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Autore: Minako_86    07/07/2011    5 recensioni
[...]Le posò un bacio sui capelli e si beò del suo inconfondibile profumo. . Se i giornalisti avessero voluto un vero scoop, Joe Jonas era decisamente - di nuovo - vivo.[...]
Dopo eoni - viva e vegeta - torno con una shot e tanto, tanto miele.;3 Enjoy.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eggià. Sono viva e sono tornata a tormentare la buon anima delle poche che ancora si ricordano di me xD e mi regalano le loro splendide recensioni.

Ci sarebbero così tante cose da dire su questa shot, sulla fatica fatta per portarla a termine, sugli alti e bassi e sulle migliaia di volte che ho creduto di dover cestinare tutto e lasciar perdere... Che preferisco non dire nulla e dimenticare tutto, beandomi del fatto che invece ce l'ho fatta.=D

Per tutte quelle che stanno aspettando il capitolo di Coco (sì, non me ne sono scordata ;D ) con pazienza e che presto verranno premiate, per tutte quelle che ho trascinato(;D), incontrato e rincontrato il 17 giugno davanti la Universal insieme a Joseph. Per chi, più di tutti, questa storia l'aspettava e ci ha sclerato meravigliosamente sopra. Per tutte coloro che - con queste quattro parole che mi ostino a mettere nero su bianco -, riescono ancora a sognare.

 

E poi, naturalmente, a Joe. Con tutto l'amore del Mondo.

 

 

 

Vita ~

(In certi cuori qualche cosa resterà.)

 

 



 

Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti al cielo.
Vienimi a prendere, mi viene da piangere.

 

Arriva subito...


Mi riconosci: ho le scarpe piene di passi,
la faccia piena di schiaffi, il cuore pieno di battiti.
E gli occhi pieni di te.

 

 

 

Nicholas continuava a gironzolare per la stanza, avanti e indietro. Incessantemente. Si poteva leggere profonda inquietudine perfino nel modo in cui teneva le spalle leggermente incurvate in avanti e le labbra socchiuse. Osservò di sottecchi suo fratello maggiore, accasciato per metà sulla vecchia poltrona di pelle in centro al salotto: i piedi poggiati stancamente al tavolino ed un libro abbandonato in grembo. Spento.

 

- Immagino che non serva ripeterti quanto Natalie sia bionda e bella...! - Esordì. Joe piegò appena il capo e lo fulminò con lo sguardo. - Oggettivamente più di- -

 

- Non dirlo nemmeno! - Ringhiò.

 

- D'accordo, d'accordo. Scusami. - Lo stava portando all'esasperazione. Allargò le braccia e le mulinò nell'aria.

 

- Credevo le volessi bene. - Il romanzo finì a terra, ma non ci badò.

 

- Lo so che Mar è speciale. E che nessuna può essere... potrà mai competere con lei. Le voglio molto più che bene. - Sospirò. - Ma so anche che questa situazione dura da troppo tempo, hai bisogno di riprenderti. -

 

- Riprendermi. - Quasi sputò l'ultima sillaba.

 

- Sì, Joe. E uscire con Natalie, che tra parentesi è uno schianto di ragazza,  non può farti che bene. Anche solo come amici...! -

 

 - Chi sarebbe uno schianto di ragazza..? -

 

Chiara fece irruzione nel salotto, una busta di plastica bianca che le ciondolava sul polso destro. La lasciò sul pavimento e si avvicinò a Nick, irrequieta. Gli cinse il collo con le braccia, prima di schioccargli un piccolo bacio sulle labbra che lui si affrettò ad approfondire. Joseph distolse lo sguardo ed affondò nuovamente ne "Il Diavolo e la signorina Prym".

 

- Mar è uno schianto. - Sussurrò, triste. Più per sé stesso che per chiunque altro.

 

 

***

 

Nicholas si lasciò trascinare in cucina, piuttosto riluttante all'idea di dare tregua al fratello: gli avrebbe permesso di riaffondare nello stato di apatica depressione in cui versava da almeno un mese a quella parte. L'unica emozione che riusciva a scuoterlo - a tratti - era la rabbia scatenata dalle frecciate sue o di Kevin. Tentativi più o meno bruschi di fargli affrontare e digerire la sparizione di Mar dalla sua vita, la sua partenza improvvisa. In quei momenti diventava una vera belva: rifiutava qualsiasi proposta, qualsiasi ragazza ed allontanava tutti, anche in malo modo.

