Anime & Manga > Suzumiya Haruhi no yūutsu
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Autore: Kuri    07/07/2011    9 recensioni
Lui abbassò gli occhi, e inchiodò Haruhi con un intenso sguardo d’ossidiana.
«Ho sentito molto parlare di te. Vuoi diventare la mia ragazza?»
Un silenzio sospeso si riversò tutt’intorno alla scuola. Ogni persona che avesse udito quella domanda si era zittita e aveva smesso di respirare.
Osservai Haruhi. Il suo sorrisetto era scomparso. Guardava il ragazzo di fronte a lei con un’espressione concentrata, in cui riuscivo però ad intravedere un alone di stupore. Mosse la bocca come per parlare, ma non disse nulla. Continuavano a squadrarsi a vicenda, inondando l’aria della travolgente luce della loro bellezza.
Poi lei serrò le labbra. Mi lanciò un’occhiata che mi trapassò da parte a parte e tornò a guardare lui.
Ripensandoci adesso, avrei dovuto fare qualcosa nell’istante in cui i nostri occhi si erano incrociati. Non lo so, sforzarmi di usare la telepatia o qualcosa di simile.
«Sì.»
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per quanto riguarda questa fic, dirò semplicemente che scriverla è stato troppo LOL XD Credevo di non riuscire a finirla, da tanto ridevo da sola a immaginarmi le facce di Kyon!
E inoltre... la data di pubblicazione non è casuale! (in verità è tutto un intricato piano divino) Buon Tanabata a tutti e... ricordatevi di affidare i vostri speranzosi desideri giovanili alle stelle! ENJOY! *.*







Il ragazzo di Haruhi Suzumiya





Sulla città soffiava un vento caldo che si infilava nelle ombre e tra i muri della scuola. Haruhi sbuffava a ripetizione facendosi aria senza grazia con un ventaglio di carta, seduta al banco che usava come scrivania nell'aula del club.
I suoi sospiri risuonavano insolenti e altezzosi, tanto che non riuscivo a concentrarmi sulle pedine dell'Othello che si trovavano sul tavolo. Sollevai gli occhi e vidi Koizumi che mi fissava con quel suo solito sorrisetto ambiguo, accompagnandolo con un'insolente alzata di spalle.
I motivi dello scontento di Haruhi erano più che evidenti – almeno per lei –. Non c'era stata nessuna invasione aliena, i sette misteri della South School si erano rivelati inespugnabili, non erano state rinvenute case infestate nelle vicinanze e più in generale non era accaduto nulla che avesse dimostrato di voler compiacere gli strani desideri di Haruhi circa alieni e viaggiatori del tempo o esper. Ogni cosa sembrava filare tranquilla, le vacanze estive si annunciavano altrettanto prive di eventi, e io ne sapevo abbastanza da sapere che tutto ciò sufficiente a scatenare il suo cattivo umore.
Tuttavia c'era una cosa che mi lasciava perplesso. Malumore o no, non riuscivo a credere che Haruhi fosse così torva nonostante la ricorrenza che ci sarebbe stata di lì a dieci giorni.
Tanabata.
Lei adorava quella festa. Il suo grado di eccitazione era forse di poco inferiore a quello che manifestava per la vigilia di Natale, ma superava comunque di gran lunga la tiepida accoglienza che un normale essere umano come me riservava a questo tipo di celebrazioni. Questa volta, invece, non aveva iniziato ad insistere perché preparassimo i nostri tanzaku per tempo oppure perché io mi sobbarcassi l'onere di portare il ramo di bambù. C'erano stati solo sbuffi e scatti d'ira che avevano trovato in me e Asahina-san le vittime perfette.
«Vuoi un po' di té freddo, Kyon-kun?»
Sollevai gli occhi e sorrisi ad Asahina-san che si sporgeva verso di me con un bicchiere.
Ecco, l'angelo ideale. A volte mi chiedevo perché non poteva essere lei la divinità che governava le leggi dell’universo. Avrei accettato di tutto da quegli occhi color nocciola e da quelle piccole labbra a cuore.
«Kyon!»
Come non detto.
Mi voltai verso Haruhi che nel frattempo si era alzata sbattendo il palmo della mano sul banco.
«Che vuoi?»
«Smettila di perdere tempo con queste sciocchezze, e accompagnami a prendere il bambù per Tanabata...» disse afferrando la propria cartella e lanciandomi un'occhiataccia che fece arretrare Asahina-san «Se andassi da solo saresti capace di tornare con qualche pianta malaticcia e spelacchiata.»
Assottigliai lo sguardo.
«Vacci da sola.» a volte sapevo trovare in me uno spirito di ribellione che mi stupiva.
Haruhi avanzò infuriata e afferrò la cravatta della mia divisa, tirandomi verso di lei. Alle mie spalle Asahina-san si lasciò sfuggire un gemito.
«Vieni immediatamente, se non vuoi che ti tiri un pugno.» sibilò a qualche centimetro dalla mia faccia. Lanciai un’occhiata in direzione di Koizumi. Lui si limitò a sorridere. Maledetto, me l’avrebbe pagata.
Seguii Haruhi che si precipitava fuori dall’aula senza degnare nessuno di un saluto. Era davvero furiosa e riuscivo quasi a intravedere un’aura nefasta sollevarsi da lei come una nube di oscuri presagi.
Nel cortile della scuola il caldo era ancora più torrido e soffocante. Sembrava che il sole stesse dando fondo a tutta la propria energia, oppure che riflettesse la rabbia di Haruhi verso un mondo così noioso. Forse il suo inconscio aveva intenzione di velocizzare lo scioglimento dei ghiacci per far diventare la nostra città una località balneare.
La sua schiena dondolava nel mio campo visivo come una macchia bianca.
«Sei tu Suzumiya Haruhi?»
La schiena di Haruhi si fermò.
Quando sollevai lo sguardo, sbattei le palpebre, abbagliato.
Appoggiato al muro esterno della scuola, vicino al cancello, c’era il più bel ragazzo che io avessi mai visto. Il viso aveva i tratti sottili e altezzosi di un aristocratico da manga e gli occhi scuri dal taglio allungato erano carichi di uno sguardo penetrante e misterioso. I capelli biondi gli ricadevano sulla fronte con grazia e risplendevano alla luce del sole come fili d’oro. Inoltre, indossava la gakuran scura della Kouyouen Academy, una delle scuole più prestigiose del paese. Mi sentivo indeciso se inchinarmi o meno di fronte a tanta superiorità. Anche gli studenti che uscivano dalle altre attività dei club sembravano essere stregati dalla stessa magia.
«Allora, sei tu Suzumiya Haruhi?»
«Perché vuoi saperlo?» disse lei con tono di sfida, puntandosi le mani sui fianchi.
«Perché devo chiederle una cosa.»
«E chi ti dice che ti starebbe ad ascoltare?»
«Perché ho una proposta interessante da farle.»
Riuscivo solo ad osservare meravigliato quello serrato scambio di battute. Di fronte a tanto fulgido splendore e prorompente bellezza mi sentivo un guardone pervertito.
Haruhi continuava a fissarlo con un sorrisetto di sfida sulle labbra.
