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Autore: Miki_TR    06/07/2011    7 recensioni
Molly Weasley non è uguale a tutti gli altri membri della sua famiglia.
"Se avesse dovuto scrivere la storia della sua vita, Molly Weasley avrebbe saputo benissimo da dove iniziare."
Questa fic ha partecipato al 24h Contest = 12+12, indetto da Roe_Rory Hattori sul Forum, classificandosi prima
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Molly Weasley Jr, Percy Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Strana storia di una ragazza normale

 

Se avesse dovuto scrivere la storia della sua vita, Molly Weasley avrebbe saputo benissimo da dove iniziare.
Non dalla sua nascita, anche se le avevano detto che era stata un avvenimento interessante, a suo modo: sua madre aveva avuto le doglie in volo, e non aveva detto nulla a suo padre, per non turbarlo; Molly era nata due ore dopo alla Tana, invece che al San Mungo come tutti i suoi cugini. Per quello portava il nome di sua nonna.
Non avrebbe nemmeno iniziato dai nebulosi ricordi della sua infanzia, troppo confusi e vaghi per essere la base di un buon racconto, e allo stesso tempo tanto intrisi dell'affetto per la sua famiglia, e dell'infinita ammirazione che aveva sempre provato per suo padre.
No; dovendo raccontare la sua vita, Molly avrebbe iniziato senza dubbio da un primo Settembre, quello dei suoi undici anni. E da se stessa, chiusa in camera, stesa sul letto con le cuffie nelle orecchie, a piangere e a sentirsi incredibilmente delusa ed inadeguata.
Avrebbe dovuto ricordare quel giorno come quello del suo primo viaggio ad Hogwarts. Aveva accompagnato alla stazione tutti i suoi cugini più grandi, uno dopo l'altro, e li aveva visti partire verso meravigliose avventure, salutandola dal finestrino mentre il treno si allontanava.
-Papà- aveva chiesto, moltissime volte, -perché non posso andare anch'io?-
Percy Weasley le aveva sempre stretto la mano a quelle parole; perché, anche se era un papà meraviglioso, non era il tipo da eccessive dimostrazioni di affetto, come del resto non lo era lei.
-Quando avrai undici anni- le aveva sempre risposto. Sorridendo, le prime volte; ma, mano che gli anni passavano, sempre un po' più esitante e preoccupato.
Alla fine i fatidici undici anni Molly li aveva compiuti, all'inizio dell'estate. Ma le settimane erano passate, e nessuna lettera era arrivata via gufo, nessun messaggio da Hogwarts. Come del resto non era mai arrivato, per tutta la sua infanzia, nessun segno della magia spontanea tipica dei bambini.
Il primo Settembre, quando aveva undici anni, Molly aveva capito di essere una Maganò.

Era stato veramente sconvolgente.
Sua cugina Roxanne, appena qualche mese più grande di lei, era partita con il suo baule, la sua bacchetta nuova di zecca e il vecchio calderone ereditato da Victoire, praticamente come nuovo. E senza di lei.
Molly non se l'era nemmeno sentita di andare a salutarla sul binario, e sapeva che Roxanne c'era rimasta male; ma non avrebbe sopportato di vedere per l'ennesima volta tutte le meraviglie del mondo magico, senza poterle raggiungere. Sua madre aveva cercato di consolarla e di spronarla ad andare comunque a salutare Roxanne, che era sempre stata la sua migliore amica. Ma suo padre si era intromesso, e le aveva detto di lasciar perdere.
E Molly aveva passato quella che avrebbe dovuto essere la giornata migliore della sua vita di undicenne sul letto a piangere, sola e lontana da tutti.
Anni dopo sarebbe sembrato molto drammatico e infantile dirlo, ma quel giorno la sua vita era cambiata per sempre, al di là di quanto fosse possibile immaginare.

