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Autore: Dira_    16/07/2011    13 recensioni
Violet Parkinson-Goyle si definisce il genere di persona che pensa tredici volte prima di parlare. E poi ti taglia in due con la sua lingua affilata.
Dominique Weasley ha l'aria di una che non pensa mai. Ma dice sempre la cosa giusta.
Due ragazze tanto diverse possono far collidere i rispettivi, opposti, universi? Ben sette anni per scoprirlo.
[Spin-off di Ab Umbra Lumen]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Dominique Weasley, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Je crois, c'est inscrit dans nos gênes

Envoyer en l'air, sans regard en arrière
Pour enfin changer d'air dans une autre dimension
(Tout envoyer en l’air, Kyo)
 
 
Le Presentazioni del Primo Anno.
 
“Mi raccomando, frequenta solo le persone giuste.”
“Sì, mamma.”
“Le amicizie che ti farai a scuola dureranno per tutta la vita.”
“Sì, mamma.”
“Comportati come si conviene, non dare confidenza a gente del cui rango non sei sicura.”
“Sì, mamma.”

Violet era convinta di essere l’unica ad avere una madre che invece di abbracciarla e baciarla forte sulle guance si teneva a tre passi di distanza fissandola come se fosse un soldato in missione.

Violet aveva undici anni e non aveva la pretesa di capire perché sua madre fosse diversa dalle altre: non era importante, come non lo era il groppo alla gola e il desiderio di abbracciarla.
Perlomeno non era l’unica a comportarsi come una bambina: c’erano un sacco di mocciosi frignanti di fronte ai cancelli del grande parco di Beaux-Batons.
Si lisciò con le dita la gonna di velluto lanciando un’occhiata di sbieco al panorama, mentre sua madre continuava a parlare. Da lontano, lontanissimo, si vedevano la linea color avorio del grande palazzo che ospitava la scuola. Era oltre la foresta, una foresta incantata in una perenne primavera.
Nascose un sorrisetto mordicchiandosi le labbra.
Beaux-Batons.
Era la prima della sua famiglia a frequentare la prestigiosa Accademia francese. I suoi genitori infatti erano andati ad Hogwarts – un nome piuttosto brutto e scemo per una scuola.
Beaux-Batons invece aveva un suono bello, importante. Elegante.
Inspirò, cercando di tendere l’orecchio alla cacofonia di suoni francesi attorno a lei. Cosa ardua, dato che lo sapeva parlare appena: anche i loro elfi domestici parlavano solo inglese.
Forse era strano, rifletté Violet, essere nati in Francia e parlare un’altra lingua.
Ma del resto – e qui lanciò un’occhiata alla madre – sua madre veniva da Londra, e quindi era giusto che parlassero nella loro lingua madre e basta.
Si sentì strattonare appena per il colletto del cappotto leggero.
“Violet!” esclamò sua madre seccata. “Presta attenzione quando ti parlo! All’Accademia non vorranno ragazzine con il naso sempre per aria!”
Violet arrossì: non le piaceva che le venisse ricordato il naso a patata che sua madre le aveva detto avesse ereditato dal padre.  

“Avanti, adesso vai a raggiungere gli altri bambini. Le carrozze vi aspettano.”
“Sì.”

“E guarda dove metti i piedi!”
La avvolse in un abbraccio frettoloso che sapeva di balsamo con cui gli elfi domestici rendevano lucido il collo di pelliccia dei loro mantelli invernali. Poi si allontanò senza voltarsi.

Violet si sentì chiudere lo stomaco, ma mise un passo dietro l’altro, obbediente. Venne poi indirizzata assieme ad altri bambini verso uno studente più grande – un Préfet, qualunque cosa fosse – che li guidò verso le carrozze.
Violet spalancò la bocca, richiudendola prima che qualcuno le desse del pesce lesso: le carrozze erano… enormi, più grandi quelle che usavano lei e la madre per andare alle feste: erano tutte bianche con dettagli in oro. Sembravano grandi torte di panna.

