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Autore: IoNarrante    01/08/2011    17 recensioni
Cosa vi aspettereste da una vacanza in un villaggio? Sole, mare, magari qualche flirt estivo.. niente di più! Questo è ciò cui pensava Francesco, quando, con i suoi amici dell'università, è partito per la Puglia, per una vacanza post-laurea. Ma è bene fare attenzione a scegliersi le compagnie con cui passare quattordici giorni della propria vita.. altrimenti si può incappare in una scommessuccia, dapprima innocente, ma che costringe il nostro povero protagonista, sciupafemmine e perennemente single, ad imbarcarsi in un'avventura con una ragazza.. come dire.. non proprio della sua 'taglia'..
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo
Piccoli per sempre

Non avrei mai pensato che una vacanza di due settimane in Puglia avrebbe potuto cambiarmi così radicalmente. Di solito, nei villaggi, si va per divertirsi, per sperare in una tresca con l’animatrice gnocca di turno, o magari, semplicemente, per rilassarsi. Invece, per me, quei quattordici giorni furono come un giro sulle montagne russe di Mirabilandia: pieni di alti e di bassi, quasi da vomitare.
Chiunque avesse conosciuto Francesco Russo, anche solo di fama, non avrebbe mai potuto credere ai propri occhi vedendolo dove ora si trovava, a mille miglia lontano dalla Capitale, dalla vita cittadina e dai lussi di cui godeva fin da quando era in fasce.
Perché l’amore è in grado di smuovere mari e monti, avrebbe detto Giorgio, il mio migliore amico, forse l’unico essere di sesso maschile che credesse ancora nella potenza di quel sentimento e mi costava molto ammettere, arrivati a questo punto, che in parte aveva pienamente ragione.
Da quando avevo conosciuto Sole, nel villaggio Julia di Peschici, nella mia vita ogni cosa era cambiata. Magari non immediatamente, ma pian piano l’arroganza e la mia aria spocchiosa da figlio di papà era stata limata, levigata, smussata a poco a poco dalle mani piccole e morbide di una ragazza dagli occhi color grigio perla.
Nessuno mai può pensare di trovare l’anima gemella in un villaggio, soprattutto quando è così frequentato da discoteche e da giovani in balia degli ormoni, ma soprattutto nemmeno la persona più ottimista avrebbe mai immaginato che da una sciocca scommessa sarebbe potuta nascere la storia del secolo.
Lo so, è vero, sto facendo un monologo interiore alla ‘Macbeth’ di Shakespeare, ma ora mi trovo nella veranda della mia nuova casa, sulla riva di una spiaggia di Bali, mentre guardo il mare sorseggiando succo di cocco.
È passato più di un anno da quando abbiamo lasciato l’Italia per intraprendere questa avventura, considerando che a Sole ha giovato molto questo Erasmus, dal momento che ha trovato quasi subito lavoro presso un’equipe di biologi marini.
Proprio in questo momento è partita per le Galapagos, con lo zaino in spalla e quel sorriso da bambina perennemente stampato su quel volto spruzzato di lentiggini. Mi ha detto che andavano a studiare il fringuello di non-so-cosa, ma dopo dieci minuti me l’ero già dimenticato.. cosa ci volete fare?
È un’eterna attesta con lei, ma non mi lamento.
Aspetterei anche mille anni seduto su questa sedia di vimini, se so che lei sta ritornando da me.
Diciamo che mia madre non l’ha poi presa tanto bene la notizia della mia improvvisa partenza per l’Indonesia, considerando anche il fatto che mi sono ricordato di telefonarle quando ormai ero atterrato a Bali, ma ho avuto tempo sufficiente per spiegarle tutto, per raccontarle tutta la verità, e da romanticona qual è ha gioito sapendo che non mi trastullavo più di ragazza in ragazza, allontanando sempre di più la possibilità per lei di allargare la famiglia Russo.