Audrey Weasley e sua figlia Molly non avevano mai avuto un rapporto idilliaco; dopo aver scoperto che Molly era una Maganò, poi, le cose erano peggiorate piuttosto in fretta, tra loro. Audrey era nata in una famiglia babbana, sebbene suo nonno fosse un mago; per contro, quando aveva scoperto di essere una strega, aveva preso a fare qualsiasi cosa con la magia, in casa. Cucinava e puliva con la magia, lavorava a Diagon Alley e lì faceva le sue spese; viveva completamente immersa nel mondo magico e non amava particolarmente che le sue figlie avessero passatempi babbani. Molly, dal canto suo, sembrava accusare le origini di sua madre per la sua sfortuna.
Con gli anni si sarebbe creata una certa distanza, tra Molly e sua madre. Si volevano bene, ma non si capivano davvero, e le loro conversazioni erano sempre accuratamente lontane dalle questioni più delicate.
Comunque, quello che Molly adorava davvero era suo padre.
Era un uomo molto impegnato, che lavorava praticamente tutto il giorno; ma Molly, che andava a scuola e studiava per la maggior parte della giornata, non ne sentiva la mancanza, perché quando arrivava la sera aveva sempre, per qualche ora, il suo eroe tutto per sé. Percy Weasley non era un padre espansivo o particolarmente affettuoso; ma aveva tante storie da raccontare, e Molly amava ascoltarle. Le sue preferite erano sempre state quelle di Hogwarts e degli anni felici che Percy aveva trascorso a scuola con i suoi fratelli; con molto tatto, dopo quel fatidico primo settembre, quelle storie erano sparite dai momenti che padre e figlia passavano insieme, sostituite da altre più neutre che parlavano di fatti accaduti durante la guerra, per lo più.
Molly ammirava tantissimo suo padre; sapeva che lui non si considerava un eroe, e che aveva un'opinione molto negativa del proprio comportamento durante la resistenza a Voldemort. Tuttavia a sua figlia non importava. Non le interessava sapere delle battaglie e delle fughe dai Mangiamorte, che erano l'argomento preferito delle vanterie di zio Ron. A lei piaceva il racconto di come suo padre aveva aiutato di nascosto maghi e streghe di origine babbana a fuggire dalla Gran Bretagna, quando il Ministero era sotto il controllo di Voldemort. Suo padre si imbarazzava a raccontare di quei momenti, dei suoi tentativi, non sempre riusciti, di cancellare i documenti che potevano sporcare lo stato di sangue di una famiglia, per salvare quante più donne, uomini e bambini possibile.
A lei piaceva persino il racconto di come si erano incontrati i suoi genitori, proprio durante uno di quegli atti di resistenza che Percy sembrava non considerare importanti o significativi.
Molly aveva sempre pensato di avere in famiglia fin troppi eroi da bacchette spianate e incantesimi a raffica; lei preferiva pensare che, al posto di suo padre, avrebbe agito assolutamente allo stesso modo. E anche, dentro di sé, che forse c'era qualcosa di più eroico persino del duello tra zio Harry e Voldemort, che tutti sembravano considerare il racconto avvincente per eccellenza.

Percy Weasley non aveva mostrato nessun segno di tristezza o di delusione quando aveva scoperto che la sua figlia maggiore era una Maganò. Non aveva cercato, quel primo Settembre, di entrare nella sua stanza e parlare con lei, né di consolarla.
Quando Molly era uscita, ben oltre mezzanotte, con gli occhi gonfi e pesti per le lacrime e lo stomaco vuoto che si lamentava, impietoso, aveva trovato suo padre seduto al tavolo della cucina, che leggeva tranquillamente la Gazzetta del Profeta in pigiama.
Si era seduta di fianco a lui, e Percy aveva abbassato il giornale per guardarla, senza fare commenti.
-Ho fame- aveva detto Molly.
Percy aveva annuito e le aveva preparato un panino ed un bicchiere di latte, senza nemmeno toccare la bacchetta.
Non avevano parlato, quella sera. Molly aveva mangiato in silenzio e suo padre le aveva fatto compagnia, e alla fine lei era tornata a letto inspiegabilmente meno triste di quando si era alzata.