Appena il Préfet si allontanò ovviamente esplosero le chiacchiere degli altri quattro bambini. Violet si limitò ad osservarli.
Due saltavano all’occhio: avevano entrambi i capelli di un biondo accecante, quasi bianco e i lineamenti sottili, belli come in un’illustrazione. Dovevano essere parenti, perché avevano gli stessi occhi, azzurri.
Sembrano principi…
Li poteva spiare comodamente dato che erano seduti davanti a lei. Sembravano simili di primo acchito, ma a ben guardarli lo erano solo nei colori: quello proprio davanti a lei aveva il viso spruzzato di lentiggini, e sembrava tipo da aria aperta e voli sulla scopa. Sorrideva e parlava concitato con l’altro, che era invece pallido e minuto, con gli occhi ancora arrossati di pianto.
Le sue riflessioni furono interrotte dalla carrozza che si mise in moto di colpo; con suo enorme spavento prese poi il volo.
Mael, c’est super!” esclamò il bambino lentigginoso sporgendosi dal finestrino. “Regardez! Nos parents semblent très petits!
Tal Mael per fortuna lo afferrò trascinandolo dentro. L’altro per tutta risposta si mise a ridere.
Che scemo – pensò sentendosi enormemente più matura.
Quando la carrozza si assestò e gli animi si tranquillizzarono, accadde quello che Violet temeva di più: le presentazioni.
Sapeva che il suo francese non era buono, per niente: aveva un accento ridicolo e le costruzioni delle frasi la lasciavano perplessa.   

Comment tu t’appelles?” La apostrofò proprio il suo dirimpettaio scavezzacollo. Violet notò che gli mancavano due denti da latte e aveva le labbra rosse e screpolate. Ed era comunque carino. C’era qualcosa di meno… volgare… nei suoi lineamenti rispetto agli altri maschi che aveva conosciuto, tipo quello stupido del figlio dei Malfoy.
L’altro non parve preoccupato dalla mancata risposta. “Je suis Nicky!” Insistette. Era un nome che sembrava tanto babbano, registrò immediatamente: e anche la felpa che indossava lo sembrava, come gli strani pantaloni di tela grezza e blu.
Un Nato babbano. Di sicuro.
Quindi lo ignorò, voltando la testa verso il finestrino, fedele ai suoi principi.  E si sentì arrivare un calcio. Un calcio vero!
Si voltò incollerita. “Non azzardarti, babbano!” sbottò, e il silenzio calò di colpo dentro la carrozza.
Mamma dice che è meglio non dire in giro che i babbani sono brutti e sporchi. Non va più di moda.  
Però loro sono francesi, non possono avermi capito.
Il bambino a sorpresa sfoderò un ghigno. “Sei inglese, eh?” disse, ghiacciandola sul colpo. “ Anche mio papà. Comunque non sono un Né-moldu¹. Ma anche se lo fossi, sarei comunque migliore di te!”
Dopo quell’affermazione anche gli altri bambini compresero il senso generale del discorso, perché venne subito investita dai loro sguardi. Occhiatacce, nel caso dell’altro biondo ma-senza-lentiggini.
Odiava quando gli altri la guardavano. E la giudicavano. È così che faceva la gente, diceva sempre sua madre: meglio abituarsi subito.
Lei non si era mai abituata.
Sentì infatti le lacrime pizzicarle agli angoli degli occhi. Le ricacciò indietro: doveva essere superiore.
Non ha importanza. Non me ne importa nulla! È solo uno stupido sangue sporco!
Doveva essere per forza uno di quelli, perché altrimenti non si spiegava perché fosse così incivile.
Agganciò saldamente lo sguardo fuori dal finestrino: stavano sorvolando la foresta, un manto color smeraldo lucente. Si perse a guardare quello spettacolo, fantasticando sul suo nuovo, brillante futuro.
“Ehi, sang-pur! Che guardi?”
Lanciò un’occhiataccia livorosa all’altro, reo di aver avuto l’ardire di rivolgerle nuovamente la parola. Quello per tutta risposta le fece un’enorme linguaccia.
Violet lo imitò senza riflettere, mettendosi subito dopo una mano sulle labbra: non si faceva!
Il ragazzino invece di arrabbiarsi rise. Si sentì arrossire, ma non fece in tempo a darsi della stupida, che la carrozza diede un brutto, enorme orribile scossone che li mandò tutti a sbattere contro gli schienali.
Violet si sentì di ghiaccio. Che stava succedendo?
Poi un altro scossone. Si accorse di piangere solo al terzo. La carrozza aveva aumentato la velocità, ed era certa che non stessero andando verso la scuola.

Perché cavolo nessuno veniva a salvarli?
“Domi!” Singhiozzò il mingherlino biondo. Ma non si chiamava Nicky?
 Calme-toi, ça devrait etre les chevaux.” Replicò l’altro con calma surreale. Era l’unico a non avere le lacrime agli occhi, ma anzi, un’espressione determinata. Poi aggiunse. “Je vais voir.”
È matto! Matto!

