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Autore: moira78    30/07/2011    21 recensioni
SEQUEL DI DESTINI INTRECCIATI. Dopo la vicenda del terremoto le vite di Ranma, Akane e company sono cambiate radicalmente e si sono formate nuove coppie. I destini, ormai indissolubilmente intrecciati, cominciano a essere ricolmi di desideri, di sogni, di illusioni: dov'è la felicità completa?
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le ombre del destino.'
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CAP. 15: UNO ZAFFIRO BLU.

Due anni dopo

Il vapore l’avvolgeva come una carezza umida e calda e chiuse gli occhi godendosi la piacevole sensazione; appoggiò le mani sul bordo della vasca da bagno e l’acqua fece un lieve rumore di sciabordio mentre si spostava. Lo stesso rumore si ripeté una seconda volta, indicandole che anche sua sorella aveva assunto la stessa posizione.

“Non mi pare vero di riuscire a rilassarmi un po’, finalmente!” Esclamò Akane.

“Beh, goditela finché dura, di là fervono i preparativi e si aspettano che anche noi diamo una mano.” Nabiki poteva cogliere le voci concitate e il rumore di stoviglie rompere il silenzio che si era creato nella stanza da bagno.

“Oh, che se lo aspettino pure! Io sono sfinita…”

“Giusto.” Allungò le braccia, stirandosi con un mugolio di soddisfazione. “Hai visto che razza di balena è diventata Shampoo?”

“È incinta, non è una balena.” Redarguì Akane accigliandosi.

Guardò in aria, chiedendosi se sarebbe mai riuscita a sparlare di qualcuno con sua sorella. “E va bene, sarà pure incinta… ma ciò non toglie che è enorme !”

“Forse sono due gemelli: magari lo sa ma non vuole dirlo a Mousse. Quel ragazzo è in un tale stato di adorazione che potrebbe prendergli un colpo se sapesse che la gioia è doppia!”

Nabiki si mise a ridere: quindi anche lei qualche volta poteva dire qualcosa di divertente! “Gira voce che, il giorno che si sono sposati per la seconda volta, il ragazzo sia stato colto da un attacco di gastroenterite fulminante. Pare ci sia voluto il tempestivo intervento di Tofu con uno dei suoi intrugli magici per farlo andare all’altare senza vomitare strada facendo! Peccato che il dottore non voglia sbottonarsi troppo su questa storia con la scusa della privacy…” Sospirò delusa.

“Hai visto come sta bene senza occhiali? Non mi ero mai accorta che avesse degli occhi così belli; certo che oggi la medicina fa miracoli! E comunque Mousse è un emotivo: adora Shampoo da tanti anni e ha sofferto molto. Non gli pare vero di veder ricambiato il suo amore; è una cosa così romantica!” L’aria di Akane si fece sognante e le strappò una smorfia.

“Penso che mi stia per venire il diabete…” Mugugnò poggiando la testa sulle braccia.

“Senti chi parla! E tu come mai sei tornata con Kuno?!”

Touché.

“Perché ha tanti soldi e sono riuscita a perdonarlo. E poi fa l’amore come parla.”

Akane la fissò come se le fosse spuntata una seconda testa. “Cioè… in maniera sconclusionata?!”

“Ma no, sciocca! Cercherò di spiegarti… È venuto da me tante di quelle volte per chiedermi scusa che ho perso il conto. Però devo dire che, oltre alla costanza, aveva una peculiarità: ogni dannata volta mi rifilava un discorso diverso; uno dei suoi discorsi… sconclusionati, come dici tu, tra il poetico e il barocco: non era il significato a colpirmi, ma la varietà di paroloni che riusciva a dire con l’aria di chi stia in adorazione. Capito?”

Akane si accigliò, fece per dire qualcosa ma poi richiuse la bocca. Nabiki si chiese come faceva a essere così ottusa. “Insomma, vuoi dire che stai con lui solo perché è ricco e… fa l’amore con te in tante maniere diverse?”

Il colorito della sorella divenne così acceso che temette che l’acqua della vasca si sarebbe messa a bollire: non poteva credere che Akane si vergognasse a parlare di quelle cose come se fosse ancora una bambinetta di sedici anni! “Diciamo che con lui non mi annoio.”

