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Autore: Iria    08/08/2011    9 recensioni
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Avrebbe voluto conoscersi, guardare il proprio viso per la prima volta e dire 'Ah, allora sei davvero tu il bastardo per cui ho sofferto così a lungo..?'
[...]
Salve!
Questa è la mia prima fic nel fandom e diciamo che è un po' una fantasticheria sul possibile passato da umano di Grimmjow, quindi spero possa piacervi..!
Grazie a chi leggerà ed un grazie ancor più grande a chi vorrà lasciare un piccolo segno del proprio passaggio!
Iria.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Schiffer Ulquiorra
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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From the darkest of all places [Someday we’ll meet again]


*So many years ago, many more than I'd even care to bear in my mind, from the darkest of all places, I found you.*

 
Grimmjow non aveva mai visto la luce.
Straziato da quelle catene che ormai gli appartenevano come ossa, carne e sangue, si agitava nell’Inferno della propria cella, battendo più e più volte le palpebre dei suoi occhi ciechi.
Non ricordava d’aver mai  vissuto per  un solo giorno.
La memoria gli restituiva solo la lunga sequenza di un’umida oscurità dal sapore a volte aspro e dall’odore spesso marcio…

«I figli del Demonio sono tutti così deboli?»
«Non sei ancora morto?»
«Non vorrai farmi credere che persino Lucifero è disgustato dalla tua anima..? »

Costantemente, senza smettere per un solo caritatevole attimo, bisbigli sottili come le lame più affilate si insinuavano con crudeltà nelle sue orecchie.
Gridavano malvagi e, assordandolo con macabre verità, succhiavano via la debole lucidità del giovane.

«Che motivo hai di vivere..?»

Glie lo chiedevano spesso quando, quelle poche volte in cui era cosciente, sulla sua pelle le fruste scorrevano sinuose.
Però, mentre era lì a farsi scavare le carni, si domandava a sua volta quale fosse la ragione per cui dover morire.
Voci vacue e sfumate dal tempo gridavano all’orrore.
Disperate, affogavano in una strana rabbia che si mutava in spavento.

«Signore! Il bambino è nato l’ultimo giorno del settimo mese dell’anno del demonio..!»
«Mio figlio! Quei capelli
bianchi
«Li tingeremo! Ma, ti prego, non ucciderlo!»

Qualcuno aveva pregato per la sua vita e solo grazie a quella misera richiesta galleggiava ancora nel dolore saturo di gemiti di una non-esistenza.
Ma era davvero qualcosa per cui ringraziare il Cielo..?
Grimmjow avrebbe anche abbracciato il Diavolo, pur di scorgere la luce.
Pur di ripulirsi dal sangue.
Pur di guardarsi in uno specchio e sentenziare se davvero fosse la dispettosa bestia da prendere a calci e a sputi; l’animale da picchiare fino allo svenimento, e a cui donare la dolce illusione d’esser morto.
“Sei davvero in uno stato pietoso.”
Il giovane incatenato alzò la testa al risuonare di quella nuova voce.
Era calma e a tratti incolore, ma molto più vicina di quanto ne fossero state molte altre.
“Chi diavolo sei..?!”
Aveva imparato che, ringhiando, riusciva ad incutere quella paura che tanto bastava a far vacillare i cuori degli uomini che lo fronteggiavano.
Temevano la fantomatica fiera feroce delle prigioni.
Quella si lasciava seviziare, certo, ma nei suoi occhi -più profondi dell’Inferno stesso- gelavano una furia ed un disprezzo così elevati da farli indietreggiare.
D’altra parte, nessuno voleva essere maledetto da ciò che la superstizione etichettava come ‘disgrazia in terra’.
“La persona con cui trascorrerai le tue ultime ore: il Vaticano ha appreso dell’esistenza di una creatura peccaminosa in questo luogo e vuole fare chiarezza sulla questione.”
Non vi era alcuna particolare cadenza nel tono di voce dello sconosciuto e si poteva dire che ciò  urtò ed allo stesso tempo rassicurò Grimmjow.
Nessuno gli gridava contro.
Nessuno lasciava che gli si riempisse la bocca di sangue.
Però, era come se continuasse a non esserci alcuna considerazione verso il suo desiderio di poter respirare senza soffrire.
“Oh… significa che morirò..?”