“Aspettiamo gli adulti!” esclamò, con le dita ben artigliate all’imbottitura dei sedili. “Ti farai ammazzare! I cavalli sono fuori e noi stiamo volando!”
“Ma va’!” Replicò ridendo. “Non avrai mica paura, principessa?” Sorrise soddisfatto alla sua bocca spalancata. Aveva … l’aveva chiamata… “Non preoccuparti, ci pensa Nicky!” e detto questo, tra le urla degli altri aveva aperto il finestrino ed era uscito fuori.
Violet si era immediatamente sporta. Si era buttato!
E invece no, quel matto si stava arrampicando sulla scaletta di servizio che era stata usata per montare i bagagli sul tettuccio.
“Si amazerà…” Sussurrò angosciato  quel Mael. Si stava rivolgendo a lei. “Perché lo fa sompre?”
 “Fa sempre questo?”
“Sua maman mi usciderà… le avevo promeso di non farglielo fare!”  

Violet si sporse ancora di più per seguire i movimenti dell’altro bambino. E capì qual’era il problema: il grosso cavallo alato correva come se ne andasse della sua vita. Si era imbizzarrito, o qualcosa di simile.
Un nuovo scrollone la fece precipitare indietro e tutti ripresero a gridare, lei compresa. Da fuori in compenso si sentì un’imprecazione decisamente scurrile e decisamente britannica.
Accadde tutto in pochi attimi: la carrozza presa a scendere come se stesse per schiantarsi, ma poi…
Non successe niente. Non si schiantarono. La carrozza si posò dolcemente a terra.
Pochi attimi dopo Lentiggini rientrò con un grosso taglio al sopracciglio e un sorriso tutto denti.
“Ehi!” esclamò quando fu abbrancato dal piccoletto singhiozzante. “… ça va, ça va Mael.” Lo rassicurò. “Comment ça va, vous?” Chiese a tutti e a nessuno con piglio da vero comandante.
Ci fu un attimo di sgomento totale. Poi tutti gli si buttarono addosso, entusiasmati dalla sua bravata.
Violet invece pensò che non si sarebbe più mossa di lì. Anche perché si sentiva tremare le gambe.
Ha calmato il cavallo. Ha calmato quel cavallo e… e… cavolo, se ho avuto paura!
Lo odio!
Poi finalmente, arrivarono gli adulti. Violet ignorò i tentativi di farla scendere tra le braccia di qualcuno. Con la sua migliore espressione sdegnosa scese la scalette da sola e prese la sua valigia come se non fosse successo niente.
Beaux-Batons era davanti a lei, in un tripudio di guglie bianche e celesti, con stendardi beccheggianti al vento. Non poteva arrivarci come una bimbetta terrorizzata.
Si sentì toccare la spalla.
“Stai bene?” Era quel Nicky, o Dom o…
Fece una smorfia altera. “Certo e tu hai fatto una stupidaggine! Saresti potuto cadere!”
“Andiamo, era un Abraxan²… mica un drago!” Poi scrollò le spalle. “Ah, ma poi qual è il tuo nome, Sang-pur?” Chiese. “Non me l’hai mica detto!”

“Che ti importa?” Ribatté per dispetto, in realtà contenta che avesse mollato gli altri per parlare in inglese con lei. E poi era alto, e biondo. Come un principe.
Pure il coraggio di un principe… - le suggerirono le sue letture.
Il momento fiabesco durò due secondi, perché l’altro la scrollò per la spalla. “Eddai, dimmelo! Come ti chiami?”
Non doveva essere abituato a sentirsi dir di no. Sembrava Malfoy. “Non strattonarmi così, stupido!”
“Dimmi il tuo nome, o ti chiamerò Sang-pur per sempre!”

Si era sbagliata: Scorpius non era così zoticone. “Non ti azzardare!” Esclamò: sì, era una purosangue, però in francese suonava malissimo. Inoltre, le disse una vocina, non era quello il modo in cui voleva che l’altro la ricordasse. “Senti chi parla comunque, anche tu non vuoi dirmi il tuo nome… qual è quello vero? Dom o Nicky?”
“Tutti e due!” Fece spallucce. “Mi chiamo Dominique³.”

“Io… ” Aveva pure il nome bello! Non doveva essere da meno, decise. “Mi chiamo Violet Parkinson – Goyle.” Concluse, alzando il mento come aveva visto fare a sua madre. “Non azzardarti quindi a darmi soprannomi stupidi!”
Il bambino si ficcò le mani nella tasca anteriore di quell’orribile felpa sformata con un’aria di chi aveva voglia di fare tutto il contrario. “Ma è troppo lungo…” Si lamentò infatti. Poi si illuminò. “Ho trovato… ti chiamerò Piggie!”  
“… cosa?” Era certa che il suo sopracciglio fosse davvero altero, ma aveva anche una gran voglia di dargli un ceffone. Come si permetteva!
“Sì, beh, il tuo nuovo nome per me. Violet non me lo ricorderei mai.” Le spiegò perfettamente tranquillo. “Assomigli un po’ ad un porcellino, no?” Notando la sua aria sconvolta – no, gelida – aggiunse. “Però di quelli carini!”
Violet non trovò di meglio che dargli le spalle e ricompattarsi con la folla di studenti. Non corse via, se ne andò dignitosamente. Come una vera Lady.
Stupido, stupido Vestito Babbano Pazzo! Ti odio!
Lo avrebbe odiato per sempre. 
 