Circa un mese dopo, suo padre l'aveva portata per la prima volta ad Hogsmeade.
Nessuno dei suoi cugini c'era stato, prima del terzo anno ad Hogwarts; era opinione diffusa tra gli zii Weasley che avere familiarità con il paesino magico rovinasse la sorpresa e l'emozione della prima esperienza di gita scolastica.
Percy non aveva fatto commenti quando erano usciti di casa; ma quando gli occhi di Molly si erano spalancati alla vista del villaggio e di tutte le stranezze che costellavano la via principale, aveva sorriso e si era chinato a darle un bacio sulla testa.
-Roxanne non ci verrà per altri due anni- aveva detto, il più casualmente possibile. -Ho pensato che tu ed io ci meritiamo un piccolo vantaggio-.
Molly aveva annuito, tirando su col naso. Non sapeva bene perché le venisse da piangere: se per il tono triste di suo padre, o per l'idea di Roxanne poco distante, ad Hogwarts. Percy le aveva accarezzato i capelli.
Poi le aveva fatto fare un giro turistico del piccolo paese; l'aveva portata alla Stamberga Strillante e le aveva raccontato il segreto di quella casa ormai muta da anni. Avevano praticamente speso un capitale da Mielandia, e si erano fermati a guardare i gufi dell'ufficio postale, cercando di riconoscere la specie di ciascuno. Poi avevano pranzato ai Tre Manici di Scopa, e Molly avrebbe sempre ricordato, in futuro, la conversazione di quel giorno come la prima discussione da adulta che aveva avuto con suo padre.
Avevano parlato a lungo del futuro di Molly.

-Come Maganò- le aveva detto Percy, e lei si era sentita stranamente rinfrancata all'idea che suo padre usasse finalmente quel termine, che tutti cercavano di evitare, -hai due scelte. Non devi decidere adesso, ma devi cominciare a pensarci. Puoi costruirti una vita nel nostro mondo: ci sono tantissime cose che puoi fare anche senza una bacchetta. Oppure puoi scegliere di lavorare nel mondo dei Babbani. Lì le tue possibilità sono molte di più-.
Molly si era sentita spaesata. -Non devo decidere adesso?- aveva chiesto. Suo padre le aveva sorriso.
-Naturalmente no. Voglio solo che tu sappia che io sarò felice qualsiasi cosa tu scelga- aveva detto.
Allora Molly non aveva capito quel discorso; solo anni dopo, quando aveva conosciuto davvero la storia di suo padre e di quello che era successo negli anni della guerra, aveva cominciato a sospettare che Percy Weasley fosse diventato il genitore meraviglioso che era attraverso momenti difficili e tristi; e aveva capito che quel giorno, ad Hogsmeade, suo padre aveva voluto che sapesse di avere il suo sostegno, qualsiasi cosa desiderasse fare, proprio perché ricordava quanto era duro sentirsi lontani ed isolati dalla propria famiglia.