Il mio patrigno non si è lamentato più di tanto, ma mi ha fatto presente che la mia scappatoia non poteva durare a lungo e che prima o poi sarei dovuto tornare a casa, perché le Industrie Russo devono avere un rappresentante della famiglia e lui non può più fare le mie veci, visto che ormai sono laureato e tutto il resto.
Mio padre non mi ha chiamato, ma questo lo avevo già immaginato.
Da quando se n’era andato di casa, avevo completamente tagliato i ponti con lui e le uniche volte che aveva tentato di riallacciare i rapporti, lo avevo scansato nel modo meno garbato possibile.
Se avessi avuto la possibilità di cambiare cognome senza perdere il mio impero economico, lo avrei già fatto da tempo.
Cos’altro mi resta da dirvi?
Alessandro, Ginevra, Claudia e Giacomo sono tornati a Roma e hanno intrapreso la laurea specialistica in marketing, ma non so se stanno ancora insieme. Non è che la nostra amicizia fosse così stretta da sentirci ancora dopo più di un anno lontano dal mondo civilizzato.
Sara Giglio ha cambiato città da quanto mi ha raccontato Giorgio. Appena tornata a Roma ha fatto baracca e burattini e ha preso il primo treno per non-so-dove, chiedendo anche il trasferimento all’università.
Io spero non se la sia presa per tutta la storia della scommessa e per l’ennesimo rifiuto che ha ricevuto, ma per come si è comportata, era il minimo. Giorgio dice che si è trasferita per iniziare una nuova vita, ed io lo spero davvero perché, molto in fondo, non era cattiva come ragazza.
Elisabetta e Serena, le migliori amiche di Sole, hanno continuato l’università e lei si sente con loro di tanto in tanto e da quanto ho saputo –cioè, origliato– la biondina che somiglia a Hilary Duff ha un mezzo impiccio con un tizio famoso, ma non ho capito bene, soprattutto perché Sole dice sempre di farmi gli affari miei.
Stefano ha mollato la facoltà per intraprendere una carriera come comico, durata praticamente due mesi, dopodiché il Colonnello –suo padre– l’ha rimesso in riga e l’ha obbligato a segnarsi nuovamente all’università per finire gli studi. Dopo la vacanza in Puglia ha cambiato modello cui ispirarsi, visto che il sottoscritto ormai si è praticamente accasato, ed ora sta tormentando un altro latin lover di turno,  non capendo affatto che la vera felicità non si ottiene cambiando ragazza come se fosse un paio di mutande.
E alla fine veniamo a Giorgio, il mio migliore amico, anzi.. mio fratello.
In certi momenti della vacanza l’ho veramente odiato, soprattutto sapendo che la scommessa restava in piedi soprattutto perché non volevo bruciare tutto quello che c’era stato tra di noi. Inoltre, anche lui si era preso una cotta per Sole e sapendo che io non ero apparentemente coinvolto in quella pseudo-relazione, lui mi aveva chiesto di farmi da parte.
Le scazzottate e le litigate tra di noi non ci avevano allontanato, bensì avevano rafforzato quell’amicizia fraterna che con nessun altro riuscirei mai ad avere.
Anche a milioni di chilometri di distanza, ci sentiamo quasi tutti i giorni via webcam, e lui ne ha di cose da raccontarmi per via di questa sua nuova avventura che ha intrapreso, non vi dico nemmeno con chi.
Giorgio Della Rocca era il romanticismo fatta persona, ma se avessi dovuto scommetterci sopra, nemmeno lontanamente mi sarei mai immaginato che i suoi gusti sarebbero cambiati così radicalmente.
E così ho fatto il resoconto di tutto, più o meno. Nonostante nessuno credesse che la storia tra me e Sole potesse andare in porto, per ora siamo molto affiatati e dopo più di un anno e mezzo passato isolati da tutto e da tutti, gli abitanti del villaggio ci hanno anche organizzato una specie di cerimonia nuziale tipica, con le loro usanze.
Ci siamo ripromessi amore eterno e se potessi tornare indietro, a quest’ora, non cambierei nulla di quello che ci è successo. Anche se abbiamo sofferto, tutto quello che abbiamo passato è servito a farci crescere, maturare, ma soprattutto ad aprirmi gli occhi per la prima volta.
