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Autore: thembra    18/07/2011    10 recensioni
“…non è priva di sensi Gohan…”
“Ngh…”
Lo spirito del namecciano vibrò d’agonia reagendo a quel singhiozzo, l’aura che percepiva in Gohan era pura tortura, era terrore e confusione; nemmeno quando gli aveva comunicato della morte di suo padre che lui era solo un bambino aveva reagito così.
Prese fiato facendosi forza per pronunciare le parole giuste.
“…è morta.”
Genere: Avventura, Azione, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gohan, Goku, Un po' tutti | Coppie: Chichi/Goku
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nei suoi occhi si specchiava l’immensa luce del sole che all’apice del suo ciclo diurno splendeva da oltre le vette più alte dei monti Paoz irrorando di luce le terre dell’est.
Tuttavia, essi non bruciavano né la retina  né la pupilla.
 
Il suo sguardo fisso al cielo, nonostante l’accecante luce dell’astro riusciva a distinguere benissimo ogni linea o contorno del paesaggio, dalle fronde degli alberi che frusciavano alla lieve brezza estiva e gettavano le loro irregolari ombre a terra ai massi bianchi e lisci che spuntavano dai prati ed ogni singolo filo d’erba che sembrava enorme tronco tanto era vicino ai suoi occhi.
 
I suoi occhi vedevano ed elaboravano tutto ciò che in essi si rispecchiava, i pensieri al contrario erano sconnessi e confusi, interrotti a sprazzi dall’apparire di immagini che come fotogrammi in un video interrompevano la monotonia della sua cupa confusione con volti che corrispondevano a nomi, a sentimenti e a legami.
 
Goku…Go-han…Gote-n
 
Tre volti dalle buffe capigliature, tre coppie di occhi neri come la pece ma pieni di buoni sentimenti e forza e coraggio e…voglia di vivere ogni attimo di vita…
 
Suo marito e i suoi figli…la sua famiglia il più bel tesoro in suo possesso, tre sorrisi unici e sinceri, stretti abbracci e teneri contatti.
 
Goku
 
L’amore della sua vita, sempre lontano e desiderato, sempre amato e ricordato…
 
Goku….
 
“Mamma guarda! Guarda!!”
 
E Gohan…la sua luce più bella e orgoglio senza pari.
Un calore all’anima che ancora l’avvolge al ricordo di quel lontano giorno d’aprile quando le era arrivato a casa fradicio da capo a piedi  ma felice d’esser riuscito a salvare dalla furia delle acque del rio che scorreva a valle, una piccola pavoncella che teneva dolcemente fra le mani e che una volta asciugata e nutrita era volata via al levarsi del vento.
 
Gli occhi le si velano ma le lacrime non riescono a scendere.
C’e qualcosa che le blocca, un qualche sigillo che ancora non è stato sciolto.
E la guancia che tocca il prato è umida e pizzica mentre quella rivolta al sole scotta e brucia.
 
Oltre i primi fili d’erba vede la punta delle proprie dita ma non riesce a scatenare l’impulso per fare in modo che esse si muovano, le vede sbucare chiare come porcellana da oltre il livello dell’erba del prato, sono ferme e…gelide.
 
 
“Perché io non ce l’ho un papà?” due occhi umidi di lacrime innocenti “è forse arrabbiato con me mamma?” il labbro superiore tremante che copre quello inferiore nel cocciuto tentativo di trattenere le lacrime, il suo cuore di mamma che manca di battere a quella vista straziante“Perché non l’ho mai incon-”
 
Goten…
 
Aveva interrotto quelle domande gettandosi a terra per stringere forte quel suo piccolo bimbo al proprio petto e asciugargli le lacrime che gli pizzicavano gli occhi,  per sedare l’angoscia e la tristezza provocata dalle prese in giro dei bambini del villaggio a valle.
 
“Oh Goten! Certo che ce l’hai il papà… è l’uomo più forte coraggioso buono e meraviglioso di tutto l’universo!”
“E allora perché io non l’ho mai visto? Se è davvero così buono perché non-”
“Perché da dove si trova adesso è difficile andar via ma non temere, presto lo incontrerai ”
“Come fai a dirlo mamma?”
“Me l’ha promesso”
“Uh?”
 
Gli occhi confusi del suo secondogenito la fecero commuovere.
Abbassando il viso gli baciò la testa chiudendo gli occhi al contatto coi suoi capelli così simili a quelli del padre.
 
“Ha promesso che sarebbe sempre tornato.”
 
