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Autore: Dira_    09/08/2011    18 recensioni
Violet Parkinson-Goyle si definisce il genere di persona che pensa tredici volte prima di parlare. E poi ti taglia in due con la sua lingua affilata.
Dominique Weasley ha l'aria di una che non pensa mai. Ma dice sempre la cosa giusta.
Due ragazze tanto diverse possono far collidere i rispettivi, opposti, universi? Ben sette anni per scoprirlo.
[Spin-off di Ab Umbra Lumen]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Dominique Weasley, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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It's time to let you know. Time to sit here and say.
 
I know we are the lucky ones.
(Lucky, Bif Naked)
 

Sesto Anno e la Rivelazione.

 
Violet aveva smesso di pensare a Dominique Weasley.
Sul serio.
Durante il Quinto anno erano successe le tipiche cose che accadevano durante  un anno scolastico. Prove, amiche, il proprio ragazzo. Tutto era ruotato attorno a quel piccolo, grande universo e nulla l’aveva sconvolto. Violet aveva smesso di cercare Dominique tra la folla. Gradualmente, aveva smesso di chiedersi cosa stesse facendo e se gli amici di cui era circondata la facessero ridere come quando era con lei.
L’aveva incontrata, certo. Avevano avuto delle lezioni assieme. Si erano persino salutate qualche volta, incrociandosi sole nei corridoi.
Dominique in quei momenti si limitava ad un mezzo sorriso disimpegnato ed a chiamarla ‘Violet’. Come due estranee: due studentesse di una scuola che si conoscevano, tutto lì. Rapporti civili.
Violet aveva smesso di pensare a Dominique Weasley, perché Dominique Weasley era chiaro non pensasse più a lei. Il suo sguardo le scivolava addosso come se fosse un volto tra la folla.
Aveva intuito che il punto di rottura c’era stato al compleanno del Ministro, quando sua madre si era comportata… come sua madre.  Ma andava bene così, anzi forse era stata la soluzione migliore, a posteriori.
Violet, sedici anni, ad anno iniziato e con una mole di compiti che la seguiva come un cucciolo affamato, aveva di meglio da fare che pensare al bacio scambiato nella radura degli unicorni con la ragazza dai capelli color argento.
Peraltro era stato il primo, ma non l’ultimo con una ragazza; quell’estate, l’estate dei suoi sedici anni, aveva conosciuto Louise, quattro anni più grande di lei, fidanzata con il fratello maggiore di Mathieu. Louise aveva grandi occhi color ametista, il sorriso insinuante, le lentiggini e già il corpo di una donna. Si erano baciate sotto i portici della villa estiva degli Allard, sita in un delizioso paesino della Costa Azzurra abitato solo da maghi, ritrovo per eccellenza della buona società purosangue.
Louise le aveva spiegato com’è che andavano le cose, quando ti piacevano le ragazze ma avevi un fidanzato.
 
“Nessuno ti impedisce di avere un’amica un po’ speciale, Violet. Nessuno. Non siamo come quegli incivili dei babbani, non facciamo caccia alle streghe per chi ci portiamo a letto, vero? Le streghe siamo noi. Basta tenerlo segreto, basta non parlarne. È così per tutti quelli come noi…”
 
Violet aveva compreso. Si erano sorrise e poi c’erano stati altri baci. Avevano nuotato nel lago a mezzanotte, e fatto l’amore sotto le stelle. Era stato bello, ma breve; Louise era tornata a Parigi con il suo fidanzato, e lei era tornata a Beaux-Batons.
Mathieu aveva visto le sue lacrime al commiato, ma non aveva detto nulla. Non pensava neppure gli importasse. Andava a letto con molte ragazze, alcune delle quali ogni mattina, a scuola, le auguravano amichevoli il buongiorno. Quando l’aveva scoperto, Violet non aveva provato nulla. Forse sollievo. Da quando il suo fidanzato la tradiva era meno insistente nel cercare un contatto con lei.
Le loro famiglie già parlavano di matrimonio, finita la scuola. Inizialmente per Mathieu, che si sarebbe diplomato quell’anno, poi sua madre aveva fatto pressioni perché invece si celebrasse dopo il suo, di diploma.
Violet aveva pensato che non faceva poi molta differenza, ma che preferiva non avere un anello d’oro al dito quando ancora ascoltava parlare le amiche del perfetto principe azzurro.
Il perfetto principe azzurro non esisteva; e se fosse esistito, a lei non interessava. Era solo uno stupido costrutto per chi non sapeva. Era chiaro che la faccenda degli ‘amici speciali’ non fosse solo in senso saffico… Louise non l’aveva detto, ma Violet sapeva che i matrimoni purosangue non erano un esempio di luminosa fedeltà. Violet lo sapeva come sapeva che sua madre si vedeva con un uomo, un alto funzionario del Ministero: un giorno Pansy Parkinson-Goyle avrebbe aggiunto un altro cognome alla lista, presentandoglielo come un dato di fatto.
Non ha mai voluto che fossimo solo io e lei.  
 
“Le donne come noi, Violet, non possono permettersi di sbattere semplicemente le ciglia come delle sciocche. Devono calcolare. Come in una partita a scacchi, come in una guerra. Le donne come noi, devono far politica mentre sono in camera da letto. Solo così avremo la posizione che ci spetta per nascita, solo così avremo un marito che ci rispetta, che ci è utile.”
 
Violet era consapevole di non essere bella – che era ciò che le aveva fatto intuire tra le righe sua madre con quel discorsetto. Aveva quel detestabile naso a patata, le ginocchia storte e qualche chilo di troppo. Mathieu Le Beau ci rimetteva più di lei, nel loro futuro matrimonio. Ma, come si vociferava nei salotti, sua madre sarebbe stata capace di vender draghi ai rumeni.
 