Senza quella scommessa, senza quella vacanza, senza gli alti e i bassi di quei quattordici giorni io non avrei avuto nulla di tutto questo ed ora mi troverei dietro una scrivania a controllare bilanci e a scribacchiare sul computer dell’azienda.
.. ma soprattutto non avrei avuto quelle due piccole pesti.
«Papy, papy, paaaaaaaaaapy!!!» un gridolino seguito da un’altra risata ruppe il silenzio di quella mattina, e mi costrinse a voltarmi in direzione della casa alle mie spalle.
«Iutami! Iutami!» trillò un’altra vocetta e dei passetti rumorosi schioccavano sulle assi di legno del pavimento.
Fui costretto ad alzarmi quando udii lo scrosciare delle pentole sul pavimento e un ‘ops’ detto all’unisono dalle mie due piccole pesti.
«Allora? Cosa sta succedendo qui?» tuonai, con la finta voce arrabbiata.
Entrai nell’ingresso e superai un piccolo salotto spartano, dirigendomi nella confortevole cucina dalle tende color giallo pannocchia.
Dietro il tavolo al centro della cucina, in mezzo ad un mare di pentole e padelle riverse sulle assi del pavimento di legno, c’erano due bambini dai capelli biondi e dagli occhi chiari. Mi fissavano con le iridi spalancate e con le gote spruzzate di lentiggini color caffè.
«Cos’è successo qui? Eh?» domandai, incrociando le braccia al petto e fissandoli con aria severa.
Era incredibile che a soli ventiquattro anni, io e Sole eravamo diventati genitori, ma lì a Bali non era una cosa tanto strana. Si sposavano addirittura a sedici anni, perciò noi non davamo molto nell’occhio.
«Copa sua!» disse mio figlio, indicando suo fratello.
«No, papy» insistette l’altro. «È sua!» e gettò la colpa sull’altro.
All’improvviso i due si fissarono e in una frazione di secondo cominciarono a lanciarsi schiaffoni peggio di due belve assatanate.
La notizia che Sole era incinta mi aveva sconvolto già di per sé, ma sapere che il parto sarebbe stato gemellare, dovevo ammettere che non mi aveva lasciato indifferente.
«Ragazzi, sedetevi» ci disse il dottor Wasibo.
Io e Sole ci tenemmo per mano e ci accomodammo nello studio del medico del paese. Eravamo andati per un controllo, visto che Sole vomitava dalla mattina alla sera, ma entrando in quell’ospedale da campo non avrei mai immaginato di ricevere una notizia più strana.
«Voi siete sposati, giusto?» ci domandò e con la coda dell’occhio non potei fare a meno di fissare Sole che diventava color peperone.
«V-veramente no, però stiamo insieme» mi affrettai a rispondere, prima che pensasse male.
Non sapevo ancora quali fossero le usanze di quel paese. Eravamo a Bali da poco più di tre settimane e Sole improvvisamente si svegliava la mattina con delle nausee che la costringevano a precipitarsi in bagno, così mi ero preoccupato.
Il dottore ci guardò un po’ sospettoso, ma poi incrociò le mani e posò i gomiti sulla scrivania.
«Voi due immagino che abbiate dei rapporti sessuali anche se non siete sposati, giusto?» e a quella domanda Sole sprofondò nella sua vergogna, facendosi piccola piccola.
Per la seconda volta intervenni io. «Sì, certo».
Il dottore allora guardò solo me, visto che Sole sembrava più far parte della tappezzeria piuttosto che essere al mio fianco come seconda interlocutrice. «Avete usato delle precauzioni durante i rapporti? Oppure la signorina prendeva la pillola?» ci chiese curioso ed io non compresi immediatamente dove quel discorso volesse andare a parare.
«Sì, usiamo sempre i preservativi» risposi sicuro. «E Sole non mi pare prenda la pillola del giorno dopo».