 
Le nude verità del Secondo Anno.  
 
Dominique, dopo le sue prime vacanze estive come studentessa, avrebbe preferito beccarsi uno schiantesimo piuttosto che rimettere piede sul suolo di Beaux-Batons.
Ovviamente questa risoluzione non aveva minimamente convinto i suoi genitori: e così…
“Domi! Qui ce n’è una carrozza vuota, vieni!” La chiamò Mael, suo cugino. Lo raggiunse, buttandosi sui cuscini soffici e ascoltandolo pigramente riprendere i suoi cinguettii.
(Sul serio, Mael non parlava. Cinguettava leziosamente.)
Aveva scoperto di odiare la scuola: era noiosa, piena di lezioni barbose con professori che cianciavano di cose che non le interessavano.
Però…

C’era un motivo per rimanere: la fichissima foresta incantata che circondava la scuola, piena zeppa di creature magiche.
Batte Hogwarts con tutti i suoi unicorni. Qui ne abbiamo ben due branchi!
Il cugino si sporse dal finestrino per controllare il flusso di studenti che occupavano le carrozze. Fece una smorfia. “Guarda, c’è la Parkinson-Goyle!”
Dom non perse tempo a sporgersi: non ne valeva la pena. Violet – Piggie se chiedevano a lei - era la classica piccola, perfetta purosangue, circondata da sue copie-carbone. Girava per la scuola con il naso per aria. Sì, quando l’aveva conosciuta aveva pensato potesse essere una tipa simpatica…
Ma mi sono sbagliata alla grande.
“E allora?” Chiese annoiata, squadernando l’ultimo numero di Marvin il Babbano Matto.
Mael si morse un labbro, incerto. “No, è che…” Dom sospirò: sapeva bene che l’altro era fortemente attratto dal gruppo di Violet. Erano ben vestite e parlavano solo di vestiti.
Il massimo, per uno come Mael…  
Del resto con lei si parlava solo di draghi, Quidditch e fumetti.
Il massimo per me.
“Perché non vai a sederti con loro? Sarebbero contentissime …” Lo prese in giro.
“Nah, sono delle smorfiose!” Disse frettoloso, lanciandole un’occhiata. “Preferisco stare con te.”
“Che bugiardo.”
“Senti, quelle vogliono che diventi il ragazzo di una di loro!” Si lamentò a gran voce, incrociando le braccia. “E io non voglio!” Fece poi un risolino. “Però… quest’estate Sophie, quella con i ricci, non faceva che scrivermi. Pensano che tu…” si stoppò con un’altra risatina.
Dominique inarcò le sopracciglia, suo malgrado incuriosita. “Io cosa?”

“Beh … non indossi mai l’uniforme…” Iniziò sbuffando con disapprovazione. “Stai sempre con i jeans!”
“Non è obbligatoria, quindi col cavolo che la metto. Quindi?”

Mael scosse la testa, lanciandole un’occhiata divertita. “Non te lo dico, tanto lo scoprirai da sola!”
“Boh, come ti pare.” Se non voleva dirglielo pazienza. Non sarebbe certo morta di curiosità.
Sentirono aprire la porta, e poi a sorpresa salirono proprio la Parkinson e due delle sue amichette-gemellate.
“Oh, Weasley.” Disse questa arricciando il naso, quasi fosse scontenta di vederla.
“Ciao Piggie.” Replicò cortesemente, beandosi dell’aria infuriata dell’altra. L’anno prima, le poche volte che si erano incrociate per i corridoi – avendo lezione diverse e abitando in dormitori diversi si erano incontrate in tutto dieci volte - era stato uno spasso farla arrabbiare. Sembrava proprio un buffo porcellino d’India quando perdeva le staffe.
“Se devi cominciare a dire cavolate ce ne andiamo!” Sbottò infatti altezzosa.  
“Ma guarda che…” Si fermò prima di farle notare che nessuno l’aveva invitata.
Ma maman dice sempre che sono troppo diretta. Evvabbeh. Facciamo le cortesi.
“Dai, c’è un sacco di posto, tu e le tue amiche potete stare con noi.” Ad un’occhiata ammonitrice di Mael aggiunse di malavoglia. “Mi dispiace per il nomignolo.”
Ma anche no.
L’altra ragazzina sembrò quietata dalle sue scuse. Sorrise con evidente soddisfazione. “Allora va bene… forza ragazze, stiamo per partire!” Disse alle altre due.
Rispetto ad un anno fa il francese lo parla meglio… - notò spassionata.
Mentre le altre si accomodavano si buttò nuovamente nella lettura del fumetto.
“Dove hai passato le vacanze, Dominique?” Chiese una delle due amiche di Piggie, con un gran sfarfallare di ciglia.
Sentì Mael grugnire per nascondere un nuovo scroscio di risatine.
Ma che gli è preso?
“In Romania.” Rispose cercando di non sembrare scocciata. E lo era. Voleva sapere come andava a finire quel maledetto fumetto ed era tutta un’interruzione!
“Oh, e perché?”
Porco Crup, che nervi!

