nemici ma non li annientano.

Invece l’aveva ucciso. Con le mie mani, poi.

Più ci pensavo e più saliva l’indignazione, che si trasformava prima in rabbia e poi in frustrazione, quando realizzavo che ero troppo piccola e troppo debole per gestire ciò che mi stava accadendo.

Lily, dammi retta…

- Vaffanculo, Hermes. –

In un attimo mi ritrovai con la faccia a terra, tutte le membra schiacciate da una forza invisibile e un braccio piegato all’indietro, in maniera innaturale. Gemetti per il dolore.

Ascoltami bene, mortale. Solo per il fatto che mi sono affezionato alla tua stupidità, non puoi permetterti tutto. Sono comunque un dio, portami rispetto! A denti stretti ho sopportato che tu, per capriccio, scagliassi via le mie Sacre Vestigia. Ma adesso è troppo! Non osare ingiuriarmi, Pecora! Non osare.

Non risposi nulla, mi limitai a tirare su con il naso. Avvertii che la tensione che mi avvolgeva gli arti andava sciogliendosi, e anche l’asma andava a poco a poco svanendo.

Ora ci teletrasportiamo dove dico io, e non azzardarti a protestare.

Tacqui ancora. Fu il buio attorno a me, e un istante dopo si aprì una luce lontana. Poi di nuovo il buio.

 

 

 

 

 

 

Sognai Milo quella notte, ma non fu un sonno lieto. Mi rovesciava addosso il suo colpo segreto, lo Scarlet Needle, come se fossi il suo peggior nemico. Io non avevo ancora visto quell’attacco di persona, ma lo sognai come un fiotto di scintille che mi avviluppava ustionandomi.

Lentamente, il rosso cominciò ad avvolgermi. Mi vorticava intorno feroce, e a poco a poco il volto di Milo scomparve, inghiottito da quel gorgo sanguigno.

Riaprii di colpo gli occhi, e subito fui costretta a richiuderli, perché mi colpì un intenso mal di testa, poco diverso da quelli che seguono un’ubriacatura. Ironia della sorte, mi ritrovai distesa in un letto con le lenzuola color porpora; anche le pareti della stanza in cui mi trovavo erano tinteggiate di una tonalità molto scura di rosso, e come se non bastasse dalla finestra potevo scorgere il mare, così ingiustamente azzurro, umido come lo sguardo di Milo quando mi aveva vista scappare in quel modo così vigliacco.

Andatevene tutti al diavolo, pensai.

Come facevo a dimenticare il Cavaliere di Scorpio, se lo vedevo in ogni cosa? Sembrava quasi che ogni dettaglio della mia ridicola, sciocca vita traboccasse di lui.

Serrai gli occhi con forza e sentii una lacrima vibrare tra le ciglia chiuse. Sarei certamente scoppiata a piangere se una voce sconosciuta non avesse interrotto quel patetico attimo di autocompatimento.

- Vedo che ti sei svegliata. Ti senti bene? –

Mi drizzai a sedere e subito, per via delle lacrime, non potei scorgere con esattezza i lineamenti di chi aveva parlato. Intuii però una figura esile e slanciata, con una macchia molto chiara in corrispondenza dei capelli.

Se ne stava ritta in mezzo alla stanza, combattuta tra la curiosità di avvicinarsi al letto e il timore di farmi una scortesia.

 Alla fine decise di mettere da parte l’imbarazzo, e camminando in maniera piuttosto impacciata arrivò fino al mio letto e si sedette sulla sponda. Aveva un modo bizzarro di stare seduto: la schiena leggermente sbilanciata all’indietro, le braccia tese a sostenere il peso del corpo e le gambe lunghe distese davanti a sé.

Era così alto che si comportava come se non sapesse dove mettersi per non dare fastidio, e le fattezze del suo corpo lo mettevano chiaramente a disagio. Provai per quello sconosciuto un moto improvviso di comprensione e simpatia.