Chiuse con delicatezza la porta verniciata di blu e si apprestò ad ascoltare la sua fidanzata. Doveva essere qualcosa di molto serio, perché leggeva negli occhi suoi e di Kev, che l'aveva accompagnata, una profonda, contrita preoccupazione.

 

- E' successo qualcosa...? - Esitò. - Qualcosa che Joe non può sapere? -

 

- Qualcosa che Joe non deve sapere. - Lo corresse il maggiore. Chiara annuiva, con fare cospiratore.

 

-E' tornata a New York. Mar. Ieri notte. - Sentenziò. Nick sgranò gli occhi scuri, poi avvertì panico e sollievo montare in lui quasi contemporaneamente. Questo significava problemi. Tanti.

 

- Cazzo. Cioè... E' fantastico. - Balbettò. - Ma lui darà di matto, se lo scopre! -

 

- Quando ha saputo che venivo qui, è letteralmente schizzata fuori di casa. Praticamente prima che potessi rivolgerle la parola per chiederle di unirsi a noi. - Agitò appena il capo. - Mi ha chiesto di riferirti che troverà il momento di venire a salutarti... Ma Joe non lo vuole vedere. -

 

- Ovviamente. Perché si fanno questo? - Era tutto così tremendamente sciocco e senza senso.

 

- Avresti dovuto vedere la sua faccia, quando ha nominato tuo fratello...! - Sbottò. - Quel maledetto articolo di giornale ha mandato tutto a puttane. Avreste dovuto denunciarli o- -

 

- Lo sai che non è così semplice, bimba. - Kevin scrollò lentamente le spalle. - Non hanno pubblicato nulla di diffamatorio, tecnicamente. -

 

- Hanno pubblicato immondizia. - Sibilò.

 

- E noi non possiamo fare nulla, ora come ora. - Concluse amaramente il piccolo. La strinse fra le braccia e le accarezzò le spalle, fino a che i suoi tremiti di nervosismo non si furono placati. - Solo aiutare entrambi e senza interferire. -

 

 

***

 

- Due frappuccini al caramello, uno alla fragola e un Chai Tea. Con la cannella. - Chiara allungò una banconota alla cassiera ed afferrò alla buona i quattro bicchieri di carta.

 

Lo Starbucks era pieno zeppo di gente, chi ai piccoli tavoli di legno laccato e chi assiepato al bancone. Joe sbuffò nervosamente e cominciò a scalpitare, nemmeno troppo in silenzio. Imprecò - in un sussurro - quando un gruppo di ragazzini poco più grandi di Frankie passò a tutta velocità praticamente sopra i suoi piedi.

 

- Usciamo di qui. - Sibilò. - Aria. - Nick e Kevin si scambiarono uno sguardo crucciato. Fuori del locale si era già radunata una folta schiera di paparazzi. E qualche ragazzina rumoreggiava curiosa.

 

- Non sono sicuro sia una buona idea. Magari c'è un tavolo- - Il piccolo si interruppe bruscamente, quando il fratello schizzò con decisione verso la porta a vetri.

 

- Me ne fotto dei fotografi! - Abbaiò. - E' stata una pessima idea. -

 

Arrivò sul marciapiede quasi di corsa e fu investito immediatamente da una scarica di flash. Sentì rimbombare le prime urla, gli schiamazzi - quasi fosse una cantilena destinata a ripetersi all'infinito nell'arco della sua esistenza -, poi le solite domande a mitraglia. Sciocche e scontate. Joe qui e Joe lì.

 

- Dov'è la tua ragazza, Joseph? E' vero che l'hai fatta scappare in Europa? - Girò su sé stesso e diede bruscamente le spalle ai fratelli, che lo avevano raggiunto.

 

La voce in questione apparteneva ad un uomo tarchiato, alto poco più di un metro e mezzo. Gli puntava addosso un obbiettivo scuro, lungo - a parer di Joe - molto più di alcuni suoi attributi anatomici ed aspettava una risposta, bramoso. Strinse il bicchiere fra le dita nervose e ne spruzzò parte del contenuto, desideroso di dargli esattamente ciò che più si sarebbe meritato, ma, prima che le parole potessero arrivargli alle labbra, qualcosa lo colpì con violenza. Come un pugno nello stomaco. Kev strattonò il braccio di Nicholas e gli indico un punto preciso, dall'altra parte della strada.

