Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: JackoSaint    13/06/2011    1 recensioni
"Vive cada dia como si fuera el ùltimo"
Vivi ogni giorno come se fosse l'ultimo

Pamela Ruiz, ventenne, combatte da ormai tutta la vita contro l'androfobia. Più semplicemente, la paura per gli uomini. In una Siviglia contemporanea, un burrascoso passato macchiato d'indicibili sofferenze s'incontrerà con un presente fatto d'amore e di passione. Una rosa cremisi ed un paio di labbra rosso sanguigno segneranno per Pamela la rinascita.
(scritta da: Giorgia)
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Capricorn Shura, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cap. 4: una lettera e un caffé in compagnia


E con la fine della scuola riprendono gli aggiornamenti! Come sempre, mi sei mancato caro EFP" *Abbraccia il sito* (Non chiedetemi in che modo) XD
Buona lettura e... buona estate a tuttiiii!!!! :D




Capitolo 4
Una lettera e un caffè in compagnia






Ogni mattina, ogni sacrosanta mattina direi, la prima cosa che facevo era quella di lanciare un’occhiata al calendario appeso di fianco al mio letto.

La mia era ormai un’abitudine probabilmente dettata dall’istinto o forse dal timore di deludere le sue aspettative; già, perché ogni giorno che passava si avvicinava quel fatidico giorno, il 21 settembre.

La data mi era stata confermata dalla signora Ramìrez, che parecchie volte veniva a farmi visita nonostante Alina le dicesse di non preoccuparsi per me. Mi aveva tirato da parte, sussurrandomi qualcosa del tipo: “Pronta per il 21 settembre? Il signor Alvarez mi ha detto tutto”.

Oh, porca paletta! Molte volte rimpiangevo di non aver declinato la sua proposta, perché non mi sentivo assolutamente pronta.

Comunque sia, quel pomeriggio mi trovavo nella mia stanza. Succhiavo con passione il tappo di una penna, intenta a fare alcune ricerche con il mio vecchio portatile. Scorrevo le diverse finestre che aprivo e, se non mi interessavano, le chiudevo immediatamente.

- Non pensavo fosse così famoso – mi dissi, inclinando un poco il capo. – Cioè, famoso sì, ma non così tanto - .

Perfetto, farai la figura della completa idiota...

E più cercavo informazioni su Shura, più mi sentivo piccola ed insignificante. C’era qualcosa oltre a quegli elenchi di vittorie, c’era qualcosa oltre la biografia... eppure non riuscivo a coglierla.

Mi pare di conoscerlo da una vita, a dire il vero, o comunque di averlo già incontrato in qualche altra circostanza...

Era la verità. Nei suoi modi di fare c’era qualcosa che richiamava ad una persona già vista, sperimentata.

Dovetti abbandonare i miei pensieri quando qualcuno bussò. Chiusi immediatamente il portatile e quel botto secco precedette lo scostarsi della porta.

- Sei qui, Pamy? - .

- Uhm uhm! – annuii accompagnandomi con un veloce movimento della testa.

Vidi la testa di Alina sbucare da dietro l’entrata. – Esco un momento. Se hai bisogno sai che numero fare - .

- Certo, tranquilla - .

L’uscio si chiuse di nuovo. Restai in silenzio ad ascoltare i passetti di quella megera che si dirigevano verso l’atrio; la porta che sbatte, il liberatorio giro della chiave nella serratura.

Sospirai sollevata, non mi dispiaceva rimanere a casa da sola per un po’. Anzi, mi faceva parecchio piacere: potevo rilassarmi, mangiare quello che volevo, fare cose che in presenza di Alina preferivo non fare.

Come, per esempio...

Aspettavo con ansia il momento che Alina uscisse di casa, a dire il vero. Già quella mattina aveva incominciato a dirmi che nel pomeriggio sarebbe uscita e sarebbe rimasta via per almeno due, tre orette.

Mi misi a sedere e poi scesi dal letto, infilandomi subito le ciabatte zebrate. Forse non era giusto nei suoi confronti, forse non se lo meritava; ma accipicchia, non riuscivo a contenere la mia curiosità.

Volevo andare a frugare nella sua camera: non avrebbe fatto male a nessuno anche se non era certo una bella cosa...

 

 

La sua camera si trovava proprio di fianco alla mia. Era un poco più spaziosa e dall’arredamento dava l’idea di una stanza più “adulta” della mia. Non c’erano piccoli peluche, poster di artisti, cuscini pomposi e cose varie. Era essenziale e molto easy, oltre ad essere sicuramente più ordinata della mia.

Chiusi la porta a chiave e mi sedetti sul suo letto. Lo trovai più basso del mio, ma non per questo meno comodo.