“Ma… Nabiki, quando si sta con una persona e si fanno insieme… ehm… cose così importanti, è perché si è innamorati! Non puoi stare con Kuno se non lo ami!” Ora non sembrava più solo stupita: Akane era indignata.

“Io non sono come te e Kasumi, cara Akane. Non sono tipo da fiori, cioccolatini e sbaciucchiamenti al chiaro di luna: io sto coi piedi per terra e la testa sulle spalle. Ho dovuto tenere la contabilità di questa casa fin da ragazzina e conosco solo il valore dei soldi e delle cose che posso toccare con le mie mani. Ciò che sfugge al mio controllo mi porta a essere quattro volte più prudente: ci ho messo più di un anno prima di permettere a Kuno anche solo di fare due passi al mio fianco sul vialetto di casa. Quindi, come pensi che potrei perdermi in fantasie romantiche, io?”
Lesse nel volto della sorella il netto cambio di sentimenti come fosse un libro aperto: prima la comprensione le disegnò due buffe ‘O’ al posto degli occhi, poi la bocca si serrò in segno di frustrazione; infine sopravvenne quello che giudicò un misto di amarezza e tristezza.

Lei è triste per me. Che dovrei dire io? La mia incapacità di amare fa di me un mostro, forse. Ma sono fatta così: tengo alla mia famiglia. Tengo ai soldi. Tengo, in qualche modo, a Kuno. Ma non ho mai provato quella struggente sensazione di farfalle nello stomaco e sciocchezze simili. Forse, tra tutti quanti, sono io quella ad aver subìto il colpo peggiore dalla perdita di mia madre: con lei è morta anche la mia sensibilità.

Improvvisamente si sentì davvero misera e avrebbe cominciato a riflettere seriamente sulla questione se Akane non le avesse detto, con un leggero sorriso comprensivo: “Magari il tuo modo di amare è proprio questo: oculato, poco espansivo. Ma è amore, anche se tu non lo ritieni tale.”

E brava sorellina, forse mi hai psicanalizzata alla grande.

“Su, Freud, ora basta con questi discorsi profondi.” Le disse dandole un leggero colpetto sul braccio, e fu quasi sicura che Akane avesse notato il suo leggero sorriso di gratitudine: lo lesse nello scintillio che le attraversò gli occhi sgranati. “È ora di dare una mano a organizzare questa benedetta festa!”

***



“Insomma, sei peggio di una donna! Vuoi fare proprio tardi?!”

“Eccomi, arrivo!” Ryoga corse all’ingresso con il fiatone: possibile che Ukyo fosse fissata fino a quel punto con la puntualità? Alla fine era una festa dai Saotome, mica un pranzo di gala…

“Hai preso i regali?” Il ragazzo sospirò, si precipitò dentro casa e ne riuscì con due pacchetti sotto braccio.

“Non dire niente. Li ho presi, questo è l’importante.” La prevenne: dal suo sguardo torvo si aspettava una ramanzina coi fiocchi.

“Ok, ok, andiamo e basta.” La vide alzare gli occhi al cielo e poi incamminarsi tranquillamente. Le si affiancò, con la mezza intenzione di posarle una mano intorno alle spalle; purtroppo con i pacchi in mano non poteva e si accontentò di guardarla di sottecchi ogni tanto.

“Mica sarai ancora arrabbiata per quella storia…?” Tentò sperando che il muso lungo della fidanzata si distendesse un poco.

“Mi sembra solo assurdo che tu non voglia continuare gli studi: sei un ragazzo brillante, sei riuscito a diplomarti al Furinkan pur essendo più indietro di tutti. Non ti rendi conto che così facendo ti bruci un sacco di possibilità?”

“Te l’ho già spiegato: la mia vita sono le arti marziali e il mio sogno quello di aprire una palestra tutta mia. Che me ne faccio di una cultura universitaria?”