Le gite ad Hogsmeade erano diventate un po' un'abitudine, per Molly e Percy; e, con grande soddisfazione di Molly, per quanto Lucy facesse capricci e facesse scoppiare le lampadine di casa con la magia, quelle giornate erano rimaste per sette anni un suo esclusivo privilegio.
Percy non la portava mai nei fine settimana, quando era facile imbattersi negli studenti con le loro divise scintillanti; in genere si prendeva un giorno di riposo dal lavoro, scriveva una giustificazione per la scuola di Molly, e si godevano insieme la gita, passeggiando per le strade assolate o innevate; qualche volta, addirittura, inerpicandosi per i vicini sentieri di montagna, in cerca di un luogo adatto ad un picnic con un panorama mozzafiato.
Molly amava Hogsmeade; amava il mondo della magia, nonostante la sua amarezza non fosse svanita, crescendo.
Durante uno dei loro picnic aveva chiesto a suo padre perché lei vedesse il castello di Hogwarts, in lontananza, nonostante le misure anti-Babbani. Percy si era mostrato stupito di quella domanda.
-Ma tu non sei una Babbana- le aveva detto.
Molly, quindicenne in piena ribellione, aveva sbuffato.
-Per quello che posso fare con una bacchetta, è come se lo fossi- aveva risposto.
Percy si era seduto sull'erba vicino a lei, senza offendersi quando lei si era scostata.
-Tu appartieni a questo mondo, Molly- le aveva detto. -Sei magica quanto me e tua madre, quanto Lucy, quanto Roxanne e gli altri-.
-Solo che esserlo non mi serve a niente- aveva ribattuto Molly. Non aveva voglia di ascoltare le parole di suo padre, quel giorno, nonostante in genere le risollevasse il morale. -Perché io, papà?- aveva chiesto.
Era la domanda che l'aveva tormentata continuamente, da quando aveva undici anni, e non l'aveva mai fatta ad alta voce. Con rabbia e stizza si era asciugata una lacrima, scrutando il profilo lontano del castello, così vicino ed inaccessibile.
-Io non lo so- aveva risposto Percy, sinceramente. L'aveva colpita realizzare che suo padre era sempre stato sincero, in quella faccenda, più di chiunque altro. Quel bisogno di onestà era un'altra delle cose che avrebbe capito solo più tardi, arrivando a comprendere quanto fosse fondamentale, per Percy, non mentire agli altri, e soprattutto a se stesso.
Ma quel giorno quella ammissione l'aveva colpita.
-Mi dispiace- aveva continuato Percy.
-Non è colpa tua- aveva ammesso Molly a denti stretti.
-Ma io sono tuo padre- aveva detto Percy, aggiustandosi nervosamente gli occhiali sul naso. -Vorrei poterti rispondere. Forse c'è un motivo; forse farai grandi cose, che non avresti potuto fare se non appartenendo a questo mondo, senza esservi completamente dentro-.
Molly aveva stretto le labbra. Le sembrava una versione della storia molto comoda e troppo facile. Ma aveva annuito, un poco, per non scontentare suo padre che si era impegnato a consolarla.
Aveva ripreso a guardare il castello, continuando a ripetersi ossessivamente quel perché nella mente, finché non si era fatta ora di rientrare e si era accorta che suo padre era ancora seduto vicino a lei, immobile, e osservava la Hogwarts che aveva tanto amato da ragazzo con la sua stessa rabbia impressa sul volto.

Eppure con il passare degli anni quella conversazione si era rivelata incredibilmente profetica.
Finita la scuola le cose erano cambiate. Man mano che i cugini tornavano da Hogwarts, la distanza che negli anni si era creata tra loro e Molly si appianava nel ritmo delle riunioni di famiglia; con la maturità era più facile sentirsi vicini, perché Roxanne, James, Louis e gli altri non erano più tutti in un solo posto, a fare le stesse cose, mentre Molly conduceva una vita completamente diversa.
Molly aveva fatto studi babbani, e si era trovata sempre molto a suo agio a scuola, nonostante all'inizio le sembrasse impossibile adattarsi ad un ambiente così diverso da quello a cui era abituata. Nel mondo dei Babbani aveva imparato a sentirsi brava, abile, intelligente e capace di fare tutto quello che desiderava.
E per il resto, affetto, sostegno e completa comprensione, aveva la sua magica famiglia.
Era stata una strada piuttosto difficile da percorrere, la sua.
Ma suo padre aveva avuto ragione, quel giorno, sulle montagne attorno ad Hogsmeade: appartenere a due mondi le aveva aperto alcune possibilità che non avrebbe avuto altrimenti.

L'aveva fatta diventare quella che era. E finalmente, il primo Settembre dell'anno in cui aveva compiuto ventisette anni, Molly trovò la risposta che aveva tanto cercato da ragazzina.