Dopo quella mia risposta, mi tornò alla mente la nostra prima volta insieme, sulla barca Rayo de sol e mi si accese una lampadina nella testa. La prima ed unica occasione in cui avevamo fatto l’amore senza nessuno freno.
«A-aspetti» balbettai, conscio finalmente di ciò che il dottore voleva dirci. «C’è stata una volta.. una sola..».
«Signor Russo, non so come dirglielo» m’interruppe il dottor Wasibo. «Dalle analisi è chiaro che la sua ragazza è incinta di quattro settimane e mezzo, congratulazioni».
Io rimasi di pietra, con gli occhi sgranati e le mani che stritolavano ancora la matita sulla scrivania, mentre Sole si era accasciata sulla sedia e non parlava né respirava.
I.N.C.I.N.T.A.
Quella parola significava tutto e niente. Mi ero trovato una ragazza fissa da nemmeno un mese e già dovevo fare i conti con un possibile marmocchio che mi si sarebbe accollato per il resto della mia esistenza?
Il fatto che poi, alla nona settimana, avevano aggiunto un secondo embrione mi aveva causato un collasso immediato, tanto che ero crollato a terra come un sacco di patate. Due figli in una botta sola, due gemelli..
Sole, dopo il primo impatto, aveva accettato di buon grado la notizia. Si controllava la pancia allo specchio quasi tutti i giorni e l’accarezzava amorevolmente. Forse fu proprio quel suo comportamento materno a rendere quella notizia, disastrosa per qualunque ragazzo della mia età, più piacevole.
Oppure era semplicemente il fatto che l’amavo troppo per disdegnare l’idea di avere due piccole copie della mia Sole in miniatura.
«Insomma si può sapere cosa avete combinato?» chiesi di nuovo, sperando che uno dei due si tradisse.
Mi divertivo troppo a giocare con loro, anche perché avevano ereditato parte della dolce ingenuità di Sole e parte della mia furbizia.
«Dario?» domandai al primo.
Vi chiederete il perché di quel nome e come io e Sole riuscivamo a riconoscerli nonostante fossero due gocce d’acqua, ma io non so spiegarvelo.
«Giorgio?» chiesi al secondo, ma niente.
«A quale nome hai pensato?» mi chiese Sole, un giorno.
«Non ne ho idea» sospirai, sfogliando il libro dei nomi. Non mi ero mai posto questo problema, anche perché non avevo mai progettato di avere una famiglia tutta mia, visto i precedenti con mio padre.
«Non te ne piace nemmeno uno?»
«Vorrei che abbia un significato speciale.. non che fosse bello e basta» spiegai, con un po’ d’imbarazzo per quella risposta smielata.
Sole si sporse nella mia parte di letto e sfiorò le mie labbra con le sue.
«Chiamiamoli con i nomi dei nostri migliori amici..» mi suggerì lei, ed io pensai subito che quella fosse un’idea geniale.
«Giorgio e..?»
«Dario» rispose lei, ed io ebbi un colpo al cuore.
L’idea che uno dei miei figli portasse il nome del primo amore di Sole mi dava un po’ sui nervi, ma dovevo rispettare la sua scelta.
Posai una mano sul ventre gonfio della mia ragazza, della mia compagna.. della mia metà della mela.
«Giorgio e Dario Russo» ripetei orgoglioso, poi cercai le sue labbra piene e ritrovai il suo sapore.
I due si presero per mano e fecero fronte unito contro il sottoscritto, dimostrando ancora una volta l’unione fraterna. Prima che nascessero mi ero informato sui gemelli e sulle voci che correvano su di loro, ma non credevo che avessero dei poteri paranormali o cose del genere.
Erano molto uniti, punto.
«Venite qui» dissi loro, chinandomi e allargando le braccia.
Dario e Giorgio si guardarono un po’ sospettosi, poi mi corsero in contro e si gettarono tra le mie braccia ridacchiando quando feci loro il solletico per sdrammatizzare la finta arrabbiatura.
«Che ne dite se mettiamo in ordine prima che torni la mamma?» proposi, raccogliendo la prima padella.