Quando mi chiese ancora una volta se stavo bene, mi pulii gli occhi con il dorso della mano per scrutarlo meglio in viso.

I capelli luminosi e lisci incorniciavano un ovale diafano, in cui erano incastonati due occhi plumbei, di madreperla. Il cromatismo di quel viso era straordinario, delicato e indelebile allo stesso tempo.

Il naso era elegante e ben proporzionato, le labbra piccole ma piene. Aveva dei lineamenti soavi, quasi femminili dopotutto, ma la voce con cui mi aveva parlato, per quanto argentina, era senza dubbio quella di un uomo.

Arrivai a dubitare seriamente della sua sessualità quando scorsi una traccia di rimmel sulle ciglia, già nere e folte per loro natura. Non che avessi dei pregiudizi, per carità, ma quell’individuo era una contraddizione continua. Dire che fosse stravagante era niente.

- Chi sei? – chiesi allora, completamente dimentica dell’educazione e delle domande che mi aveva rivolto poco fa.

Quel tipo destava la mia curiosità molto più del posto in cui mi trovavo, per quanto anch’esso fosse piuttosto stravagante.

La creatura davanti a me parve colpita, sgranò per un attimo gli occhioni perlacei e infine sorrise, dando mostra di una perfetta fila di denti piccoli e lucidi.

- Il mio nome è Richard, ora ti trovi a casa mia. E…beh, in teoria sono tuo figlio.- rispose candidamente.

- E in teoria ti sbagli, perché non è possibile.- risi io, completamente convinta che si trattasse di uno sciroccato.

- In effetti non sono proprio figlio tuo. Hermes è mio padre, tutto qui. –

A sentire il nome di Hermes mi rabbuiai.

Richard dovette accorgersene, e si affrettò a dire:

- Oh, non preoccuparti. Il divino Hermes sta riposando ora, era molto stanco. Il suo Cosmo è appena stato risvegliato e si è già trovato costretto ad abusarne. –

Annuii meccanicamente, appena rinfrancata dal pensiero che per un po’ il dio non avrebbe interferito con i miei pensieri. Dopo quello che era successo lo sentivo come un traditore, un corpo estraneo che desideravo espellere il prima possibile.

- E così, tu saresti Lily. –

Annuii ancora. Non avevo alcuna voglia di intavolare una conversazione con quell’insolita creatura, ma le circostanza non mi permettevano di essere scortese. E a dirla tutta, avevo bisogno di distrarmi dal pensiero di Milo e degli altri Gold Saints.

Mi resi conto solo in quel momento di non averli nemmeno salutati tutti. Aldebaran mi avrebbe uccisa, se fossi tornata senza una scusa decente.

- Non sapevo che Hermes avesse figli – mugugnai con la voce un po’ roca, anche se mi sforzavo in tutti i modi di risultare amichevole.

- Il fatto è che non va molto fiero di questa cosa. Comunque, oltre a me ha messo al mondo altri due disgraziati. Per rispondere ai tuoi interrogativi sul mio aspetto, io sono la reincarnazione di Ermafrodito.-

Inarcai un sopracciglio, scettica.

- Ermafrodito, figlio di Hermes e di Afrodite. –

Benissimo, ora lo conoscevo. Peccato che la cosa non mi interessasse quasi per niente. Ma lui continuò, imperterrito:

- Ho ereditato da mio padre la scaltrezza e l’intelligenza, i miei pregi migliori. Da mia madre, invece, ho preso tutte le debolezze.

- Davvero? – domandai. Va bene che di lui non mi importava nulla, ma un po’ di curiosità non mi avrebbe certo fatto male.

In risposta Richard mi sorrise, malizioso, eppure in qualche modo sincero.

- Vedo che la nostra conversazione comincia ad interessarti, mia cara. E’ proprio vero che la curiosità è donna! –

- E’ solo cortesia. – mentii.

- Ah, ingenua e bugiarda. Ora capisco perché mio padre ha scelto di reincarnarsi in te, è una mescolanza di qualità che lo diverte molto. E non nego che affascina anche me.-

- Quando Hermes si è reincarnato in me non poteva certo prevedere quale sarebbe diventato il mio carattere – replicai, vagamente risentita.