 

- Oh, merda... - Sibilò quest'ultimo. Poi lo vide lanciarsi letteralmente in avanti. - JOSEPH! -

 

Un violento odore di fragola si sprigionò dal marciapiede, mentre il coperchio di plastica rotolava via. Piantò tutto in asso, fregandosene degli schiamazzi sempre più insistenti, delle fotografie che gli scattavano. Il cuore gli rimbombava fino in gola: era lei. Era lei. I capelli ricci sulle spalle, l'abito a fiorellini che le aveva regalato Nick al compleanno, un cardigan bianco: non poteva essersi sbagliato.

 

- Mar. - Mormorò, gli occhi fissi sul suo profilo. Schivò al millimetro un piccolo taxi giallo che sfrecciava sulla corsia preferenziale, mentre correva a perdifiato.

 

Seguì la figura sottile camminare distrattamente lungo la via. Nel frattempo, si era fermata davanti alla vetrina di un negozio e dopo qualche istante di esitazione - così maledettamente tipica di lei - era entrata.

 

 

***

 

- Buongiorno. Benvenuto da Free People. -

 

La ragazza alla cassa non fece neppure l'atto di alzare gli occhi dal numero di Cosmopolitan che stava sfogliando, aumentò il volume dell'i-pod e tornò a torturare il piercing rosa che portava al labbro, con fare indifferente. Il suo saluto svogliato venne inghiottito subito dal frastuono di un espositore che cozzava violentemente col pavimento. Mar, sconvolta, distolse lo sguardo dal viso imbronciato di lui e si chinò a raccogliere i ciondoli - sparsi un po' ovunque, ai suoi piedi -, come a volersi convincere che Joe non era lì.

 

- Ah...! - Arrossì. Le si era inginocchiato di fronte e aveva preso a radunare le piccole confezioni di plastica, sfiorandole di tanto in tanto le mani con le proprie. Gli occhi inchiodati su di lei.

 

- Mar. -

 

Alzò lo sguardo, appena in tempo per notare - oltre la spalla di Joseph - una folta schiera di paparazzi che andava assiepandosi lungo strada. Si sarebbero inchiodati alla vetrina - o peggio avrebbero invaso il negozio - da un momento all'altro. Si sentiva già il rumore degli otturatori che scattavano furiosi, rimbombare nella testa. Istintivamente lo afferrò per il braccio e dopo aver cacciato le collane sullo scaffale alla bell'e meglio, lo trascinò velocemente fino in fondo al negozio, in uno dei piccoli camerini liberi. Accostò la tenda di stoffa pesante e lasciò uno spiraglio impercettibile, per poter sbirciare all'esterno. Quattro uomini e una donna, con grosse reflex scure a tracolla, erano già entrati.

 

- Non fare rumore e a Dio piacendo, non si accorgeranno di nulla. - Sussurrò.

 

Joe, dal canto suo, era troppo impegnato a percepire il modo in cui lei gli stava premuta addosso. Le mani contro il petto, il capo quasi poggiato alla sua spalla, lo teneva praticamente bloccato al muro come a impedirgli di muoversi o di fare rumore. Quello stanzino era talmente microscopico che probabilmente non sarebbe riuscito a spostarsi senza urtare qualcosa... E non che desiderasse farlo. Le sue, di mani, stringevano i fianchi sottili con fare decisamente possessivo. Come era sempre stato abituato a fare, vi si erano posate impulsivamente.

 

- E' quasi ora di chiusura... Li sbatteranno fuori. - Le sue labbra sfiorarono i capelli di lei, che avevano quell'inconfondibile profumo di shampoo.

 

Passarono una manciata di interminabili minuti, poi, molto lentamente, le macchine fotografiche vennero riposte e la folla rifluì. Mar fece per allontanarsi, ma si ritrovò come imprigionata in quell'abbraccio deciso. Gli premette entrambe le mani sul petto e tentò di spingersi all'indietro con più energia, divincolandosi leggermente.

 

- Joe, per favore, lasciami. - Sospirò, le guancie di nuovo bollenti.

 

Una volta cessato il rischio, aveva potuto allentare l'attenzione e tornare a concentrarsi su di loro. A quel punto, si era accorta di quanto effettivamente fossero vicini. D'un tratto aveva avvertito le sue braccia attorno alla vita, il respiro caldo e regolare contro il collo, le gambe premute contro le proprie. E nella sua mente si era acceso un segnale di pericolo.

 

- Ora possiamo uscire di qui, se ne sono andati. - Cercò di essere risoluta. Lasciò scivolare le dita sotto quelle di lui, reprimendo un brivido e ne sciolse la presa sul suo corpo.