“… anche quella ragazzina insignificante di sua figlia. Priva di brio, priva di grazia… Gli Allard hanno proprio fatto un pessimo affare. Oh, ma Madame Pansy com’è furba…”
 
Quando Violet sentiva quelle vecchia dame ingioiellate parlare, aveva voglia di urlare. Aveva voglia di gridare, come aveva gridato contro Dominique. Ma era consapevole che quelle arpie non l’avrebbero guardata con la stessa calma tranquillità della Weasley.
“Violét?” La apostrofò Sophie dandole un colpetto sulla mano. Il professore spiegava Incantesimi e la sua pergamena era bianca. “Stai bene?”
Sophie andava a letto con Mathieu. Ne era abbastanza certa, e la notizia più che farla arrabbiare, l’aveva fatta ridere. Mathieu non era certo un asso a letto, date gli scarsi preamboli di cui la omaggiava. Però era ricco, e faceva bei regali.

Sophie, la gazza ladra… tutto ciò che luccica. Oh, come le piace tutto ciò che luccica.
“Sì, sto bene. Ero distratta.” Rispose, mentre la campana di fine lezione si annunciava prepotente. Radunò le sue cose mentre l’altra le parlava della partita che si sarebbe tenuta quel pomeriggio trai Bleu e le Rose, i due dormitori in cui era divisa la scuola: anche ad Hogwarts si teneva una cosa simile, rifletté distratta, anche se l’agonismo in terra scozzese raggiungeva livelli parossistici.  
Qui nessuno si fila il Quidditch, tranne i ragazzi, qualche ragazze che ha la femminilità media di un Orco e naturalmente…
“Domi, oggi li stracciamo!” Urlò uno dei suoi compagni all’attuale Capitano dei Bleu.
Dominique si era fatta crescere i capelli anche se cocciutamente li radunava in una coda sommaria e da cui sporgevano ciuffi asimmetrici. Comunque stava benissimo. Violet non sapeva se fosse stata una cosa voluta, ma aveva notato che ultimamente i maschi che fino all’anno prima le erano ronzati attorno camerateschi, avevano ridotto le pacche sulle spalle e moltiplicato le occhiate.
Dominique sembrava non accorgersi di nulla e continuava a trattarli come una mandria di grossi Crup amichevoli.
Violet era convinta che prima o poi, uno di quei ragazzi, forse il più intraprendente, forse il meno orribile, sarebbe riuscito a catturare lo sguardo della Weasley.
Non può continuare a comportarsi come un ragazzino di dodici anni per sempre, no?

Dominique le passò accanto, accompagnata dalla solita mezza dozzina di amici e dall’immancabile cugino.
Violet non poté fare a meno di guardarla e anche l’altra ricambiò. Era tutto ciò che era rimasto del loro strano rapporto durato quasi quattro anni: sguardi.
“Violet? Abbiamo la prossima lezione, vuoi arrivare in ritardo?” Era Jenny, che spesso capiva. Non abbastanza, per fortuna, da sapere.
La Weasley distolse lo sguardo, e passò un braccio attorno alle spalle del compagno rumoroso di prima, sghignazzando con lui. Violet prese la borsa e seguì le proprie amiche.
I loro universi si erano soltanto sfiorati. Tutto lì. Dopo essersi sfiorate, le era stato spiegato in Aritmazia, due linee potevano anche separarsi per sempre.
Lei e la Weasley erano quelle due linee.
 
****
 
Dominique amava fare due cose prima di una partita. La prima, non seguire le lezioni; la deconcentravano dal perfetto stato mentale in cui doveva trovarsi una volta scesa in campo.
La seconda, un sonnellino pomeridiano, e se il tempo lo permetteva farlo sotto il grande albero di tiglio vicino ai cancelli della scuola.
Da quell’anno anche il fratellino Louis la accompagnava. In effetti, al momento, se la stava dormendo della grossa appoggiato al tronco secolare.
L’idillio fraterno fu presto rotto.
“Dom?”
Dominique aprì un occhio per controllare chi la chiamasse. Naturalmente era Mael, che si era inginocchiato con un sorriso divertito. “Non avete paura che vi mangino le formiche?” Le chiese.

“Non se sai dove sdraiarti. Che vuoi, ninfetto?” Guardò verso il fratellino. “E fa’ piano, che dorme.”
Il ragazzo gonfiò le guance all’offesa, che poi tale non era. “Intercessione.” Si sedette accanto a lei, dando un’occhiata analitica al terreno e una distratta al bambino dormiente. “Nicolas, lo sai.”
Dominique alzò gli occhi al cielo: Nicolas era il secondo cacciatore dei Bleu. Un buon amico, un eccellente sportivo e un leale vice-capitano. Secondo le ragazze, era anche un bel tipo. Aveva un bel naso, sempre secondo il parere femminile del gruppo.

Dominique si chiedeva spesso come un naso potesse essere bello.
“Senti, perché non me lo dice di persona che vuole andare alla festa del dopopartita con me?”
“Gli diresti di sì?” chiese speranzoso Mael, che del ragazzo era buon amico.
“No.”
Mael emise un lamento, prendendosi teatralmente la testa tra le mani. “Qual è il tuo problema, Domi? Mi hai detto neanche due settimane fa che ti piaceva! Gliel’hai anche detto, in faccia!”
“Mi piace, sì.” Confermò. “Come amico.” Si frenò dal ridere vedendo l’espressione esasperata del cugino. “Che c’è? Dico solo la verità… mi dispiace, ma non riuscirei a vederlo come potenziale… err.”
Ragazzo.” Sbottò truce l’altro. “Santo cielo, sei una delle ragazze più belle, anche se…” E qui lanciò un’occhiata aspra ai suoi jeans. “Insomma, sei bella! È universalmente risaputo!”

“Beh, grazie. Lo so anch’io.”
“Allora perché non ti trovi un ragazzo!?”
Dominique gli diede un calcetto, indicando Louis che fece un lieve sospiro soddisfatto, continuando a sonnecchiare ai tiepidi raggi del sole autunnale.