Richard inclinò appena un angolo della sua bocca delicata in una smorfia che poteva sembrare un ghigno. In quell’istante le sue labbra mi sembrarono petali sgualciti, i suoi occhi scrigni di vetro vuotati del contenuto. Era dotato di una bellezza innaturale ed inspiegabile, il suo volto era un componimento di parole vuote ma dolcissime. Non riuscivo a smettere di contemplarlo.

- Ho ereditato da mia madre la capacità di amare. – continuò, riprendendo il discorso da dove era stato interrotto.

- E perché sarebbe una debolezza? – domandai, convinta di non voler conoscere davvero la risposta.

- Lo è, quando ami il Creato e l’Amore sopra ogni cosa. –

- Quindi vuoi dirmi che tu…ami l’amore? –

- Amo l’amore, e non solo. –

- Senti, ho avuto una serataccia. Ho un mal di testa terribile, mi sono svegliata in un posto che non ho mai visto e sto conversando da parecchi minuti con una persona che non conosco. Puoi, per pietà, farmi il favore di risparmiarmi queste rispostine enigmatiche? –

Una vaga smorfia di delusione deformò il volto del mio interlocutore, appena un attimo, poi su quei lineamenti perfetti tornò la pace.

- Ti credevo un’entusiasta. E’ un peccato che la mia esibizione da vate sibillino non ti sia piaciuta. –

- Sono cose che mi danno i nervi. – stavolta sorrisi, sinceramente cordiale: Richard cominciava a starmi simpatico.

- Ad ogni modo – continuò – quello che stavo cercando di dirti è che anch’io, pur essendo figlio di Afrodite, sacerdote dell’Amore e devoto ad Eros più che a mia madre stessa, ebbene, anche io mi sono innamorato, e di una donna, una soltanto. –

- Oh. – sussurrai appena, rapita più dall’enfasi con cui Richard raccontava che dalla storia stessa.

- A dire la verità non era proprio una donna,era una ninfa. Si chiamava Salmace, ed era bellissima. Aveva dita sottili, e labbra rosse come le ciliegie. Come ti ho già detto, me ne innamorai perdutamente.-

Qui Richard si fermò a prendere fiato, passandosi una mano tra i capelli. Lo sguardo perso nella memoria e la malinconia della sua espressione avrebbero dovuto obbligarmi ad un rispettoso silenzio, ma la curiosità di conoscere la fine della storia era così tanta che mi ritrovai a sfiorargli un braccio, senza pensare, con l’attesa dipinta in volto.

- Amai lei. – riprese lui – Solo lei, lei e basta. L’amai di giorno, di notte, nel corpo e nell’anima. L’amore che per natura provavo verso il resto del mondo non era affatto diminuito, e questo era curioso, ma ciò che provavo per Salmace era un sentimento che andava oltre, trascendeva regole e obblighi. –

Il mio interlocutore fece una nuova pausa, seppur breve, per leccarsi le labbra riarse. Era di una lentezza sfibrante.

- Quando il mio cuore fu così pieno d’amore che pensavo sarebbe esploso, il Fato ci colpì sotto forma di dèi capricciosi.-

Annuii. Dèi capricciosi. Ne sapevo qualcosa.

- Erano invidiosi del nostro amore, e quando chiedemmo loro di restare uniti per sempre ci presero in parola. Saldarono insieme le nostre membra, con il preciso intento di farci il peggiore dei torti. Ma non sanno che da quel momento il nostro amore non fece che crescere, e anzi, benedimmo quell’unione che ci rendeva tanto vicini da non poter più distinguere dove finissi io e dove iniziasse lei.-

- Vuoi dire che gli dèi hanno fuso i vostri due corpi? –

- Tanto che adesso non è più possibile distinguere il mio sesso da quello di Salmace, proprio così. –

- Ma è abominevole. –

- Da fuori lo può sembrare, e così sperarono gli dèi invidiosi. Invece da quel momento il nostro sentimento è completo.-

La leggenda di Ermafrodito, la creatura senza sesso.