 

Joseph si obbligò a lasciarla andare - nonostante desiderasse con tutto sé stesso l'esatto opposto -, la seguì all'esterno della cabina ed affondò con lei nella penombra del locale deserto e decisamente chiuso. L'ingresso sbarrato e le luci spente, ad esclusione di quattro faretti  a bassa emissione che gettavano un bagliore soffuso sui capi esposti in vetrina.        

 

- Ci hanno lasciati dentro...! - Mar si guardò attorno con una punta di panico negli occhi chiari. - Non- -

 

- Ma c'era la commessa, al banco, quando sono entrato. - Obbiettò.

 

- Sì, quella. Non si sarebbe accorta nemmeno se le avessero svaligiato il negozio sotto il naso. Figuriamoci...! - Si passò le mani sul viso e trattenne un lungo sospiro.

 

- Siamo bloccati qui. - E in fondo, rifletté Joe, andava benissimo.

 

 

***

 

- Perché sei tornata? -

 

Mar smise di sfogliare il libro che teneva in grembo e rilassò la schiena contro la parete, si inumidì le labbra:era ovvio che non avrebbero potuto rimanere - seduti per terra - chiusi in quel silenzio rassicurante per sempre. Tenne lo sguardo fisso sulle pagine e prese a torturarne un angolo, arricciandolo fra le dita nervose mentre cercava dentro di sé le parole giuste.

 

- Per il lavoro. - Bugia-bugia. O quasi. - Non potevo più stare a Milano, era un incarico temporaneo. -

 

- Torni al nostro studio...? - Si lasciò scappare un sorriso che lei non vide, ma lo intuì.

 

- Sì. Ma non... - Esitò. Era molto più difficile dirglielo di persona.

 

- Certo. - Joseph scattò in piedi e si sforzò di non prendere a calci il muro per la frustrazione.

 

La osservò con la coda dell'occhio mentre s'immergeva di nuovo nelle pagine del suo romanzo, probabilmente senza nemmeno concentrarcisi sul serio. Che era tesa si capiva dal modo in cui si mordicchiava il labbro inferiore o da come accomodava dietro l'orecchio un boccolo ribelle che le ricadeva insistentemente sulla fronte. Afferrò un blocco di post-it ed una penna prima di tornare a sedersi, parecchio più vicino a lei. Se avesse poggiato la mano a terra, avrebbe di sicuro toccato la sua: era intenta a sfiorare la superficie liscia del parquet con la punta delle dita, persa in chissà quali pensieri.

 

- Prova a richiamare Nicholas. - Inarcò le sopracciglia e si preparò a mentirle per l'ennesima volta.

 

Probabilmente - alla fine di tutto - il suo sarebbe risultato solamente un gesto sciocco ed incredibilmente egoista, avrebbe anche potuto rovinare tutto e Joe sapeva bene che se ne sarebbe fottuto comunque. Pur di stare con Mar, anche solo un minuto in più era prezioso. Ficcò il cellulare - spento - ancora più in fondo alla tasca interna della camicia di jeans e tornò a fissare il suo profilo concentrato.

 

- Non mi risponde. - Mormorò. - Mi dispiace. - No, non era vero neanche un po'.

 

Nemmeno lei rispose. Si strinse nelle spalle e soffocò un sospiro sulle labbra socchiuse. Che avesse scordato il cellulare a casa e non potesse telefonare di persona si era rivelato veramente un colpo di culo piuttosto sfacciato: Joseph cominciava a pensare che qualcuno - da qualche parte - volesse davvero concedergli un'occasione. Doveva solo muoversi con estrema cautela. Prese a scarabocchiare i foglietti che aveva in mano - sovrappensiero. Li riempì di faccine buffe e piccoli disegni storti. Non era attento, continuava a distrarsi per osservarle il profilo concentrato, le ciglia pallide. Le mani in perpetuo, impercettibile movimento. Ogni dettaglio di lei era... vita.