“Perché non me ne frega un tubo.” Dichiarò solenne. I ragazzi le piacevano, ma come amici. Si trovava più a suo agio con loro che con, ad esempio, il prototipo delle amichette fotocopia di Piggie.  
Ma questo non significa che voglia farmi infilare la lingua in bocca e tastare il sedere da uno di loro.
Cioè, so che c’è dell’altro. Romanticherie, tramonti e promesse d’amore.
Non mi interessa manco quello.
Se un ragazzo le faceva un complimento le veniva solo da ridere.
Mael fece una smorfia scornata, prendendo a strappare fili d’erba forse per evitare di strappare i capelli a lei. Da bambino aveva quel vizio durante le liti. “Quando crescerai Domi?” Esordì. “ Non è tutto Quidditch, Arod e le tue vacanze in Romania. Potresti avere tutti i ragazzi che vuoi… e non ti dico tu ti debba innamorare, ma che ne so, fare esperienza?”
“Perché?”
“Perché non è normale che tu ti comporti così!” Sbottò di colpo. Dominique ammutolì. Sapeva che il cugino era un ansioso patologico, e che vedeva problemi quando spesso in realtà non c’erano.

Però a ben pensarci… del mio gruppo son l’unica che non si è ancora trovata nessuno con cui pomiciare tra una lezione e l’altra.
Dava da pensare, in effetti.
“I ragazzi non sono amici con cui giocare… capisci? Non puoi abbracciarli e trattarli come… non so, cuccioli! Ormoni, ne hai mai sentito parlare?” Aggiunse. “Possibile che non ti piaccia nessuno?”
Dominique avrebbe voluto tappare la bocca all’ansiogeno cugino visto che quando ci si metteva era davvero urtante. Ma non sapeva bene come: su quel lato le cose erano nebulose anche per lei.

Sua sorella le dava palesemente della tarda. In realtà era più una questione di priorità: per lei era più importante godersi la vita, non avere problemi e cercare di passare più giorni estivi possibili in Romania.
 “Non è che ti piacciono le ragazze?” Quella era la seconda domanda più quotata presso i più ficcanaso dei suoi amici. E la risposta era sempre la stessa.
“Non penso proprio.”
Ed era vero. Le ragazze che conosceva, anche quelle del suo gruppo, le trovava noiose da morire. Non avevano gli stessi interessi, non sapeva mai di cosa parlarci e finiva sempre che la fissavano in modo strano. Le sue cugine erano le uniche che fossero abituate al suo modo di fare visto - eufemisticamente secondo Rose – come rude.

L’unica persona che un po’, forse, m’è piaciuta…
Accantonò quel pensiero: si era ripromessa che non ci avrebbe più pensato.
E Dominique Weasley mantiene sempre fede ai suoi propositi.

“Se vado alla festa con Nicolas, chiudi il becco?” Chiese spazientita. Voleva farsi la sua oretta di sonno ristoratore e poi andare a mandare in rete la loro sicura vittoria.
Il cugino scrollò le spalle. “Non è che devi fare un favore a me. Se non vuoi andarci, è meglio che non lo illudi. È pazzo di te.”
Già, ma non io di lui…

Sembrava che per tutto il resto del mondo fosse shockante la sua mancanza di interesse per le faccende amorose.  Che poi non che fosse del tutto vero: aveva baciato una ragazza e le era piaciuto. Ma dopo Violet, non aveva provato la stessa divorante curiosità per nessun’altra.
E Piggie è ormai in odor di fiori d’arancio con Allard, no?
Si alzò in piedi di fronte all’aria perplessa di Mael e si caricò sulle spalle il fratellino senza che ci fosse alcun cambiamento nel ritmo del sonno.
Beato lui. Vorrei tornare anch’io ad avere undici anni. Non avevo amici così rompipalle, allora.
“Dove vai?” Le chiese Mael, con aria confusa. “Pensavo dovessi fare il tuo sonnellino.”
“No, sai…” Si aggiustò meglio Louis sulle spalle e ghignò. “Qua è pieno di formiche.”

Le urla di suo cugino si sentirono fino al palazzo.
 
****
 
Dominique non amava tutta la sua squadra.
Sapeva che non era giusto, che dovevano essere tutti uniti.
Funzionava per un branco, funzionava per gli esseri umani, che avessero sangue magico o meno.
Dominique adorava i suoi ragazzi, ma detestava Mathieu Allard.
Non soltanto perché era un tronfio deficiente, che passava metà del tempo ad accarezzarsi i muscoli e l’altra metà, probabilmente, questo non poteva saperlo, a misurarsi l’uccello e pretendere di essere il vincitore assoluto.
Dominique lo detestava proprio per chi era. Detestava Mathieu Allard perché sì.
Un giorno quel boccino glielo ficco su per il…
“Nicky?” La richiamò la seconda battitrice, una basca dalla mira micidiale. “Sei pronta?” Si assicurò la mazza alla cintura con un movimento deciso. “Intanto usciamo… lo sai che i ragazzi ci mettono anni.”
“Pronta, arrivo!” Replicò stringendo i legacci dei gambali e mettendosi la scopa sulle spalle.
Lo spogliatoio delle ragazze – ovvero solo lei e Amaya, anche se nelle partite minori giocavano due piccole ma agguerrite riserve del Secondo anno  - era l’ex-spogliatoio dei ragazzi, ceduto dai suddetti con la graziosa intercessione della Preside.
Poveracci. Sono costretti a cambiarsi nello sgabuzzino con un incantesimo di estensione irriconoscibile.
Amaya si avvicinò alla porta. “Che dici, andiamo ad infastidirli come l’ultima volta?” Ghignò.
Dominique fece un sorrisetto di rimando. L’ultima volta erano tutti scappati strillando come delle ragazzine, nudi in più gradi di imbarazzo. Era stato divertente.
Anche se Amaya secondo me non l’ha fatto proprio per farsi due risate…
“Nah, aspettiamoli. Se li agitiamo prima della partita capace che neanche riescono a salire sulla scopa.” Replicò, ignorando l’espressione delusa dell’altra.
La porta era però di legno sottile e da fuori si sentiva tutto. Dominique notò che la voce di Mathieu sovrastava le altre. Stavano ridendo.  
“Insomma, stasera è obbligatorio darci dentro, segaioli!” Fuori dai contesti formali, il pupillo degli Allard non era esattamente una bocca di rosa. “Chi non si trova una femmina, è un pallemosce!”
“Grazie tante, Mat!” Replicò il Portiere, famoso per l’acne da cui era afflitto, talmente tenace che neanche la più potente delle pozioni Antiforuncoli ne aveva avuto ragione. “Tu ce l’hai già la ragazza! Sei pure fidanzato!”