Ulquiorra Schiffer un tempo aveva posseduto un cuore.
Prima di servire la Chiesa, infatti, quel delicato muscolo pompò sangue anche nel suo miserabile corpo.
Poi, fu costretto a strapparselo dal petto, a cuocerlo e a mangiarlo lentamente, ingurgitando ogni boccone con lacrime non versate ed un folle dolore.
Lui serviva una volontà superiore e non aveva bisogno di sentimenti.
L’unica emozione che avrebbe dovuto guidarlo era la semplice obbedienza.
Eppure, posando lo sguardo sul giovane incatenato, Ulquiorra serrò le labbra con un pizzico d’ira.

«Non lasciarti confondere dal dubbio. La Sacra inquisizione agisce secondo il volere di Dio. »

“Oh… significa che morirò..?”
Non diede alcuna risposta a quell’affermazione, continuando a fissare il prigioniero come se fosse un interessante spettacolo.
I capelli evidentemente albini erano stati tinti con i soliti scarsi risultati; ed un colore di un intenso turchese ne aveva assorbito il bianco.
Gli occhi, la cui vista si era probabilmente indebolita a causa dell’oscurità, erano profondi e violenti. Certamente, volendo fare un paragone romantico, potevano dirsi azzurri quanto il cielo… se non fosse stato per una scintilla di accennata follia che riluceva cupa.
Lì, incatenato come una bestia, Grimmjow pareva davvero avere qualcosa di feroce
Chissà, forse era per il sangue raggrumatosi sul suo corpo, forse per quel sorriso così simile al gesto di una belva che mostrava le zanne…

«È disgustoso! Per quanto venga colpito, lui continua a ridere…»
«Se me l’avessero insegnato, piangerei. Ma io non sento altro che le vostre risate, quando siete qui.»

Grimmjow fissava la profondità del buio, senza avere una precisa cognizione dello spazio.
Il respiro dell’uomo lì presente era l’unico punto di riferimento.
“Non sembra che tu sia spaventato all’idea; e, comunque, verrai sottoposto ad un processo.”
La risposta giunse dopo quelli che parvero lunghi minuti.
Nell’oscurità eterna, il giovane non aveva ben chiara neanche la definizione di “tempo”.
D’altra parte, cosa avrebbe potuto rappresentare per lui?
Esistevano forse le ore, nell’immutabile distruzione di una vita..?

«Se finisci in pezzi, al mondo vi sarà un fastidio in meno. Se ti frantumi, nessuno soffrirà per te. Digrigna pure, bestia peccatrice. Un giorno sarà il Diavolo in persona a raccogliere le tue membra sanguinanti. »