Colui a cui avevo sempre pensato come ad un errore, un aborto della natura, ora si rivelava essere la più alta espressione d’amore.

Amore senza confini, amore senza giudizio, amore senza paura.

Da quella creatura avrei imparato molto più di quel che pensavo.

A quel punto mi sembrò doveroso chiedergli perché aveva deciso di raccontarmi una storia tanto intima.

- Perché nel tuo amore ho intravisto l’ombra del mio – rispose – e voglio aiutarti. E perché mio padre ha dimenticato da troppo tempo qual è il vero sapore dei sentimenti. E’ ora che ricordi, e spero nel tuo sostegno.-

Non feci altre domande, perché mi sembrava che quelle parole sgorgassero da una ferita interiore molto antica, ma ancora pulsante e viva.

- Dimmi cosa devo fare, Richard. Come posso insegnargli ad amare? –

- Non devi insegnargli – precisò lui – devi aiutarlo a ricordare. Non sarà difficile, la sola cosa che ti chiedo è di ritornare ad uno stato primordiale.-

- Scusa ma non capisco… - farfugliai.

- Come chi ha appena imparato a parlare, devi descrivergli ciò che senti, vedi, desideri e speri.-

- Non credo proprio che sarà sufficiente.- replicai, piuttosto scettica.

- Sì, se sarai sincera. Il suo cuore non è ancora del tutto impermeabile ai sentimenti. Capirà, vedrai.-

Detto questo, Richard mi congedò con un timido inchino. Disse che aveva la sensazione che molto presto Hermes si sarebbe svegliato, e temeva che potesse scoprire i nostri piani, mandandoli all’aria.

Rimasta sola, cominciai ad esplorare un po’ la stanza in cui mi trovavo. Era a pianta rettangolare, con le pareti di un insolito color porpora; anche le lunghe tende erano della stessa tonalità di rosso, perciò non c’era da stupirsi se quando mi ero svegliata la prima cosa che mi era balzata agli occhi era stata quella tinta inusuale.

Ora che me ne accorgevo, però, anche l’arredamento non aveva nulla di ordinario. Soprammobili dal design moderno erano affiancati in maniera stridente ad antichi ornamenti di stampo orientale, mentre un camino decorato in marmo verde dava lugubre mostra delle sue ceneri spente in un angolo della sala.

Quattro semicolonne sottili definivano l’architettura dell’intera stanza, che aveva un soffitto molto alto e terminava con una volta a crociera. Notai che, all’interno della volta, le quattro lunette delimitate dai costoloni erano decorate con un ciclo di affreschi, mentre nelle vele, poco più piccole, potevo scorgere dei bassorilievi che raffiguravano dei falli.

Imparai dopo che quello era il simbolo di Hermes, ma sul momento preferii non farmi domande.

Non feci in tempo a interessarmi del contenuto degli affreschi, perché la mia attenzione fu catturata da un’enorme libreria che prima non avevo notato.

Avevo delle conoscenze di filologia molto essenziali, ma sapevo certamente riconoscere quando un tomo era antico; e sono sicura che in quella biblioteca fossero racchiuse opere rarissime, in edizioni che risalivano ai primi anni dell’Umanesimo. Ero affascinata.

Senza pensarci, presi in mano una copia de “La Gerusalemme Liberata”. Sopra la pergamena della copertina, annerita dal tempo, era posta un’etichetta sicuramente moderna, su cui erano appuntate le cifre 1581. Ingenuamente, per prima cosa pensai che si trattasse del prezzo.

Non è il prezzo, stupida. E’ l’anno della prima edizione integrale, e tu sei pregata di mettere a posto quel tomo prima di disintegrarlo. Non puoi nemmeno immaginarne il valore.

Rabbrividii, mentre due pensieri mi folgorarono: stavo toccando un tomo raro, il cui valore superava il mio peso in oro. Wow.