«E sarebbe?»
Lui sorrise a sua volta. Alzò la mano pallida e sottile – sicuramente suonava il violino – e si scostò una ciocca di capelli dalla fronte. Sentii i sospiri di un gruppetto di ragazze che si era fermato poco lontano dal cancello, fingendo di parlare tra di loro.
Poi lui abbassò gli occhi, e inchiodò Haruhi con un intenso sguardo d’ossidiana.
«Ho sentito molto parlare di te. Vuoi diventare la mia ragazza?»
Un silenzio sospeso si riversò tutt’intorno alla scuola. Ogni persona che avesse udito quella domanda si era zittita e aveva smesso di respirare.
Osservai Haruhi. Il suo sorrisetto era scomparso. Guardava il ragazzo di fronte a lei con un’espressione concentrata, in cui riuscivo però ad intravedere un alone di stupore. Mosse la bocca come per parlare, ma non disse nulla. Continuavano a squadrarsi a vicenda, inondando l’aria della travolgente luce della loro bellezza.
Poi lei serrò le labbra. Mi lanciò un’occhiata che mi trapassò da parte a parte e tornò a guardare lui.
Ripensandoci adesso, avrei dovuto fare qualcosa nell’istante in cui i nostri occhi si erano incrociati. Non lo so, sforzarmi di usare la telepatia o qualcosa di simile.
«Sì.»


Le mie dita tamburellavano sul banco con evidente nervosismo. E non avevo alcuna intenzione di smettere, né di dissimulare il disappunto.
Sollevai gli occhi torvo. Taniguchi e Kunikida smisero di parlare e mi sorrisero con imbarazzo. Non c’erano dubbi che stessero spettegolando su quanto era successo il pomeriggio di un paio di giorni prima. Non c’erano dubbi che tutta la scuola non stesse parlando d'altro da allora, soprattutto considerato che la diretta interessata stava tardando più del solito ad arrivare.
Era impazzita. Completamente pazza, non c’erano altre spiegazioni.
Non riuscivo a capire perché l’avesse fatto. Non c’erano ragioni evidenti o nascoste perché Haruhi dovesse acconsentire a qualcosa che considerava una totale sciocchezza, ed ero sempre stato certo che nessun ragazzo normale avrebbe voluto mettere a dura prova la propria esistenza accanto a una come lei. Io, almeno, non l’avrei mai fatto.
«Ehm, Kyon… non te la prendere. Te l’avevo detto che Haruhi, quando eravamo ancora alla East Junior High diceva di sì a tutti, per poi lasciarli dopo una settimana. Vedrai che per Tanabata si sarà stancata anche di Hoshino-san, e tutto tornerà alla normalità.»
«Hoshino? Lo conosci, quello?» borbottai tornando a osservare fuori dalla finestra. Se avessi continuato a guardare l’espressione di muta compassione sui visi di Taniguchi e Kunikida sarei stato capace di rifilare un pugno ad entrambi.
«Il principe della Kouyouen Academy? È arrivato da un mese in città, ma si è subito distinto, ed è diventato il simbolo della sua scuola.» Taniguchi fingeva indifferenza, ma dietro il suo tono annoiato si sentiva l’ammirazione «Eccelle in tutte le materie scolastiche, è campione provinciale di tiro con l’arco nonché abilissimo nello scherma, e una giovane promessa del violino.»
Ecco, appunto.
«Sembrerebbe perfetto per Haruhi.» dissi continuando a tenere gli occhi fissi sul cancello della scuola. Haruhi era in piedi e parlava con qualcuno nascosto dal muro. Aveva uno sguardo concentrato e annuiva piano, stringendo il manico della propria cartella con entrambe le mani. Sul suo viso non vedevo nessuna delle espressioni che mi sarei aspettato da lei. C’era solo una sorta di trepida attesa e di emozione appena assopita che le addolciva i lineamenti.
«Eccoli, eccoli!» sussurrò qualcuno in classe. Tutti si riversarono contro le finestre, litigando per il posto. Anche Kunikida e Taniguchi si sporsero, continuando a lanciarmi occhiatine nervose.
Distolsi lo sguardo dalla finestra e appoggiai sbuffando il mento sul palmo della mano.
Quella situazione era ridicola.
«Tornate ai vostri posti, non sta bene comportarsi così!» tentò di protestare con una vocetta flebile la capoclasse. Nessuno l'aveva ascoltata. Erano tutti troppo eccitati al pensiero che Suzumiya Haruhi fosse riuscita ad attirare le attenzioni amorose del principe della Kouyouen Academy. Era un misto di invidia, gelosia e ammirazione che io non riuscivo in nessun modo a comprendere.
All'improvviso, tutti i ragazzi che si erano accalcati attorno alla finestra fecero un balzo all'indietro con un'espressione di terrore dipinta sul volto.
«Ci avrà visti?»
«Si saranno baciati?»
Io continuavo a fissare un angolo del mio banco, anche se sentivo i loro sguardi perforarmi il cranio in cerca di una risposta qualunque.
Quando Haruhi entrò in classe, ognuno di loro aveva già trovato una finta occupazione con cui dissimulare il proprio interesse. Lei si diresse decisa verso il banco alle mie spalle e si lasciò cadere sulla sedia con un sospiro.
Un sospiro. Non uno sbuffo, un grugnito o qualsiasi altra fastidiosa manifestazione di disappunto. Un sospiro leggero e quasi flebile. Era troppo per quello che potevo sopportare.
Mi voltai, piantando un gomito sul suo banco.
«Yo.»
«Ciao.» rispose lei chinandosi per prendere il libro e il quaderno dalla sua borsa.
La guardai mentre sistemava le proprie cose con una smorfia di apparente concentrazione sul viso. Aveva qualcosa di diverso, dannazione, qualcosa che non era la sua solita aria battagliera che terrorizzava chiunque. Era bella come il solito, ma non faceva più paura.
«Immagino che adesso che sei impegnata, gli incontri della Brigata saranno temporaneamente sospesi...»
Haruhi sollevò di scatto la testa e mi lanciò un'occhiata perplessa.
«E perché mai dovrebbe accadere qualcosa del genere?» disse, facendo sussultare la maggior parte dei nostri compagni di classe che erano concentrati ad ascoltarci fingendo di fare altro.
«Beh... ecco...» iniziai a balbettare, d'improvviso a disagio. Non dovevo essere io a spiegarle certe cose. Non si incontrava con il suo nuovo ragazzo dopo le lezioni? Non avremmo dovuto tollerare la presenza del principino durante le nostre uscite della domenica alla ricerca di misteri? Non avrebbe parlato ogni singolo secondo della giornata di quanto fosse bellissimo e perfetto sotto ogni punto di vista? Ero pronto a sopportare tutto questo, ma non il fatto che la nostra vita avrebbe continuato a scorrere nella normalità.
«Che c'è?» mi domandò con tono sommesso, corrugando appena le sopracciglia.
«Niente...» risposi voltandomi verso il mio banco, salvato dall'arrivo del professore.
