From
the darkest
of all places [Someday we’ll meet again]
Grimmjow non aveva mai visto la
luce.
Straziato da quelle catene che ormai gli appartenevano come ossa, carne
e
sangue, si agitava nell’Inferno della propria cella, battendo più e più
volte
le palpebre dei suoi occhi ciechi.
Non ricordava d’aver mai vissuto
per un solo giorno.
La memoria gli restituiva solo la lunga sequenza di un’umida oscurità
dal
sapore a volte aspro e dall’odore spesso marcio…
«I figli del Demonio sono tutti
così
deboli?»
«Non sei ancora morto?»
«Non vorrai farmi credere che persino Lucifero è disgustato dalla tua
anima..?
»
Costantemente, senza smettere
per un solo caritatevole attimo, bisbigli sottili come le lame più
affilate si
insinuavano con crudeltà nelle sue orecchie.
Gridavano malvagi e, assordandolo con macabre verità, succhiavano via
la debole
lucidità del giovane.
«Che motivo hai di vivere..?»
Glie lo chiedevano spesso
quando, quelle poche volte in cui era cosciente, sulla sua pelle le
fruste
scorrevano sinuose.
Però, mentre era lì a farsi scavare le carni, si domandava a sua volta
quale
fosse la ragione per cui dover morire.
Voci vacue e sfumate dal tempo gridavano all’orrore.
Disperate, affogavano in una strana rabbia che si mutava in spavento.
«Signore! Il bambino è nato
l’ultimo
giorno del settimo mese dell’anno del demonio..!»
«Mio figlio! Quei capelli bianchi!»
«Li tingeremo! Ma, ti prego, non
ucciderlo!»
Qualcuno aveva pregato per la
sua vita e solo grazie a quella misera richiesta galleggiava ancora nel
dolore
saturo di gemiti di una non-esistenza.
Ma era davvero qualcosa per cui ringraziare il Cielo..?
Grimmjow avrebbe anche abbracciato il Diavolo, pur di scorgere la luce.
Pur di ripulirsi dal sangue.
Pur di guardarsi in uno specchio e sentenziare se davvero fosse la
dispettosa
bestia da prendere a calci e a sputi; l’animale da picchiare fino allo
svenimento, e a cui donare la dolce illusione d’esser morto.
“Sei davvero in uno stato pietoso.”
Il giovane incatenato alzò la testa al risuonare di quella nuova voce.
Era calma e a tratti incolore, ma molto più vicina di quanto ne fossero
state
molte altre.
“Chi diavolo sei..?!”
Aveva imparato che, ringhiando, riusciva ad incutere quella paura che
tanto
bastava a far vacillare i cuori degli uomini che lo fronteggiavano.
Temevano la fantomatica fiera feroce delle prigioni.
Quella si lasciava seviziare, certo, ma nei suoi occhi -più profondi
dell’Inferno
stesso- gelavano una furia ed un disprezzo così elevati da farli
indietreggiare.
D’altra parte, nessuno voleva essere maledetto da ciò che la
superstizione
etichettava come ‘disgrazia in terra’.
“La persona con cui trascorrerai le tue ultime ore: il Vaticano ha
appreso
dell’esistenza di una creatura peccaminosa in questo luogo e vuole fare chiarezza sulla questione.”
Non vi era alcuna particolare cadenza nel tono di voce dello
sconosciuto e si
poteva dire che ciò urtò
ed allo stesso
tempo rassicurò Grimmjow.
Nessuno gli gridava contro.
Nessuno lasciava che gli si riempisse la bocca di sangue.
Però, era come se continuasse a non esserci alcuna considerazione verso
il suo
desiderio di poter respirare senza soffrire.
“Oh… significa che morirò..?”
Ulquiorra Schiffer un tempo aveva posseduto un cuore.
Prima di servire la Chiesa, infatti, quel delicato muscolo pompò sangue
anche
nel suo miserabile corpo.
Poi, fu costretto a strapparselo dal petto, a cuocerlo e a mangiarlo
lentamente,
ingurgitando ogni boccone con lacrime non versate ed un folle dolore.
Lui serviva una volontà superiore e non aveva bisogno di sentimenti.