La seconda cosa che pensai fu che Hermes si era svegliato davvero di pessimo umore. Per riuscire a combinare qualcosa di buono con lui avrei dovuto fare appello a tutta la mia pazienza.

Appoggiai il tomo su un tavolino di vetro, poi mi avvicinai a grandi passi verso uno specchio che prima non avevo notato.

Hey, Pecora! Rimettilo subito dov’era!

Ignorai gli strepitii di Hermes, che giudicai piuttosto come una richiesta di attenzioni, e cominciai a scrutare l’immagine che mi restituiva lo specchio.

Ero sempre io, né più grassa né più magra, alta esattamente come prima. L’unica differenza con la Lily di qualche giorno fa erano solo le occhiaie più marcate e il colorito insano della pelle e dei capelli. Ma per il resto non ero assolutamente cambiata.

Non nego la delusione che provai per questo.

Andiamo, avevo fatto una scelta importante, il cuore mi si era spaccato a metà, stavo dando una svolta radicale alla mia vita e mi sembrava doveroso, da parte del mio corpo, cambiare in base alle mie esigenze. Non so, speravo di avere gli occhi più luminosi, le spalle più ampie…un cambiamento, di qualsiasi tipo. E invece niente.

Ti conviene lavarti. In fondo alla stanza c’è una tenda, e dietro quella una vasca. Dentro uno scrigno troverai un olio a base di ambrosia,  usa quello, diventerai più bella. Anche se per un miracolo così mi chiedo se l’ambrosia sia sufficiente…

Sempre più ostinata ad ignorare ogni tipo di provocazione mi recai verso la tenda indicatami dal dio. Mi ritrovai a sorridere, perché nonostante l’assurdità della situazione il pensiero di una doccia rigenerante non poteva che mettermi di buonumore.

 

 

 

 

 

 

Dopo la doccia, mi ero vestita con una tunica bianca, semplice ma preziosa, che Richard aveva lasciato sul letto assieme ad alcuni bracciali dorati e un nastro per i capelli. Mi guardai allo specchio così agghindata, non ero niente male! Sembravo completamente rinata, l’ambrosia faceva davvero miracoli.

Trovai in un angolo della stanza una sacca contenente alcuni medicinali, un cappello dalla tesa molto larga e qualche altro oggetto strano che non identificai. Ripiegato sul tavolo di vetro c’erano anche un mantello dall’ampio cappuccio e una sciarpa blu.

Mi sfuggì un risolino entusiasta: Richard non aveva lasciato niente al caso, non c’era un dettaglio che potesse andare storto.

Qui c’è qualcosa che mi puzza. Cosa diavolo stai tramando?

Il mondo reale era scomparso, e un mondo onirico aveva preso il suo posto. Lo scenario della nostra battaglia sarebbe stato quello, dunque.

- Non voglio nasconderti niente, Hermes. Torno al Santuario di Athena, voglio dire a Milo che lo amo e che sono stata un’idiota. –

Tu sei impazzita. Mi sembrava che ne avessimo già parlato.

- Il fatto è che nel profondo del mio cuore non ho avuto il coraggio di contraddirti. –

Ma che…? Pensavo che non volessi metterlo in pericolo, Lily! Credevo che le mie ragioni fossero abbastanza valide!

- Le ragioni del cuore lo sono di più! –

“Le ragioni del cuore”, ma certo. Hai incontrato quella checca di mio figlio, vero? E’ stato lui ad infilarti in testa certe idee! Se lo prendo, per Zeus…

- Richard non c’entra niente! L’idea di tornare al Santuario è solo mia. E tra parentesi, è una persona eccezionale ed intelligente. Non dovresti darlo così per scontato. –

Talmente intelligente che ora si ritrova fuso con una sgualdrina.

- Quella che tu chiami sgualdrina è la donna che lui ama!-

Sì, certo, certo. Dunque questo stupido atto di ribellione sarebbe un’idea tua, eh?