Gli occhi di entrambi s’illuminarono e potei bearmi di quelle lentiggini color caffè e quelle fossette sulle guance che rappresentavano i particolari più belli del sottoscritto e della mia Sole.
«Uando avvira la mamma?» chiese Dario, il più ingenuo e dolce dei due.
«Papy non prederci in giuo!» si aggiunse Giorgio, incrociando le braccia e guardandomi di traverso.
Purtroppo i viaggi di Sole erano sempre più lunghi e duravano per parecchi giorni. Due bambini di nemmeno un anno sentivano la mancanza della loro mamma ed io, papà alle prime armi, non sapevo come far capire loro che Sole non li aveva abbandonati.
«Mi ha chiamato prima, tornerà stasera!» annunciai loro e tutti e due cominciarono ad urlare e a saltellare dalla felicità.
«Mamma! Mamma! Mamma!» trillarono prendendosi per mano e saltellando in tondo, incuranti di schiacciare con le scarpe le pentole che poi avrei dovuto rilavare.
«Forza, forza, ragazzi! Al lavoro!» intimai, cominciando a darmi da fare.
In poco tempo rimettemmo in ordine la cucina e fissammo la nostra opera piuttosto soddisfatti. In seguito presi la borsa per il mare e ci dirigemmo in spiaggia, dove i due monelli avevano già fatto amicizia con tutte le bambine di Bali.
Peggio del loro papà..
La mia coscienza mi era mancata, ma più andavo avanti nella mia vita e meno avevo bisogno dei suoi consigli. Ero maturato molto nel corso di tutto quel tempo, sia per merito della mia storia con Sole, sia per merito dei miei figli.
Quel periodo di isolamento mi aveva giovato in qualche modo, facendomi crescere e facendomi rendere conto di cosa contasse davvero nella vita, ma prima o poi sapevo che sarei dovuto tornare a Roma, dalla mia famiglia, dalla mia vecchia vita.
Non appena mia madre aveva saputo di diventare nonna prima di aver compiuto i cinquant’anni, era subito corsa a raccontarlo alle sue amiche, vantandosi di essere la nonna più giovane in circolazione, ed era entusiasta all’idea di conoscere finalmente Sole e i suoi due bellissimi nipotini.
Anche la madre di Sole non stava più nella pelle, mentre quello che mi preoccupava davvero era il mio futuro suocero che, sentendo il tonfo al di là del telefono dopo che aveva ricevuto la notizia della gravidanza, avevo immaginato che la novella lo aveva davvero sconvolto.
I miei amici mi avevano fatto le congratulazioni e i commenti poco graditi si erano sprecati, soprattutto da parte di Stefano, che al posto del cervello aveva un criceto.
Dario e Giorgio erano nati a Bali, quindi erano per metà italiani e per metà balinesi. Stando a stretto contatto con gli abitanti del villaggio in cui ci trovavamo, avevano imparato a parlare anche la lingua natia del posto, cosicché ogni turista che li vedeva rimaneva sorpreso di incontrare questi due gemelli biondi che spiccavano tra la popolazione dalla pelle scura.
«Ayah kita akan pulang?» mi chiese Dario, mentre mi ci vollero parecchi minuti per tradurre ciò che mio figlio di nemmeno un anno mi aveva detto in indonesiano.
«Ora ci andiamo» gli risposi, afferrando gli asciugamani e infilandomi le infradito.
Presi i miei due figli per mano ed insieme ci dirigemmo nella casa sul mare. Feci loro una veloce doccia e preparai il pranzo, dopodiché crollarono entrambi come due pere cotte sul letto matrimoniale mio e di Sole.
Mi ritrovai ancora una volta seduto in veranda a guardare il mare, mentre ogni abitante del villaggio che passava mi rivolgeva un caloroso ‘baik hari’. Tutto sommato mi sarebbe mancato quel posto perché era pieno dei più vividi ricordi e della prima infanzia dei miei figli.
