Allora, prima di
partire, vi avviso subito: il 99% dei personaggi non sono di mia proprietà
(oddio, due o tre sì, ma il resto è targato Kurumada), non scrivo questa
storiella a scopo di lucro, ma solo con lo scopo di mettere su carta un’idea.
Vi anticipo inoltre che
“farò finta” di non sapere della reincarnazione dei cavalieri dopo ogni guerra
sacra. Spero siate d’accordo con me che sia un particolare che ha poco senso.
Tra l’altro pare che Kurumada stesso tenda a seguire poco le regole che si è
autoimposto (uno dei motivi per cui ho scelto di non seguire Next Dimension),
per cui, se non lo fa lui, perché dovrei farlo io?
Ah, dimenticavo: se
avete qualcosa da dire recensite pure, non vi mangio.
Se avete ancora il
fegato di continuare, allora dateci dentro!
Uscher
Capitolo 1: il creatore
di maschere
Una nuova era.
Niente più guerre
divine.
Niente più giovani
cuori straziati in assurde lotte di potere.
Questo sperava Atena, in
un silenzioso soliloquio notturno alle porte del tredicesimo tempio.
Quel sanguinoso
conflitto, da cui erano passati dei mesi, ebbe conseguenze piuttosto particolari.
Il fatto più
sorprendente fu la ricomparsa dei custodi dorati, materializzatisi alla
tredicesima casa assieme alla loro dea.
Ovviamente il passato
non si può cancellare, e nessuno si sorprese nel non vedere Saga in giro, dopo
il “perdono” di Aiolos.
Anche perché, più che
un cavaliere, era diventato un panda in armatura d’oro.
Lo stesso Sagittario si
doveva abituare alla strana inversione di ruoli con quello che un tempo era il
suo fratellino, il leone dorato. Cose che capitano quando si è assenti dal
mondo dei vivi per tredici anni.
Per quanto riguardava i
bronze, questi si stavano riprendendo dalla campagna contro Hades, mentre i
cavalieri sconfitti nella guerra galattica riscattavano il loro onore nelle
missioni loro assegnate.
In quella notte, dentro
un capanno non troppo distante dalle dodici case, un uomo lavorava febbrilmente,
senza curarsi delle urla lanciate dal suo corpo, ormai allo stremo, dopo giorni
interi passati sul banco da lavoro.
Sul suo fisico
scultoreo, insolitamente immacolato, spiccava una capigliatura argentea, non
molto curata.
L’artigiano era a pochi
passi dal traguardo, quando entrò un ospite inatteso.
Silenzioso come un
gatto, costui indicò, con un cenno del capo, una parete del locale:
-È indecorosa la tua
perseveranza nel vizio, arrivando per giunta a nasconderlo in un luogo sperduto
come questo- affermò, incapace di trattenere un lieve cenno di disgusto.
L’artigiano, ansimante
per la febbre e la fatica, non perse tempo con le buone maniere:
-Fottiti-
E così facendo, posò
gli attrezzi da lavoro.
L’altro, facendo appena
oscillare i lunghi capelli biondi, aprì gli occhi celesti.
Dalla sua posizione ci
mise qualche minuto per osservare l’opera dell’altro, ansimante dalla fatica.
Una maschera.
Negli ultimi giorni costui
aveva forgiato, modellato ed inciso una lastra d’oro zecchino, al fine di farne
una maschera mortuaria.
Un oggetto molto
simile, ed al contempo molto diverso, a quelli presenti un tempo alla quarta
casa.
A differenza di queste
ultime, era la testimonianza di un volto sereno, addormentatosi placidamente
nel sonno eterno.
Il biondo tornò ad
osservare l’incisore, dagli occhi sanguigni.
Sudava, tremante dalla
febbre e dalla denutrizione degli ultimi giorni.
Eppure quell’oggetto
era un capolavoro: ogni singolo dettaglio del volto, ogni ruga, ogni
imperfezione era stata riprodotta su quella lastra con una precisione
straordinaria, degna di una macchina. Insomma, un vero e proprio miracolo di
oreficeria.
Il visitatore iniziò a comprendere
cosa spinse quell’uomo a ridursi in fin di vita.
-Senso del dovere…-
mormorò, piano, richiudendo gli occhi.