C'era qualcosa che non andava. I suoi occhi, il suo modo di parlare, tutto mi appariva diverso rispetto al giorno prima. Era come se la vedessi allontanarsi ad una velocità precipitosa, come trascinata da una forza invisibile che voleva strapparla da me. Chiusi gli occhi e scossi la testa, infastidito. Non riuscivo a staccarmi quella sensazione vischiosa di dosso.


Mentre la porta del club si apriva, cercai di riemergere dall’intrico di foglie di bambù che mi oscurava la visuale. Avevo un sorrisetto di sfida dipinto sul viso e diretto verso la persona che mi aspettavo fosse seduta al suo solito posto davanti alla finestra.
Non avrebbe più parlato di bambù malaticcio e spelacchiato, dopo aver visto la pianta che ero riuscito a trovare.
Tuttavia, invece della figura annoiata di Haruhi, il mio sguardo incontrò gli occhioni scuri di Asahina-san che aveva cercato di penetrare il groviglio di foglie per capire chi fossi. Quando mi vide sussultò appena e le sue guance si tinsero di rosso quando si accorse che eravamo protetti da quello schermo verde.
Tutta la vita trascorsa a sognare nella solitudine del proprio cuore un momento simile, e la mia attenzione era rivolta al fatto che Haruhi non fosse nell’aula.
«Dov’è?» chiesi.
«Dov’è chi?» rispose una voce alle mie spalle «E comunque sei in ritardo.» Mi voltai per guardare Haruhi. Lei fissò prima me, poi il bambù e poi la faccia di Asahina che spuntava ancora tra le foglie «Ah, hai trovato il bambù.»
Sbattei le palpebre, stupito.
«Sì…»
«Ottimo.»
«E comunque sei anche tu in ritardo, dove ti eri cacciata?»
«Avevo da fare…» rispose evasiva, lanciando un’occhiata lungo il corridoio. Sembrava assorta, come se la sua mente fosse impegnata in un pensiero impegnativo. Poi scosse la testa, corrugò la fronte in un piglio deciso ed entrò nell’aula dopo avermi scostato con poca delicatezza.
La guardai stupito, mentre appoggiavo il bambù in un angolo. La Suzumiya Haruhi che conoscevo io non si comportava così. La sensazione che ci fosse qualcosa di diverso si era fatta così forte rispetto alla settimana precedente che mi sembrava di vivere un incubo ben peggiore di quelli già superati in passato. Lei era rimasta sempre la solita, sfacciata, dirompente Haruhi, in qualsiasi dimensione, mondo o linea temporale ci fossimo mai trovati. Quella ragazza distratta non era lei, non poteva essere lei. Io lo sapevo bene.
Incrociai lo sguardo di Koizumi, il quale si limitò a sollevare le spalle. Era inutile che provassi a guardare Nagato, perché aveva il naso come sempre infilato in un libro.
«Sabato sera dobbiamo incontrarci. Ieri al telegiornale hanno detto che alla East Junior High sono stati trovati i resti di quella che potrebbe essere una stele aliena nel punto in cui stanno ristrutturando la vecchia biblioteca.» dissi piazzandomi davanti al banco.
Haruhi sollevò uno sguardo vacuo verso di me e vidi con la coda dell’occhio che anche Nagato mi stava guardando. Non potevo sapere cosa stesse accadendo alle mie spalle, ma ero sicuro che anche Koizumi e Asahina si fossero bloccati.
«East Junior?» rispose lei intorpidita.
«Sì, la tua vecchia scuola, non ti ricorda nulla?» esclamai puntando le mani sul banco e sporgendomi verso di lei. Haruhi si ritrasse e mi fissò contrariata.
«Certo che mi ricordo della mia vecchia scuola, non sono scema.» eppure nelle sue parole non c’era l’enfasi di sempre. Il giorno prima mi avrebbe tirato un pugno senza offrirmi possibilità di reazione «Però sabato…»
«È Tanabata… è il giorno perfetto per appurare se c’è qualcosa di alieno sulla terra, non trovi?» senza accorgermene la mia voce si era alzata.
Lei fece una smorfia e si allontanò ancora di più.
«Non lo so, io… ecco…»
Lanciò un’occhiata verso la finestra come se avesse potuto trovare da lì una via di fuga. Poi il suo viso si illuminò in un pallido sorriso. Afferrò la propria cartella e si alzò dalla sedia.
«Io devo andare adesso, ci vediamo domani…»
Mi scartò con la sua consueta abilità fisica e uscì dalla porta. Restammo tutti a fissare lo stipite vuoto, udendo solo il rumore dei suoi passi che si allontanavano di fretta.
«Oh, c’è Hoshino-sama…» pigolò Asahina.
Voltai la testa di scatto oltre la finestra. Era in piedi di fronte al cancello, una mano infilata nella tasca dei pantaloni in un gesto disinvolto, l’altro braccio piegato sopra la spalla a reggere la cartella. E guardava me con i suoi occhi neri e magnetici, con quello che sembrava un sorriso di trionfo in faccia. Quando Haruhi comparve in cortile, lui distolse lo sguardo e le sorrise. L’aria intorno a lui brillò ancora più fulgida.
Basta, non potevo sopportare oltre.
Mi portai la mano alla fronte.
«Chi è, quell’Hoshino Saburo? Che cos’è?» chiesi sforzandomi di rimanere controllato «Mi sembra più che evidente che centri in questa… cosa.»
«L’Agenzia non ha percepito nulla di strano.» rispose Koizumi avvicinandosi a me e osservando la coppietta che aveva preso a camminare lungo la strada tra la curiosità e le chiacchiere di tutti gli studenti della scuola «Per quanto ci riguarda, non ha poteri psichici o altre caratteristiche per noi riconoscibili.»
Mi voltai a guardare Asahina-san che sussultò. Poi scosse la testa.
«Nagato.»
Lei era la mia unica speranza.
«Non sono state rilevate variazioni significative dei dati ambientali e biometrici in relazione al soggetto Hoshino Saburo. Nessun pattern diacronico calcolato. Risulta composto di idrogeno e carbonio e altre sostanze presenti in quantità minore che corrispondono a quelle di un organismo umano.»
Non avrei mai potuto dubitare di Nagato, anche se non avevo capito con precisione ogni parola. Eppure sentivo che c’era qualcosa che non andava.
«Perciò è semplicemente il nuovo ragazzo di Suzumiya-san.» disse Koizumi avvicinandosi al bambù ed iniziando a giocherellare con una foglia. La luce del sole si infrangeva sul suo verde brillante «Forse Suzumiya-san è solo innamorata.»
«Haruhi?» risposi incredulo. No, non lei. Non in quel modo che avrebbe considerato patetico.
«Oppure la tua è solo gelosia.»
Asahina arrossì e distolse lo sguardo da noi.
La figura di Haruhi ormai era scomparsa, nascosta dal muro che circondava la scuola. Chissà dove stava andando. Chissà cosa le stava dicendo quel principino da strapazzo. Chissà cosa le stava facendo per ridurla così.
«Geloso di Hoshino Saburo?» dissi con tono leggero «La mia non è gelosia. È invidia.»
«E perché?» mi chiese Koizumi con la sua consueta espressione ambigua.
Puntai l’indice verso di lui e lo guardai assottigliando gli occhi.