“Sì, anche se a volte si confonde e imbocca la camera sbagliata!” Seguirono qualche sghignazzo.
E nessuna smentita.
Dominique corrugò le sopracciglia. I sottointesi da spogliatoio non erano mai sottointesi. “Allard mette le corna alla Parkinson?” Chiese ad Amaya.
La ragazza la scrutò perplessa. “Guarda che lo sanno tutti… si fa metà dormitorio femminile delle Rose. Ma dove vivi, Nicky?”
Intanto l’esplosione di virilità dietro la porta continuava.
“Okay che la Parkinson non è una bellezza, amico…” Soggiunse il Portiere. “Ma davvero voi purosangue aspettate il matrimonio per impalmarvi la fidanzata?”  
“Magari non si aspetta così tanto… magari stasera le servo il piatto Allard al gran completo. Vedrete domani che bel sorriso.” Replicò e poi ci furono nuovi sghignazzi.
Amaya fece una smorfia. “Scimmioni.” Commentò poco turbata. “Direi che mi dispiace per la Parkinson, ma è talmente stronza che se li merita dei discorsi da spogliatoio così.”
Dominique non disse nulla: non capiva bene perché sentisse l’urgenza di entrare nello spogliatoio e trasformare Allard in un gigantesco, bavoso lumacone.
Non che io e Violet abbiamo più molto in comune… mai avuto, a dirla tutta. E poi, se vuole stare con un bastardo del genere, son fatti suoi.
Sentirono poi la porta aprirsi. Il primo ad uscire fu proprio Allard, che servì loro un sorrisetto.
“Oggi vediamo di spaccare il culo a quelle mezze seghe delle Rose, eh Capitaine?”
Dominique replicò il sorriso. “Puoi contarci, Allard.”
Lavoro di squadra. Lavoro di squadra.

Dominique scoprì alla veneranda età di sedici anni che non era sempre possibile convincersi delle cose solo ripetendosele.
 
****
 
I Bleu avevano vinto centocinquanta a centotrenta, e non per merito della Weasley.
Violet non capiva molto di Quidditch, aveva solo delle nozioni di base, apprese da Mathieu che invece ne era un patito… o ascoltando le chiacchiere rumorose della Weasley e dei suoi amici durante le lezioni o quando si sedevano vicino a lei in refettorio, durante i pasti.
Sapeva che il Cercatore – Mathieu – era un pezzo fondamentale della squadra. Quella che solitamente la portava alla vittoria: perlomeno così diceva lui.
La realtà che aveva più o meno intellegito dalle partite intra-scolastiche era un filino diversa: era Dominique che teneva i punteggi della squadra alti, assieme all’altro Cacciatore, Simon. Mathieu prendeva il boccino solo a fine partita, quando era ovvio e comprovato che la squadra avrebbe vinto.
Mathieu era un ragazzo dalla vittoria facile: prendersi la gloria era molto più semplice se i Cacciatori erano bravi.
Violet più o meno aveva capito questo, ma quel giorno la partita era andata in modo diverso.
Dominique aveva fatto pena: non aveva intercettato un passaggio ed era stata quasi disarcionata da un bolide. Violet non aveva idea di cosa significasse ‘volare come un giocatore dei Chudleys’ ma l’aveva sentito dire ad un addolorato Louis Weasley, mentre guardava la sorella quasi l’avesse tradito.
Ad intuito, non le era sembrato un complimento.
Violet aveva visto tutta la partita – faceva parte dei suoi doveri di fidanzata – e in effetti aveva notato come il gioco di Dominique quel giorno fosse stato scarso.
Per questo motivo, Mathieu aveva dovuto muovere il culo per una volta, ed ingaggiare un testa a testa furioso con il Cercatore dell’altra squadra. Era riuscito a strappargli il boccino da sotto il naso e la partita era stata vinta per puro rotto della cuffia.
Che diavolo le è preso? Quando gioca di solito si trasforma in una persona seria.  
Non aveva avuto molto tempo per rifletterci, perché appena scesa dagli spalti era dovuta andare incontro a Mathieu e seguirlo nel suo codazzo di gloria, portato a braccia dalla squadra festante.
Beninteso: tutta la squadra meno Weasley.
Adesso si trovava nella Sala Principale, a festa iniziata. Come invitata speciale, come annoiata particolare. Mal sopportava quel genere di chiassosa manifestazione di virilità da parte dei ragazzi e di compiaciuta civetteria da parte delle sue amiche.
Chissà se ad Hogwarts quando una delle loro Case vince è così…
Già scorrevano fiumi di Vino Elfico importato dalle Ardenne, e il refettorio era pieno di musica: le vittorie scolastiche erano l’unica manifestazione di natura non-ufficiale che la Preside permettesse.
Violet aveva indossato il suo vestito migliore e si era truccata. Un evento sociale in ogni caso era un evento sociale.
Prese un calice e lo sorseggiò. Fece una smorfia: l’alcolico era ovviamente allungato.
Dove c’è sangue babbano, ci sono cocktail allungati. È una costante.
Rivolse qualche parola alle amiche, accanto a lei, per quanto la musica lo permettesse. Mathieu era in mezzo alla sua squadra e …
Vide che Sophie era con lui, piena di sorrisetti e tocchi leggeri, amichevoli ma con un sottotesto esplicito per chi sapeva.
E Violet sapeva.
Improvvisamente ebbe voglia di vedere Dominique: non si parlavano da quasi due anni, se non qualche convenevole, ma non era quello il punto. Aveva voglia di vederla tra la folla, quella testa platinata, e sapere che c’era. Sapere che per un momento, per qualcuno aveva significata qualcosa.
Sempre che non si sia semplicemente divertita a sperimentare con te.
Louise la pensava così. E tu quella volta le hai dato ragione, no?
Jenny vedendo la sua espressione e intercettando la sua occhiata in direzione di Mathieu e Sophie, fraintese. “Violet, dovresti davvero fare quattro chiacchiere con Sophie.” Le disse seria. “Non può permettersi di comportarsi così con il tuo fidanzato. In pubblico per giunta!”
Violet batté le palpebre. Sorrise di circostanza, mentre gli occhi continuavano a cercare una persona del tutto diversa. “Non è certo l’unica amichetta di Mathieu. E poi…” Le venne un improvviso desiderio di dire la verità. Di urlarla. “… e poi non me ne importa nulla.”
“Scusa?” Ovviamente Jenny poteva capire, ma non poteva sapere. Non poteva sapere come per Mathieu non avesse un briciolo di stima, o affetto. Non poteva sapere  che nessun ragazzo avrebbe mai rapito il suo cuore. Non poteva sapere che nonostante i giorni passassero e le stagioni si avvicendassero, quella stramaledetta testa matta continuava a danzarle nella visuale. Bastava solo un nuovo accenno, una scintilla, per riaccendere quella cosa.