L’unica emozione che avrebbe dovuto guidarlo era la semplice obbedienza.
Eppure, posando lo sguardo sul giovane incatenato, Ulquiorra serrò le
labbra
con un pizzico d’ira.
«Non
lasciarti confondere dal dubbio. La Sacra inquisizione
agisce secondo il volere di Dio. »
“Oh… significa che morirò..?”
Non diede alcuna risposta a quell’affermazione, continuando a fissare
il prigioniero
come se fosse un interessante spettacolo.
I capelli evidentemente albini
erano
stati tinti con i soliti scarsi risultati; ed un colore di un intenso
turchese
ne aveva assorbito il bianco.
Gli occhi, la cui vista si era probabilmente indebolita a causa
dell’oscurità,
erano profondi e violenti.
Certamente, volendo fare un paragone
romantico, potevano dirsi azzurri quanto il cielo… se non
fosse stato per
una scintilla di accennata follia che riluceva cupa.
Lì, incatenato come una bestia, Grimmjow pareva davvero avere qualcosa
di feroce…
Chissà, forse era per il sangue raggrumatosi sul suo corpo, forse per
quel
sorriso così simile al gesto di una belva che mostrava le zanne…
«È disgustoso! Per quanto venga
colpito,
lui continua a ridere…»
«Se me l’avessero insegnato, piangerei.
Ma io non sento altro che le vostre risate, quando siete qui.»
Grimmjow fissava la
profondità del buio, senza avere una precisa cognizione dello spazio.
Il respiro dell’uomo lì presente era l’unico punto di riferimento.
“Non sembra che tu sia spaventato all’idea; e, comunque, verrai
sottoposto ad
un processo.”
La risposta giunse dopo quelli che parvero lunghi minuti.
Nell’oscurità eterna, il giovane non aveva ben chiara neanche la
definizione di
“tempo”.
D’altra parte, cosa avrebbe potuto rappresentare per lui?
Esistevano forse le ore, nell’immutabile distruzione
di una vita..?
«Se finisci in pezzi, al mondo vi
sarà
un fastidio in meno. Se ti frantumi, nessuno soffrirà per te. Digrigna
pure, bestia
peccatrice. Un giorno sarà il Diavolo in persona a raccogliere le tue
membra
sanguinanti. »
Ulquiorra s’era ben
guardato
dal definire la patetica commedia dell’udienza “giusta”.
Oh, lui sapeva che non esisteva nulla di più vile che torturare un uomo
fino ad
annientarne la dignità e le convinzioni.
Ed era in grado di comprendere fin troppo bene che, così facendo,
portava anche
se stesso alla rovina, alla follia e a divorare ciò che rendeva gli
esseri
umani creature quanto meno superiori agli animali:
la capacità di giudicare non in base a meri istinti, ma
grazie ad
una logica lucida ed equilibrata.
“Non ho alcun motivo per oppormi, mi sembra.”
Le catene tintinnarono, assordando i due con l’inquietante e molesta allegria del loro candido
suono.
“Però mi piacerebbe venire a conoscenza delle mie colpe almeno per una
volta, signore.”
Il tono di Grimmjow era canzonatorio e pungente.
Ovviamente, aveva fatto esperienza di ogni singolo insulto provato
sulla pelle
e poteva dirsi sicuro che le parole, per prime, se usate alla maniera
giusta si
infilassero in un uomo con la stessa facilità di un pugnale.
“Non dovrai attendere molto.”
Asettica, la risposta di Ulquiorra risuonò tranquilla nel silenzio.
Grimmjow, allora, accennò un sorriso sprezzante; non
poté far altro.
Il dolore formicolava lungo tutto il suo corpo: sembrava quasi che
questo si fosse
risvegliato dal proprio letargo, eccitato a quella novità che almeno
per il
momento non aveva nulla a che vedere con la pesante oscurità.
Quando rimossero le catene che lo bloccavano, poi, fu come se gli
avessero
strappato la carne… oh, era così
abituato al metallo consunto ed ossidato che grattava via la pelle,
tanto da
non saper dire se quella potesse essere definita una liberazione o
un’ulteriore
tortura…
“Sai camminare..?”