«Perché quell’Hoshino Saburo è riuscito a fare in una settimana quello che io sto tentando di fare da un anno e mezzo, cioè ammaestrare Haruhi. Devo conoscere il suo segreto.»


Arrancavo lungo la salita che portava alla scuola. Il caldo, in quei giorni, si era fatto sempre più opprimente. Sollevai lo sguardo verso il cielo, dove la luce del sole rosseggiava violenta. Sembrava quasi fosse più vicino del solito, tondo e fiammeggiante.
Un colpo sordo mi fece riabbassare la testa, mentre il gomito di Taniguchi premeva contro il mio collo.
«Ci dispiace, Kyon.» mormorò Kunikida abbassando il viso.
«È un vero peccato che la furia della North High sia caduta vittima del fascino predatore del ragazzo di un’altra scuola, però forse il principe della Kouyouen Academy è l’unico in grado di affrontarla. È stato meglio anche per te, Kyon. Stare insieme a lei ti avrebbe ucciso.»
«Non eri tu che avevi detto che si sarebbero lasciati dopo una settimana, Taniguchi?» mugugnai spingendolo via.
«L’avevo detto. Ma prima di aver visto… questa.» disse mettendomi il suo cellulare davanti al naso.
Mi bloccai, strappandogli l’apparecchio dalle mani e avvicinandomelo al viso. La qualità dell'immagine era pessima, ma era evidente che in quel fotogramma si potessero vedere Haruhi e Hoshino Saburo baciarsi. Tenere le labbra unite. Fare respirazione bocca a bocca senza respirare. Mettetela come volete, ma si stavano baciando.
«Uno del mio club di calcio li ha incontrati ieri sera vicino alla East Junior. E stavano facendo…» il suo gomito si puntellò tra le mie costole, con una complicità che mi stava facendo saltare i nervi.
«Sciocchezze.» minimizzai restituendogli il cellulare, che però gli scivolò dalle mani. Taniguchi tentò di riacciuffarlo al volo, ma l’apparecchio cadde a terra.
«Grazie tante!» esclamò raccogliendolo, appurandosi che non fosse rotto.
«Però è innegabile che siano una bella coppia.» disse Kunikida mentre continuavamo a camminare «E poi tu, Kyon…»
«Io, cosa?» chiesi esasperato. Quella situazione ormai stava diventando intollerabile. Non solo due miei compagni di classe mi parlavano come se mi fossi lasciato sfuggire la donna della mia vita, ma anche tutti gli altri studenti della scuola mi guardavano di sottecchi e bisbigliavano appena si accorgevano della mia presenza.
Avrei messo fine a quella farsa prima di Tanabata, considerato anche il fatto che fosse evidente che Hoshino Saburo stava nascondendo qualcosa e fosse tanto abile nel farlo da ingannare anche Nagato. Però il mio istinto mi diceva che era così. E potete credermi che viaggi in dimensioni parallele, piani temporali, ominidi blu e un insieme di altre cose pazzesche mi avevano reso pratico di una certa sensazione alla base della nuca che non fosse il gomito di Taniguchi.
«Oh…» l’esclamazione di Taniguchi mi bloccò.
Sollevai la testa.
Erano lì, vicino al cancello della scuola. Lui teneva la mano alla base del suo collo, facendo in modo che lei sporgesse appena e si dovesse sollevare sulle punte dei piedi, con il colletto della fuku che veniva sfiorato dal venticello estivo, così come i capelli biondi di lui.
«Credo che non vedremo mai qualcosa di tanto bello in tutta la nostra vita. Siamo dei prescelti.» disse Taniguchi sporgendosi sopra la mia spalla «Scusa, Kyon.»
Grazie della delicatezza.
Tutti gli studenti sembravano ipnotizzati da quella visione.
Strinsi gli occhi. Non poteva essere possibile. Eppure non c’erano dubbi. Ormai ero diventato un mago a scoprire dettagli nascosti, e questo lo era.
Presi il cellulare e scattai una foto.
Poi Haruhi e il principino si separarono e la magia svanì.


Haruhi era rimasta a sonnecchiare languida per tutto il giorno sul suo banco, seguendo distratta le lezioni che si erano trascinate lungo la mattinata in un’afa insopportabile.
Mi ero voltato di tanto in tanto per osservarla e lei mi aveva risposto con deboli sorrisi.
Appunto. Una visione che stava iniziando a diventare raccapricciante, non più solo strana.
Sembrava assonnata e stupidamente felice, e gli occhi le brillavano come se avesse avuto la febbre. Il cervello mi scoppiava sotto la pressione di pensieri sempre più catastrofici. Era evidente che quel Hoshino Saburo era più forte di lei, più forte di Nagato e ben al di sopra delle possibilità di Koizumi, di Asahina e delle mie.
Appena suonò la campanella per il pranzo mi precipitai fuori dall’aula tra i bisbigli e le occhiate dei nostri compagni di classe. Di sicuro pensavano che fossi così disperato da non poter rimanere a lungo nella stessa stanza con Haruhi. Ho mai detto che considero gli sceneggiati di ambientazione scolastica la prima causa di corruzione della gioventù moderna? Si tende all’inevitabile declino verso la stereotipizzazione dei personaggi a servizio del fanservice più puro.
Quando arrivai alla porta del club, le mie spalle erano scosse da un respiro affannoso. Nagato era come sempre seduta sulla sua sedia, accanto alla finestra, con un libro tra le mani.
Continuò a fissarmi mentre mi avvicinavo con i suoi occhi immobili e vuoti. Quando le misi il cellulare davanti al viso guardò la foto che avevo scattato quella mattina, poi tornò ad osservarmi.
«Hai visto quell’alone intorno a Hoshino?»
Lei annuì.
«Lui è… qualcosa. E sta facendo del male ad Haruhi.»
«C’è una probabilità del 27,934% che si tratti di una rifrazione dovuta all’eccessiva presenza di tempeste magmatiche in questi giorni sulla superficie del sole e al suo avvicinamento di 0,00647° alla Terra.»
«Nagato.» appoggiai il cellulare tra le pagine del libro che teneva sulle ginocchia «Non ho capito nulla, ma non mi sembra comunque una spiegazione convincente.»
Lei non rispose. Il suo silenzio mi metteva a disagio perché, dalla prima volta che la conoscevo, sapeva di un’impercettibile confusione.
«È possibile che lui riesca a nascondere la propria natura a te, Koizumi e Asahina? Potrebbe essere un individuo tanto potente da riuscire a mascherarsi da essere umano e non essere riconoscibile?»
«Ogni forma di vita organica ed inorganica produce un flusso di dati univoci che confluiscono al database dell'Entità integrata di dati, dove sono rilevabili con precisione.»
Mi appoggiai al cornicione della finestra.
«Non è possibile. Non è un normale essere umano…» dissi abbassando la testa tra le spalle, mentre il sudore mi colava lungo le tempie «La sta consumando. Le sta prosciugando l’energia.»
«Tuttavia, insieme all’aumento delle tempeste magmatiche solari e all’avvicinamento del Sole alla Terra, nell’ultimo mese l'Entità integrata di dati ha rilevato una flessione dello spazio di notevoli dimensioni.»