Ukyo scosse la testa e si voltò a guardarlo. “Anche io gestisco solo un negozio di okonomiyaki, eppure desidero studiare; si tratta di una mia soddisfazione: voglio dimostrare a me stessa che non sono una semplice cuoca, ma che posso parlare dei più svariati argomenti senza fossilizzarmi sugli ingredienti di un’ottima focaccia! E poi è così interessante imparare cose nuove…”

Ucchan era molto cambiata: qualche anno prima le interessavano solo Ranma e gli okonomiyaki, ma da qualche tempo aveva sviluppato un forte interesse per lo studio e per la cultura in generale. Ryoga sospettava che si trattasse di un suo bisogno di evadere dalla quotidianità di ogni giorno, fatta di una routine che cominciava ad andarle stretta. Ammirava quella crescita personale della fidanzata, ma non poteva proprio accettare che volesse trascinarvi dentro anche lui.

“Io penso che possiamo stare bene insieme pur rispettando uno i desideri dell’altro, non ti pare?” Disse improvvisamente.

Lei lo fissò attentamente per un istante e Ryoga si ritrovò a domandarsi se questa loro diversità non avrebbe portato alla loro prima crisi da quando erano ufficialmente fidanzati. Ma lei lo stupì con un sorriso. “Sai una cosa? Non hai tutti i torti. Io…”

“Cosa…? Che c’è?” Si girò di scatto, seguendo la direzione dei suoi occhi sgranati e lasciò semplicemente cadere i pacchi dalla sorpresa quando vide Akari andare verso di loro.

***



“Dunque, la cosa importante è che tu non ti metta in cucina, d’accordo?”

Akane fece un sospiro, guardò in alto e allargò le braccia in segno di resa. “Va bene, va bene, ho capito! Dimmi che cosa posso fare, allora.”

“Che ne dici dei festoni fuori in giardino?”

Akane rifletté che Ranma, sicuramente, avrebbe commentato qualcosa del tipo: ‘Sei così imbranata che non riusciresti a montarli neanche al contrario!’, ma si astenne dal comunicarlo alla sorella. Annuì, ben felice di portare a termine un compito così importante e la osservò mentre dava indicazioni a Mousse e a Genma su come montare gli altri addobbi.

Nabiki Tendo.

La sorella fredda e calcolatrice, che riusciva a organizzare una festa per bambini con la stessa meticolosità con cui conteggiava le uscite e le entrate ogni santo mese; poco prima, quando aveva messo a nudo i propri pensieri, aveva creduto di avere a che fare con un caso davvero disperato: crescere non le aveva fatto superare la fase ‘io-non-amo-che-me-stessa-e-i-soldi’. Poi si era resa conto che, probabilmente, i suoi sentimenti erano semplicemente più nascosti e il suo modo di manifestarli differente da quello della maggior parte di loro: Nabiki era in realtà molto più sensibile, prima di lasciarsi andare completamente aveva bisogno di certezze e di conferme. Il che le confermava che era molto più insicura di lei.

Come può essere diversamente quando perdi una madre in tenera età?

Quando le aveva esposto la sua teoria su come fosse capace di amare, le era parso di cogliere un leggero sorriso di gratitudine sul volto della sorella: significava che aveva colto nel segno e questo la rendeva molto più serena.

Anche Nabiki è capace di amare…

Lei stessa ci aveva messo del tempo prima di lasciarsi andare con Ranma, ma alla fine la sua pazienza e testardaggine l’avevano ripagata.

“Mamma, mamma!” Gridarono quasi all’unisono due vocine. Akane udì uno scalpiccio di piedini malfermi e quando si voltò sorrise ai due gemelli.

“Ehi, voi due! Venite qui!” Si accovacciò e spalancò le braccia ai due bambini.

***



Stringeva le braccia intorno al suo Katsunishiki e rivolgeva loro un sorriso radioso. Ryoga non poteva credere ai suoi occhi, Akari sembrava tornata quella di un tempo. Quando il maiale gigante si fermò, la guardò con orrore spingersi in aria a forza di bicipiti, atterrare sulle braccia ed eseguire una specie di salto mortale all’indietro fino al muretto più vicino, dove si sedette come se niente fosse.

“A… Akari, ma tu…?!” Dopo due anni che non la vedeva era riuscito a balbettare solo due parole e, dalla bocca asciutta che sentiva di avere, doveva essere pallido come un cencio.