Un pezzo di vita che tornava al suo posto. Si sorprese a pensare quanta nostalgia potesse provare, tutta in un solo cuore ed un'unica testa. Perché gli mancava ogni cosa di Mar, tutto quello a cui gli riuscisse di pensare: il suo profumo sulle lenzuola, i fogli pieni di disegni sulla scrivania. Trovarsi il suo maglioncino nell'armadio e un flacone di shampoo Sunsilk sulla mensola del bagno. Poi c'era lo spazzolino blu in bilico al bordo del lavandino ed orecchini spaiati, ovunque. Gli mancava il modo in cui - ogni mattina - si alzava e girava per casa con addosso soltanto la camicia che lui si era tolto la sera prima. Perfino la sua puntigliosa, tenera insistenza nel raccogliere e ripiegare con cura tutti i vestiti che lui lasciava in giro o impilare gli spartiti sotto i cd con le basi registrate, all'angolo del tavolo. "Devi tenere un po' d'ordine, almeno nelle cose su cui lavori." E poi sorrideva, lievemente imbarazzata.

Si passò una mano sul viso, sospirando: lei doveva saperlo. Doveva dirglielo e non sapeva come. Poi, improvvisamente, gli venne l'idea: il blocchetto rotolò sul pavimento, mentre si allungava a raggiungere la pagina più aperta del libro. Mar trattenne impercettibilmente il respiro, gli occhi fissi sul post-it giallo appiccicato nel bel mezzo del secondo capoverso.

 

«Mi sei mancata.»

  

Si inumidì le labbra, indecisa. Si sa che le cose - in certe situazioni - riescono sempre a prendere una piega diversa. E poi succede qualcosa che non ti saresti mai aspettato, incredibilmente. Joseph sentì i battiti aumentare - rimbombargli nelle orecchie fino a fargli male - mentre lei prendeva una biro dalla tasca della borsa e scriveva, le guancie già bollenti. Gli restituì il pezzetto di carta, lasciandolo scivolare sul palmo della sua mano.

 

«Anche tu.»

 

Fu questione di un momento. E di istinto, per lo più: tuffò le dita nel groviglio di riccioli biondi - erano decisamente più lunghi, rispetto all'ultima volta che si erano visti - e le sue labbra furono immediatamente su quelle di lei. Sapeva come e dove sfiorarla, quanto a lungo... Era qualcosa di meccanicamente impresso dentro di lui, incastrarsi a Mar, ogni volta come fosse la prima. La sentì rabbrividire e lasciarsi leggermente andare contro la parete alle sue spalle, come se sapesse perfettamente qual'era il modo più rapido per fargli perdere il controllo o che si sarebbe spinto verso di lei al punto di sovrastarla, quasi. Si fermò per prendere fiato e restò sulla sua bocca, per paura di perdere quel contatto.

 

- Scusa. - Sussurrò, il respiro ancora irregolare.

 

- Oh, cavolo...! -  abbassò lo sguardo di scatto e si tirò indietro, per quanto l'averlo addosso a quel modo le permettesse di farlo e si passò nervosamente le dita fra i capelli, come se dovesse sistemarli a tutti i costi, e poi più giù, sul collo.

 

- Mar- - Si bloccò quando lei gli scivolò letteralmente via dalle mani. Si era scostato di appena qualche centimetro in più ed era riuscita a scappare.

 

- Lo sapevo che sarebbe finita così, ma non doveva....! Non doveva succedere. - Joe se ne stava zitto, la fissava: il respiro le scivolava ancora affannoso dalle labbra, arrossate di quel bacio comunque troppo breve.

 

- Cosa? - Replicò, assente, mentre ne seguiva con millimetrica precisione i movimenti. La bocca che si stirava in una piccola smorfia umida e gli occhi azzurrissimi che rifuggivano costantemente i suoi.

 

- Tutto questo! Non dovevo tornare a New York. - Intrecciò le mani dietro la schiena e si appoggiò nuovamente al muro. - Io me lo aspettavo, Joe. - Continuò, incastrando improvvisamente lo sguardo nel suo. - Ho attraversato Central Park, per venire qui e credevo mi sarei vista correre incontro Winston da un momento all'altro... Pensavo di trovarti dietro ogni angolo, per strada, seduto nel tuo locale preferito esattamente nel momento in cui io avessi deciso di passare a prendere una di quelle paste al miele che ci piacevano tanto. Da Starbucks, quello dietro Time Square e- NO, per favore, non avvicinarti. Non mi toccare..! - Sollevò le braccia, come a volerlo allontanare. Come se avesse potuto servire a qualcosa. 

 

- Non posso. - Le scostò un riccio dalla fronte e le lasciò scivolare le dita fin sul collo, esattamente dove lei aveva posato le sue poco prima.

 

- Ti prego. - Ripeté, mentre il respiro le si faceva di nuovo accelerato.