Decisi di partire dal comodino. Quasi mi stupii nell’aprirlo, perché non mi aspettavo così tante spille per capelli, cerchietti, elastici... ed era molto strano che questi non si trovassero nei cassetti del comò con lo specchio, dall’altra parte della stanza. Forse aveva l’abitudine di sistemarsi i capelli appena sveglia, ipotizzai.

Di certo la mia spedizione non voleva assolutamente mettere a soqquadro la sua stanza per scoprire cose di così esigua importanza: la verità era che mi aveva così tanto stupito il racconto della sua “love-story” con Shura che pensavo di trovare qualche indizio in più.

Solitamente ogni donna, di qualsiasi età, fa della sua camera da letto il nascondiglio per le cose più preziose.

Mettici un po’ di testa, Pamela. Alina dove potrebbe nascondere...?

Era difficile ragionare allo stesso modo della megera. Già il fatto che era stata capace di lasciarsi scappare un uomo come Shura la catalogava come una ritardata mentale o, che ne so!, una che vive con il cervello spento senza mai accenderlo.

Stavo ben attenta a rimettere tutto dove avevo trovato appena il mio intuito mi diceva che continuando a frugare in quel posto non avrei trovato nulla. Passai ben presto al comò, lasciando così da parte i comodini ai fianchi del letto. Non mi soffermai molto sulla biancheria intima e su quei capi d’abbigliamento così perversi che trovai: a ognuno la sua privacy, mi ripetevo,

Suvvia Pamela, non farti opinioni sulla gente in questo modo, lascia stare

mentre ancora frugavo tra i cassetti.

Solamente quando le mie dita accarezzarono quella che mi parve carta affilai lo sguardo e misi da parte mutandine e reggicalze fino a raggiungere l’angolo più remoto di quel cassetto.

Una cartolina, fu il mio primo pensiero. Invece no: si trattava di una piccola lettera, piccola perché più minuta rispetto alla normale conformazione delle buste. La presi tra le mani con la delicatezza e l’attenzione con le quali si fa roteare per aria un bicchiere di cristallo e la inquadrai con lo sguardo; o meglio, inquadrai la scritta che dominava a bordo busta.

A Leandro Shura Alvarez

...Una lettera che Alina non era mai riuscita a mandargli, per timore o per semplice ripensamento?

Mi adoperai per leggerne il contenuto e, sedendomi sul letto, afferrai saldamente la lettera non appena ebbi messo da parte la busta.

 

Cannes,                                                                                                                                                 12 agosto

Caro Shura,

qui a Cannes il tempo è favoloso. E’ da due settimane che si muore di caldo e sinceramente mi manca il clima di Siviglia. Mi sto divertendo molto, ogni giorno la guida turistica ci porta in posti nuovi e stupendi, vorrei molto poter condividere tutto questo con te e il bambino.

Prima di partire ho sentito che hai deciso di riprendere con le lezioni di danza, come facevi qualche annetto fa. In merito alla tua proposta, quella di farti da “vice” durante il periodo di insegnamento, sarei molto felice di tenere dei corsi con te. Davvero.

Come sta il piccolo, gli è passata quella brutta tosse? Spero proprio sia migliorato. Vorrei anche approfittare di questa lettera per ringraziarti di tutto. Nonostante i nostri... chiamiamoli conflitti, mi sento rassicurata al pensiero che Francisco si trovi con te e non con qualche tutore; non ho mai dubitato delle tue buone doti di padre, sul serio.

Un abbraccio (e un bacio ad entrambi!),

Alina

 

Restai per qualche secondo a fissare quelle righe, quelle parole così semplici, fluide, ma dense di significato.

12 agosto. Quasi un anno fa

Angelina mi aveva ripetutamente detto che i rapporti tra Leandro ed Alina non fossero affatto migliorati da quando lui aveva scoperto del tradimento. Eppure quella lettera pareva spontanea, quasi il suo contenuto non fosse stato assolutamente pensato. Sincera.

La cascata dei pensieri di Alina in quel momento, mi saltò in testa. E allora perché non l’aveva inviata? Qualcosa forse glielo aveva impedito? Non lo riteneva necessario, le pareva una lettera inutile? Non riuscii a trovare una risposta decente a nessuno dei quesiti che la mia mente partorii.

 

 

Dalla fretta slittai sul tappeto rischiando di schiantarmi contro il divano. Afferrai d’istinto il cordless che squillava, me lo portai all’orecchio:

- P-pronto? - .

Un sospiro divertito, una sottile risata. – Pamela - .

Artigliai il bracciolo dell’altro divano: - S-signor Alvarez? - .

- Leandro– mi corresse con gentilezza.

- Leandro, sì - .

- Ha il fiatone, Pamela. L’ho fatta correre per casa, era occupata? - .