“Da mio zio Charlie. Lavora in una riserva, fa il guardiano di draghi.”
Le due ragazzine si produssero in squittii spaventati. Almeno la Parkinson si limitò ad inarcare un sopracciglio tentando, male, di mostrarsi poco impressionata.
“Ed hai visto un drago?” chiese una delle due vallette, che aveva trecce bionde e l’aria melensa.
Bleah. Tizie così danno una pessima fama alla nostra categoria. È per tizie così che maman vuole che sia più femminile. Ripeto, bleah.
“Certo.” Rispose, perché le era stato insegnato a dar udienza anche alla più cretina delle domande. “Se è per questo, li ho anche toccati.” Aggiunse orgogliosa.
“Sì, come no!” Esclamò immediatamente la Parkinson. “Non ci credo!”
Ah, no? Beh, affaracci tuoi… - pensò scoccandole un’occhiataccia. C’erano poche cose che il suo buon carattere – l’aveva preso da suo padre, ovviamente – non scusava.
Quando le persone le davano della bugiarda era una di queste.
 
L’anno prima si era quasi dimenticata di Dominique e dell’episodio della carrozza.
Aveva avuto altro a cui pensare: nuove regole da imparare, abituarsi a dormire assieme ad altre persone… e come se non bastasse, lezioni dove i professori pretendevano molto e spiegavano poco.
Non era stato facile. Per niente. 
Aveva avuto persino problemi nello stringere amicizie; le sue compagne di stanza infatti si erano rivelate quasi tutte mezzo-sangue o Nate Babbane.  
Non aveva neanche tentato di approcciarle quindi, e anche le altre avevano fiutato subito il suo disprezzo.
Aveva dunque passato i primi due mesi in totale solitudine. Non si era mai lamentata a casa: sua madre non avrebbe voluto saperla debole.
Però quando la nostalgia di casa si faceva acuta, a volte si ritrovava a cercare il ragazzino lentigginoso tra la folla. Spesso l’aveva scorto in Aula Magna, sempre circondato da altri ragazzi: era piuttosto popolare.
Non l’aveva mai avvicinato. Non avrebbe neanche avuto una scusa, come chiedergli di accompagnarla al dormitorio. Lei era nella Casa delle Rose e lui in quella dei Fiordalisi, site in ale opposte del castello.
Ma forse quest’anno avremo qualche lezione in comune …
Non che avesse importanza. Ormai non si sentiva più sola. Aveva delle amiche.
Quando era tornata a casa per Natale aveva finito per confessare tutto. Dopo averla rimbrottata, sua madre si era immediatamente mossa. Durante le vacanze Violet aveva quindi frequentato le compagnie giuste. Non le aveva incontrate prima perché erano in case diverse.  
Tornata, aveva smesso di cercare Lentiggini e i suoi assurdi capelli biondo stinto: le sue nuove amiche erano molto curiose e aveva paura che si accorgessero della sua predilezione per quello strambo ragazzino.
È sicuramente un babbanofilo, se non ha sangue babbano.
Se fosse venuta a saperlo sua madre…
Quell’estate però aveva avuto una sorpresa: sembrava che Geneviève, una delle sue amiche persempre, avesse visto Nicky ad una partita di Quidditch e l’avesse trovato divino.
Violet lanciò un’occhiata al divino che al momento, a dirla tutta, la guardava storto.
Non lo trovava così stupendo: okay, era molto più alto della media e sì, aveva un bel viso e certo, con i capelli un po’ più lunghi stava meglio, ma…
Non è così bello, ecco.
Comunque, quando le altre avevano concordato entusiasticamente con l’amica, lei si era accodata. 
E poi, se proprio qualcuna di noi deve averlo come ragazzo, meglio io. Sono più carina e poi già lo conosco. Non bene. Però mi ha dato quell’orrendo soprannome…
Per questo non si era ribellata quando Jenny – Geneviève – aveva ventilato l’idea di sedersi nella carrozza dove si erano sistemati Weasley e Delacour.
Si riscosse di colpo, dato che l’altro la apostrofò con la solita maleducazione. “Ehi, pensi che dica bugie? Mio zio lavora in quella riserva. Ho toccato un Ungaro Spinato!”
“Può essere.” Corse ai ripari, vedendolo sul piede di guerra. “Ma i draghi sono animali feroci e tu hai dodici anni. Pensi di essere un guardiano di draghi?” Chiese, trincerandosi dietro il sarcasmo.