Mi voltai a guardarla.
«In che senso? Di quali dimensioni?»
«Dell’universo.»
Una brezzolina leggera entrò per un istante dalla finestra ma si spense subito, facendo piombare la stanza nello stesso calore opprimente che ci aveva perseguitato nell’ultimo mese.
«Nagato.» le misi le mani sulle spalle ed ispirai con lentezza «Già mi scoppia la testa se provo a pensare all’infinità dell’universo. Se devo anche iniziare a pensare che questo possa ripiegarsi su sé stesso, sento che rischio di morire. Spiegati.»
«La curvatura spaziale dell’universo ha subito un moto accelerativo a partire dal primo quadrante della Costellazione del Cigno. Questo moto sta causando il collasso delle strutture intermedie e un'accelerazione gravitazionale che porterà porzioni dello spazio a sovrapporsi dimensionalmente.»
Era meglio di nulla. Ogni più piccola parola detta da Nagato poteva essere un indizio importante.
«Hoshino Saburo…» disse Nagato a bassa voce. Mi sporsi verso di lei stringendole più forte le dita attorno alle sue spalle gracili «Non ha la tessera della biblioteca.»
Sbattei le palpebre. Nagato sollevò la testa e mi guardò con un’intensità che mi tolse il respiro. Anche lei, come me, non aveva potuto accettare la sfrontatezza con cui Hoshino Saburo aveva tentato di ingannarci.
«Ho scansito tutta la documentazione riguardante Hoshino Saburo che provasse la sua esistenza, ma non ho rinvenuto nessuna tessera bibliotecaria legata al suo nome.»
Sorrisi, soddisfatto.
Quello era solo il primo degli errori che il principino perfetto della Kouyouen Academy aveva fatto e dimostrava che non poteva essere umano, né tanto meno uno studente del liceo.
L’avevo in pugno.


Quando rientrai in classe, Asahina e Koizumi erano in piedi accanto alla porta con l’aria scura di chi portava cattive notizie. E sapevo benissimo chi riguardavano.
«Dov’è Haruhi?» dissi avvicinandomi a Koizumi con i pugni stretti lungo i fianchi. Le lunghe ciglia imperlate di lacrime di Asahina non erano un buon segno.
«Calmati…» rispose lui arretrando di un passo «Suzumiya è svenuta, l’hanno portata in infermeria.»
Lo scostai e mi misi a correre lungo il corridoio.
Haruhi non poteva essere svenuta. Non era da lei, che era stata in grado di vivere la stessa estate per quasi seicento anni senza risentire del minimo calo di zuccheri.
Spalancai la porta dell'infermeria.
Era distesa sul letto e sembrava che dormisse. Il suo viso era arrossato e respirava con leggera fatica, sollevando il petto con ansiti veloci. Mi avvicinai e appoggiai una mano sulla sua. La pelle scottava come se avesse avuto la febbre.
«I vostri compagni ci hanno detto che ha iniziato a lamentarsi di avere mal di testa e poi è svenuta. La dottoressa non è riuscita a capire di cosa soffra. Ha una febbre molto alta, ma non presenta gli altri sintomi di una congestione fuori stagione oppure patologie particolari. Semplicemente la sua temperatura corporea è molto più alta del normale.» mi informò la voce di Koizumi.
Sentii un suono leggero di passi, finché Asahina non comparve davanti a me con le lunghe ciocche chiare di capelli che nascondevano l’espressione del suo viso. Immaginavo che fosse tanto triste che, se l’avessi guardata, avrei potuto trasformarmi in pietra, o qualcosa di simile.
«Mi dispiace…» mormorò con la voce tremolante.
«Non credo che sia causa tua, Asahina-san, perciò non devi scusarti. Oppure hai sviluppato il potere di far ammalare le persone che ti tormentano?» dissi cercando di sorridere. Mi uscì invece una voce tirata e stanca.
Lei scosse la testa e alzò su di me due occhioni addolorati e seri. Non mi sarei mai abituato ad un’immagine tanto bella.
«No, non riusciamo a capire se Hoshino-sama è la causa di quello che sta accadendo a Suzumiya-san, non possiamo aiutarti…»
«Non c’è nulla che faccia pensare che possa essere lui a provocare tutto questo, però a questo punto non può neppure essere considerato insospettabile.» disse Koizumi arrivando ai piedi del letto di Haruhi.
«È tutto legato a Tanabata, me lo sento, eppure non riesco a capire cosa sia...» mormorai scompigliandomi i capelli. Sarei impazzito da un momento all'altro, lo sentivo. Vedere Haruhi in quelle condizioni mi destabilizzava e mi faceva sentire perso.
«Finché non comprenderemo la sua vera natura, ogni supposizione è un punto morto e non ci aiuta. L'unica cosa che possiamo fare è tenere d'occhio Suzumiya e attendere la prossima mossa di Hoshino. Di sicuro non potrà rimanere nascosto per sempre.»
Annuii. Non potevamo fare altro.
Allungai la mano e scostai una ciocca dalla fronte sudata di Haruhi. Lei si mosse appena, gemendo piano. Non ero abituato a vederla soffrire così.
«Tenetevi pronti per domani.» dissi a voce bassa «Appena quel principino scoprirà le sue carte, noi saremo lì a smascherarlo.»


Mi passai il polso sulla fronte madida, lasciandomi sfuggire un lungo sospiro. Il caldo era tanto intenso da dare l'impressione che prima o poi ogni cosa si sarebbe sciolta.
Avevamo passato tutto il sabato a pedinare Haruhi e quell'Hoshino Saburo. Grazie a Nagato, avevamo intercettato il loro scambio di mail della sera prima ed eravamo preparati a non perderli di vista neppure per un secondo, ma non era accaduto nulla.
C'erano stati baci, tanti baci che mi avevano consumato lo stomaco per la rabbia e che avevano lasciato Haruhi sempre più pallida e spossata, con il petto che le si sollevava in fretta in cerca d'aria e la fronte imperlata di sudore.
E con lentezza era arrivata la sera. Il cielo era diventato violetto, poi indaco, fino a screziarsi di blu. Poi si sarebbero accese le stelle e, sotto la loro luce, ogni giapponese avrebbe appeso la sua preghiera ad un ramo di bambù perché questa venisse trasportata fino alle stelle per essere esaudita.
Sollevai gli occhi verso il cielo, mentre aprivo la porta di casa mia. Tra poco Hikoboshi e Orihime sarebbero comparsi, fulgidi, nel cielo. Sorrisi. Tre anni prima, anche se in realtà era trascorso appena un anno, avevo incontrato una bambina dallo sguardo truce che mi aveva usato senza alcuno scrupolo per lanciare il suo messaggio alle stelle.
Io sono qui.
Avevo proprio pensato che potesse essere qualcosa da Haruhi, un grido fortissimo e potente per pretendere l'attenzione dell'intero universo. Invece era arrivato quell'Hoshino.
Un momento.
Hoshi..no. Hoshino Saburo.[1]
Spalancai la porta di casa e mi precipitai al piano di sopra diretto verso la camera, rischiando di travolgere mia sorella.