Nel momento in cui Ulquiorra –senza
avere alcun interesse, in verità- gli fece quella domanda il
giovane sorrise
malevolo, mettendosi in piedi nella postura più rigida che i suoi
muscoli
atrofizzati gli concessero.
Aveva vissuto da recluso, certo, ma imparare ad usare le gambe si era
rivelato necessario.
Da bambino una volta glie le avevano spezzate, costringendolo a correre
–o meglio a strisciare- su di esse,
per
poter sfuggire ai cani affamati e rabbiosi che erano stati liberati
nelle buie
segrete affinché si nutrissero di
lui
e delle sue carni già bagnate di sangue.
Però Grimmjow era sopravvissuto.
Aveva sentito l’alito fetido delle bestie sul volto, percepito i denti
affondare nella propria pelle ed udito le risate di uomini mai visti
risuonare
in risposta ad ogni suo grido ed implorazione; eppure era riuscito a
spingersi
in un’oscurità così profonda tale da lasciare che i segugi si
perdessero e
morissero di fame.
Allora, fece l’unica cosa che aveva sempre associato alla sofferenza…
Rise.
Rise a lungo.
Rise imitando il suono malvagio degli esseri umani che gli facevano
visita.
Rise fino a congelare la gioia sui volti dei suoi aguzzini, i quali
rimasero
impietriti dalla paura.
Straziato e sporco, senza aver bevuto o mangiato per giorni –e forse
aveva
masticato un po’ della sua stessa carne e succhiato un po’ del proprio
sangue-
continuò a sorridere.
Lo trovarono lì, a perdersi nel vuoto di una felicità originata
dall’abbandono.
«Il Diavolo l’ha baciato, il
Diavolo lo
possiede…»
Respirò più e più volte,
ansimando, quando raggiunse la luce.
Tenne le mani davanti agli occhi tutto il tempo, mentre un bruciore
acuto
trafiggeva le sue iridi sensibili.
Un po’ gli dispiaceva persino essere completamente coperto dal proprio
sangue e
sfigurato dalle ferite.
Una, due, tre, quattro, cinque, sei…
Troppe per essere contate! Ah, che intricato dedalo di cicatrici e
tagli..!
Ma, nonostante tutto, la vera
preoccupazione di Grimmjow in quel momento sembrava essere ben altra…
Si era fusa a lui come le offese arrecategli nel corso degli anni; un
tormento
talmente morboso da sfiorare e superare la semplice ossessione.
In quante parti era stata smembrata la
sua anima..?
Dissolviti, sputo del creato.
Non puoi vivere solo per alimentare in petto tali maledizioni.
Non puoi vivere solo per distruggere unicamente con la tua presenza la
speranza
altrui.
Non puoi vivere.
E questa è una
ragione sufficiente, per lasciarti sprofondare ancora in
quell’Inferno che ti ha partorito.»
«L’imputato Grimmjow
Jaegerjaque non mostra alcun interesse per le proprie precarie
condizioni.
Condotto
ammanettato innanzi al Sacro Tribunale, gli è stato concesso il
privilegio d’esser sciolto da ulteriori vincoli.
Eppure lì,
coi suoi deliranti occhi azzurri, squadra frenetico ogni singolo
dettaglio o intarsio del legno dei seggi, come a voler valutare in
quanto tempo
potrebbe dare fuoco al luogo.»
Gli ottusi e crudeli uomini consacrati a Dio presenti non
furono minimamente sfiorati dall’idea che, cresciuto all’oscuro del
mondo,
Grimmjow stesse provando un forte interesse per quella realtà a lui
aliena; che
stesse finalmente godendo del beneficio d’avere –seppure fosse ormai
debole- la
vista.
Allora,
ordinarono che gli venissero strappati i sudici stracci che a stento lo
coprivano e che preparassero la sedia dell’Inquisizione.
D’altra parte,
era necessario che l’interrogatorio si tenesse nella più
completa chiarezza e non potevano assolutamente
permettere al Demonio di vivificare ancora nelle membra dell’accusato.
Grimmjow si
ritrovò ben presto nudo.