Dopo di che uscì da
quel modesto laboratorio, silenzioso com’era arrivato.
Nel frattempo l’orafo
riprese a lavorare, dando gli ultimi ritocchi alla sua opera.
Aveva appena finito,
quando l’uomo dallo sguardo cieco riapparve. In mano, un vassoio con una teiera
fumante.
L’albino comprese il
gesto di scusa, ed accettò la bevanda, rimanendone sorpreso:
-È dolce-
-Nelle tue condizioni faresti
meglio ad ingerire qualcosa, per questo ho usato del miele-
-Grazie- grugnì. Poi,
notando lo sguardo del biondo, fisso sulla maschera, rispose: -Non siamo tutti
“illuminati” come te, Shaka-
-Conosco quell’uomo,
Death Mask…- ribatté il cavaliere della Vergine, conscio del profondo rispetto
che il saint del Cancro provava per il suo maestro, una delle poche persone ad
aver avuto un rapporto umano col custode dell’Ade.
-…semplicemente
ignoravo fossi stato tu a creare quelle maschere- riprese, riferendosi al
vecchio arredamento della quarta casa.
Death Mask per poco non
ci rimase secco. Tossendo vigorosamente per respirare, non poté evitare di
sghignazzare:
-Scusami, ma una cosa
del genere, detta da uno che si vanta di vedere tutto…-
-Non ho mai detto
questo- si difese l’altro, placidamente: -Niente sfugge alla mia vista
interiore, questo è vero, ma la mia capacità di discernere la verità ha fallito
più di una volta- disse, pensando ad un confronto avuto con un quindicenne,
solo pochi mesi prima.
L’italiano non rispose,
consentendo a Shaka di continuare:
-Ad ogni modo, come mai quelle maschere sulla
parete?- chiese, indicando il muro dietro di loro, quello che lo aveva schifato
durante la sua prima visita.
Vi erano appese alcune
maschere di vario materiale, alcune delle quali in oro.
-Vorrei saperlo anch’io-
Fece l’altro, voltandosi: -credo siano delle prove fatte da altri artigiani -
-Anche la maschera di
Aiolos è una di queste “prove”?-
-Ah, quella? Umph, deve
essere stata una delle prime che ho fatto, non l’ho mai finita ed allora devo
averla messa insieme con queste- rispose Cancer, grattandosi un angolo del
mento.
Shaka non rispose.
Sapeva benissimo che Saga, negli anni di usurpazione, aveva vietato ogni tipo
di commemorazione nei riguardi del Sagittario. Probabilmente Death Mask aveva modellato
quella maschera per gioco, per poi nasconderla.
Una volta terminata la
visita, l’indiano tornò alla sua dimora, visibile sullo sperone roccioso sopra
il laboratorio.
Note:
Si, lo so, cosa state pensando: “una storia SENZA Mary
- sue? Senza vedere i gold che s’intrippano tra di loro? Senza far apparire la
Kido come una zoccola sadomaso? SENZA OC (Oddio, senza OC non lo posso
garantire…) ? ”
Ma torniamo a noi.
Questa è la mia prima fic interamente incentrata su
StS. Almeno tra quelle in via di pubblicazione. La storia che state leggendo
adesso, come avete notato, sfrutta il manga (e solo il manga) nella sua
interezza. Niente ouverture del Tenkai, niente OAV. Solo il manga
(eventualmente potrebbe esserci qualche sprazzo di Ep. G e di Lost Canvas, ma
ne dubito).
L’assenza di riferimenti a Next Dimension è l’unico
motivo dell’avvertimento “What if”.
Inoltre avrete notato alcuni particolari: il primo è
che ho descritto Death Mask come un essere pallido e privo di cicatrici. Questo
perché mi sono rifatto al manga, dove tale personaggio è albino. Quindi niente
abbronzatura (e poi, intendiamoci, l’ambiente della quarta come solarium fa
decisamente schifo NdDeathMask). Il fatto che non presenti cicatrici, è dovuto
al fatto che è appena risorto, con un corpo necessariamente nuovo (certo,
direte voi, avrei potuto sfruttare questo particolare per descrivere DM con i
colori dell’anime, ma non mi piace usare colori di capelli che non esistono in
realtà, se il manga mi permette di evitarlo)