“Lo sarò.” Replicò fieramente, e Violet pensò che poteva anche crederci dopotutto; Weasley non era il genere di persona che sparava smargiassate tanto per farsi bello agli occhi degli altri.
Non ne ha bisogno, accidenti a lui.  
“Saresti un bellissimo guardiano di draghi, Nicky…” Tubò Jenny e Sophie, l’altra amica, la seguì in un assenso concitato.
Bellissimo?” Le apostrofò confuso. “Non sono un ragazzo!”
Cadde un silenzio pesantissimo e Violet sentì la bocca spalancarsi proprio come sua madre odiava vederle fare.
Nel frattempo Delacour si era messo a ridere come un matto, nascondendo la faccia tra le mani.
“Ma certo che lo sei!” Non si diede per vinta Jenny, pallida come un lenzuolo.
“Vuoi che mi abbassi i pantaloni?” Propose con un ghigno quasi malvagio. “Mael, diglielo tu, magari a te credono.”
“Mi dispiace…” Confermò questo tirando su con il naso per le troppe risate. “… anche se è un maschiaccio, e si veste sempre malissimo posso assicurarvi che Domi è davvero una ragazza.”


Da quel giorno Jenny smise di lodare il divino e quando la notizia del fraintendimento giunse alle altre, tutte reputarono fosse doveroso non parlarne mai più.
Violet fu d’accordo: ma non smise di cercare quella testa argentata tra la folla.
 
****
 
Il Colpo di Pluffa del Terzo Anno.
 
“Letty, attenta!”
“Oh, Morgana! Violet!”

“L’ha presa in pieno!”
 
Un lampo bianco e … era avvisaglia di morte sentirsi fluttuare nel vuoto?


Il mio karma fa schifo.
Naturalmente non era una cosa che Violet avrebbe mai detto in giro. Aveva una reputazione da difendere ed era il caso che rimanesse lustra e brillante lì dov’era.
Violet era il tipo di persona che sapeva di dover pensare almeno tredici volte prima di parlare: era così che sapeva sempre dire la frase giusta, ed era per questo che si manteneva sulla cresta delle popolari del suo anno.
Ciò non toglieva che un po’ sfortunata doveva esserlo per forza.
Perché di tutto il maledetto stadio era stata l’unica a fare da bersaglio ad una Pluffa.
Naturalmente, era tutta colpa di Dominique Weasley.
Quella bifolca era una punizione del Destino per peccati che non aveva commesso: certo, era snob, sì, guardava tutti dall’alto in basso, ma Morgana, non era come uccidere gattini o ridere delle disgrazie altrui.
(Okay, l’ultima cosa la faceva, ma quella stupida dell’Azoulay se lo meritava se continuava a vestirsi come se fosse sua nonna).

Per tornare al discorso, era certa che la Weasley fosse una punizione che qualche entità superiore le aveva affibbiato alla nascita. C’era solo voluto un po’ prima che le loro strade si incrociassero.
Quella bionda stramba, sempre troppo alta, sempre troppo ridacchiante era pericolosa.  
Inutile che tutta la scuola non facesse che osannarla e seguirla come un cucciolo scodinzolante.
Violet Parkinson-Goyle non avrebbe cambiato idea su Dominique Weasley. Mai.
Mi ha colpito apposta, ne sono certa!
Insomma, quante possibilità c’erano che durante il Campionato Continentale Tra Squadre di Quidditch Scolastiche fosse lei, tra più di cinquecento studenti, ad essere presa in pieno da una palla lanciata dalla Cacciatrice con la precisione di tiro migliore di tutta la squadra?
Pochissime. E invece.
Sperò che almeno la sua morte avrebbe sbattuto quella deficiente dove meritava di stare: ad Azkaban. Così pensando, Violet fluttuava.  
 
… quando riprese coscienza, era viva e in infermeria. Le volte slanciate e bianchissime del soffitto l’abbacinarono e dovette chiudere gli occhi prima che le esplodesse la testa.  
Poi sentì un fruscio accanto a sé. Si irrigidì: qualcuno era rimasto con lei? Giusto e doveroso. Ma perché sentiva un acuto odore d’erba e pioggia come se quel qualcuno avesse passato le ultime ore a giocare a Quidditch?
Era forse Mathieu, il suo spasimante – sua madre le aveva consigliato di chiamarlo così?
“Ehi, ti sei svegliata Piggie?”
Oh, no. Non lei.