Lei invece aveva un colorito sano e roseo e rise di gusto. “Non ti preoccupare, è tutto sotto controllo. A un certo punto ho deciso che la sedia a rotelle non era per me, così mi sono allenata per andare in giro con Katsunishiki e muovermi a forza di braccia sul muretto o sul ramo più vicini quando voglio fermarmi. Questo mi permette di fare spostamenti molto più agevoli!”

“Sei… sei bravissima!” Esclamò Ukyo accanto a lui e Ryoga seguì l’impulso di metterle una mano attorno alle spalle proprio in quel momento.

“Sono felice di vederti in forma, Akari. Sono stato molto preoccupato per te.” Con sua somma gioia, il gesto amorevole verso Ukyo non scalfì neanche un po’ il sorriso della giovane e avvertì come un ultimo, piccolo peso spostarsi dal proprio cuore. Finalmente, dopo due anni, aveva la conferma che Akari non soffriva più per lui.

O lo nasconde bene.

Si diede dell’idiota: perché complicarsi la vita così? Lei era là, davanti a lui, che sorrideva radiosa e aveva superato ottimamente il trauma per la sua condizione fisica.

“Ehi, sei diventato sordo per caso?” Ukyo gli stava tirando gentilmente il lobo dell’orecchio.

“Eh? Cosa?”

“Akari ci ha chiesto se le facciamo strada fino al dojo: ha ricevuto l’invito anche lei.”

“Oh, certo! Seguici pure!”

Guardò, suo malgrado con il cuore in gola, l’ennesima evoluzione della ragazza che stavolta, con una capriola frontale, atterrava sul dorso del suo maiale da sumo e lo incitava ad andare.
Strinse la mano a Ukyo e si incamminò con un sorriso sulle labbra.

***



I gemelli corsero in direzione di Akane, che stava ancora con le braccia spalancate per accoglierli. “Mamma!” Ripeterono superando la sua figura accovacciata e gettandosi invece contro le gambe di Kasumi che stava sopraggiungendo alle sue spalle.

“Ma che bravi bambini!” Pigolò la maggiore delle Tendo sollevandoli entrambi senza alcuno sforzo.

Akane si rialzò con l’espressione corrucciata. “Perché non vengono mai ad abbracciare la zia?!”

“Forse perché sanno che è più infantile di loro e finirebbero per litigarci.” Commentò Nabiki facendole venire un impeto di rabbia. “E poi sono ancora piccoli e vogliono stare solo con la loro mamma, non è vero, Kasumi?”

“Dai, bambini, andate a dare un abbraccio anche alla zia Akane, volete?”

“Cia ‘Kane fa i dolci cattivi.” Sentenziò il maschietto facendole crollare un macigno immaginario sulla testa.

“E tira tanti pugno a cio ‘Anma.” Aggiunse l'altro: un altro macigno si aggiunse al primo.

“Vedi? Hanno già imparato a inquadrarti!” Gongolò Nabiki poggiandole una mano sulla spalla e incamminandosi con lei in giardino. “Non smetterò mai di pensare che due anni fa sia stato un bene che non fossi realmente incinta: ancora oggi sei una frana con i bambini!”

Akane provò l’impulso di strozzare sua sorella per averle ricordato quei giorni di incertezza e ansia; ricordava bene come si era sentita sollevata quando aveva letto le analisi e più tardi, quando il suo ciclo tardivo aveva fatto capolino fugandole ogni dubbio residuo. Anche Ranma le era parso visibilmente sollevato: evidentemente anche lui non era affatto pronto ad avere figli.

“Ora non fare quella faccia e mettiti all’opera!” Nabiki le diede una pacca sulla schiena e lei la liquidò con una linguaccia. Si arrampicò sulla scala e cominciò a svolgere il lungo festone con la scritta: ‘buon compleanno ai gemelli!’

Non potevano farci scrivere i nomi? Rifletté accigliata e quasi cadde dalla scala quando si sentì toccare leggermente su una spalla.

“Ranma, sei un idiota! Stavo per cadere!”