 

- No, Mar, io non... Hai detto che ti sono mancato! - Strinse i pugni e le guancie gli si tinsero di frustrazione.

 

- Proprio per questo. Per la fatica che ho fatto ad abituarmi alla tua assenza... -

 

- La mia assenza. - Mormorò. - La mia assenza te la sei cercata tu. Sei andata via. - Il suo tono si inasprì improvvisamente e gli occhi scuri si fecero lucidi.

 

- Sono quella che ti ha rubato a Demi, ricordi? Dopo Ashley dovevi essere suo. Quella che non sarebbe mai stata alla tua altezza. - Ringhiò. - Quanti modi avevo per farla finire? -

 

- Potevi fregartene! - Sbottò.

 

- Io non sono ricca né tantomeno famosa, Joseph. Nel mio mondo non ci sono soldi da spendere o avvocati pronti a querelare chiunque apra bocca su di me. - Sbatté le mani sull'intonaco freddo della parete e distolse lentamente lo sguardo. - Nemmeno se mi accusano di aver rovinato la vita alla persona che amo. -

 

Joe sentì come una scossa lungo la schiena. Osservò il modo in cui Mar si era stretta fra le braccia - tenendosi addosso il golf color vaniglia come se glielo stessero strappando - e la velocità con cui i suoi occhi si erano spostati dal pavimento a lui, per poi tornare al punto di partenza. Non riusciva nemmeno a guardarlo. Era stato stupido: Nicholas lo aveva messo in guardia, eppure lui non aveva voluto rendersi conto che liquidare quell'articolo di giornale come uno dei tanti, senza spendere nemmeno una parola per smentirlo, era solo la soluzione più comoda. Non la più giusta.

 

- Sono un maledetto coglione. - Ripeté, a voce alta.

 

- Smettila. -

 

Scosse la testa: lo era davvero. Aveva permesso che le facessero del male - in qualsiasi modo volesse girarla -, senza fare nulla per impedirlo. Superficiale: soltanto perché era sicuro che a Joe Jonas non avrebbero rinfacciato nulla, in ogni caso, aveva dato per scontato che si sarebbe risolto tutto così.

«Potrebbero scrivere che hai rapinato una banca e avresti comunque qualcuno che ti giustificherebbe...! Lei non può fare un solo passo falso, tutti le sono subito addosso. L'unico che può proteggerla sei tu.» Ora come ora, le parole di suo fratello suonavano terribilmente reali e lungimiranti: un ottimo consiglio che si era incapricciato a non seguire. E dire che anche Nick aveva le sue esperienze personali in quel campo.

 

- Qualsiasi cosa ti abbiano detto, Mar, è una bugia. - Sussurrò, dopo qualche secondo di contrito silenzio.

 

- Come...? - Sussultò nel ritrovarsi le mani di lui già addosso. Le sue dita scivolavano come una carezza sulla pelle.

 

- Un'enorme, fottuta bugia. -

 

La spinse a sciogliere la presa sul suo stesso corpo e a rilassare le braccia lungo i fianchi. Le sfiorò le spalle, le clavicole e trovò la sua bocca socchiusa, come se lei stesse aspettando soltanto di essere baciata di nuovo. Mar non gli oppose la minima resistenza: seguì docile i suoi movimenti e gli permise di lambire ogni centimetro delle sue labbra. Perfino di lasciarle un morso delicato su quello inferiore - il suo leggero mugolio gli arrivò dritto al cervello, come una scossa - prima di riprendere fiato.

 

- Io Ashley l'ho lasciata per te. - Sospirò. - Non Demi, non un'altra. Te. -

 

- Smettila di baciarmi... così, per ogni cosa che mi vuoi dire. - Replicò lei, ostinata. - Non serve. -

 

- E la mia vita, l'hai resa- -

 

Scivolò in avanti, quando lo strattonò per il collo della t-shirt e fece scontrare le loro bocche. Di nuovo. Joe si sentiva come calamitato a Mar: fino a che si fossero mantenuti ad una certa distanza potevano - in qualche assurdo modo - riuscire a stare separati, ma appena s'avvicinavano, era del tutto impossibile stare lontano da lei e da quel corpo sottile, da quelle labbra. Era una forza superiore che lo spingeva a cercare il contatto, polo negativo contro polo positivo: opposti che si attraggono. Sorrise.

 

- ... Incredibile. - Concluse, quando gli permise di prendere fiato.

 

- Perché non hai fatto niente, allora? - Gli occhi le si fecero di nuovo umidi.