Qualunque cosa fosse, e Violet davvero, non voleva darle un nome.
“Io …vado.” Disse brusca. Dominique non era lì e lei non voleva restare. Non sarebbe andata a cercarla però, non avrebbe avuto senso: sarebbe andata a letto, dopotutto era già tardi.
“Violet!” La chiamò Jenny, ma non si voltò indietro.
Non riuscì a salire le scale che portavano ai dormitori superiori che si sentì afferrare per un braccio.
Dominique.
Ma non era lei, perché la stretta era forte, troppo. Era Mathieu.
“Ehi, dove vai?” La apostrofò con un sorrisetto confuso. “Non è quella la direzione per il tuo dormitorio.”
“I dormitori sono tutti al piano di sopra.” Replicò infastidita, sentendo una morsa allo stomaco. Davvero, non stava andando a cercare la Weasley anche se stava andando verso la parte destra dell’enorme scalinata di marmo.  

Il suo fidanzato fece una smorfia divertita. Puzzava di Vino Elfico. Tanto Vino Elfico.
L’avranno pure annacquato e speziato per farlo reggere ai Ne-Moldu, ma di sicuro lui ne ha bevuto abbastanza da ovviare al problema.
“Guarda che non sono stupido…” La mano era sempre lì, sul suo polso. “Tu vai a cercare l’unica Bleu che stasera non festeggia.”
Violet sentì il sangue gelarsi nelle vene: come aveva fatto a capire, quell’idiota del suo fidanzato, che …
No, decise, non era possibile che sapesse.

“Sto andando a letto, Mathieu. Cosa che dovresti fare anche tu, viste le tue condizioni. Sei ubriaco.” Replicò freddamente, cercando di liberarsi. Per tutta risposta, l’altro serrò la presa facendole ingoiare un gemito.
“Com’è scopare con una ragazza, quando sei una ragazza?” Ghignò, ignorando il suo consiglio. “Sono sicuro che t’è piaciuto stare tra le gambe di Louise.”
“Non so di cosa stai parlando, e lasciami, mi stai facendo male!” Louise aveva parlato? Non poteva averlo fatto. Eppure non c’era altra spiegazione.  

“Non pensare che Louise sia meglio di me… o Morgana ce ne scampi, che lo sia quel fenomeno da baraccone della Weasley. Con la famiglia che ha, è un miracolo che non ululi sul tetto della scuola.”
Violet si sentì come la sera del compleanno del ministro: umiliata e infuriata. Ma non con Dominique. Quella sera aveva odiato sé stessa.  

“Lasciala fuori.” Sibilò. “Lascia fuori la Weasley dalla nostra situazione. Situazione, poi…” Le venne quasi da ridere. Perché era ridicolo. “È una farsa. Noi siamo una farsa. Se tu vai a letto con le mie amiche, non vedo perché io dovrei darti una spiegazione su cosa faccio!”
Mathieu non diede segno di essere rimasto impressionato dalle parole. Era ubriaco, e quasi certamente capiva metà di ciò che gli aveva detto. In compenso le afferrò l’altro polso, spingendola di colpo contro il muro. “Tu sei la mia fidanzata.” Le mormorò con il viso vicinissimo al suo. Gli tremavano disgustose goccioline di saliva sulle labbra, labbra tanto decantate dall’universo femminile della scuola. “… che ti piaccia o meno, prima o poi dovrai farti toccare da me.”
Violet ebbe paura. Una realizzazione, intempestivamente stupida; Mathieu era più forte di lei, con o senza bacchetta ed erano in un corridoio vuoto, mentre la maggior parte delle persone era lontana, in mezzo al chiasso: nessuno l’avrebbe sentita chiedere aiuto.