 
Ulquiorra s’era ben guardato dal definire la patetica commedia dell’udienza “giusta”.
Oh, lui sapeva che non esisteva nulla di più vile che torturare un uomo fino ad annientarne la dignità e le convinzioni.
Ed era in grado di comprendere fin troppo bene che, così facendo, portava anche se stesso alla rovina, alla follia e a divorare ciò che rendeva gli esseri umani creature quanto meno superiori agli animali: la capacità di giudicare non in base a meri istinti, ma grazie ad una logica lucida ed equilibrata.
“Non ho alcun motivo per oppormi, mi sembra.”
Le catene tintinnarono, assordando i due con l’inquietante e molesta  allegria del loro candido suono.
“Però mi piacerebbe venire a conoscenza delle mie colpe almeno per una volta, signore.”
Il tono di Grimmjow era canzonatorio e pungente.
Ovviamente, aveva fatto esperienza di ogni singolo insulto provato sulla pelle e poteva dirsi sicuro che le parole, per prime, se usate alla maniera giusta si infilassero in un uomo con la stessa facilità di un pugnale.
“Non dovrai attendere molto.”
Asettica, la risposta di Ulquiorra risuonò tranquilla nel silenzio.
Grimmjow, allora, accennò un sorriso sprezzante; non poté far altro.
Il dolore formicolava lungo tutto il suo corpo: sembrava quasi che questo si fosse risvegliato dal proprio letargo, eccitato a quella novità che almeno per il momento non aveva nulla a che vedere con la pesante oscurità.
Quando rimossero le catene che lo bloccavano, poi, fu come se gli avessero strappato la carne… oh, era così abituato al metallo consunto ed ossidato che grattava via la pelle, tanto da non saper dire se quella potesse essere definita una liberazione o un’ulteriore tortura…
“Sai camminare..?”
Nel momento in cui Ulquiorra –senza avere alcun interesse, in verità- gli fece quella domanda il giovane sorrise malevolo, mettendosi in piedi nella postura più rigida che i suoi muscoli atrofizzati gli concessero.
Aveva vissuto da recluso, certo, ma imparare ad usare le gambe si era rivelato necessario.
Da bambino una volta glie le avevano spezzate, costringendolo a correre –o meglio a strisciare- su di esse, per poter sfuggire ai cani affamati e rabbiosi che erano stati liberati nelle buie segrete affinché si nutrissero di lui e delle sue carni già bagnate di sangue.
Però Grimmjow era sopravvissuto.
Aveva sentito l’alito fetido delle bestie sul volto, percepito i denti affondare nella propria pelle ed udito le risate di uomini mai visti risuonare in risposta ad ogni suo grido ed implorazione; eppure era riuscito a spingersi in un’oscurità così profonda tale da lasciare che i segugi si perdessero e morissero di fame.
Allora, fece l’unica cosa che aveva sempre associato alla sofferenza…
Rise.
Rise a lungo.
Rise imitando il suono malvagio degli esseri umani che gli facevano visita.
Rise fino a congelare la gioia sui volti dei suoi aguzzini, i quali rimasero impietriti dalla paura.
Straziato e sporco, senza aver bevuto o mangiato per giorni –e forse aveva masticato un po’ della sua stessa carne e succhiato un po’ del proprio sangue- continuò a sorridere.
Lo trovarono lì, a perdersi nel vuoto di una felicità originata dall’abbandono.

«Il Diavolo l’ha baciato, il Diavolo lo possiede…»

 
Respirò più e più volte, ansimando, quando raggiunse la luce.
Tenne le mani davanti agli occhi tutto il tempo, mentre un bruciore acuto trafiggeva le sue iridi sensibili.
Un po’ gli dispiaceva persino essere completamente coperto dal proprio sangue e sfigurato dalle ferite.
Una, due, tre, quattro, cinque, sei… Troppe per essere contate! Ah, che intricato dedalo di cicatrici e tagli..!
Ma, nonostante tutto, la vera preoccupazione di Grimmjow in quel momento sembrava essere ben altra…
Si era fusa a lui come le offese arrecategli nel corso degli anni; un tormento talmente morboso da sfiorare e superare la semplice ossessione.
In quante parti era stata smembrata la sua anima..?

 «Rabbia, rancore, disperazione, disprezzo, dolore ed infine follia.
Dissolviti, sputo del creato.
Non puoi vivere solo per alimentare in petto tali maledizioni.
Non puoi vivere solo per distruggere unicamente con la tua presenza la speranza altrui.
Non puoi vivere.
E questa è una ragione sufficiente, per lasciarti sprofondare ancora in quell’Inferno che ti ha partorito.»

«L’imputato Grimmjow Jaegerjaque non mostra alcun interesse per le proprie precarie condizioni.
Condotto ammanettato innanzi al Sacro Tribunale, gli è stato concesso il privilegio d’esser sciolto da ulteriori vincoli.
Eppure lì, coi suoi deliranti occhi azzurri, squadra frenetico ogni singolo dettaglio o intarsio del legno dei seggi, come a voler valutare in quanto tempo potrebbe dare fuoco al luogo.»