 

- Te l'ho già detto che sono un coglione...? - Inclinò appena il capo e lasciò che le punte dei loro nasi si sfiorassero.

 

- Me lo hai accennato un paio di volte, sì. -

 

Scrollò appena la testa e strinse - senz'accorgersi - la presa sull'orlo della maglia nera di Joe. Stava per lasciarsi scappare un sorriso, lui lo sapeva bene. Timido, quasi impercettibile: di quelli che preludevano sempre a qualcosa. Alzò lo sguardo e gli sfiorò l'angolo destro delle labbra con le proprie, poi la guancia ruvida ed il profilo dello zigomo.

 

- Ti giuro che strapperò la lingua al primo che oserà dirti qualcosa su di me... su di noi. -  

 

- Non lo so, Joe. E' complicato. -

 

- Complicato? Io ti amo e ti rivoglio. Non c'è niente di complicato in questo. - Replicò. - Se tu- -

 

- Non dire niente. Non  ho smesso di amarti, ho solo imparato a fare a meno di te. - Non sorrideva più, gli occhi erano lucidi e le sue guancie arrossate. - La sola cosa che non so è se sarei capace d'affrontare di nuovo qualcosa del genere. -

 

- Mar. - Le afferrò entrambi i polsi e li strinse leggermente, mentre le dita scendevano ad accarezzare i palmi tesi.

 

- Capisci dove sta il difficile, adesso? Sono tornata perché non ce la facevo più a stare lontana, però sapevo benissimo che rivederti sarebbe stata una maledetta tentazione. -

 

- Ti prego. - Un singhiozzo finì per rompergli la voce, insinuandosi fra una parola e l'altra. Esitò, poi piantò gli occhi ambrati sul pavimento.

 

- Joe. - Mormorò lei, improvvisamente pallida. - Non stai seriamente piangendo per me...! Non puoi. -

 

- Scommetti? - Il suo sguardo bruciava come fuoco sulla pelle.

 

- Con te? - Parlava a voce bassa, quasi inudibile. Scosse leggermente il capo in segno di diniego e sollevò una mano ad accarezzargli la guancia umida. - Perderei sicuramente. -

 

Si ritrovò ad affondare nel suo abbraccio, anche prima di potersene rendere veramente conto: stretta contro di lui fin quasi a soffocare, ogni tentativo di resistenza definitivamente e completamente spezzato. Gli cinse le spalle - nascose il viso nell'incavo del collo -,  inspirando a fondo il profumo familiare della sua pelle. Era come ritrovare una parte di sé stessa, qualcosa che pensava di essere riuscita ad abbandonare senza rimpianti, o quasi. E invece no. Il suo corpo non poteva mentire bene quanto la mente... I brividi lungo la schiena, il calore sulle guancie e contro i palmi delle mani: una maledetta, incredibile sensazione di sollievo dalla pianta dei piedi alla punta dei capelli.

 

- Resta. - La stretta di Joe si fece più decisa, quasi dolorosa.

 

- Sono qui, Joseph. - Rispose, piano. Il cuore le si era annidato in gola e batteva con forza, le toglieva il fiato. Resistergli, a quel punto, era un atto di puro masochismo. Lo rivoleva. Almeno quanto lui voleva lei e forse perfino di più.

 

- Dio, grazie...! -

 

Lo sentì rilassarsi, sciogliersi, come se gli avessero appena tolto un enorme peso dalle spalle. Le sfiorò la schiena attraverso il tessuto leggero dell'abito ed allentò l'abbraccio sui suoi fianchi, quel tanto che bastava per spingerla nuovamente al muro. La guardava, senza parlare, spaventato di poter spezzare un equilibrio appena rinato ed ancora terribilmente fragile. La guardava ed assaporava ogni più microscopico dettaglio di lei... Le guancie bollenti, i capelli scomposti sulle spalle. Il modo in cui la catenina che portava - un po' troppo lunga - lasciava cadere il suo ciondolo al principio di quel piccolo, morbido solco fra i seni.