Il ragazzo incassò la testa nelle spalle, contrito. “Scusa, volevo solo aiutarti.”

Sospirò facendogli spazio e gli permise di darle una mano; poteva sentire il calore del suo corpo e il profumo maschile che emanava mentre armeggiavano insieme con chiodi e martello in pochi centimetri quadrati.
Guardò sotto di sé, abbracciando con lo sguardo l’intero giardino di casa Tendo: suo padre e Genma Saotome erano in un angolo intenti, come al solito, in una partita di shogi; Kasumi usciva con i bimbi in braccio e li depositava sul prato, dove papà Tofu era pronto ad accoglierli con un grosso sorriso; Mousse e Shampoo sedevano vicini e ridevano felici, lui con la mano sul pancione; Nabiki trasportava un vassoio con le cibarie preparate da Kasumi e salutava Kuno, appena arrivato, nascosto da una pila di pacchi regalo: la sorella Kodachi rideva alla sua solita maniera con il dorso di una mano elegantemente portata alla bocca.

Sono tutti così felici. Allora perché io provo questa specie di malinconia? Manca ancora qualcosa nella mia vita?

“Ehi, ecco Ryoga con Ucchan… e c’è anche Akari!”

La voce di Ranma le fece spostare lo sguardo in un’altra direzione e spalancò gli occhi per la sorpresa quando vide arrivare quest’ultima in groppa al suo maiale gigante.

“Ma non è sulla sedia a rotelle! Che sia guarita?!” Domandò con un filo di voce.

“Mhh…” Fece Ranma perplesso; qualche istante dopo la vide sollevarsi sulle braccia e accomodarsi su una delle sedie in giardino senza mai poggiare i piedi a terra.

“Oh… però sta molto meglio da quella volta.” Era vero: la vide ridere di cuore a qualcosa che aveva appena detto Ryoga.

“Ecco fatto, ora dobbiamo spostare la scala per fissarlo all’altra estremità.”

Akane sorrise al fidanzato e cominciò a scendere ma lui la bloccò per un braccio; la guardò così intensamente che si paralizzò qualche piolo più in basso di lui.

“Che c’è?” Chiese con la bocca asciutta: non credeva di potersi ancora perdere nel suo sguardo dopo tanti anni insieme.

“Ecco, io… lo so che non è il massimo farlo in cima a una scala, in giardino, ma sono tutti affaccendati in altro e pensavo…”

Akane sentì il sangue affluirle al volto e pensò che le sarebbe uscito del vapore dalle orecchie come in alcuni cartoni animati. “Ranma, che ti salta in mente! Sei impa….?!”

“Ma cosa hai capito?!” Il codinato era in evidente imbarazzo. “Volevo solo… darti questo.”

Con noncuranza, celando evidentemente la vergogna, le posò in mano un piccolo pacchetto. “Ma oggi non è il mio compleanno.”

“Non è necessario che lo sia! Su, aprilo.” Ranma non la guardava, preferendo fissare il festone appeso per metà e lei si sentì confusa.

Sciolse con delicatezza il piccolo nastro dorato e strappò via la carta lentamente rivelando una scatolina di velluto blu. Il cuore le mancò un battito e la fece deglutire a vuoto.

Oh, è solo un altro porta pillole, come quello che gli diede Nodoka da regalarmi qualche anno fa.

Eppure, mentre apriva il piccolo contenitore, udiva distintamente il suono del respiro appena accelerato di Ranma ma non il proprio; solo quando il coperchio fu completamente aperto rivelando un piccolo brillante ed emise un suono strozzato si rese conto che il petto le bruciava per mancanza d’aria.

“L’anello è d’argento e la pietra è uno zaffiro blu, anche se piccolissimo e non si vede bene: se lo fai brillare al sole però il riflesso è… lo stesso dei tuoi capelli; ho pensato che si intonasse bene, per cui…”

Non riuscì a farlo finire di parlare, semplicemente lo abbracciò di slancio, facendo spostare pericolosamente di qualche centimetro la scala su cui stavano in equilibrio precario: le affollavano la mente mille domande: per quanto tempo aveva fatto economia Ranma per poterle regalare una pietra del genere, seppur piccola? O aveva chiesto un prestito con interessi da strozzino a Nabiki? E per quale miracolo non erano precipitati giù?
Erano domande senza senso ma temeva di scoppiare di felicità o di delusione se solo avesse fatto a voce la vera domanda a Ranma. Prima di rendersene conto, però, le scappò di bocca: “Perché?”