“Mathieu… non … non qui, per favore.” Tentò.
“Perché no? Hai scopato la mia cognatina in riva ad un lago, questo in confronto è un lusso.” Replicò velenoso. Allora sì, sapeva, Louise aveva parlato. Forse aveva anche riso, di quella sua risata piena di malizia, quando l’aveva confessato al novello sposo, o chissà, ad un intero consesso di persone.

A Violet venne da piangere. Mathieu le ficcò le mani sotto il vestito, infilandole una gamba tra le sue, forzandola ad aprirle.
Non così. Non così, ti prego Morgana, non così.
Sentendo la bocca umida di Mathieu sul collo realizzò che la loro futura vita matrimoniale sarebbe stata, così. Perché Allard la detestava quanto lei detestava lui, perché erano entrambi intrappolati in un contratto che non avevano scelto, ma che era stato loro imposto.
Tentò di spingerlo via, lo morse, lo graffiò. Doveva farlo, non si sarebbe mai arresa a quello, lei.
Sono Violet Parkinson-Goyle, sono Violet Parkinson-Goyle… sono…
Realizzò di stare singhiozzando quando l’altro le sbatté con forza una mano sulla bocca, togliendole il fiato.
Non voglio. Per favore, non voglio. Sono una persona orribile, lo so, ma non voglio.
Non voglio, per favore…

E poi Mathieu schizzò all’indietro, strappandosi da lei come se fosse stato afferrato da una mano gigante.
… cosa…
Violet ci mise qualche secondo a rendersi conto che era stato un incantesimo a far ruzzolare l’altro dal lato opposto del corridoio.
Individuò immediatamente la bacchetta che l’aveva lanciato. E di chi era.
La Weasley era letteralmente sbucata dal nulla e stava a pochi passi da lei. Notò che indossava ancora il maglione e i pantaloni dell’uniforme da Quidditch.
“Dominique!” Le uscì fuori naturale come respirare. L’altra le lanciò un’occhiata.  
“Non stai bene.” Non le chiese, attestò. Dominique era assurda anche in quello. Poi si voltò verso Mathieu, che nel frattempo si era rialzato, stordito e furioso.
“Weasley!” Ruggì, tentando di riallacciarsi i pantaloni scordinatamente. “Weasley, fatti i cazzi…”
“Non ce l’ho, ma tu sì, e lo stavi decisamente usando nel modo sbagliato.” Lo interruppe. Violet fu quasi intimorita dalla totale mancanza d’espressione sul viso dell’altra che le lanciò poi una seconda occhiata.
Notò i suoi polsi lividi e forse anche il taglio sul labbro. Perlomeno dall’espressione, sembrava. Certo, il corridoio era buio, ma non si sarebbe stupita nello scoprire che la Weasley aveva la vista notturna di un gatto.

“Cos’è, vuoi attaccare briga?” Sbuffò Mathieu. I duelli erano mal tollerati dalla Preside: per eufemizzare.
Se vieni beccato c’è l’espulsione.
 
Dominique intuì che l’altro sottintendeva i duelli proibiti. Ma non gliene fregava nulla.
Di solito aveva un carattere che le impediva di arrabbiarsi con qualcuno. Però c’erano momenti che chiamava Bianco Assoluto.
Momenti in cui era talmente incazzata che il cervello le andava in panne e non riusciva proprio ricordarsi che la sua indole avrebbe dovuto essere pacifica.
Violet era a pochi passi da lei. Sempre dritta come un fuso, ma con il vestito strappato, e graffi… e lividi. E gli occhi enormi, sgranati, spaventati a morte.
Dominique non era riuscita a far presenza alla festa, quella sera. Si era resa conto di aver fatto schifo alla partita –suo fratello gliel’aveva sottolineato con indignazione più volte – e le era sembrato poco serio festeggiare una vittoria a cui non aveva contribuito.
Se alla fine aveva fatto un’improvvisata, era stato solo perché Mael l’aveva trascinata fuori dalla stanza.
Arrivata, aveva passato una manciata di minuti in compagnia della squadra, prima di accorgersi che qualcosa non andava. Non aveva subito capito cosa, poi aveva notato un’assenza. Piggie.
A quelle feste era sempre circondata dalle sue amiche come un castellana con il suo fortino, annoiata e altezzosa, ma c’era sempre. Non quella sera: c’erano le sue amiche, ma non lei.
Aveva chiesto in giro e le era stato risposto che aveva lasciato la festa seguita dal fidanzato.
A quel punto, qualcosa nella sua testa aveva fatto una somma e dato un risultato.
Era andata a cercarla e aveva visto quello.
Con l’ultimo barlume di calma aveva stimato una cosa: non era stata mai così arrabbiata in vita sua.
 
Mathieu intanto, vedendo che non ribatteva alla sua domanda, si sentì rassicurato. Afferrò di nuovo Violet per un braccio. L’altra però doveva aspettarselo, perché schizzò indietro con rapidità, suggendo alla presa. Allard le lanciò un’occhiata che prometteva ritorsioni. Riuscì comunque a sfoderare un sorrisetto di circostanza. “Se non ti spiace, io e la mia fidanzata ce ne…”
“No.” Lo interruppe di nuovo. “Tu sulle tue gambe non te ne vai.” Replicò con cortesia. Lanciò la bacchetta alle spalle. E gli tirò un calcio esattamente dove doveva.
 
 
Un’ora dopo circa.
 
