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Autore: Dani85    29/05/2011    2 recensioni
E tu ti odi per quella lettera, per quelle telefonate senza risposte, per quell'anno di silenzio. Ti odi per non esserti fatta sentire quando lui avrebbe potuto. Quando lui voleva.
- Anna, Luca e i rimpianti di una vita non vissuta: tutto in un solo attimo. Probabile SPOILER su Distretto di Polizia 11
- Song: Lontano lontano_Tenco
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna Gori, Luca Benvenuto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Un amore ormai troppo lontano

 

Il sole gioca a nascondino con le nuvole e i cipressi alti e maestosi sembrano guardie impettite, oltre il confine di quel cancello che hai oltrepassato lentamente, un passo dopo l'altro. La ghiaia bianca che scricchiola sotto i tuoi piedi ti richiama alla mente uno stropiccio di carta. E tu ti chiedi se è quello il rumore che il tuo cuore ha fatto quando, due giorni prima, si è ritrovato stritolato da un dolore così grande che non credevi possibile. Cammini piano, rimani indietro, controlli a fatica il respiro e senti tutto incredibilmente sbagliato. È sbagliato quel posto. È sbagliata quella situazione. È sbagliato quel dolore. È ingiusto. E senti di essere sbagliata anche tu: ti senti a disagio nei tuoi stessi vestiti sotto gli sguardi che ti accarezzano sfuggenti, silenziosi indagatori della tempesta che ti ha sconvolta. Lo sai che tutti vogliono sapere quello che provi, che tutti pretendono di sapere quello che provi. E tu glielo lasci credere. Lasci che pensino di conoscere il tuo dolore perché proprio non hai la forza per dirgli che non immaginano neanche lontanamente quanto ti fa male tutto quello. Non sei l'unica a soffrire lo sai, ma sei quella che soffre di più. E di questo sei sicura perché lui era il tuo Luca ed è il tuo Luca che adesso riposa in quella bara di legno chiaro. Ti manca letteralmente il fiato quando lo pensi e ti appoggi distrutta al grosso tronco di un albero. Chiudi gli occhi e calde lacrime ti bagnano il viso mentre le parole del sacerdote riempiono il silenzio del cimitero. Sorridi nel pianto perché immagini lo sguardo abbassato di Luca e il suo borbottio imbarazzato se potesse sentire le bellissime parole con cui quell'uomo sta parlando di lui. Lui che non ha mai amato essere al centro dell'attenzione. Lui che ora è al centro dei cuori e dei pensieri di tutti. Ti guardi intorno, nemmeno tu sai alla ricerca di cosa, e trovi visi sconvolti. Trovi pianti e singhiozzi. Trovi Antonio, le sue spalle curve, le sue lacrime ininterrotte. Sta lì, ad un passo dalla bara, improvvisamente invecchiato, e ciondola la testa in una litania di no sussurrati. Non ci crede e forse spera che quei no ostinati possano disegnare un'altra realtà. Sogna un'altra realtà! Perché non può essere vero, non può essere possibile che quel ragazzino diventato uomo sotto ai suoi occhi ora abbia smesso di vivere. “I padri non devono sopravvivere ai figli”... riconosci questa frase nel mormorio sulle sue labbra, nella disperazione di chi si sente come un padre a cui hanno portato via il figlio. Per sempre. Nuovi singhiozzi si mischiano ai tuoi. Quelli di Ugo con i pugni sulla bocca e la mano gentile di Sofia che gli accarezza la schiena e quelli di Vittoria, rumorosi e strazianti, che si appoggia a Giuseppe mentre cerca un conforto che non sembra esistere. Dietro di te, altri passi risuonano sordi sulla ghiaia. È una donna minuta e con i capelli corti. Ci metti un attimo a riconoscere in lei Giulia Corsi, il tuo antico commissario. Dell’espressione algida e fiera che le ricordi in volto non c’è più traccia. Ci sono solo lacrime che a grosse gocce bagnano il fascio di gigli bianchi che ha tra le braccia. Lacrime così simili ma anche così diverse da quelle versate per Mauro, in quel giorno di cinque anni fa così dannatamente uguale a questo. Sono lacrime che nascondono una vicinanza nuova, un legame così forte che tu ti chiedi quanto deve essere stato davvero duro l’anno appena trascorso per lei. E per Luca. E tu non c’eri. C’era lei, però. C’era quella ragazza bionda a cui Giulia ha sfiorato una spalla, in un saluto lieve. C’era Barbara. Sono state le sue mani, quelle mani che lei sta torturando senza un attimo di pace, a macchiarsi del sangue di Luca. Sono state le sue mani a provare disperatamente a cambiare la sorte. È stata la sua voce a tentare di tenerlo sveglio, a pregarlo di non mollare. È stata la sua voce l’ultima che lui ha sentito. È stato il suo sorriso a cercare di alleviare la sua paura. Sono stati i suoi occhi, quelle pozze azzurre, a mentirgli dicendogli che sarebbe andato tutto bene. Sono stati i suoi occhi, ora rossi