Gli ottusi e crudeli uomini consacrati a Dio presenti non furono minimamente sfiorati dall’idea che, cresciuto all’oscuro del mondo, Grimmjow stesse provando un forte interesse per quella realtà a lui aliena; che stesse finalmente godendo del beneficio d’avere –seppure fosse ormai debole- la vista.
Allora, ordinarono che gli venissero strappati i sudici stracci che a stento lo coprivano e che preparassero la sedia dell’Inquisizione.
D’altra parte, era necessario che l’interrogatorio si tenesse nella più completa chiarezza e non potevano assolutamente permettere al Demonio di vivificare ancora nelle membra dell’accusato.
Grimmjow si ritrovò ben presto nudo.
Non che gli importasse granché, sapeva che non ci fosse nulla di particolarmente sano lungo tutto il suo corpo.
La schiena gli si era ridotta non poche volte ad un ammasso informe di carne; e sulle cosce e le braccia gli si erano impresse le ferite delle catene, i lividi e le cicatrici che dolevano e dolevano di continuo là dove la lacerazione era stata profonda.
Però era lì, ancora in piedi a respirare finalmente nella luce e ne fu contento.
Si inebriò degli onori di quello splendore, passò in rassegna ogni particolare delle proprie mani nere ed incrostate di sporco e si disse che, per quanto colpevoli di chissà quale peccato, erano belle ed umane.
Non le zampe dell’animale che aveva creduto di essere.
I suoi occhi, anche se offuscati, gli mostrarono che in ciò che era in grado di vedere di se stesso nulla poteva essere considerato fuori dall’ordinario…
In un certo senso, non gli andava più di morire.
Avrebbe voluto conoscersi, guardare il proprio viso per la prima volta e dire ‘Ah, allora sei davvero tu il bastardo per cui ho sofferto così a lungo..?’
Infine, quando venne trascinato verso una sedia cosparsa di chiodi ed aculei lungo lo schienale, i manici ed il poggiapiedi, sorrise; poiché non aveva altro modo per esprimere il rifiuto ed il disgusto che montavano in lui con furore crescente.
Gli inquisitori fremettero a quel gesto, interpretandolo come un chiaro ed eclatante segno di pura malvagità.

«Prima di sedere e subire il supplizio dovuto, l’imputato ghigna ed il suo sorriso è come il riflesso del volto del Diavolo. Egli sembra convinto di poter contare sull’aiuto del mefitico Lucifero innanzi alla Santa Inquisizione.»

Grimmjow venne fatto accomodare sulla sedia ed il dolore che lo invase fu quanto di più nauseante avesse mai provato.
Forse gridò, non ne fu tanto sicuro.
La bile gli bruciava in gola ed era convinto che, se avesse urlato, avrebbe rimesso tutto ciò che aveva in corpo, organi compresi.
Il sangue prese a scorrere e per la prima volta poté vederlo oltre che annusarlo od assaporarlo…
Rosso e corposo scivolava, serpeggiando, lungo la linea della sua schiena; ed il giovane lo guardava raccogliersi ai propri piedi in un lago nero e terribile.
Ad occhi spalancati, poi, osservava il profilo di Ulquiorra armeggiare con delle strisce di cuoio che lo legavano sempre più in profondità ad ogni pungiglione della sedia.
Li sentiva tutti.
A centinaia sprofondavano nei lembi di carne; penetravano i singoli muscoli…
Si inarcava, s’agitava ed ormai era consapevole che la bile gli incorniciava i lati della bocca.
Nella sua mente rievocò il buio, ascoltando ancora il silenzio che, gridando, lo assordava fino a fargli bruciare le orecchie.

«Tu non esisti.
E per comprenderlo hai bisogno di morire dopo ogni umiliazione, per poi risorgere sapendo d’essere solo un artefatto difettoso del Diavolo.» 