Gli aveva infine baciato gli occhi e lo aveva cullato dolcemente finché si era addormentato; quella stessa sera a cena Gohan, appena rientrato dal suo primo giorno di college aveva annunciato il ritorno di Goku in occasione dell’ennesimo torneo mondiale di arti marziali.
 
 
Il pianto silenzioso provocato da quella triste memoria scendeva in mille stille dai suoi occhi di onice ormai rassegnati.
Il sole che stava guardando in quel momento e che avrebbe dimenticato non appena chiusi gli occhi sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe visto da viva.
 
Sorrise piano, Goku, Gohan e Goten però non li avrebbe scordati mai.
 
Lentamente le pupille risalirono verso l’alto accompagnate da quella solida certezza e dal lento ultimo sospiro che rilasciarono le sue labbra. Non aveva alcun rimpianto.
 
Bugiarda…
…se solo fosse stata più forte.
 
Una luce bianca l’avvolse e tutto divenne silenzio.
 
…………………..
 
 
Da tutt’altra parte, nella città dell’ovest chiamata ora Satan city all’Orange College si stavano svolgendo i campionati studenteschi di atletica leggera.
Gohan, trattenendo praticamente il 99.9%  della sua potenza stava cercando la concentrazione necessaria per decidere in che modo prendere la rincorsa per effettuare il salto in alto, le sue mani stringevano salde l’asta che lo avrebbe aiutato nell’ascesa, sua unica alleata dal momento che non avrebbe usato le sue straordinarie capacità quel giorno; lo aveva promesso a Videl e inoltre glielo imponeva la sua innata correttezza.
 
 
Chiuse gli occhi inspirando ed espirando attendendo il fischio dell’arbitro per scattare.
Una volta udito ciò,  l’unico suono che le sue orecchie registrarono fu lo schiocco dello stacco che i suoi piedi ebbero dal terreno, poi il respiro, il fluire del sangue nelle proprie vene e….
 
A pochi passi dalla linea di stacco posizionò l’asta lasciandola ricadere in mondo da farla incastrare esattamente nel punto esatto; trovandosi bloccata e sforzata dalla sapiente mossa di Gohan questa si piegò dando lo slancio necessario al ragazzo per permettergli di balzare in aria ed effettuare il salto.
 
I suoi timpani ripresero a registrare i rumori nell’esatto momento in cui il suo corpo atterrò nel morbido materasso.
Dalle grida e dagli applausi doveva aver fatto un bel lavoro.
Sorridendo si rimise in piedi togliendosi dalla traiettoria del concorrente che stava per partire.
 
Voltandosi cercò Videl tra la folla ricambiando il pollice alzato che ella gli stava rivolgendo mentre piano si dirigeva verso di lei per prendere l’asciugamano che teneva fra le braccia.
 
Man mano che la distanza fra loro due si azzerava nuovamente i suoi sensi andarono indebolendosi e non perché stava trattenendo il suo ki, semplicemente stavolta il suo organismo stava reagendo da solo a degli stimoli che captava involontariamente dalla volontà del ragazzo: una scia di brividi  gelidi lentamente lo invase intorpidendogli la schiena risalendo dal bacino fin sotto alla nuca.
Era una sensazione quella che non provava da anni e che aveva quasi dimenticato esistesse, una sensazione che…
 
Mancò di prendere l’asciugamano dalla mano stesa di Videl una volta realizzato cosa significassero quei brividi.
 
Dal mondo era appena svanita un’aura fin troppo bene conosciuta.
Osservò attonito la massa bianca dell’asciugamano cadere a terra sui propri piedi rifiutandosi di elaborare quel concetto appena appreso.
 
Non poteva essere vero, l’aura che era svanita era l’energia che aveva sentito costantemente per tutti quegli anni da che aveva imparato a percepire il Ki altrui.
Ora essa era cessata come di colpo s’interrompeva il rumore dello scroscio dell’acqua del rubinetto una volta chiusa la manopola.
Sbarrò gli occhi irrigidendosi con lo sguardo ancora fisso a terra.
 
‘Ma-mamma!’    Gridò quella parole nei propri pensieri
 
“Gohan?”
 
La voce spaventata di Videl lo costrinse a guardarla negli occhi, pure lei aveva in viso un’espressione confusa, che anche lei l’avesse sentita?
 
“…tua madre!?”
 
 
Non riuscì ad annuire, tutto ciò che fece fu lasciare che il suo istinto agisse al posto suo e senza nemmeno accorgersene, stava ora guardando la città muoversi nel suo frenetico ciclo giornaliero mentre i suoi poteri lo portavano volando a tutta velocità verso quella casetta sperduta nel folto dei monti Paoz dove era custodita la sua più preziosa gemma.
 