Non che gli
importasse granché, sapeva che non ci fosse nulla di
particolarmente sano lungo tutto il suo corpo.
La schiena gli
si era ridotta non poche volte ad un ammasso informe di carne; e
sulle cosce e le braccia gli si erano impresse le ferite delle catene,
i lividi
e le cicatrici che dolevano e dolevano
di continuo là dove la lacerazione era stata profonda.
Però era lì,
ancora in piedi a respirare finalmente nella luce e ne fu contento.
Si inebriò
degli onori di quello splendore, passò in rassegna ogni particolare
delle proprie mani nere ed incrostate di sporco e si disse che, per
quanto
colpevoli di chissà quale peccato, erano belle ed umane.
Non le zampe
dell’animale che aveva
creduto di essere.
I suoi occhi,
anche se offuscati, gli mostrarono che in ciò che era in grado di
vedere di se stesso nulla poteva essere considerato fuori
dall’ordinario…
In un certo
senso, non gli andava più di morire.
Avrebbe voluto
conoscersi, guardare il proprio viso per la prima volta e dire ‘Ah, allora sei
davvero tu il bastardo per
cui ho sofferto così a lungo..?’
Infine,
quando venne trascinato verso una sedia cosparsa di chiodi ed
aculei lungo lo schienale, i manici ed il poggiapiedi, sorrise; poiché
non
aveva altro modo per esprimere il rifiuto ed il disgusto che montavano
in lui
con furore crescente.
Gli
inquisitori fremettero a quel gesto, interpretandolo come un chiaro ed
eclatante segno di pura malvagità.
«Prima di sedere e
subire il supplizio dovuto, l’imputato ghigna ed il suo sorriso è come
il riflesso
del volto del Diavolo. Egli sembra convinto di poter contare sull’aiuto
del
mefitico Lucifero innanzi alla Santa Inquisizione.»
Forse gridò, non ne fu tanto sicuro.
La bile gli bruciava in gola ed era convinto che, se avesse urlato,
avrebbe
rimesso tutto ciò che aveva in corpo, organi compresi.
Il sangue prese a scorrere e per la prima volta poté vederlo oltre che
annusarlo od assaporarlo…
Rosso e corposo scivolava, serpeggiando, lungo la linea della sua
schiena; ed
il giovane lo guardava raccogliersi ai propri piedi in un lago nero e
terribile.
Ad occhi spalancati, poi, osservava il profilo di Ulquiorra armeggiare
con delle
strisce di cuoio che lo legavano sempre più in profondità ad ogni
pungiglione
della sedia.
Li sentiva tutti.
A centinaia sprofondavano nei lembi di carne; penetravano i singoli
muscoli…
Si inarcava, s’agitava ed ormai era consapevole che la bile gli
incorniciava i
lati della bocca.
Nella sua mente rievocò il buio, ascoltando ancora il silenzio che,
gridando,
lo assordava fino a fargli bruciare le orecchie.
«Tu non esisti.
E per comprenderlo hai bisogno di morire dopo ogni umiliazione, per poi
risorgere sapendo d’essere solo un artefatto difettoso del Diavolo.»
“Grimmjow
Jaegerjaque, due settimane fa tua
madre è stata condannata con l’accusa d’aver avuto rapporti col
Diavolo,
partorendone, poi, il figlio.”
Oh.
Dovette ammettere che si sentì preso in giro.
Madre..?
Era esistito qualcuno al mondo che avrebbe dovuto avere una
responsabilità
così umana nei suoi confronti?
Però, la voce di Ulquiorra giungeva da lontano e, sfocate, riusciva a
distinguere solo a stento le iridi verdi dell’uomo fisse su di lui.
Erano profonde; e nel vuoto assoluto si dimenava una piccola luce di
disprezzo
non tanto rivolta a biasimare il torturato, ma se stesso… il torturatore.
Rovesciò gli occhi; il respiro parve sfondargli il torace e nel
frattempo la
perdita ingente di sangue iniziò ad avere i suoi subdoli effetti.
“Vuoi… una verità… che solo tu e…loro
possiate… riconoscere tale..?”