Grimmjow Jaegerjaque, due settimane fa tua madre è stata condannata con l’accusa d’aver avuto rapporti col Diavolo, partorendone, poi, il figlio.”
Oh.
Dovette ammettere che si sentì preso in giro.
Madre..?
Era esistito qualcuno al mondo che avrebbe dovuto avere una responsabilità così umana nei suoi confronti?
Però, la voce di Ulquiorra giungeva da lontano e, sfocate, riusciva a distinguere solo a stento le iridi verdi dell’uomo fisse su di lui.
Erano profonde; e nel vuoto assoluto si dimenava una piccola luce di disprezzo non tanto rivolta a biasimare il torturato, ma se stesso… il torturatore.
Rovesciò gli occhi; il respiro parve sfondargli il torace e nel frattempo la perdita ingente di sangue iniziò ad avere i suoi subdoli effetti.
“Vuoi… una verità… che solo tu e…loro possiate… riconoscere tale..?”
La frase gli rotolò fuori dalle labbra fra gli ansiti.
Si rivolse non solo ad Ulquiorra, ma anche quelle altre ombre che lo assistevano in silenzio, anonime e molto più inutili di quanto Grimmjow potesse ritenere se stesso.
L’uomo, allora, si chinò su di lui poggiando una mano allo schienale ricoperto di aculei di quella sedia infernale.
Non una smorfia gli si dipinse in viso, mentre il suo sangue andava a mischiarsi e a confondersi con quello dell’imputato sofferente.
“Dimmi ciò in cui credi.” Sibilò lentamente, accostandosi al volto dell’altro.
“In… nulla. Né nel Diavolo, né in Dio. Se fossi… stato figlio del… Diavolo… non sarei qui… a farmi… alitare in faccia da te. Se Dio… se Dio esistesse non… lascerebbe che… soffrissimo
.”
Si interruppe, per cercare di cogliere la reazione del suo interlocutore a quelle parole.
Il giovane aveva imparato a dedurre i sentimenti degli uomini dai loro gesti e dai toni di voce.
Distingueva la rabbia dall’invidia ed il divertimento dalla pura e malsana gioia.
Quindi, ciò che riusciva a leggere nell’atteggiamento di Ulquiorra era quanto di più triste avesse mai avvertito; già, forse Grimmjow era davvero un animale, ma in quell’uomo tutto ciò che colse grazie ai suoi sensi fu solo la costante sofferenza di un’anima che implode.
Eppure non si sorprese quando Ulquiorra non rispose.
Ingoiò la nuova ondata di nausea che gli bruciò la gola, strizzò gli occhi ed infine si sforzò a bisbigliare.
“Però, se hai… bisogno di una menzogna… te la porgo… con piacere.”
Poi, parlò con quanto più fiato gli restasse in gola, mordendosi a sangue la lingua solo per cancellare l’immane strazio su tutto quel corpo che mai aveva considerato utile o di sua proprietà.
“Sono… proprio io il Demonio! Colui che… si sazierà… con le colpe… delle vostre ripugnanti… anime!”
Grimmjow vide lo spavento più profondo incatenare i visi scialbi di quegli uomini e racchiuderli in un raccapriccio tale congelare i loro cuori.
Cosa avevano individuato gli occhi semi ciechi di quello scarto del Divino e dell’essere umano..?
Non seppero darsi una risposta, ma inorridirono ulteriormente quando, gemendo, l’imputato sollevò un braccio.
Ad uno ad uno i chiodi che avevano oltrepassato l’arto si sfilarono con naturalezza, liberando tante grosse gocce di sangue.
Ulquiorra era ancora chino su Grimmjow.
Aveva come perso la sensibilità nella mano ferita, ma non si ritrasse; e, mantenendo il contatto visivo con gli occhi del giovane ormai completamente annegati nella sofferenza, risultò incuriosito dal suo gesto estremamente masochista.
Ed il suo stupore crebbe, quando Grimmjow gli poggiò un dito sul petto all’altezza del cuore sotto il tumulto generale.

«L’imputato ha confessato il suo atroce peccato.
Questo processo, senza dubbio, è stato uno dei più spaventosi cui la Sacra Inquisizione abbia mai presieduto.
Per tutta la durata della giusta e necessaria tortura, il colpevole Grimmjow Jaegerjaque non ha fatto altro che continuare a ridere preda di un’inspiegabile gioia; e le sue risate sono risultate simili al rombo dell’Inferno:ci hanno assordato, riuscendo a sporcare i nostri cuori di insicurezza.
Preghiamo per ciò che resta della sua miserabile anima.
Preghiamo con la speranza che il fuoco rigeneratore possa espiarne i peccati.
Preghiamo affinché la maledizione della sua essenza maligna venga eclissata da Nostro Signore Onnipotente.
»