 

- Continuerai solo ad osservarmi? - Mar lasciò scivolare la sua mano minuta fra i corti capelli scuri di lui e lo attirò più vicino. Il respiro le si era fatto leggermente corto e irregolare. Joseph rabbrividì, esitando per un brevissimo secondo, quando le sue labbra furono di nuovo su quelle di lei: era un punto e a capo. Come aver riavvolto il nastro, ed essere tornati indietro, sino al primo bacio. -... Non mi basta, lo sai? -

 

- Se tu solo sapessi quanto ti ho desiderata...! -

 

Le sfiorò il profilo della guancia con la punta del naso, mentre le sue dita salivano ad accarezzarle le spalle. Le lambivano appena la pelle accaldata, ad una lentezza estenuante. S'insinuarono oltre l'orlo del cardigan sbottonato e lo lasciarono scivolare lungo le braccia, poi si persero a giocare con le spalline sottili del vestito ed il disegno delicato delle clavicole appena contratte. La stava facendo impazzire. Sogghignò, nel sentirla quasi sospirare di sollievo quando posò la bocca all'attaccatura della spalla, scostando la bretellina di cotone bianco.

 

- Hn..! - Arrossì e si morse timidamente il labbro. Forse c'era qualche possibilità che lui non avesse sentito.

 

- Così mi fai uscire di testa...! - Le lasciò un morso delicato sul collo, mentre ne saliva  il profilo, bacio dopo bacio.

 

Una pigna di t-shirt stampate franò rovinosamente sul pavimento, travolta dall'impeto con cui lui l'aveva sollevata di peso e fatta sedere sul piano ingombro dell'espositore. Si lasciò sfuggire una risata, mentre Joe catturava le sue labbra con le proprie, di nuovo. Era irruento, istintivo. E i suoi baci soffocanti come onde che ti s'infrangevano addosso all'improvviso, un impatto da perderci completamente il respiro.

 

- Sarà meglio provare a ricontattare Nick, prima di demolire tutto il negozio...! - Esitò, poi lo spinse leggermente all'indietro. Doveva riprendere fiato, in qualche modo.

 

- A proposito di questo, voglio essere sincero. - Senza proferire una parola in più, Joseph si sfilò l'i-pone dalla tasca. Lo strinse con un po' più di sicurezza nella mano tremante, prima di mostrarglielo.

 

- E' spento. - Mar sfiorò lo schermo, lasciando una piccola impronta sulla superficie lucida. - E' sempre stato spento. - Realizzò, all'improvviso. Se lo aspettava anche, probabilmente.

 

- Perdonami. Io... l'ho fatto per noi. Dovevo, capisci? Dovevo giocarmela fino in fondo. -

 

- Hai vinto di nuovo, a quanto pare. - Sorrise. La buffa smorfia contrita apparsa sulle labbra di lui aveva sciolto anche quel briciolo di smarrimento e contrarietà come neve al sole.

 

- Un autentico trionfo. - Poggiò delicatamente la fronte alla sua, senza smettere di guardarla negli occhi. Il cuore gli martellava furioso nel petto, premuto contro quello di lei: sapeva che Mar poteva sentirlo.

 

- Aspettavo solo che venissi a riprendermi, Joe. Tutto il resto sono solo stupide scuse...! - La voce le uscì in un sussurro strozzato, quasi inudibile.

 

- Lo so, amore mio. Lo so. -

 

 

***

 

Ringraziò la proprietaria del negozio, mentre questa richiudeva le doppie porte e borbottava qualcosa sul come scegliere il personale. Ridacchiò e rivolse lo sguardo all'orizzonte color indaco, poi si incatenò nuovamente a Mar, alla breve corsa che spiccò per raggiungere Nicholas ed al sorriso luminoso che le spuntò sulle labbra quando si abbracciarono.

In quel momento, tutto era perfetto. New York, il rumore del traffico, l'odore dell'asfalto umido dopo il temporale che c'era stato e di cui nemmeno si era accorto. Il riflesso del tramonto sui grattacieli e l'espressione luminosa di suo fratello, di Chiara quando li aveva visti uscire mano nella mano. Ogni cosa. Era come essere rinato.

 

- Mi hai ridato la vita. - Sussurrò al cielo già privo di nuvole. - Grazie. -

 

Si avviò per raggiungerli - con la sua Pulce che lo chiamava ad alta voce e si agitava, come suo solito. Mar gli andò incontro e gli si strinse addosso, mentre prendevano a camminare verso casa. Le posò un bacio sui capelli e si beò del suo inconfondibile profumo. . Se i giornalisti avessero voluto un vero scoop, Joe Jonas era decisamente - di nuovo - vivo.     

 

 

 

Sembrano esplosioni inutili,
ma in certi cuori qualche cosa resterà.

 

(Le Tasche Piene di Sassi - Jovanotti)  

  
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