… e invece sì. Dominique Weasley era al suo capezzale con quel suo dannato sorriso beffardo: indossava ancora la divisa di Quidditch e aveva schizzato di fango il pavimento.
“Che diavolo ci fai qui?” Cercò di sembrare irritata, ma riuscì solo a pigolare. La testa le faceva davvero male. “Dovresti essere ad Azkaban.”
“Eh?” L’altra la guardò perplessa, poi si sporse. “Hai preso davvero una brutta botta, vero?”
“Sono perfettamente in me, stupida!” Sibilò, contenta di riuscire a fare perlomeno quello. “Mi hai quasi ammazzata! Avrebbero dovuto arrestarti!”

La Weasley scrollò le spalle con odiosa noncuranza. “Non l’ho mica fatto apposta, la Pluffa mi è scivolata di mano.”
“Sì, come no!” Sospirò. Urlare non era una buona idea. Si sentiva l’eco in testa e non doveva essere un buon segno. Odiava il Quidditch. “Di cinquecento persone, hai preso proprio me!”
“Veramente è la palla che ha preso la direzione della tua testa.” Obbiettò con tono ragionevole, giocherellando con i guanti di cuoio con aria annoiata. Avrebbe voluto farglieli ingoiare. “Smettila di lagnarti. Sai quante Pluffe in faccia mi sono presa io?”
“Ma io non sono una zoticona che gioca a fare l’uomo!” Ritorse. Dominique ridacchiò. Morgana, quella era la cosa che più detestava di quella bionda senza cervello. Non se la prendeva mai per nulla. Sembrava che qualsiasi offesa fosse una simpatica barzelletta per lei.

Tutta la sua vita è una barzelletta.
“Già, in effetti sei più una bambolina che gioca a fare la principessa del palazzo.” E poi aveva quel brutto vizio di risponderle per le rime. Violet odiava quando qualcuno lo faceva: era tipa da prima battuta, non da seconda.
In pratica non riusciva a controbattere.
Si sentiva frustrata in presenza dell’altra: le loro vite correvano parallele e raramente si incrociavano. Diverse amicizie, classi, dormitori e vite…
Eppure quando calpestavano lo stesso angolo di castello, alla stessa ora, succedeva qualcosa.
Di solito litigavano.
O meglio, io le finisco per urlare addosso, e lei se la ride.
Però c’erano delle volte in cui Violet si incantava a notare come la luce che filtrava dai grandi finestroni giocasse con riflessi argentati trai capelli dell’altra, o come a volte scoppiasse a ridere portandosi una mano dietro il collo sottile e bianchissimo.
Allora arrossiva puntualmente e distoglieva lo sguardo, ignorandola e tirando dritto.
Si sentiva sempre stupida quando si accorgeva che l’altra invece non l’aveva neanche notata.
Non riusciva a capire perché trovasse la Weasley bella. Non considerava una ragazza migliore di lei, mai. Sarebbe stato controproducente, diceva sua madre. Avrebbe alimentato i suoi già presenti complessi.
Ma Dominique era bella, anche con i suoi capelli sforbiciati corti, le labbra sempre screpolate e qualche livido o graffio causato da chissà quale creatura magica.
Quando c’era lei, riempiva un’intera sala con la sua presenza. Non perché fosse rumorosa o attirasse particolarmente l’attenzione. Semplicemente perché era lì e rideva.
Violet detestava Dominique nella stessa misura in cui l’ammirava.
“Ehi, Piggie… hai sete? Vuoi un bicchier d’acqua?”
Violet fece una smorfia, ignorandola. Le lanciò comunque un’occhiata, attenta a non esser notata: era strano che nessun ragazzo le si fosse ancora avvicinato. Era molto popolare, e nonostante fosse un maschiaccio aveva comunque sangue Veela che la rendeva molto più aggraziata della media.  