- Proprio così. –

Va bene, allora...tu ami Milo, non è così?

- Sì. –

Però l’hai lasciato solo.

- Contro la mia volontà.-

Se l’avessi amato davvero saresti rimasta con lui.

- Lo so. E’ per questo che voglio tornare al Santuario. –

E una volta al Santuario, cosa farai?

- Gli dirò quanto lo amo. -

Ma non è la verità, Lily. Senza di lui mangi, dormi e respiri comunque. La vita ti è cara anche se lui non c’è, il pensiero di togliertela per amore non ti ha mai nemmeno sfiorata. Non è vero che lo ami, sei diventata bugiarda anche tu.

- Sei tu che menti, Hermes, e lo sai. Il mio sentimento non è una bella veste, non è una ferita da mostrare con orgoglio. E’ uno scorrere impetuoso, un gorgo ardente, un desiderio intimo. E’ segreto, è sacro, è nostro. –

Sei solo una Pecora che vomita luoghi comuni.

- Ma non lo vedi il mio amore, tu che vivi in me? -

Non vedo proprio niente.

- Allora sei cieco, oltre che bugiardo. -

Stai diventando patetica.

- Amo Milo. Amo il rumore dei suoi passi sul marmo del tempio, amo ogni singola cosa che mi ha insegnato; amo il modo in cui le sue mani mi sfiorano mentre camminiamo, amo tutte le parole che non mi ha detto; amo il suono del suo nome, amo il modo in cui i suoi occhi luccicano mentre facciamo l’amore; amo il suo profumo, amo i momenti in cui i nostri sguardi si incrociano, amo tutto ciò che vede quando guarda lontano. Io lo amo, e se tu non sei disposto ad accettarlo sei un vigliacco. Tu, che sei fuggito dall’amore, ora fuggi via da me, perché io ho deciso di arrendermi, di arrendermi a Milo, e se tu non sei d’accordo sigillati in me, chiudi la tua coscienza per non aprirla mai più, lascia che la tua stella si spenga e che tutte le persone che ti sono care si dimentichino di te. Va’ via, vincitore, colpevole di non aver avuto il coraggio di accettare la resa. -

Il mondo onirico in cui mi ero trovata immersa si dileguò, e mi ritrovai supina sul letto dalle lenzuola color porpora.

Il mio petto si alzava e abbassava a scatti irregolari, scosso dai singhiozzi, e gli occhi erano talmente incrostati di lacrime che faticavo ad aprirli; sulla tempia una vena mi pulsava dolorosamente.

Sentivo una mano tremante accarezzarmi i capelli con una dolcezza insicura, come se volesse consolarmi ma fosse trattenuta da qualche timore. La discussione con Hermes doveva essere stata terrificante a vedersi, se perfino il calmissimo Richard versava in quello stato di panico.

Con uno sforzo eroico aprii totalmente gli occhi e mi sollevai. Vedere che la stanza era in condizioni disastrose, con i vetri infranti, i soprammobili a pezzi e qualche buco nel muro non mi stupì più di tanto. Del resto, durante il nostro confronto avevo percepito il Cosmo del dio ribollire di sdegno e rabbia, soprattutto alla fine. Era ovvio che sarebbe esploso, dovevo aspettarmelo.

Mi alzai in piedi e cominciai ad aggirarmi per la stanza, sotto lo sguardo preoccupato di Richard.

Mi sentivo dentro un tenue sentimento di trionfo, come uno squillo di tromba suonato a basso volume.

Mi fermai di fronte al grande specchio, spaccato in una raggiera di frammenti dal divampare del Cosmo divino.

Al mio timido sguardo di vittoria Hermes ne sovrappose uno ferito, furibondo. Il vetro mi restituiva l’immagine di un ragazzo dai capelli arruffati, le spalle esili, le gote pallide e i polsi sottili.

Hermes non mi sembrava più imponente, la sua figura non mi incuteva più il timore di un tempo. Eravamo alla pari, adesso.