Cosa aveva detto Nagato? Aveva parlato di una piegatura nello spazio. Qualcosa che era partito dalla Costellazione del Cigno, o giù di lì.
Accesi il computer, impaziente. Mi avvicinai alla finestra e lanciai l'ennesima occhiata al cielo.
Era assolutamente impossibile. Eppure, chissà perché proprio per questo mi sembrava la cosa più plausibile del mondo, anzi, dell'universo intero.
Appena si aprì la pagina, digitai sulla tastiera con le dita che tremavano.
Costellazione del Cigno. Terza stella. Tanabata.
Quando la schermata si caricò, la sensazione di calore soffocante che mi aveva accompagnato nell'ultimo mese mi scivolò di dosso, gelandomi il sudore sulla pelle.
Eppure era stato tutto così evidente, sarebbe stato sufficiente ragionarci sopra, pensare a tutte le possibili implicazioni. Lo stesso giorno di tre anni prima, e un grido così intenso che anche qualcun'altro avrebbe potuto udirlo. Una dea inaffidabile e in fin dei conti ingenua che desiderava disperatamente qualcosa di speciale nella sua vita. Strani personaggi che nell'ultimi due anni erano stati attratti da lei da ogni angolo dell'universo e delle dimensioni.
E ora quella ragazza era in pericolo.
Afferrai il cellulare e uscii dalla mia stanza.
«Io esco, passo la sera fuori con i miei compagni di classe!» gridai che ormai ero sulla porta, mentre cercavo di indossare le scarpe al volo.
Afferrai la bicicletta ed iniziai a pedalare, mentre sentivo che partiva la chiamata dall'altro capo del telefono.
«Pronto?» la voce monocorde di Nagato mi strappò un sospiro di sollievo. Ce l'avremmo fatta. Anche se questa volta ci dovevamo battere con un avversario che ci avrebbe potuto inghiottire come cioccolatini, ce l'avremmo fatta comunque.


La strada era silenziosa e il muretto che circondava la East Junior High gravava con la propria ombra sull’asfalto. Sentivo i respiri di Nagato, Asahina e Koizumi accanto a me, in attesa.
Stavamo tutti pregando in silenzio che non mi fossi sbagliato. Eppure, appena ero arrivato a casa sua e le avevo raccontato con il fiato spezzato quanto avevo intuito, Nagato mi aveva confermato con un gesto impercettibile che quella poteva essere la terribile verità che ci stava aspettando.
Lasciai che la mano scivolasse dentro la tasca dei pantaloncini, fino a incontrare la grana sottile e impalpabile della carta del tanzaku che avevo scritto per quel Tanabata, in attesa di appenderlo al ramo di bambù di casa mia. Non mi ero mai considerato un ragazzo particolarmente ambizioso, oppure un inguaribile sognatore, eppure per quel sette luglio avevo avuto un desiderio, un forte e speranzoso desiderio giovanile che anelava di essere esaudito dalle stelle.
Nella strada deserta sentimmo il suono leggero di passi che si avvicinavano con tranquillità e inconsapevolezza. Strinsi le mani a pugno. Ero pronto all’azione.
Hoshino Saburo e Haruhi comparvero oltre la curva, in direzione del cancello della scuola. Haruhi era appoggiata al suo petto e stringeva le mani pallide sulla stoffa della gakuran del principino. I suoi piedi si muovevano con passi incerti e la suola delle sue scarpe si trascinava sull’asfalto bollente come se camminare fosse stato uno sforzo immane.
Quando furono di fronte al cancello, Hoshino Saburo sollevò la mano.
Persino le cicale avevano smesso di frinire in quella notte di fuoco.
Spalancai gli occhi quando le sue dita diventarono luminose. Il cancello tremolò, finché del vapore non si sprigionò con violenza dal metallo e si formò un’apertura circolare al centro. Il principino parve soddisfatto e trascinò Haruhi oltre il cancello. Tuttavia, appena oltrepassarono le sbarre, i loro corpi vennero inghiottiti dal vuoto e scomparvero.
La mano di Koizumi calò sulla mia spalla per trattenermi.
«È uno spazio chiuso. Andremo io e Nagato. Se Hoshino è veramente quello che dici, per te e Asahina non è sicuro.» mi sussurrò.
Lo guardai per un lungo istante, ma lui non allontanò lo sguardo né mi rispose con i suoi consueti sorrisini. Mi risollevava un poco sapere che la situazione era grave anche per lui.
«Se non tornate entro cinque minuti, vengo a riportarvi indietro.» gli risposi con un cenno affermativo del capo.
«D’accordo.»
Io e Asahina rimanemmo a guardarli mentre scomparivano al di là della barriera dello spazio chiuso. Cercai di inghiottire quanta più aria possibile e sollevai gli occhi verso le stelle.
Hikoboshi e Orihime. Altair e Vega. E un grido disperato partito tre anni prima che era arrivato alle orecchie sbagliate.
«Kyon-kun.»
Abbassai lo sguardo. Mi ero completamente scordato della dolce fanciulla che era rimasta con me.
«Non aver paura Asahina-san. Sono sicuro che quei due riporteranno indietro Haruhi sana e salva. Forse non sarà un bene perché riprenderà a tormentarti, ma almeno questa realtà non collasserà su sé stessa.» le risposi posando una mano sulla sua.
Lei arrossì e scosse la testa. Era tormentata da un pensiero.
«Posso farti una domanda, Kyon-kun?»
«Certo.»
«Tu…» si bloccò timorosa, mentre si osservava i fiocchi gialli sui sandali estivi. Tentennò ancora, poi sollevò su di me gli occhi lucidi di lacrime in cui brillava una luce di determinazione «Tu sei geloso di Hoshino-sama? Avresti voluto essere al suo posto?» disse tutto d’un fiato, stringendomi le mani.
Sbattei le palpebre, incredulo. Per essere una viaggiatrice del tempo, Asahina aveva una tempestività a dir poco discutibile.
«Io…» lanciai un’occhiata all’apertura dello spazio chiuso «Non lo so. Insomma… Haruhi è una ragazza carina,» una bellezza strepitosa, a dir la verità «però non credo che vorrei essere al posto di Hoshino Saburo. Insomma, se proprio vogliamo essere sinceri, Haruhi è insopportabile e un vero tormento. Senza contare che richiede di essere salvata a cadenza regolare almeno ogni tre mesi, e non ringrazia neppure.» conclusi guardando Asahina con un sorriso.
Lei parve incerta per un lungo istante, poi sorrise a sua volta.
«Grazie.» sussurrò tornando ad abbassare gli occhi, mentre le sue guance si tingevano di un vago rossore. Le nostre dita erano ancora intrecciate. Lei se ne accorse dopo un lungo istante e si staccò con foga da me, lanciando un gridolino d’imbarazzo.
«Scusami, scusami, scusami!»
Non sarei mai riuscito a sopravvivere in quel mondo di folli senza la goffa normalità di Asahina-san.
«Credo che siano già passati cinque minuti.» dissi lanciando un’occhiata all’orologio «Mi dispiace, ma devo andare a vedere cos’è successo.» le mani di Asahina tornarono sulle mie «Asahina-san.» il tono della mia voce assunse un’impostazione adeguata al momento «Affido la mia salvezza alle tue preghiere.»