Alle volte mi faceva strano pensare che Dario e Giorgio fossero davvero sangue del mio sangue, perché io e Sole sembravamo talmente giovani che quei due marmocchietti passavano quasi per nostri fratelli più piccoli. Ma più li guardavo dormire nel nostro letto, l’uno accanto all’altro, mano nella mano, con quelle lentiggini e quei capelli biondi schiariti dal sole, più mi accorgevano che quelle due meraviglie erano opera nostra.
Alla fine non è poi così tanto male avere una famiglia, no?
Ed io che avevo sempre disdegnato una relazione seria, favorendo incontri occasionali che mi avevano dato molta più soddisfazione a breve termine, ma in compenso ogni volta mi lasciavano un vuoto enorme dentro.
Quella mancanza era stata colmata da Sole prima, e da Dario e Giorgio poi. Loro erano la mia famiglia e lo sarebbero stati per sempre.

Non mi ero affatto accorto di essermi addormentato, quando una carezza leggera mi risvegliò dal torpore di quel pomeriggio afoso.
Aprii gli occhi lentamente, ritrovandomi mezzo dentro mezzo fuori dal letto matrimoniale, con Dario e Giorgio abbarbicati su di me come scimmie, ancora nel pieno del sonno. Mi guardai intorno e ritrovai i contorni nitidi della stanza da letto, fino a quando un paio di iridi perlacee non catturarono la mia attenzione.
«Tutta vita, eh?» ridacchiò Sole, ancora con lo zaino in spalla e i capelli legati.
Aveva uno sguardo distrutto, ma continuava a sorridermi radiosa.
«Come al solito queste due pesti mi hanno succhiato via tutta l’energia» sussurrai, tentando di non svegliarli.
Sole gettò lo zaino a terra e si massaggiò il collo indolenzito. Si tolse la camicia di cotone che indossava come giacchettino e rimase in short e canottiera color cachi. Era tremendamente bella, anche quando tornava esausta da una spedizione durata più di tre giorni.
«Mi sei mancata» le confessai, allungando una mano e sfiorandole una coscia.
Avrei voluto tanto abbracciarla, coccolarla, fare l’amore con lei fino al mattino dopo, ma vedevo sul suo viso una tremenda stanchezza, così mi limitai ad allargare le braccia e ad accogliere anche la mia Sole nel mega-abbraccio di famiglia.
«Quando si sveglieranno saranno entusiasti di riavere la loro mamma, ti hanno cercato ogni giorno» le dissi e Sole s’illuminò come il tramonto d’estate.
«Siete tutta la mia vita» mi sussurrò lei, chiudendo gli occhi.
«E tu sei la mia» sussurrai, anche se Sole era già sprofondata in un sonno profondo.
Francesco Russo aveva fatto un salto di qualità, anzi, direi proprio un volo.
Da single incallito, si era messo con una sola ragazza. Da rapporti durati appena più di una settimana, ora si trovava incastrato in una relazione durata più di un anno e mezzo. Da laureato più sexy della Luiss, si era trasformato nel padre più sexy di Bali.
Francesco Russo non era più un perdigiorno, né un fallito.
Francesco Russo era fidanzato, compagno, marito.. padre.


Ed eccoci qui, alla VERA fine di questa meravigliosa storia. Senza essere troppo melodrammatica o chissà che altro, vi annuncio che non ci sarà un seguito di 'Tutto per una scommessa', salvo sporadici Missing Moments, ma posso annunciarvi con certezza che fra poco pubblicherò uno spin-off di Giorgio e Serena, dal titolo 'Giochi Proibiti' (immaginatevi già le porcate che scriverò! u___u).
Non vi libererete tanto facilmente della sottoscritta! Muahaahhahahaha..
Beh, che altro dire?
Mi mancheranno tantissimo Sole e Francesco, soprattutto il mio laureato più sexy della Luiss che non potrò rivedere nemmeno in Mistake.. sigh! *si asciuga il nasino*.
Okay, mi rimetto!
Un bacione e un immenso grazie a tutte quelle che mi hanno sostenuto su fb e tramite le recensioni, ma anche a quelle che hanno solamente letto.
Vi adoro!

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