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Autore: Francibella    26/05/2011    2 recensioni
Da Peter Pan di P.J. Hogan. Ambientata qualche anno dopo la fine del film (non tiene conto dell'epilogo raccontato nel film). Wendy, quasi in età da marito, è una giovane disillusa, che si punisce per una colpa attribuitasi da sola: quella di aver amato. Riuscirà ad uscire da questo status ed essere, finalmente, felice?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Peter Pan, Wendy Darling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La vita è una questione di scelte.

Da Peter Pan di P.J. Hogan. Ambientata qualche anno dopo la fine del film (non tiene conto dell'epilogo raccontato nel film). Wendy, quasi in età da marito, è una giovane disillusa, che si punisce per una colpa attribuitasi da sola: quella di aver amato. Riuscirà ad uscire da questo status ed essere, finalmente, felice?


La vita è una questione di scelte. Se sei una ragazza della Londra bene di fine Ottocento, lo impari presto. Devi scegliere le persone giuste di cui circondarti, scegliere gli abiti giusti, i posti giusti e le cose giuste. Scegliere. Ma non puoi scegliere molte altre cose. Non puoi scegliere di divertirti senza pensieri, non puoi scegliere cosa pensare di qualcosa o qualcuno e non puoi scegliere di amare. La vita non fa sconti a nessuno, ognuno ha il suo ruolo nella società e il mio mi era chiaro. Io avevo fatto una scelta, avevo scelto di amare e avrei convissuto con questa scelta, sbagliata, per tutta la vita. Perché nel mio futuro non c’era l’Amore. Avrei amato i miei genitori, i miei figli, il mio cane. Ma non avrei mai potuto invecchiare con la persona che amavo davvero. Perché lui non invecchia. Nessuno sa, perché nessuno capirebbe mai. I miei genitori non avrebbero capito. Sono così orgogliosi di me. Intelligente, educata, rispettosa, simpatica, sorridente, bella e ricca. Questo sono io per gli altri. Non fraintendete, lo sono davvero, ma lo devo essere, per nascondere la mia colpa. Non puoi amare qualcuno che non sposerai e non puoi sposare colui che ami, o almeno non nel mio caso. Mi sono condannata da sola ad un futuro di infelicità, per aver amato per poco tempo. Ma l’Amore, ho imparato, è così, non fa sconti, ti dà tanto, ma ti toglie il triplo. Sembra buffo detto da una ragazzina di quasi sedici anni, ma mi sento addosso il peso degli anni che lui non sta vivendo. Ogni momento invecchio, cresco direbbe mia madre, e lui no. Mi sembra di invecchiare per entrambi.
Sono bella, me lo dicono tutti. Io odio essere bella. Essere bella vuol dire sposarsi presto, perché in tanti vorrebbero essere mio marito, ma soprattutto vuol dire che tra tanti pretendenti mio padre ne sceglierà uno. E se non fosse quello giusto? Magari era quell’altro. Essere bella vuol dire sentirsi guardata da tutti, quando mio padre mi presenta ad amici e colleghi, posso vedere come loro analizzano, per loro stessi o per i loro figli. Essere bella vuol dire avere poche amiche, perché in una società dove la cosa migliore che possa capitare ad una giovane ragazza è contrarre il matrimonio migliore, l’invidia è il pane quotidiano.
Poi, io dico, riflettiamo sui termini. Si dice contrarre matrimonio, ma si dice anche contrarre una malattia. È possibile questa cosa? Certo che lo è, perché il matrimonio è una malattia. Invecchi più velocemente, quando ti sposi. E io non riesco a fare i conti con la realtà, mi fa troppo male ammettere che, probabilmente, quando compirò diciassette avrò la sua età e poi sarò più vecchia di lui. Sebbene lui non abbia età, esteticamente sembrerà sempre un diciassettenne, mentre io compirò diciotto, venti, trenta, sessanta anni e poi morirò. A lui non succederà nulla di tutto ciò.
John e Michael mi chiedono di lui in continuazione, non capiscono che ricordare fa male, ma fin fondo è tutto quello che posso fare. Vivere nei ricordi, perché io e lui viviamo in due dimensioni completamente opposte. Io vivo nel presente, che è subito passato, e aspetto il futuro. Lui non ha passato, perché lo ha rifiutato, non ha futuro, vive in un eterno presente. Un presente che non passa mai. So che non è solo, ma è più solo di prima. Gli ho portato via i Bambini Sperduti, sperando che loro colmassero quel vuoto che lui ha lasciato in me. Voglio bene a tutti loro, ma non sono Lui. Nonostante questo non è solo, ha Lei, lei che sarebbe stata la mia grande avversaria se io e Lui ci fossimo potuti amare liberamente. Avrei preferito infinite volte litigare con Lei, ma avere Lui, che la mia attuale situazione.
Avevi promesso che non mi avresti dimenticato, ma ormai lo hai fatto.
Avevi promesso che saresti tornato, ma non ti ho più visto.
Avevi (tacitamente) promesso di amarmi, ma non credo che abbia mai nutrito per me qualcosa di più di un amichevole affetto.
Io non l’ho dimenticato e lo amo.
«Wendy»
«Si mamma?»
«Tesoro, è arrivata la sarta per confezionarti l’abito per la festa di sabato. Scendi per favore.»
 