Uscii dal nostro nascondiglio e mi lanciai verso il cancello della East Junior High. Quando il mio corpo passò attraverso il varco dello spazio chiuso, sentii la pelle percorsa da una miriade di brividi gelati. Appena quella forza mi lasciò andare, mi ritrovai confuso in un modo illuminato da un'innaturale luce arancione, anche se gli oggetti continuavano ad essere immersi nel buio, così come la mole imponente della scuola.
Improvvisamente un crepitio furioso venne dal retro dell'edificio, seguito da urla disumane. Strinsi la mano più forte intorno alla consistenza fragile del tanzaku, mentre correvo verso il punto in cui la luce rossastra si faceva incandescente. Appena svoltai l'angolo, rimasi pietrificato.
Ponteggi di metallo ricoprivano le pareti della scuola, nel punto in cui con molta probabilità si trovava la biblioteca in ristrutturazione di cui avevano parlato i giornali. Ai piedi dell'edificio, Hoshino Saburo stringeva il braccio di Haruhi, accasciata ai suoi piedi come se fosse stata svuotata di ogni energia, il capo abbandonato sulla spalla. I capelli scuri le coprivano il volto e io riuscivo solo a vedere la bocca che ingurgitava aria con avidità, nel disperato tentativo di sopravvivere.
Hoshino Saburo rideva, spalancando la bocca in un suono agghiacciante, mentre la sua mano era tesa in avanti, le dita luminose come quando aveva fuso il cancello della scuola. Seguii il suo sguardo sadico e li vidi. Koizumi e Nagato erano intrappolati in due colonne di luce percorse da scariche elettriche violette che li facevano urlare di dolore ogni volta che attraversavano i loro corpi. Il volto di Nagato era deformato dalla sofferenza.
«Hoshino Saburo!» gridai con tutte le mie forze.
Lui smise di ridere, ma sul suo viso rimase un sorrisetto crudele, diverso dall'espressione falsa che aveva mostrato a tutti nell'ultimo mese. Voltò piano la testa fino ad incrociare il mio sguardo. Ebbi la sensazione di vedere delle fiamme lampeggiare nei suoi occhi.
Per un istante sembrò stupito della mia presenza, ma durò solo un secondo.
«Oh, un essere umano. Siamo già a questo punto della resa?» disse leccandosi le labbra in modo disgustoso «Credo che ti mangerò giusto per golosità. Non sei certo gustoso come loro e soprattutto…» si abbassò verso Haruhi e le succhiò le labbra avido «Come lei.»
«Ti ordino di lasciarla stare! E di lasciar andare anche i miei amici!» gridai allargando appena la gambe, pronto alla lotta e alla morte.
Hoshino Saburo rise divertito, riversando la testa all’indietro con i capelli biondi che frusciavano e splendevano come in una pubblicità patinata.
«Tu, sei talmente stupido che non ti mangerò o potresti infettarmi.» stese il braccio verso di me, con la mano aperta «Perciò crepa e basta, stronzetto.»
Sollevai le braccia verso il viso, stringendo tra le dita il tanzaku, l’unica cosa a cui potessi aggrapparmi con il mio ultimo slancio di disperazione.
Quando il fascio di luce violetta si sprigionò verso di me chiusi gli occhi.
Con molta probabilità l’arma di Hoshino Saburo era stata così potente che mi aveva vaporizzato all’istante, perché non avevo sentito nulla. Riaprii un occhio, e lo spaventoso spettacolo dello spazio chiuso si ripresentò al mio sguardo, inalterato, eccetto per l’espressione di stupore e rabbia di Hoshino. Di fronte a me vidi una sorta di riflesso verdastro brillare con brevi pulsazioni, come il tanzaku che stringevo in mano.
La mia speranza giovanile.
Scostai le braccia, rinvigorito alla consapevolezza che non ero morto, ma che ero in qualche modo immune dagli attacchi di quel principino da strapazzo.
«Questo mondo non può tollerare la tua presenza Hoshino Saburo!» gridai mentre raffiche di rabbia venivano scagliate verso di me per distruggermi «Sono sicuro che tutto questo non è necessario… Deneb!»[2]
Lui si bloccò, e mi squadrò con un’occhiata gelida che contrastava con la sua vera natura.
«Tu sai chi sono?»
Dopo averci tanto ragionato, avevo capito che Hoshino Saburo era una stella. Un sole stanco e minacciato da nebulose oscure che, nella Costellazione del Cigno, aveva colto un grido lanciato dalla divinità di un pianetino blu e verde che galleggiava dalla parte opposta dell’universo.
Il richiamo non era per lui, ma per Altair e Vega con cui, con il nome di Deneb, formava il Triangolo Estivo. Tuttavia, Deneb aveva colto quell’occasione di entrare in contatto con la prima voce che era riuscito a sentire dopo innumerevoli eoni di silenzio, riversando in quella speranza tutto il suo desiderio di sopravvivere e di non essere inghiottito dalle fauci nere e vuote delle nebulose che lo circondavano. Appena lo avevo comunicato a Nagato, lei mi aveva confermato che i nuovi dati dimostravano che Hoshino Saburo era nato come rappresentazione fisica e materiale di quella terza stella dimenticata e aveva viaggiato per tre anni, da solo nelle profondità dell’universo, per raggiungere l’unica persona che poteva essere tanto forte da salvarlo con la propria energia.
«E so perché hai fatto questo ad Haruhi.» ripresi muovendomi con circospezione. Volevo solo avvicinarmi, un passo alla volta, per mettere in salvo quella stupida.
«Come può un misero essere umano come te comprendere?» mi rispose con disprezzo, senza scollarmi i suoi occhi di ossidiana di dosso. Dovevo ammettere che, come ogni bellezza che si rispetti, la furia gli conferiva un aspetto maestoso.
«Lo capisco perché tutti vogliamo sopravvivere. Ognuno di noi. Però non è questo il modo. Se immagazzinerai troppa energia, non riuscirai più a mantenere la forma umana e la piegatura dell’universo che hai creato cederà. Le realtà si sovrapporranno e questo porterà il caos, ovunque.»
«E perché dovrei preoccuparmi di questo?» mi gridò mentre vampe di luce venivano scagliate verso di me. Il pulsare verde si accentuava ogni volta che una di queste colpiva lo schermo protettivo.
«Perché una stella non può essere così malvagia, anche se è disperata.» proseguii. C’ero quasi «Ogni volta che qui sulla Terra siamo tristi, o innamorati, o arrabbiati, o felici, è verso di voi che volgiamo lo sguardo. Siete la nostra speranza e la meta delle nostre preghiere, perciò non posso permettere che tu distrugga così la fiducia che gli esseri umani ripongono nelle stelle!» esclamai stringendo il pugno con determinazione attorno al tanzaku.
Lui mi osservò sbattendo le palpebre, ammutolito.
«E poi, soprattutto, hai fatto a me un torto gravissimo, che non potrò mai perdonare.» continuai inchiodandolo con lo sguardo.
Hoshino Saburo sollevò un sopracciglio.
«Cioè?»
