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Autore: _aspasia_    08/08/2011    0 recensioni
Il mio tenero cuoricino non ce la fa a lasciare perdere i miei amatissimi Frydryk e Charles, e galeotto fu uno splendido viaggio a Parigi con la cara Gongolin e un concerto Chopin Liszt in una chiesetta, la mia mente malata partorì questo extra. Un bacio a tutte/i. Battete un colpo se ci siete.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È primavera a Parigi.
Gli alberi, i cespugli e le aiuole sono in fiore e riempiono l’aria con il loro profumo.
È notte.
Una notte cristallina, nera eppure così brillante. La luna brilla nel suo perlaceo splendore e migliaia di stelle risplendono di luce argentea.
Una barca scivola silenziosa lungo la Senna, il tenue sciabordio ed i morbidi tonfi dei remi creano un ritmo continuo, e tranquillo.
Le torri di Nôtre Dame spiccano tra i tetti dell’ île, maestose e gagliarde, impavide a dimostrare la grandezza di Dio. O forse la grandezza ed il coraggio, l’ambizione di coloro che la crearono, che per primi la sognarono con le sue guglie.
Due uomini stanno sulla barca, uno intento a remare; l’altro ad ammirare il cielo stellato.
“Non trovi che la notte sia meravigliosa Charles? Le stelle, la luna, tutto è misterioso, ovattato e pure splendente. Il giorno ed il sole sono così banali in confronto.”
“Chèrie, la notte è sempre stato il mio momento del giorno preferito. È ora che il popolo di Parigi: i ladri, gli zingari, i tagliagole, le puttane e noi poeti ci risvegliamo. Siamo i re della notte, ammantati di mistero, le nostre doti rifulgono splendenti; è la notte il nostro regno, e noi dettiamo legge incontrastati”.
Il musicista guardava incantato il riflesso del cielo notturno e delle guglie della cattedrale nelle acque della Senna.  Risplendevano di luce perlacea tremolando nei flutti, come se sott’acqua esistesse una città ed una volta celeste gemella  a quella in superficie. Nascosta a tutti, fulgida solamente di notte, quando la luna e le stelle splendevano di un candore perlaceo.
“Sai Charles io adoro la notte, eppure la odio al tempo stesso. Guardo quelle stelle lassù, e vorrei essere al loro posto. Gli antichi greci con il sistema tolemaico, anche se errato, già capivano il loro percorso; le stelle erranti e fisse. I corpi erranti:  Giove, Nettuno, Plutone e gli altri pianeti parevano vagare nel cielo senza meta.
“Ma persino loro, migliai di anni fa avevano capito che ogni corpo seguiva una strada già prefissata.”
“Quindi tu, il grande pianista polacco, vorresti essere un corpo che segue una strada già conosciuta? Giorno dopo giorno, secolo dopo secolo; senza alcuna speranza di scappare da questo circolo? Senza mai essere libero nemmeno per un’ora?”
“Il loro ciclo è tranquillo, sereno, cristallizzato nella sua bellezza. È così bello, così sublime in confronto al caos imperante in questo mondo. È per questo che ho chiamato una parte delle mie composizioni Notturni. In quelle notti calde d’estate, dove la luna risplende facendo brillare di luce argentea le torri, le guglie e tutti i gargoilles di Nôtre Dame, sento come una dolce melanconia che riempie il mio cuore.
“Una tenue nostalgia per una pace che non potrò mai avere, in quanto il cuore umano non conosce tranquillità.
“Siamo come trottole Charles. Trottole impazzite che girano, girano e girano senza mai fermarsi. La forza che ci fa roteare senza sosta è l’amore. Noi, piccole trottole impazzite cozziamo l’una contro le altre. A volte accade di girare insieme ad un’altra, e noi sciocchi, pensiamo che il nostro folle roteare non abbia mai fine. Stolti, prima o poi ci allontaneremo per sempre, portando con noi i segni di quel continuo cozzare, doloranti e feriti. Alla fine ci ritroveremo soli e smetteremo di girare, per sempre. Soli ed immobili, piccole trottole stanche ed ammaccate.”
“Oh Chèrie, sei proprio il massimo esponente dei romantici!” disse ridendo il poeta.
“Guarda quel cielo, quelle stelle, quella luna. Il loro tenue bagliore così romantico, così melanconico è eterno. Come la parole, come la musica. Siamo noi ad essere caduchi e morituri. Ma possiamo fare di tutto, vivere poeticamente negli eccessi ed il nostro nome, e la fama che lo avvolgerà come un manto non scompariranno mai.”
Il musicista guardò il ragazzo dagli occhi brillanti tanto quanto quegli astri sopra di loro, la sua bellezza era disarmante. Non era il classico adone, dai capelli color dell’oro e gli occhi cerulei, ma aveva come un’aurea intorno a lui, un’ allure di mistero, di lussuria, di maledizione; era impossibile non essere attratti da lui.
Era come una fiera il suo Charles, ammaliante e meraviglioso nel suo mistero, nel suo pericolo che sembrava circondarlo.
Bello è il giorno, sublime è la notte diceva Kant.
Quel concetto di sublime, di quella bellezza incotrastata e disarmante che provocava angoscia poteva essere applicata perfettamente al giovane poeta.
Bello e maledetto.
Sublime.
Come le sue opere, come i suoi Notturni.
È incredibile come la musica riesca a far rivivere emozioni sopite, lontane, facendole tornare negli uomini, prepotenti quasi soffocandoli con la loro intensità.
I gargoilles sembravano guardarli dall’alto di Nostra Dama, con le loro fauci spalancate in un urlo grottesco, ma agli occhi del pianista, ubriachi di stelle pareva più l’acuto di un coro celestiale.
Scivolando silenziosi in un fiume fatto di ombre e luci ammirò il suo uomo, il cui profilo si incastrava perfettamente nella silhouette pallida della cattedrale.
Sacro e profano in un connubio perfetto.
Bello è il giorno, sublime è la notte.
  
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