Molly sorrise, sedendosi alla scrivania e ripensando alla frase che l'aveva condotta in quel viaggio tra i ricordi.
Mentre il computer si avviava con un ronzio ormai familiare, pensò che sì, decisamente essere una Maganò aveva influenzato la sua vita, e sì, se avesse dovuto scrivere la propria biografia avrebbe iniziato con l'undicenne spaurita, diversa da tutti quelli che conosceva, che piangeva nella sua stanza.
Ma non era quello che doveva fare quella sera.
Molly Weasley aprì il suo programma di scrittura preferito, diede una veloce scorsa alla lista dei files e aprì quello che aveva chiuso solo qualche ora prima. Un muro di testo la accolse, familiare, perché erano parole che aveva scritto lei stessa, quel pomeriggio e nei giorni precedenti.
Non era alla sua biografia che Molly lavorava. Era al suo secondo romanzo, che l'editore aspettava di lì ad un paio di mesi, dopo il successo del primo.
Molly ne era molto fiera; il misto di fantasia e realtà, appena aggiustato per non darle problemi con lo Statuto di Segretezza, aveva incantato i suoi lettori, che sembravano apprezzare anche l'avvincente storia di guerra ed avventura, nonostante l'azzardo di un protagonista molto lontano dai canoni del tipico eroe da battaglia.
Sedendosi più comoda, Molly appoggiò le dita sulla tastiera e si rilassò; sgombrò la mente da qualsiasi distrazione, lasciando che la storia prendesse la consistenza della realtà, per immergervisi meglio. Poi cominciò a scrivere.
"Percy sapeva di avere poche possibilità di riuscire a salvare tutti coloro che erano in pericolo; eppure doveva provare. Era quello che doveva fare, quello che sapeva fare. E in definitiva, era quello che faceva ogni giorno..."


 

Questa storia è stata scritta per il 24h Contest = 12+12, indetto da Roe_Rory Hattori su forum di EFP. Il contest prevedeva dodici ore per l'iscrizione e per scegliere un numero, seguite dalla rivelazione di un personaggio nascosto sotto quel numero, e da dodici ore esatte per la stesura e la consegna delle fic. A me è capitata Molly Weasley Jr. All'inizio mi ero piuttosto spaventata all'idea di dove usare un personaggio sconosciuto della nuova generazione, tanto che avevo chiesto il personaggio di riserva (che era Severus Piton, di male in peggio. XD); poi però mi è venuta l'idea di fare di Molly una Maganò e di stare a vedere come l'avrebbe presa Percy una cosa del genere. XD E devo dire che, oltre ad essermi divertita con questa cosa veloce, mi sono anche affezionata decisamente a questo personaggio. Evidentemente questo si è visto; seguono la posizione in classifica ed il giudizio per questa storia.

Prima classificata: Strana storia di una ragazza normale di miki_tr
Grammatica e ortografia: 10/10
Stile e lessico: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Originalità: 10/10
Gradimento personale: 10/10
Totale 50/50
Media: 10
Roe sta ancora piangendo mentre scrive questo commento. Giuro, ho le lacrime agli occhi e non ci vedo. Sto piangendo perché mi sono commossa, tanto. La storia di Molly è la mia storia, mi sono immedesimata tanto in lei e mi domando come tu sia riuscita a tirar fuori da un personaggio solo che ti ho dato io un’idea del genere. Confessa, tu mi conosci. Ok, a parte gli scherzi, credo che il giudizio numerico parli da solo, che non debba spiegarti che ti ho messo il massimo in grammatica perché non c’erano errori di alcun genere, che lo stile è scorrevole e il carattere che hai delineato a Molly ti ha fatto schizzare la caratterizzazione al massimo e che l’idea che hai avuto è... fantastica, strepitosa, mitica, eccezionale, sviluppata bene e mi fermo qui.
Tutti questi elementi hanno contribuito a far salire il gradimento personale, e... e... non potevo non mettere un dieci in gradimento a una storia così. No, non me lo sarei mai perdonato se non l’avessi fatto.
Beh, ora visto che se hai letto tutti i commenti avrai capito che io non so mai che dire in questi casi o hai letto solo comunque ti stai ancora domandando che campo a fare, io ti saluto lasciandoti i miei complimenti per questa favolosa fanfiction! **

  
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