Videl shockata si ritrovò col naso per aria a guardarlo svanire ad una velocità spaventosa.
Guardandosi intorno constatò che per fortuna nessuno si era accorto di nulla dal momento che le gare erano ancora nel vivo.
Avrebbe voluto seguirlo ma non sarebbe stato giusto.
 
…………….
 
 
Trunks non capiva. E da genio quel’era odiava quando non capiva qualcosa perché lui in genere capiva sempre tutto.
Fino a due secondi fa si stava allenando come ogni mattina col suo migliore amico di sempre nell’area allenamento della Capsule Corporation che sua madre aveva ideato apposta per lui e Goten quando d’improvviso quest’ultimo era impallidito proprio mentre lui, messo alle strette da una serie di ottimi attacchi combinati, gli stava sferrando un potentissimo pugno che Goten era riuscito ad evitare per un soffio.
Lo sguardo di puro terrore che il suo amico gli aveva rivolto per un attimo lo aveva portato a credere di essere riuscito a prenderlo alla sprovvista dal momento che erano anni che oramai non ci riusciva più; allenandosi insieme da così tanto tempo il loro livello pur avanzando velocemente, anche grazie agli allenamenti con Gohan e suo padre Vegeta, era arrivato ad una quota di assoluta parità fra loro due e di conseguenza per Trunks era diventato difficilissimo riuscire a stupire il suo amico con attacchi a sorpresa.
Quando stava per lasciarsi sfuggire un sorriso di soddisfazione aveva percepito nell’aura del suo amico che lo spavento e la preoccupazione che provava non aveva nulla a che fare con la loro disputa ma con qualcosa di molto, molto più importante.
 
“Goten che hai? Ti fa male la pancia?”
 
La sua preoccupazione era andata subito lì. Dal momento che Goten si era fermato a dormire a casa sua ed aveva mangiato da loro aveva creduto ad un attacco di mal di stomaco perché sapeva bene che il piccolo Son non era molto abituato alla cucina di sua madre e spesso, i cibi congelati o da catering che ella cucinava loro gli erano indigesti.
Come non capire, del resto lui stesso aveva avuto parecchie occasioni per assaggiare la cucina di Chichi che al contrario di quella di Bulma era infinitamente più buona sana ed equilibrata.
 
Il fiume di congetture e pensieri che gli frullavano in testa si arrestò nel veder cadere la prima chiara lacrima dall’occhio del suo amico.
 
“Goten?”
“Haaaaaaaaah!!”
 
Con un urlo che gli fece arricciare i timpani Goten ricorse alla trasformazione in super sayan e veloce come una saetta scappò via da lì lasciando Trunks totalmente inebetito con gli indici premuti forte sulle orecchie.
 
“Il bagno è di là !!”
 
Nella sua geniale innocenza lui ancora credeva ad un attacco di mal di pancia.
 
Fuori dall’area allenamento, all’interno della camera gravitazionale Vegeta osservò silenzioso l’allontanarsi di quell’aura in tumulto.
Aveva percepito anche lui quel silenzioso e solitario addio e di colpo aveva interrotto il proprio allenamento;  il livido che gli percorreva trasversalmente l’addome era la prova di come la sorpresa di quella sparizione lo avesse distratto permettendo al laser dei congegni che si allenava ad evitare di colpirlo.
Passandosi l’asciugamano sul viso sospirò dirigendosi al pannello di controllo per spegnere tutto ed uscire da li.
 
Doveva avvertire Bulma.
 
…………………..
 
 
 
Quando i suoi piedi finalmente toccarono terra la vista che gli si presentò davanti non mostrava nulla di anomalo, il camino della chiara cupola bianca della cucina di casa loro fumava a pieno regime e anche sulle due casette in legno che la circondavano non c’erano segni di sfondamento o elementi che portassero a pensare ad un attacco.
Il prato che aveva tagliato alcuni giorni prima ammantava tutto di verde ed i cespugli di bacche rosse che delimitavano l’orto erano stracolmi dei prelibati frutti già quasi maturi.
 
Cominciò a muoversi con calma ispezionando i dintorni concentrandosi nell’avvertire eventuali auree nemiche.
Tutto ciò che percepì fu il Ki di suo fratello, immobile e…gelido.
Doveva trovarsi dall’altra parte della casa.
Senza scomodarsi a camminare nuovamente si levò in aria coprendo la minima distanza che lo separava da Goten.
Non appena superata l’altezza della cupola la vista lo tradì.
 