Violet non riusciva a credere che fosse accaduto tutto ciò che era accaduto.
Tutto ciò che coinvolgeva Dominique Weasley aveva un quoziente di rilevante pazzia.
La Weasley aveva letteralmente preso a botte Mathieu iniziando, peraltro, da un mirato calcio nei testicoli.
Avrei dovuto pensarci io
In realtà non era stato neanche una rissa, come già si vociferava. Non ce n’era stato il tempo, visto che dopo neanche due minuti era arrivata tutta la squadra dei Bleu al gran completo. Era stato però Mael a prendere di peso la cugina e staccarla dal cumulo di gemiti in cui si era trasformato Allard.
Non pensavo avesse tutta quella forza. Sembra una ragazzina…
Non era stata usata magia e a posteriori, chiunque avesse avuto l’idea primigenia di tenersi la bacchetta in tasca, aveva avuto una gran pensata. Quando la Preside era arrivata, seguita da una corte di professori, si era capito che la questione era seria.
Ci mancava vedesse esplodere incantesimi ovunque…
Dopo aver visto lo stato in cui era ridotto Mathieu –il naso sembrava essergli esploso– Madame l’aveva spedito in infermeria. Poi aveva guardato la piccola folla di giocatori uno ad uno.
“Cos’è successo?”
Non c’era stato fiato: Violet aveva intuito che nessuno, a conti fatti, ci aveva capito niente.
Dominique si era chiusa in un mutismo ostile. Era dunque rimasta solo lei.
“Professoressa, io…” Aveva iniziato, ma la Preside, notandola, aveva sgranato gli occhi. Non c’era stato bisogno di parole. Violet non era mai stata così sollevata in vita sua.
Comprensione istantanea o meno, a Dominique era stato comunque ordinato di seguire il professore di Incantesimi nella cella delle punizioni: nome inquietante che in realtà designava una stanzetta in cui venivano fatti dormire i ragazzi che si macchiavano di effrazioni notturne. Una misura precauzionale per evitare che tornassero in dormitorio a vantarsene.
Ma Dom non ha fatto proprio nulla! Cioè… sì, ma…
Violet era confusa, seduta su uno dei letti dell’infermeria, divisa in settore femminile e maschile.  
Il giorno dopo avrebbe dovuto di sicuro parlare, spiegare, forse confessare.
Ma adesso… adesso vorrei solo… sapere.
L’infermiera, dopo averla medicata, era uscita raccomandandosi di chiamarla in caso di qualsiasi bisogno. L’aveva guardata con pena, con attenzione.
Sto bene. No, davvero. Sto bene.
Sarebbe potuto andare peggio. Mathieu avrebbe potuto farcela. Invece era arrivata la Weasley e aveva fermato tutto.
Perché?
Alzarsi e incamminarsi verso l’ala del castello dove c’era la cella di punizione fu tutt’uno. Non c’era un’anima in giro, era già tutto finito.  
Quindi era sola, tranne che per Dominique, dietro la vecchia porta che aveva davanti.
Si guardò attorno e poi vi si appoggiò. “Weasley?” La chiamò. Sperò che non dormisse. Conoscendola, poteva essere un’eventualità.

Ci fu un cigolio. Una branda: Dominique l’aveva salvata e dormiva su una branda.
“Piggie?” Chiese la sua voce dietro la porta. “Che ci fai qui?”
“Pensavi non sarei venuta?” La apostrofò di rimando. Si sentiva le gambe pesanti. La paura le stava passando e con essa l’adrenalina. Trovò dunque ragionevole sedersi a terra.

Ci fu un po’ di silenzio dall’altro lato. “Beh, mi sbaglierò, ma ti hanno detto di restartene buona buona in infermeria. Questa non è l’infermeria.”
“E quindi?”
“Di solito non fai tutto quello che ti dicono?”

Colpita e affondata.
“Stupida.” La rimbeccò, perché la palla in quella conversazione doveva rimanere a lei. “Piuttosto, stai bene?” Le venne in mente che Mathieu non era rimasto passivamente a farsi picchiare, ma aveva reciprocato con tutta la rabbia di cui era capace.
“Sono stata attaccata dai draghi, Parkinson. Pensi che mi possa lamentare di due schiaffetti isterici? E poi tranquilla, la Preside si è presa cura di me.”
Violet non poté fare a meno di sorridere sollevata. Si appoggiò con le spalle alla porta: era davvero stanca. “Io… grazie.” Esordì; quello era giusto, non la brandina. “Se non fosse stato per te…” Lasciò cadere la frase, sentendo un brivido scuoterla. Non era freddo. Erano ricordi freschi.

“Non c’è di che.” Ribatté l’altra come se non fosse stato niente.
Di nuovo.
Violet si infuriò di fronte all’ovvia ottusità dell’altra. “Ti rendi conto che rischi l’espulsione?!” Non la lasciò rispondere. “Ti rendi conto che rischi di mandare ai Dissennatori la tua carriera scolastica? Non c’era bisogno che tu lo picchiassi! I suoi genitori sono maghi influenti, non permetteranno che la Preside ti dia una semplice punizione!” Si sentiva un fiume in piena, non voleva respirare. Avrebbe perso tempo. “Sei una cretina! Cos’hai nella testa? Boccini ronzanti?!”
Dominique non le rispose ma la sentì muoversi dentro la stanza. Poco dopo sentì qualcosa colpire leggermente la porta dall’altra parte. Realizzò che si era seduta come lei, con la schiena contro la porta.
“È una domanda che mi fanno spesso.” Fu la risposta. “Comunque non farmi la predica. Tu l’hai morso.”
“Tu gli hai tirato un calcio… un calcio !”
“A gente del genere bisogna impedire di procreare.”

Violet batté le palpebre sbigottita, poi le venne da ridere, era inevitabile. Una risata sollevata, che liberò in silenzio, nascondendola dentro una mano.
“Perché?” Chiese, perché era il motivo per cui era lì. “Perché sei venuta a cercarmi? Io e te…” Lasciò la frase in sospeso. Non che si aspettasse che l’altra l’avrebbe completata, ma…
Io e te.” Replicò invece a sorpresa. “Non ne ho idea, non ce l’ho mai avuta. Non ci parliamo per secoli, però…” Violet non poteva credere che quell’esitazione fosse imbarazzo. “… però se sei nei paraggi, so sempre che ci sei. Non ho bisogno di guardare.”
“Ma se mi guardi sempre…”
“Beh, Piggie… questo è perchè mi guardi anche tu.”