- Ti odio – sibilò, ma per un secondo mi sembrò di cogliere nel suo sguardo una scintilla di divertimento e approvazione.

- Odio te e le tue lacrime dannatamente giuste.- disse poi, a voce più alta.

- Avanti, adesso renditi presentabile, che dobbiamo andare. – mi intimò poi, infastidito dal mio silenzio.

- Andare dove? –

- Al Santuario di Athena, stupida. Sarò anche il signore degli ingannatori, ma so riconoscere una sconfitta. E poi, è arrivato il momento di fare le cose come vanno fatte. –

Lanciai un gridolino di vittoria, che lui smorzò subito con una frase del tipo “Altrimenti chissà quanto frignerai ancora!”.

Lo stesso mi esibii nel più radioso dei miei sorrisi, cosa che non facevo veramente da tanto tempo, e so che anche Hermes fu tentato di imitarmi. Ma non lo fece, il suo orgoglio non gli avrebbe mai permesso di piegarsi anche a questo.

Ce l’avevo fatta, avevo sconfitto me stessa, il nemico più grande.

La ruota cominciava a girare, finalmente.

 

 

 

 

 

 

 

 

Alloraalloraallora? Si capisce bene? Com’è venuto? Atrocemente noioso? Roba da maledirmi dopo due righe?  *ansia!*

Cooomunque, scusate il ritardo! Sono un’animale, c’è poco da dire.

Vi giuro però che non credevo fossero già passati mesi dall’ultima volta che avevo pubblicato! ( è meglio che prenoti una visita neurologica, ne sono consapevole! ç_ç)

Passiamo ai DOVEROSI ringraziamenti:

Ribrib20: Niente rosa, per carità. Non volevo, giuro, ma per un avvoltoio mi sembrava un colore simpatico! XD Vada per il corvaccio nero, allora! :D Come vedi il capitolo è finalmente qui, non era proprio il caso di perdere altro tempo! Come ti sembra? E’ troppo complicato, anche a livello di struttura e di stile? Lily e gli altri sono odiosi e pallosi presi da soli? E’ una sgradevole sensazione che non riesco a levarmi di dosso! .-. Ormai non riesco più a trovare il modo di ringraziarti senza sembrare una disgustosa lecchina, ma tu sai quanto il tuo aiuto sia prezioso! J

Tsukuyomi: Ciao! :D Ci hai visto giusto, direi. Hermes ha un passato molto interessante che non tarderà ad emergere ( cercherò di inserire qualche spunto originale senza allontanarmi troppo dal mito originale), e Lily deve solo svegliarsi. Ha tanto potenziale, ma lo scoprirà solo strada facendo. Come ti sembra questo passo verso il cambiamento? Banale, scontato? Oddio, mi sento una di quelle insostenibili madri ansiose! D: Grazie per aver seguito questa storia fino a qua, con i miei insopportabili alti e bassi! Spero che questo capitolo non ti deluda! ^_^

LoVe_PeAcE: Ciao, che piacere sentirti! ;) Come vedi, Hermes aveva qualcosa di nascosto, ma la verità non è ancora venuta del tutto a galla! Dal prossimo capitolo dovremmo avere anzi un po’ d’azione, spero che la cosa non ti dispiaccia! :D Grazie tante per la recensione, sei stata davvero molto carina!

LadyVirgo: Ciao! Mi dispiace tanto, ma alla fine quella fifona di Lily se l’è svignata senza nemmeno salutare tutti i Saint! Ma se tornerà al Santuario, penso che qualcuno non gliela farà passare liscia! ;) Sono veramente felice che la mia storia ti emozioni, non sai che piacere! J anche per te, vale lo stesso discorso: dimmi assolutamente cos’hai trovato pesante o malfatto in questo cap, perché non mi convince! .-. Grazie ancora per la recensione!

Grazie infinite anche a chi ha letto questa storia fino a qui e chi l’ha inserita tra le seguite o le preferite! *scodinzola*

Ciao Hitsu! :D

Un bacio

stan

 

  
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