È strano, no?
Lei per esempio aveva Mathieu. Mathieu era figlio di un funzionario del Ministero molto in vista e amico di sua madre. Era per lui che si era seduta su stupidi sedili di legno congelandosi il sedere per quasi un’ora.
Pubbliche relazioni. Qualunque cosa voglia dire.
Ricordando la partita, si tirò di scatto a sedere. “Che ore sono?” Doveva essere già finita, se la Weasley era lì. Perché non c’era Mathieu al suo posto?
“Ora di cena…” Le fu risposto a conferma dei suoi sospetti. “Allora, questo bicchier d’acqua?”
“Non devi per forza vegliarmi, Weasley.” Sbuffò irritata. “Almeno abbiamo vinto?”
“Ovvio!” Ghignò. “Con tutte le reti che ho segnato!”
“Mathieu è il Cercatore, è lui che vi avrà fatto vincere.” Disse con sicurezza, mentre la Weasley faceva uno strano sorrisetto divertito. Aveva rinunciato a capire la sua mimica facciale un anno prima, quando aveva scoperto che invece che mago era strega.  “A proposito, dov’è?”
“Il tuo bello è a festeggiare, con il resto della scuola.”  La Weasley non aspettò il suo assenso per versare il bicchier d’acqua. Violet tese la mano ma fu shockata quando l’altra lo bevve al suo posto.

“Mica hai detto che lo volevi!” Sghignazzò alla sua espressione. “Se lo vuoi, adesso chiedi per favore!”
“Stupida bifolca! Vattene subito!” Sbottò furente e umiliata. Era così che si sentiva accanto all’altra. Sempre.  
Sembra che niente la tocchi. Cavolo, quanto la detesto!
La Weasley infatti si produsse in una delle sue risate. “Va bene, va bene Piggie, me ne vado. Cerca di non urlare troppo. La bocca ti diventa grande come un calderone, sai?”
Fu un vero miracolo se non tentò di affatturarla – e meno male che non sapeva dove fosse la sua bacchetta.

Quando l’altra fu uscita, si abbandonò sui cuscini, vinta e con un’emicrania pulsante.
Pochi attimi dopo arrivò l’infermiera guardandosi attorno alla ricerca di qualcuno.
“Oh, Weasley è andata via?” Chiese infatti. “Avevo paura di doverle preparare il letto accanto al tuo.”
“Perché?” Chiese tentando di mostrarsi disinteressata. C’era qualche motivo per cui quella scema avrebbe dovuto dormire in infermeria?

Forse si è fatta male durante la partita? Ma no. Scoppiava di salute come al solito.
La donna scrollò le spalle. “È stata qui con te tutto il pomeriggio. Si è rifiutata persino di andare a cambiarsi, non voleva lasciarti da sola.” Le spiegò mentre eseguiva complicati movimenti di bacchetta per controllarle i parametri vitali.
Violet ammutolì: sì, aveva notato che l’altra indossava ancora l’uniforme inzaccherata di fango.
Ma pensavo perché … beh, è la Weasley! È sempre vestita come una stracciona. Non è il genere di persona a cui dà fastidio qualche macchia di fango…
… pensavo.
“Perché?” Ripeté e stavolta l’infermiera le scoccò un’occhiata preoccupata, quasi che sentirle ripetere la stessa parola fosse indice di qualche complicazione post-trauma. Si schiarì subito la voce. “… cioè, intendevo dire, è rimasta davvero qui tutto il pomeriggio?”
“Tutto.” Confermò la strega. “Era così preoccupata … nonostante l’arbitro non l’abbia ammonita ha abbandonato la partita ed ha preteso di rimanere qui finché non ti fossi svegliata.” Fece una piccola smorfia, da autentica tifosa di Quidditch. “Per fortuna non è la nostra Cercatrice!”
Violet non credeva alle sue orecchie.  

Sembrava che stesse qui per sbaglio… addirittura pensavo che la Preside ce l’avesse costretta visto che mi ha quasi ucciso.
Dominique Weasley, si rese conto, era un maledetto, continuo mistero.
“Oh cara, ti si sta alzando la temperatura! No, queste guance rosse non mi piacciono affatto!”



 
Note:


Questo Plot!Bunny mi girava in testa da un bel po’. Potevo forse ignorarlo? No, fidatevi. Spero solo piaccia anche a voi. :) E' la mia prima femslash (a parte accenni qua è la in AUL).
Qui la canzone. Siamo in Francia, canzone francese. Anche il testo è molto attinente. xD
Una parola sul titolo: l’ispirazione è dovuta a ‘Hannah is not a boy’s name” un web comic adorabile che nulla ha a che fare con la nostra storia. A parte il titolo. :P
Si ambienterà, come si può capire, nei sette anni di scuola francese di Dominique e Violet.
Per chi non si ricordasse i loro volti (qui un po’ più adolescenti che fanciulleschi):
Dominique.
Violet.

1. Né Moldu: Nato Babbano in francese. Controllato nell’wikipedia francese. ;)
2. Abraxan: razza di cavallo gigante. Simile ad un grande palomino, viene utilizzato per tirare la carrozza da viaggio di Beaux-Batons nel quarto libro della saga.
3. Dominique: è un nome scomponibile. C’è anche da dire, che Dominique è un nome unisex in Francia. Da qui, la confusione di Violet e amichette. xD
  
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