Semplicemente sono scattata fuori dalla stanza di Alina pensando fosse il citofono...

- No, no!, ma si figuri! Ha bisogno di qualcosa? - .

- Avrei bisogno di parlare con Alina. E’ in casa? - .

- Oh, Alina – mi sfuggii. Mi venne spontaneo abbozzare un sorriso compiaciuto: - Uhm, è uscita un’oretta fa. Ha provato a chiamarla sul cellulare? - .

- Non ancora, ma lo farò - .

Per un attimo calò il silenzio tra di noi, un silenzio opprimente. A spazzarlo via, fortunatamente, la voce di Leandro:

- E lei, Pamela? Si trova in casa da sola? - .

- Sì. Vuole...? – Mi bloccai. Che diavolo stavo dicendo?

Sentii Leandro allungare un leggero sorriso, una di quelle sue espressioni enigmaticamente amichevoli. – Sì? - .

- No, nulla, mi chiedevo se... – Mi grattai la nuca, impacciata, - ...se per caso volesse venire a prendere un caffè qui da-da me... se non è troppo impegnato, naturalmente! - .

Insomma Pamela, si fa così no? Per cortesia si chiede, poi se...

- Con piacere. Posso portare anche mio figlio? - .

- Suo... sì, certo! - .

E fu così che il mondo mi capitombolò addosso. Da una parte mi sentii una stupida, (insomma, casa sua distava poco ed io dovevo ancora riordinare la stanza della megera!) dall’altra invece ringraziai Iddio per aver fatto sì che Leandro avesse accettato l’invito.

- Bene – mi scappò un’altra volta, ma ora ero più sciolta. – Allora... ci vediamo - .

- Tra mezzora va bene? - .

- Ve benissimo - .

- A dopo, Pamela. Grazie ancora - .

- Grazie a lei - .

Tu-tu-tu

Fui io a riattaccare per prima. Quella discussione si era protratta anche per troppo tempo.

Ritornai nella stanza di Alina, rimisi a posto quella lettera (l’unico indizio che avevo trovato, per mio sfortuna) e poi mi decisi a mettere un poco in ordine anche il resto della casa. Dovevo ammetterlo, non avevo mai fatto leva sulle mie capacità casalinghe, in effetti non ero mai stata abituata a fare le pulizie. Ero proprio un disastro.

Ma, forse perché spinta dal bisogno impellente di vedere almeno il salotto splendere, dopo qualche veloce spolverata qua e là l’ambiente domestico mi parve più accogliente e soprattutto più presentabile.

Il campanello mi trapanò i timpani prima del previsto. Buttai in un cassetto della cucina il panno della polvere, mi sfregai le mani ed aprii l’uscio.

- Buon pomeriggio, Pamela – Shura e Francisco erano lì davanti, il primo a tenere stretto al petto il secondo, forse troppo grande per permettersi il lusso di restare ancora in braccio al papà.

- Buon pomeriggio a lei, Leandro – Rivolsi un’occhiata anche al piccolo ospite, regalandogli un buffetto sulla guancia con estrema scioltezza. – Ciao - .

- Uhm? – Inclinò il capo in un’occhiata tremendamente incuriosita, quasi impacciata.

Per la prima volta sentii Leandro azzardare una risata. – Su, non essere timido - .

Allora il bambino, incoraggiato dal padre, mi rivolse uno sguardo più deciso. – S-salve! - .

Che bella voce, mi venne da dire. Ora che lo guardavo meglio mi ricordava sorprendentemente la fisionomia di Alina: a parte gli occhi, dello stesso colore di quelli del padre, il naso e la bocca sottile richiamavano i tratti della megera; megera che, ahimè, era una bella ragazza, e Francisco era proprio un bambino grazioso, in tutti i sensi.

Sorvolando tali pensieri, mi scostai dall’uscio per permettere loro di entrare. – Prego - .

- Grazie, Pamela - .

Appena dentro, Leandro lasciò Francisco libero di scorrazzare per la casa e, sempre vigilandolo con occhio attento (era proprio un padre responsabile, allora!), mi strinse la mano con l’atteggiamento di un caro, vecchio amico che non si vede da molto tempo. – Come sta? - .

- Io... io sto benissimo, grazie. Lei? -.

- Anch’io. Spero si stia esercitando sui passi che le ho insegnato la volta scorsa... - .

- Oh, certo, non si preoccupi - .

Ci dirigemmo in salotto. Francisco era già lì, appallottolato sul divano, a studiare alcuni giornali con fare interessatissimo. Probabilmente, pensai, sia lui sia Leandro erano già entrati nella casa di Alina, ma dato che Leandro non poteva sapere che io lo sospettavo, mi accinsi a chiedere se volesse fare il giro della casa.