Quando ero bambina, credevo che da grande sarei stata una specie di principessa, avvolta da splendide stoffe, ammirata e amata da tutti. È così, solo che la vita da “principessa” fa schifo. Provare i vestiti è estenuante, ma non posso lamentarmi, io sono colpevole.
«Di chi è la festa?»
«Wendy! Te l’avrò detto almeno dieci volte.» I nomi degli amici di mia madre non mi staranno mai in mente, anche perché non sono interessata. «Di Sir Hurd-Wood, deve fare un annuncio importante, probabilmente si ritira dagli affari, è un po’ vecchio ormai.» Posso ricadere nella mia apatia quotidiana, basta sapere il cognome dei padroni di casa, basta questo.
Posso tornare alla mia occupazione quotidiana, cercare di non perdermi nel mio mondo, perché allora mi ritroverei inevitabilmente nel suo, che per me è passato. E i ricordi portano l’amore. E l’amore uccide.
«Wendy»
«Si papà?»
«Sei pronta?»
«Un’ultima pettinata.»
«Prima di venire, saluta tuo fratello.» Troppo piccolo per venire con noi, dicono i miei. Troppo innocente per questo ambiente.
«Ciao John, io vado.»
«Non puoi stare a casa e raccontarmi una storia?»
«Stavolta no, devo andare. Ciao John, buonanotte, a domani.»
«Non è un arrivederci, è un addio questo. Tu sei cresciuta!» Sento il suo tono di accusa, ma vorrei che lui capisse che non ho potuto fare altro, sono dovuta crescere, non avevo alternative.
«Non dire mai addio, perché addio significa andarsene, e andarsene significa dimenticare. E tu non mi vuoi dimenticare.»
«Io rivorrei la vecchia Wendy, quella sempre sorridente, che si divertiva con me e Michael e ci raccontava le storie. Non questa Wendy, perfetta, impeccabile e noiosa.»
«Un giorno crescerai e capirai»
«Non voglio crescere, allora. Non voglio diventare … noioso!»
«Non puoi non crescere, tutti crescono; ma forse non diventerai noioso, anzi sono sicura di no. Buonanotte John.»
Tutti i bambini crescono, tranne uno. L’unico che vorrei che crescesse, con me.
«Sii gentile, mi raccomando.» «Guardati intorno, fai conoscenza con qualcuno» «Ormai hai sedici anni, è ora che pensi al futuro» «Sorridi» Le solite raccomandazioni si perdono nello stretto spazio della carrozza. Sarò gentile, sicuramente, conoscerò qualcuno, probabilmente, il pensiero del futuro sarà costante, certamente, e forse sorriderò, un poco, ma non mi divertirò, non sarò felice.
Senza essere vista, esco nel giardino. Di questa villa più che gli splendidi saloni, adoro l’esterno, la moglie di Sir Hurd-Wood è figlia di un naturalista ed è cresciuta tra piante e libri sulle piante, così, appena sposata, ha fatto in modo che la sua casa avesse un giardino da far invidia al palazzo del re. Nonostante sia primavera inoltrata, fa fresco e il mio leggero vestito mi fa rabbrividire un po’, ma qui finalmente sto bene, lontana da quel mondo finto che mi aspetta. Se qualcuno mi vedesse ora, probabilmente penserebbe che io sia uno spettro o un fantasma. I capelli biondi, la pelle bianca e il vestito azzurro non mi rendono proprio molto ... corporea alla luce della luna.
Cammino un po’, senza una meta, per poi tornare verso il patio e da lì di  nuovo nel salone. Un rumore mi fa voltare. Non c’è mai nessuno, ma il problema è che io non dovrei essere qui. Non vedo niente, continuo a camminare con un passo più svelto. Alla fine è quasi una corsa, inciampo su un sasso e quasi caso per terra, per fortuna che riesco ad appoggiarmi alla staccionata della veranda. Rimango qualche secondo appoggiata, per riprendere fiato. Un nuovo rumore, passi, sempre più vicini.