e gonfi, gli ultimi in cui lui si è specchiato. Sono state le sue lacrime a dirgli addio come calde carezze. È stata Barbara la compagna dei suoi ultimi istanti. E avresti dovuto esserlo tu. Lo sai, lo sai benissimo. E non serve che il tuo cuore te lo urli ogni momento, ad ogni battito, facendoti sempre più male come se migliaia di spilli stiano affondando un po’ più nella tua carne ad ogni respiro. Hai lo sguardo appannato quando ti accorgi che l’elogio funebre è finito e realizzi che da lì a poco Luca scomparirà sotto terra. Non ce la fai più e abbandoni la testa contro l’albero. E piangi. Con tutta te stessa. Lentamente le persone si allontanano passandoti accanto a testa bassa. Riconosci il Maggiore Patrizi, che sembra abbracciarti con uno sguardo triste, e quell’uomo che non si è mosso un secondo dalla veglia in ospedale. Ricordi solo che è il procuratore del X ma tanto ti basta a confermare che era impossibile non volere bene a Luca ben oltre i rapporti di lavoro. Lì, davanti alla bara sono rimasti i suoi uomini, i colleghi del distretto. I suoi amici. Ti nascondi praticamente dietro l'albero, quando gli occhi piccoli e annacquati di Vittoria ti si incollano addosso. Sono dolci e comprensivi quando ti lanciano un'ultima occhiata mentre lei spinge delicatamente gli altri ad allontanarsi. Ti stanno lasciando sola con Luca. Ti stanno regalando un ultimo momento da sola con lui. E ringrazi silenziosamente per quello anche se ti tremano le gambe mentre metti un piede davanti all'altro e consumi le poche manciate di centimetri che ti separano da lui. Allunghi una mano a seguire il profilo della bara e in quel caldo color miele del legno rivedi il riflesso dei suoi occhi in un giorno di sole. Quegli stessi occhi che sembrano fissarti dalla foto sulla croce di marmo scuro, piantata nella terra. Sembra sereno e un sorriso accennato gli curva le labbra: evidentemente è una foto recente perché tu non la ricordi. Hai lasciato che la scegliesse Vittoria, un po' perché l'unica cosa sensata che sei riuscita a fare in questi due giorni è stato piangere e molto perché non ne sentivi il diritto. Che diritto potevi avere su di lui dopo quella lettera che è stata la fine del vostro rapporto? “Scusa” gli sussurri in un soffio mentre ti accovacci a terra e sfiori con le dita la foto, quasi potessi così ritrovare il calore della sua pelle e cancellare dalla mente la sua guancia fredda sotto le tue labbra. ”Scusa” gli sussurri di nuovo mentre ti ritrovi in ginocchio “Scusa se ti ho lasciato solo, io... io...”. Le parole ti muoiono in gola e un nuovo scoppio di pianto ti scuote e non riesci più a dire niente. Piangi e pensi che è tutto inutile, che tu potresti anche parlare per ore ma lui non ti sentirebbe comunque. Non può sentirti. Non può più. E tu ti odi per quella lettera, per quelle telefonate senza risposte, per quell'anno di silenzio. Ti odi per non esserti fatta sentire quando lui avrebbe potuto. Quando lui voleva. Chiudi gli occhi e lo vedi. Vedi Luca mentre ti stringe, al centro dell'ufficio deserto, e ti promette l'eternità “Ehi... guarda che anche se vai a Trieste io ci sarò lo stesso! Capito?”. E sei stata tu a non esserci stata. Sei stata tu a dire basta. Sei stata tu a far finire quell'eternità. Riapri gli occhi e ti scopri a sperare che in un qualche modo lui possa sentirti. Hai bisogno di pensare che in un qualche modo lui possa leggerti nel cuore perché non hai un briciolo di forza per parlare. Ti specchi in quell'ovale di vetro, contro quegli occhi sempre un filo malinconici e lasci che le parole si rincorrano libere nella tua testa in un muto discorso con il tuo Luca. Gli chiedi scusa per quella stupida lettera, per quel tentativo di andare avanti senza di lui, per non avere avuto il coraggio di darvi un'altra possibilità, per non aver avuto il coraggio di rischiare un'altra delusione. Gli chiedi scusa per aver rinunciato anche alla vostra amicizia. Gli chiedi scusa per aver pensato che in fondo lui ci sarebbe sempre stato, che in fondo ti sarebbe bastato poco – una parola, un sorriso – per far tornare tutto com'era. Gli chiedi scusa per essere stata così egoista. Ma non serve, lo sai. Non serve ad alleviare i tuoi sensi di colpa, quel tarlo che ti scava il cuore perché lui c'è sempre stato per te, sempre, in qualunque momento, mentre tu non ci sei stata per lui. Ti tiri su a fatica con questa consapevolezza che ti fa girare la testa, e torni ad accarezzare la bara. Incastri la rosa, di un rosso così intenso da sembrare nero, tra le lettere del suo nome e vi posi un ultimo delicato bacio. Gli dici addio. “Non sei mai stato roba vecchia... non lo sarai mai...” e stavolta anche la tua è una promessa di eternità.