Ulquiorra tenne la croce alta innanzi a sé, mentre il rogo sul quale Grimmjow bruciava si innalzava con violenza nella piazza gremita di spettatori.
Così, la carne straziata del giovane si scioglieva ed il suo puzzo dolciastro stuzzicava, nauseante com’era, le narici dei presenti.
Il peccatore, però, non emise suono.
Probabilmente, non aveva più neanche le forze per sorridere del proprio dolore; eppure, fin quando questo non lo uccise, egli continuò a fissare coi suoi occhi azzurri l’uomo che aveva di fronte.
E lì, in quella genuina arroganza, si rifletteva tutto ciò che faceva di Ulquiorra un subordinato ed un misero schiavo; si specchiava la decomposizione della sua anima marcescente e s’intravedeva l’ultimo spasmo d’un cuore masticato persino dallo stesso proprietario…
L’uomo rimase sinceramente disgustato a quella visione –paesaggio della propria essenza- e per un solo, misero istante chiuse gli occhi.
“Spazzatura. Vi è solo fetida e putrescente spazzatura ove si annidano i rivoltanti parassiti dei sentimenti.”
Però, quando sigillò le palpebre, Ulquiorra –oltremodo irritato- fu convinto d’aver udito chiaramente fra il crepitio delle fiamme un ultimo rantolo pungente dalla gola di Grimmjow.
Ahah…penso davvero che… un giorno… ci rivedremo, signore.”

 «Brucerai tra le fiamme; e la distruzione ti tormenterà anche da morto.
Brucerai tra le fiamme; ed i frammenti dell’anima che possedevi rappresenteranno le tue uniche
sensazioni.
Ora cadi pure in pezzi…
Ci sarà il vuoto ad accoglierti, Grimmjow Jaegerjaque, Re dei Disgraziati. »

*Owari*

*Sbuca fuori*
Ehm, salve a tutti! ^^’
Questa è la mia prima fiction nel fandom di Bleach, quindi spero che non sia stata una cosa poi così illeggibile…
Mi auguro che siate arrivati alla fine!
Allora, da dove cominciare con le spiegazioni..?
Anzi tutto, avevo sempre desiderato scrivere qualcosa sul passato da umano di Grimmjow… Fino all’ultimo secondo, ho esitato nel prendere la decisione cruciale: inserire o non inserire Ulquiorra..?
Però mi piaceva l’idea e mi stuzzicava il fatto che quei due, magari in un altro tempo e prima di morire, si fossero “incontrati”... sfiorati, ecco.
Soprattutto in un contesto del genere! Mi ha intrigato parecchio °O°.
Anche se forse non sono riuscita a rendere la cosa per il meglio… Sigh.
E poi, voglio dire, è notevolissimo il fastidio particolare che Grimmjow prova nei confronti di Ulquiorra..!
Then, perché proprio il tema della “stregoneria”?
Il nostro caro Re Pantera ha i capelli azzurri e, come molti di voi sapranno, nel medioevo i bambini nati albini, ai quali si cercava di mascherare questo “difetto”, una volta tinti avevano capelli tendenti al turchese.
L’albinismo era sinonimo di disgrazie, di sventura, del diavolo stesso –come chi nasceva coi capelli rossi!- e spesso queste persone non facevano una bella fine. ._.
Inoltre, nelle famiglie nobili, nei sotterranei, vi erano delle stanze in cui venivano rinchiusi proprio i parenti con tali caratteristiche –ma anche i consanguinei pazzi, eh! .ò.
Ah, sì! “L’ultimo giorno del settimo mese dell’anno del Demonio” sarebbe il trentun luglio del 1666 XD (Tra l’altro, era un sabato!).
Far nascere Grimmjow in quell’anno, a mio dire, era doveroso!
La frase ad inizio capitolo è la prima strofa della canzone dei Sonata Arctica  “The Boy  Who Wanted To Be A Real Puppet”.
Bene, credo –e spero- di aver detto tutto =).
Mi auguro che la storia sia stata minimamente di vostro gradimento e aspetto, se vorrete, un segno del vostro passaggio per farmi sapere cosa ne pensate ^^.
Grazie, quindi, a chi ha letto ed un grazie più grande a chi recensirà!
Oh, si, un grazie anche a Neme –alias Shirahime-, poiché probabilmente, senza uno degli scleri sulla sua pagina di Faccia Libro, questa storia non sarebbe nata! °O°
Un bacio!
Iria.

   
 
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