La frase gli rotolò fuori dalle labbra fra gli ansiti.
Si rivolse non solo ad Ulquiorra, ma anche quelle altre ombre
che lo assistevano in silenzio, anonime e molto più inutili
di quanto Grimmjow potesse ritenere se stesso.
L’uomo, allora, si chinò su di lui poggiando una mano allo schienale
ricoperto
di aculei di quella sedia infernale.
Non una smorfia gli si dipinse in viso, mentre il suo sangue andava a
mischiarsi e a confondersi con quello dell’imputato sofferente.
“Dimmi ciò in cui credi.” Sibilò lentamente, accostandosi al volto
dell’altro.
“In… nulla. Né nel Diavolo, né in
Dio. Se fossi… stato figlio del… Diavolo… non sarei qui… a farmi…
alitare in faccia
da te. Se Dio… se Dio esistesse non… lascerebbe che… soffrissimo.”
Si interruppe,
per cercare di cogliere la reazione del suo interlocutore a
quelle parole.
Il giovane
aveva imparato a dedurre i sentimenti degli uomini dai loro gesti e
dai toni di voce.
Distingueva la
rabbia dall’invidia ed il divertimento dalla pura e malsana gioia.
Quindi, ciò
che riusciva a leggere nell’atteggiamento di Ulquiorra era quanto
di più triste avesse mai avvertito; già, forse Grimmjow era davvero un
animale,
ma in quell’uomo tutto ciò che colse grazie ai suoi sensi fu solo la
costante
sofferenza di un’anima che implode.
Eppure non si
sorprese quando Ulquiorra non rispose.
Ingoiò la
nuova ondata di nausea che gli bruciò la gola, strizzò gli occhi ed
infine si sforzò a bisbigliare.
“Però, se hai…
bisogno di una
menzogna… te la porgo… con piacere.”
Poi, parlò con
quanto più fiato gli restasse in gola, mordendosi a sangue la
lingua solo per cancellare l’immane strazio su tutto quel corpo che mai
aveva
considerato utile o di sua proprietà.
“Sono… proprio
io il Demonio! Colui
che… si sazierà… con le colpe… delle vostre ripugnanti… anime!”
Grimmjow vide
lo spavento più profondo incatenare i visi scialbi di quegli
uomini e racchiuderli in un raccapriccio tale congelare i loro cuori.
Cosa avevano
individuato gli occhi semi ciechi di quello scarto del Divino e
dell’essere umano..?
Non seppero
darsi una risposta, ma inorridirono ulteriormente quando, gemendo,
l’imputato sollevò un braccio.
Ad uno ad uno
i chiodi che avevano oltrepassato l’arto si sfilarono con
naturalezza, liberando tante grosse gocce di sangue.
Ulquiorra era
ancora chino su Grimmjow.
Aveva come
perso la sensibilità nella mano ferita, ma non si ritrasse; e,
mantenendo il contatto visivo con gli occhi del giovane ormai
completamente
annegati nella sofferenza, risultò incuriosito dal suo gesto
estremamente masochista.
Ed il suo
stupore crebbe, quando Grimmjow gli poggiò un dito sul petto all’altezza del cuore sotto il tumulto
generale.
«L’imputato ha
confessato il suo atroce peccato.
Questo
processo, senza dubbio, è stato uno dei più spaventosi cui la Sacra
Inquisizione abbia mai presieduto.
Per tutta la
durata della giusta e necessaria tortura, il colpevole Grimmjow
Jaegerjaque non ha fatto altro che continuare a ridere
preda di un’inspiegabile gioia; e le sue risate sono risultate simili
al rombo
dell’Inferno:ci hanno assordato, riuscendo a sporcare i nostri cuori di
insicurezza.
Preghiamo per ciò che resta della sua miserabile anima.
Preghiamo con la speranza che il fuoco rigeneratore possa espiarne i
peccati.
Preghiamo affinché la maledizione della sua essenza maligna venga
eclissata da
Nostro Signore Onnipotente.»
Così, la carne straziata del giovane si scioglieva ed il suo puzzo
dolciastro
stuzzicava, nauseante com’era, le narici dei presenti.