 

***

 

Sali di corsa le scale mentre rovisti nella borsa alla ricerca del libro e ti chiedi sorpresa cosa ci facciano lì in mezzo i giochini della tua bambina. Fai gli ultimi gradini a due a due e ti precipiti nell'aula di Igiene Applicata: appena in tempo per la lezione. Il professore è appoggiato alla cattedra e aspetta paziente che ci sia l'ordine e il silenzio necessario per iniziare mentre tu pensi che sarà una sfida con tutta la gente che c'è. Adocchi un posto libero, accanto alla finestra, poche fila di sedie più in giù e zigzagando tra gli altri lo raggiungi. O almeno tenti. Vieni travolta in pieno da qualcuno che sembra avere avuto le tue stesse intenzioni e, quando rialzi lo sguardo dalla tua roba che giace sparsa a terra, incontri un paio di occhi scuri. Hanno un riflesso dorato. Sono dolci. Sono quieti. Sono i suoi stessi occhi. Gli occhi di Luca. Quegli occhi che ti mancano da morire e che, ora lo sai, ti hanno fatta sentire amata come nessuno è mai riuscito a fare.

 

E lontano lontano nel tempo
qualche cosa negli occhi di un altro
ti farà ripensare ai miei occhi
i miei occhi che ti amavano tanto


Oddio, mi dispiace... Non ti sei fatta male, vero!?” ti chiede quel giovane, un ragazzo dall'aria allarmata. Si affretta a raccogliere le tue cose mentre continua a scusarsi. Dice che ha fatto tardi, che ha visto dei posti liberi e che voleva sedersi perché in piedi non riesce a prendere appunti e che non voleva venirti addosso. Tu ti perdi buona parte del suo discorso, troppo scossa dallo scintillio familiare che hai colto nei suoi occhi, persa come ogni volta che ti ritrovi a pensare a Luca. “Andiamo a sederci! I libri te li porto io, per farmi perdonare!” ti distrae il ragazzo mentre ti indica due sedie libere e ti sorride. È un sorriso lieve, appena accennato, confuso nel leggero rossore sulle guance. È un sorriso timido e timoroso. Lo stesso sorriso di Luca, quello di quando era in imbarazzo e tu non smettevi un secondo di prenderlo in giro.


E lontano lontano nel mondo
in un sorriso sulle labbra di un altro
troverai questa mia timidezza
per cui tu mi prendevi un po' in giro


Ridacchi istintivamente mentre gli vai dietro, riscaldata da quei ricordi. Lui poggia rumorosamente le cose su un banchetto e si volta a guardarti. E tu hai un altro tuffo al cuore. Si è appoggiato di traverso al banco e ti rivolge uno sguardo di sbieco, a metà tra l'incuriosito e il confuso. Quante volte Luca ti ha guardato in quel modo? Quante volte quello sguardo curioso e interrogativo ti si è posato addosso? Tante, così tante che tu ne ricordi perfettamente ogni minima sfumatura. Come la tua preferita: quell'ombra di malinconia, lì in fondo agli occhi, quel velo di tristezza anche quando era felice.


E lontano lontano nel tempo
l'espressione di un volto per caso
ti farà ricordare il mio volto
l'aria triste che tu amavi tanto

 

Cos'altro ho combinato!?” ti chiede in uno sbuffo rassegnato, “Cosa!? Oh no, non rido per te...” gli spieghi mentre ti siedi, “Sicura!? Guarda che non mi offendo: sono così imbranato che sono abituato alle risate...” confessa scivolando sulla sedia accanto alla tua e tu, senza nemmeno sapere perché, inizi a parlare. “Mi ricordi una persona! ...Si chiamava Luca ed era semplicemente meraviglioso! Era il mio migliore amico, il mio amore più grande. Era il mio tutto...” e regali un pezzo della vostra eternità a quel ragazzo di cui non sai nemmeno il nome e che ti ascolta attento.


E lontano lontano nel mondo
una sera sarai con un altro
e a un tratto chissà come e perché
ti troverai a parlargli di me
di un amore ormai troppo lontano

  
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