Stesi il braccio, indicando Haruhi con il dito teso.
«So che è pretenzioso e da masochisti, però… quelle labbra…» dissi, il corpo irrigidito dal terrore per ciò che stavo per fare «Sono solo mie!»
Mi lanciai in avanti, il grido di quelle ultime, terribili parole che mi risuonava nelle orecchie come un tuono. Vidi Hoshino Saburo sollevare la mano per colpirmi ancora con i suoi raggi di luce, ma lo scansai, passandogli accanto e gustandomi la sua espressione stupita per quello scarto improvviso.
Fu allora che la vidi con chiarezza. La stele aliena di cui aveva parlato la televisione e che Nagato mi aveva riferito essere, con ogni probabilità – a dir la verità lei aveva dato una percentuale precisa con parecchie cifre dopo la virgola –, il perno sul quale stava vertendo la piegatura spaziale dell’universo. Sembrava solo un innocuo, tozzo pilastro di pietra che riaffiorava da uno scavo all’interno del cantiere. Afferrai un tubo che giaceva abbandonato lì e lo sollevai sopra la testa, mentre alle mie spalle giungeva un grido indistinto, forse l’estremo tentativo di Hoshino Saburo di fermarmi.
Calai il tubo con tutte le mie forze e, nel momento in cui il metallo colpì la pietra crepandola in due, ogni cosa fu invasa da una luce accecante.


Sbattei le palpebre. Mi sentivo intorpidito, come se avessi dormito per ore in una posizione scomodissima. Tuttavia, la mia pelle era sfiorata da una brezza leggera e fresca che spazzava via tutto il calore che aveva schiacciato la Terra in quei giorni, anche a causa della presenza di Hoshino Saburo sul pianeta.
Avevo combattuto contro una stella. Un sole, un intero corpo celeste ribollente di energia e di rabbia. Era forse il genere di cui ci si poteva vantare con le ragazze per fare colpo?
Un paio di occhioni scuri entrarono nel mio campo visivo, invadendo in parte la distesa blu del cielo punteggiato di stelle.
«Kyon-kun?»
Mi sollevai su un gomito. I muscoli protestarono.
«Asahina-san, stai bene?» chiesi alla ragazza che si era accucciata di fianco a me, circondata dalle balze del suo abito. Lei annuì con vigore.
«C’è stata una leggera scossa di terremoto e poi un bagliore. Lo spazio chiuso si è annullato e quindi ho potuto vedervi.» rispose volgendo lo sguardo poco lontano. Seguii i suoi occhi e vidi Koizumi e Nagato che si sorreggevano a vicenda, ancora scossi da quanto avevano subito a causa di Hoshino Saburo. Koizumi si era avvicinato per assicurarsi che Haruhi stesse bene. Sembrava dormisse, totalmente ignara di quanto accaduto.
«Grazie di aver pregato, Asahina-san.» le dissi con un sorriso, tornando a stendermi sul prato della East Junior High. L’arietta fresca era deliziosa e la notte di Tanabata, con le sue miriadi di stelle luminose, era appena iniziata.
«Oh…» disse Asahina sporgendosi appena verso di me «Un tanzaku?»
Sollevai la mano. La strisciolina di carta era ancora tra le mie dita chiuse, il foglio sottile che mi aveva protetto.
«Già… la mia preghiera per questo Tanabata.»
«E cosa c’è scritto?» chiese lei continuando a fissare il tanzaku con curiosità.
«Mah, niente.»
«Dai, sono curiosa! Fammi vedere, Kyon-kun!» insistette sporgendosi in avanti, cercando di afferrare la mia mano. La brezza di rinforzò e la gonna di Asahina si mosse, sollevandosi appena sulle sue cosce candide.
Fu allora che vidi. Piccoli pulcini gialli e azzurri su sfondo bianco.
Appena Asahina se ne accorse, si affrettò a calare le mani sulla gonna e lanciò un lungo gemito di imbarazzo mentre si rialzava e si allontanava con il viso in fiamme.
Io osservai il tanzaku nella mia mano illuminarsi, sempre più forte finché, dopo aver socchiuso le dita, tanti piccoli frammenti brillanti come lucciole lasciarono il mio palmo, innalzandosi verso il cielo.
La mia preghiera, la speranza giovanile che mi aveva protetto, era stata esaudita.
«Ehi, che ci fai lì per terra?» disse una voce petulante e polemica.
Voltai la testa. Haruhi mi guardava in cagnesco, stesa anche lei sul prato, ma il suo viso era adombrato da un’espressione confusa e stanca. Sentii vicino a me anche le presenze di Koizumi, Nagato e Asahina. Anche loro si stesero vicino a noi, gli occhi rivolti verso il velo notturno del cielo.
«Guarda che sei stesa a terra anche tu, non rompermi.» le risposi con tono infastidito «Tutto bene?» aggiunsi poi, cercando di capire cosa le passasse per la testa.
«Perché? Come dovrebbe andare?» rispose «Alla fine non c’era nessuna stele aliena, ma solo un raccordo ammuffito del vecchio impianto idrico. Che seccatura, non succede mai nulla di interessante.» concluse con uno sbuffo.
Ok. Esclusa l’ultima frase, a cui ero ormai abituato, sembrava che non ricordasse niente. Non era mai esistito nessun Hoshino Saburo, nella sua vita. Per lei, nell’ultima settimana, non c’era stato nessun Principe della Kouyouen Academy fuori dal cancello al termine delle lezioni, così come – ci avrei scommesso – per tutti gli altri nostri compagni di scuola. Ma ero sicuro che Nagato mi avrebbe spiegato tutto, con notevole abbondanza di termini e concetti a me sconosciuti.
«Vuoi stare zitta?» le dissi con tono esasperato «Guarda invece quante stelle ci sono stasera…» aggiunsi tornando a guardare il cielo.
Le costellazioni si dispiegavano nel velluto scuro della notte, accendendo il blu di piccole luci pulsanti. Alcune sembravano grosse lucciole panciute, altre lumicini flebili che lottavano per brillare attraverso la distanza infinita e spaventosa che ci separava. Eppure tutte sembravano vive, e gridavano la loro esistenza a pieni polmoni.
Io sono qui.
Qualcosa di tiepido sfiorò la mia mano. Abbassai lo sguardo e vidi le dita di Haruhi insinuarsi piano nelle mie, con delicatezza, chiedendo il permesso con un tentativo goffo e timido di gentilezza.
Le strinsi la mano e tornai a volgere lo sguardo in alto.
Io sono qui.














[1] Hoshino Saburo: Ok, doverosa premessa: per me l'onomastica giapponese rappresenterà sempre un mistero. Comunque... 'hoshi' dovrebbe significare stella, mentre 'saburo' terzo figlio. Proseguite nella lettura e saprete perchè!
[2] Deneb: è una stella della costellazione del Cigno. Deneb, insieme a Vega e Altair costituisce il cosiddetto Triangolo estivo. Il Triangolo estivo giace sulla Via Lattea boreale, là dove un grande complesso di nebulose oscure, noto come Fenditura del Cigno, ne oscura la fascia centrale. (cit. Wikipedia)

   
 
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