«Buonasera» Sono paralizzata, ho troppa paura per voltarmi, tutto il coraggio che avevo qualche anno fa è rimasto con Lui. «Tutto bene, miss?» Annuisco con la testa, incapace di parlare, nonostante la voce mi tranquillizzi. «Vi siete fatta male? Vi ho vista inciampare.» Scuoto la testa, con un po’ troppa veemenza, tanto che una molletta cade a terra. Quella che fino ad ora era per me un’ombra, si avvicina, si piega e mi porge la molletta. Ancora troppo impaurita e imbarazzata non oso guardarlo negli occhi e riprendo la forcina con dita tremanti. «Siete sicura di stare bene? Mi sembrate spaventata? Spero di non essere stato io ad impaurirvi.» Delicatamente mi prende il mento con una mano e me lo solleva, fino ad incontrare i miei occhi. Appena lo vedo in viso, la sorpresa è tale che mi allontano di parecchi centimetri velocemente, disfacendo completamente l’acconciatura. I capelli mi ricadono in delicati boccoli sulle spalle, ma non potrebbe interessarmi di meno.
«Wendy»
«Peter»
«Sei proprio tu?»
«Sono io che dovrei fare questa domanda a te. Cosa ci fai qui? Sei … cresciuto.»
«Wendy»
«So come mi chiamo, grazie. Vorrei delle risposte precise!»
«Wendy … mi … sei … mancata … tanto» è un sussurro, ma lo sento.
«Cosa ci fai qui?»
«Ero stanco di non crescere»
«Non ti credo, tu stesso hai detto che eri contento di rimanere … in una fase indefinita di età per sempre. Tutti i bambini crescono, tranne uno. Tu.»
«Wendy» Ripete di nuovo il mio nome, si avvicina, chiudo gli occhi, forse quando li riaprirò non ci sarà più.
«Peter, ho sofferto tanto. Non farmi male ancora. Avevi detto che saresti tornato, non l’hai fatto.»
«Sono qui ora!» Ormai sono nelle sue braccia. «Per sempre»
«No, Peter, qui siamo nella vita vera. Non c’è il per sempre per quelli come noi. Io sto ancora scontando la mia punizione per aver amato, non c’è un futuro per noi. Torna a fare l’eterno bambino, è più facile.»
«Non voglio qualcosa di più facile. Voglio te. Voglio che ci possa essere un noi.»
«Credi che ci possa essere? Scusa, ma ti stai illudendo, io ho smesso di farlo da tempo.»
«Tu hai smesso di sognare, il che è ben diverso.»
«Forse hai ragione, Peter, ma mi faceva troppo male»
«Non soffrirai più con me, te lo prometto. Non ti farò soffrire, dammi una possibilità»
«E di che vivremo, Peter? Di sogni?»
«Da quando sei così … pragmatica?»
«Da quando sono diventata adulta, Peter!»
«Avevo ragione io, sarebbe meglio non crescere.»
«Allora cosa ci fai qui?»
«Volevo quello che hanno tutti, tranne me. Una famiglia, una mamma, un papà, degli amici, una casa, qualcuno che si prendesse cura di me. E soprattutto volevo te.»
«Volevi me …»
«Per sempre, Wendy, non ti farò mancare nulla, dammi una possibilità. Ti prego» La mia testa è appoggiata sul suo petto. Le sue braccia mi stringono forte e le mie stringono forte lui. Alzo lo sguardo. Il suo viso perfetto in questa luce lunare mi sconvolge. Mi alzo in punta dei piedi per avvicinarmi a lui, che si abbassa e in un secondo le sue labbra trovano le mie. L’amore che avevo tanto cercato di seppellire dentro di me, esce con prepotenza, si impadronisce di me, mi fa desiderare di poter rimanere così per il resto della mia vita. E poi capisco, che amare non è una colpa, anche se gli altri vogliono convincermi di questo. Amare è un privilegio che a pochi è concesso e non devo scontare nessuna punizione per questo. Devo smetterla di punirmi per qualcosa che non ho fatto. Amo Peter e l’ho sempre amato e ora lui è qui e nulla importa. Non mi interessa se i miei genitori non lo riterranno adatto o se hanno già scelto qualcun altro per me. Io lo amo e basta.
«Wendy, ti amo.»
«Ti amo anch’io, però non lasciarmi.»
«Non ti lascerò, promesso.»
 
La vita è tutta una questione di scelte. Io ho fatto le mie. Anzi noi abbiamo fatto le nostre e per la prima volta non mi pento di nulla. Tutti i bambini crescono, tranne uno, che però alla fine ha deciso ha deciso di crescere anche lui.

   
 
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