Goten se ne stava immobile seduto di spalle, oltre il suo piccolo corpo rannicchiato poteva scorgere la sagoma a terra di sua madre.
 
Ma quella vista non poteva essere vera, stonava troppo.
Se Chichi fosse stata realmente a terra, come continuava a vedere ora che lentamente atterrava alle spalle del fratellino, Goten sarebbe stato preso dall’isterismo o dai pianti e non se ne sarebbe stato immobile in quella posa statica; avrebbe gridato cercando di scuotere quel fragile corpo che vedeva immobile a terra, non sarebbe rimasto seduto a guardarla in quel modo, senza mostrare la benché minima emozione perché Goten viveva per Chichi, lei era il suo mondo, il suo universo la sua forza e la sua….vita.
 
“Goten? Che è successo?”
 
Niente, la piccola forma rimaneva immobile e muta.
 
“Goten che ha la mamma?”
 
Gli arrivò di fianco e prima di sincerarsi delle condizioni di lei decise di abbassarsi e vedere che aveva il piccolo.
Flettendo le ginocchia si sedette chinando il viso per guardarlo in volto.
 
Prese paura.
 
Gli occhi sbarrati e vacui di Goten sembravano quelli degli enormi pesci che pescavano una volta privati della vita.
 
 Erano inespressivi, esageratamente dilatati e…privi di ogni luce o riflesso.
 
“Goten?”
“L’ho trovato in quello stato da che sono arrivato qui.”
 
Immediatamente Gohan scattò in piedi udendo quella voce.
Girandosi si trovò faccia a faccia con Junior, nei suoi occhi un’immensa tristezza.
 
“Ho fatto un giro qui attorno ma non ho visto nessuno…solo cervi e daini…”
“Che è successo qui?”
 
La sua voce sembrò aliena persino alle proprie orecchie, era flebile, tremante…costernata.
 
“Gohan…”
“Che cosa?! Arrivo qua, e trovo mio fratello in quello stato…di fronte a mia madre!…a terra!…priva di sensi e…”
 
Gli occhi di Junior si chiusero a quelle parole d’innocente omissione; sapeva benissimo che Gohan doveva aver compreso la verità, solo…si rifiutava di accettarla.
 
“…non è priva di sensi Gohan…”
“Ngh…”
 
Lo spirito del namecciano vibrò d’agonia reagendo a quel singhiozzo, l’aura che percepiva in Gohan era pura tortura, era terrore e confusione; nemmeno quando gli aveva comunicato della morte di suo padre che lui era solo un bambino aveva reagito così.
 
Prese fiato facendosi forza per pronunciare le parole giuste.
 
“…è morta.”
 
Non vi fu, sull’intero pianeta luogo, antro o angolo o valle o fiume o mare o lago , risparmiato dalle vibrazioni che la reazione di Gohan scatenò a quelle due parole.
 
Goten in tutto quello rimase immobile a vegliare sul corpo senza vita della sua adorata mamma.
L’aveva capito subito che gli occhi chiusi di lei non si sarebbero mai riaperti anche se l’avesse chiamata, se avesse pianto o l’avesse scossa.
E lui sapeva che anche se era solo un bambino, un bravo bambino, come gli aveva sempre ripetuto la sua mamma, anche se era forte e si era sempre comportato bene, anche se tutto quello fosse stato ingiusto e sbagliato, gli occhi della sua adorata mamma non si sarebbero mai più aperti.
 
C’erano le sfere del drago, e quel loro potere in grado di riportare in vita le persone tutte le volte che si voleva ma sapeva che se la causa della morte era naturale quel desiderio non poteva essere concesso.
Sul corpo della sua mamma non c’erano ferite quindi non era stata attaccata.
Il destino aveva semplicemente deciso che per lei era giunto il momento di morire e gliel’aveva portata via.
 
Era solamente un bambino, ma queste cose le aveva capite anche se non riusciva a fare altro che rimanere immobile.
 
“Chichi no…”
 
Di fianco a lui si materializzarono un paio di stivali scuri che riconosceva benissimo.
L’aura che giunse immediatamente dopo l’avvolse come un tiepido abbraccio;  lui ondeggiò lievemente non appena questa lo sfiorò tornando poi alla sua posizione di prima, seduto con la schiena diritta.
 
Non c’era nessun’altro al mondo in grado di apparire così dal nulla.
Una domanda però gli nacque spontanea…ma in tutto questo suo padre, dove diavolo era stato?
 
 
 
 
 
 
 
 
TH
 
 
 
 
 
  
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