- No, grazie – I miei sospetti vennero così saziati: - Sono già stato qui... Alina quando dovrebbe tornare? - .

Mi strinsi nelle spalle. – Ha detto che sarebbe stata via per due, massimo tre ore - .

Con mia sorpresa, nei minuti successivi, mentre preparavo il caffè, mi trovai molto bene sapendo di avere Leandro e suo figlio come ospiti. Li sentivo parlare del più e del meno in salotto e, quando stavo versando il caffè, Francisco correndo mi raggiunse e si aggrappò alla mia gamba.

- Ehi, furfante – Gli scompigliai amorevolmente i capelli.

- Posso avere un po’ di succo? – .

- Certo - .

- All’albicocca - .

- Sì, tranquillo. Però, uhm... – Mi ero già allungata per afferrare il succo e versarlo in un bicchiere. – Non berlo troppo in fretta perché è freddo - .

- Sì sì! - .

Gli diedi la bevanda ed in quel preciso momento alla cucina si affacciò Leandro: - Scusi, Pamela, non ho potuto trattenerlo - .

Mi ritrovai a ridere, divertita dalle sue parole. – Si figuri. Quanto... quanto zucchero vuole? - .

- Niente zucchero, grazie - .

Francisco, prosciugato il bicchiere e poggiatolo lì sul bancone, corse via farfugliando un veloce “grazie” e ritornò a rifugiarsi in salotto; poco dopo io e Leandro lo seguimmo, ognuno con la nostra tazza di caffè. L’atmosfera sapeva di sincera spontaneità.

 

 

Passammo almeno un’ora a parlare uno davanti all’altra, accomodati sui divani mentre Francisco giocherellava con delle formine lì sul tappeto.

Leandro, chissà perché, mi raccontò della sua vicenda con Alina e dell’evolversi del loro rapporto, cosa che finsi cogliermi impreparata. Il suo parlare era sciolto, quasi inespressivo, ma in quell’inespressività si coglieva il carattere di un uomo ormai completamente maturo, serio e responsabile. Lo si poteva notare anche dal modo in cui, a volte, guardava il figlio, un’occhiata carica di tenerezza mista ad un profondo legame affettivo. Mi parvero, più e più volte, legatissimi.

E così, tra un caffè e l’altro, ci scambiammo esperienze di vita. Io gli parlai della signora Ramìrez, dei ricordi che avevo di mia madre e di mio padre, ed accennai timidamente a mio fratello.

- La signora Ramìrez, è bene che lei sappia... – mi fermò di punto in bianco, poggiando la tazza ormai vuota, - mi ha raccontato molte cose su di lei. Non voglio farla sentire psicologicamente oppressa, posso immaginare quanto possa essere difficile - .

Gli regalai un dolce sorriso. - Non si preoccupi – Era bello notare l’attenzione con la quale mi prendeva, senza essere troppo invadente o avido di sapere. Mi faceva sentire bene.

– Non ora che suo fratello... Diego si chiama, giusto? - .

- ...Sì - .

- Ho sentito che è stato scarcerato - .

- Da molto tempo - .

- In confidenza, Pamela – Si sporse leggermente verso di me, lanciando un’occhiata a Francisco, troppo impegnato a giocare alle formine per percepire la tensione che ora si era venuta a creare.

Arricciai il naso, confusa: che Leandro sapesse qualcosa che io non sapevo?

- Non so quanto potrà durare ancora la sua custodia vigilata. Almeno, la signora Ramìrez mi ha rivelato che tra poco potrebbe essere libero di venirla a cercare, Pamela - .

Mi si conficcarono un paio di aghi nel cuore. Fu come percepire un dolore intenso. – E perché non ne sono stata informata? – mi precipitai.

- La signora Ramìrez non voleva spaventarla, ma mi sembra giusto avvisarla - .

- Ma... - .

- Non si agiti – Leandro tornò ad appoggiarsi allo schienale del divano. – Anche se così fosse, lei non correrebbe pericolo - .

La cosa non mi rincuorava affatto. Conoscevo bene mio fratello, conoscevo la sua determinazione.

- Pamela, quante probabilità ci sono che suo fratello Diego venga a cercarla in questa parte di mondo? - .

Lo guardai fugace, ma non seppi rispondergli ed annegai ogni proposito di aprir bocca nel nero dei suoi occhi.








Et voilà! *Ultimo tocco di tastiera* u.u"
Nel prossimo capitolo vi racconterò tutto quello che dovete sapere su Pamela e il suo amatissimo fratellone Diego, tranquilli ^^
Grazie per la lettura, come sempre risponderò a tutte le recensioni in forma privata °W°
A settimana prossima!
Gio



   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: JackoSaint