Il peccatore, però, non emise suono.
Probabilmente, non aveva più neanche le forze per sorridere del proprio
dolore;
eppure, fin quando questo non lo
uccise, egli continuò a fissare coi suoi occhi azzurri l’uomo che aveva
di
fronte.
E lì, in quella genuina arroganza, si rifletteva tutto ciò che faceva
di Ulquiorra
un subordinato ed un misero schiavo; si specchiava la decomposizione
della sua
anima marcescente e s’intravedeva l’ultimo spasmo d’un cuore masticato
persino
dallo stesso proprietario…
L’uomo rimase sinceramente disgustato a quella visione –paesaggio
della propria essenza- e per un solo, misero istante
chiuse gli occhi.
“Spazzatura. Vi è solo fetida e
putrescente spazzatura ove si annidano i rivoltanti parassiti dei
sentimenti.”
Però, quando sigillò le palpebre, Ulquiorra –oltremodo
irritato- fu convinto
d’aver udito chiaramente fra il crepitio delle fiamme un ultimo rantolo
pungente dalla gola di Grimmjow.
“Ahah…penso davvero che… un giorno… ci rivedremo, signore.”
Brucerai tra le fiamme; ed i frammenti dell’anima che possedevi
rappresenteranno le tue uniche sensazioni.
Ora cadi pure in pezzi…
Ci sarà il vuoto ad accoglierti, Grimmjow
Jaegerjaque, Re dei Disgraziati.
»
*Owari*
Ehm, salve a tutti! ^^’
Questa è la mia prima fiction nel fandom di Bleach, quindi spero che
non sia
stata una cosa poi così illeggibile…
Mi auguro che siate arrivati alla fine!
Allora, da dove cominciare con le spiegazioni..?
Anzi tutto, avevo sempre desiderato scrivere qualcosa sul passato da
umano di
Grimmjow… Fino all’ultimo secondo, ho esitato nel prendere la decisione
cruciale: inserire o non inserire
Ulquiorra..?
Però mi piaceva l’idea e mi stuzzicava il fatto che quei due,
magari in un
altro tempo e prima di morire, si fossero “incontrati”... sfiorati, ecco.
Soprattutto in un contesto del genere! Mi ha intrigato parecchio °O°.
Anche se forse non sono riuscita a rendere la cosa per il meglio… Sigh.
E poi, voglio dire, è notevolissimo il fastidio particolare che
Grimmjow prova
nei confronti di Ulquiorra..!
Then, perché proprio il tema della “stregoneria”?
Il nostro caro Re Pantera ha i capelli azzurri e, come molti di voi
sapranno,
nel medioevo i bambini nati albini, ai quali si cercava di mascherare
questo
“difetto”, una volta tinti avevano capelli tendenti al turchese.
L’albinismo era sinonimo di disgrazie, di sventura, del diavolo stesso
–come
chi nasceva coi capelli rossi!- e spesso queste persone non facevano
una bella
fine. ._.
Inoltre, nelle famiglie nobili, nei sotterranei, vi erano delle stanze
in cui
venivano rinchiusi proprio i parenti con tali caratteristiche –ma anche
i
consanguinei pazzi, eh! .ò.
Ah, sì! “L’ultimo giorno del settimo mese
dell’anno del Demonio” sarebbe il trentun luglio del 1666 XD
(Tra l’altro,
era un sabato!).
Far nascere Grimmjow in quell’anno, a mio dire, era doveroso!
La frase ad inizio capitolo è la prima strofa della canzone dei Sonata Arctica
“The Boy
Who Wanted To Be A Real Puppet”.
Bene, credo –e spero- di aver detto tutto =).
Mi auguro che la storia sia stata minimamente di vostro gradimento e aspetto, se vorrete, un segno del vostro
passaggio per farmi sapere cosa ne pensate ^^.
Grazie, quindi, a chi ha letto ed un
grazie più grande a chi recensirà!
Oh, si, un grazie anche a Neme
–alias
Shirahime-, poiché probabilmente,
senza
uno degli scleri sulla sua pagina di Faccia Libro, questa storia non
sarebbe
nata! °O°
Un bacio!
Iria.