Ancora stretto nel suo abbraccio, il codinato alzò un braccio per grattarsi la testa imbarazzato. Akane alzò il viso per guardarlo e lui cominciò a balbettare, infondendole una tenerezza infinita. “Beh, ecco… di solito è così che si chiede a una fidanzata di… di… ehm… sposarsi.”

Nella sua vita Akane aveva pianto tante volte per frustrazione, rabbia o infelicità: non le era ancora capitato, però, di mettersi a ridere mentre lo faceva; vide il volto preoccupato del fidanzato distendersi in un sorriso stentato e poi assumere un colorito rosso acceso. “Devo… prenderlo come un sì?” Chiese con genuina speranza.

“Ma certo che sì, baka!” Stavolta l’abbraccio fu ricambiato con calore e li sbilanciò inclinando la scala che cominciò a cadere. Ridendo e piangendo, atterrò su Ranma che era caduto di schiena sull’erba attutendole il volo e capì dal suo grugnito di disappunto, seguito immediatamente da un bacio che ricambiò con passione che sì, si era fatto male ma non troppo.

Ormai precipitare fa parte dei momenti clou della nostra vita.

“Insomma, che pensate di fare qui, nel giardino con due bambini e tutta la famiglia riunita?!” Esclamò Nabiki con le mani sulle spalle. Akane notò con orrore che si stavano portando tutti verso di loro e prese un respiro di frustrazione: li avevano interrotti di nuovo sul più bello e ora Ranma si sarebbe messo a balbettare che non era come pensavano, gesticolando freneticamente. Invece il fidanzato la stupì prendendole dalla mano l’anello e aiutandola ad alzarsi in piedi con lui.

“Già, Ranma, dillo anche a noi!” Disse Mousse avvicinandosi con Shampoo sotto braccio.

“Ranma, cosa stai facendo a mia figlia?!” Sbottò Soun subito trattenuto da un sorridente Genma.

“Oh, ma vi siete fatti male?” Chiese Kasumi fuori dal coro, guardando in alto e poi fissandoli.

Ora erano tutti intorno a loro, compreso il maiale da sumo di Akari con la padroncina sul dorso a guardarli incuriosita. Akane guardò Ranma negli occhi, interrogativa. Lui la fissò intensamente e le prese le mani: entrambi le avevano gelate. Con delicatezza e decisione le infilò l’anello all’anulare sinistro e disse: “Io e Akane abbiamo deciso di sposarci, ecco cosa accade.”

Di coraggio Ranma ne aveva sempre avuto tanto ma mai, mai avrebbe pensato che si sarebbe azzardato a fare un annuncio del genere davanti a tutti; questo le fece salire agli occhi nuove lacrime e si accorse appena del caos che si era creato: era Nabiki quella che aveva appena esclamato: ‘oh, era ora!’? E chi è che batteva le mani, Kasumi o i gemellini? Cos’erano quei tonfi? Dai grugniti di gioia e dalla risata, sicuramente più umana, ne dedusse che erano Akari col suo maiale; ‘La mia bambinaaaaa!’: quel pianto era di suo padre di certo! Invece gli orgogliosi ‘bravo figliolo’, appartenevano a Genma. E tutti quei sorridenti e concitati: ‘congratulazioni!’ dovevano essere di Ryoga e Ukyo, forse anche di Mousse con Shampoo.
Non poteva saperlo con certezza, però, perché aveva il volto sprofondato nella giacca cinese di Ranma.

Ora è tutto a posto, ora non provo più alcuna malinconia. Ecco cosa mancava nella mia vita: sposare l’uomo che amo.

No, manca un’altra cosa, si disse mentre sollevava il viso verso di lui senza curarsi delle lacrime. “Non avevo ancora finito di baciarti.” Disse afferrandogli il volto e continuando da dove aveva lasciato.
   
 
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