Violet sospirò. Dominique aveva modi da selvaggia, era socialmente imbarazzante e…
Tirò un lungo sospiro.
… e le era sempre piaciuta da quando erano bambine. Il suo principe azzurro era una ragazza dai capelli color argento e le lentiggini.
Patetico, ma inevitabile. Tanto vale ammetterlo.
“Adesso cosa pensi succederà?” Le chiese Dominique scuotendola dalle sue riflessioni.  
“Non lo so… te l’ho detto, gli Allard sono…” Si passò un dito sulle labbra. Erano state guarite da pozioni ad hoc, ma se le sentiva ancora tumefatte, rigide. “…sono dei bastardi. Faranno di tutto per farti espellere dopo che hai umiliato il loro ultimogenito.”
“Non intendevo questo. Intendevo, tu che farai?”
Doveva essere l’adrenalina in circolo, o era la misura ad essere colma. Traboccante. “Romperò il fidanzamento.” Disse e la voce le uscì ferma come avrebbe voluto. “Non ho intenzione di respirare la sua stessa aria, a meno che non sia strettamente necessario.”

Dominique ridacchiò. “Brava Piggie! Ci hai messo tre anni, ma alla fine hai capito che avevi scelto uno stronzo per fidanzato.”
“L’ho sempre saputo.” Ribatté. “Ma non era un problema, perché non sono io che ho scelto. E neanche Mathieu. Hanno scelto i nostri genitori per noi.” Deglutì. Pronunciare il nome del ragazzo… avrebbe voluto che quella porta non ci fosse. Dominique l’aveva messa a disagio le poche volte che erano state vicine, ma in quel momento aveva davvero bisogno che la toccasse. “Non posso andare contro…”
“Il volere di tua madre?” Indovinò. “Fanculo tua madre!” Aggiunse con forza. “Se ti ha dato la vita, non significa debba per forza controllartela.”
“Tu non capisci.” Banale ma vero.
“Invece sì.” La Weasley era cocciuta, era testarda come una ventina di cavalli bizzosi. Eppure, se solo avesse avuto ragione… “Credimi, capisco. Quindi dimmelo. Cosa vorresti fare se potessi?”

“Se non dovessi rendere conto a mia madre e… tutto il resto?”
“Esatto.”

“Vorrei baciarti.” Lo disse di getto, perché nessuno la vedeva, Dominique per prima. Altrimenti non avrebbe aperto bocca come l’insignificante ragazzina che tutti gli adulti dicevano fosse.
Con Dominique non si sentiva mai in quel modo però. Sentiva un sacco di cose – molte delle quali poco carine – ma tutte intense. Per questo gliel’aveva detta: la verità.
Dominique intanto non rispondeva. Violet sentì la solita morsa allo stomaco, ma non si tirò indietro, non quella volta. “Sì, vorrei baciarti.” Ripeté.
“Ci sarebbe una porta di mezzo.” Fece una pausa. “Mi sembra un buon inizio, anche se infattibile.”
La morsa sparì come neve al sole di Agosto. “Per questo ho usato il condizionale, zucca vuota.” Sbuffò. E sorrise. Non avrebbe mai pensato di poterlo fare quella sera. E invece.
“Okay.” Replicò l’altra. “Condizionale sia. Cos’altro vorresti fare?”
Violet rimase presa in contropiede. C’erano tante cose che avrebbe voluto fare con lei, o senza. Troppe, forse. “Non… non lo so.” Incespicò. “Non ne ho idea!”
“Andiamo.” Fu incitata con tono spiccio. “Parla. Di solito ti dicono di fare tutto il contrario, no? La rivoluzione comincia dalle piccole cose. Tipo, aprire bocca e dire la tua.”

Violet appoggiò la fronte contro il legno fresco. E parlò. Tutta la notte.
 
La mattina dopo fu la Preside stessa a svegliarla. Se la trovò di fronte e considerando che era alta due metri e mezzo, Violet si sentì mostruosamente sovrastata.
“Signorina Parkinson-Goyle, buongiorno.” Esordì quasi gentilmente, notando la sua espressione atterrita. “Non dovrebbe trovarsi qui…” Non fece in tempo a formulare delle scuse, che la interruppe “… ma visto che c’è, la informo che sua madre è arrivata. Vada a rendersi presentabile. Tra venti minuti la voglio nel mio ufficio.”
Non le restò che annuire, alzandosi. Si stiracchiò, dolorante: dormire contro una porta di legno non era il massimo della comodità. “Posso…” Ricordò il fiume di parole che Dominique le aveva chiesto di pronunciare la sera prima. “… posso aspettare Weasley, Madame?”
Le fu ovviamente negato.
“Io posso uscire invece?” Fece una voce dall’altro lato della porta. “O devo essere scortata da auror?”
“Non faccia la buffona, Weasley.” La rimbeccò la strega, aprendole però la porta. Dominique uscì con la faccia più fresca e riposata della storia.

“Hai dormito sulla brandina mentre io ho dormito sul pavimento!” L’accusò, ignorando il batticuore che l’aveva assalita a vederla. In fondo era un vecchio e conosciuto amico.
“Certo che ci ho dormito. C’era.” Fece spallucce. Violet ebbe l’impulso di affatturarla, ma si contenne; la Preside era proprio lì dopotutto.
“Andate nei vostri rispettivi dormitori, non fatemelo ripetere.” Disse infatti. “Fra venti minuti vi voglio nel mio ufficio.”
Violet fece appena in tempo a sfiorare le dita di Dominique, prima che le separassero.  

 
****
 
Le fronde filtravano lame di luce che baluginavano sul volto, facendoti strizzare gli occhi abbacinati. Poco distanti, gli unicorni pascolavano tranquilli, sorvegliando con occhi attento e argentato i puledri che si abbeveravano al ruscello.
“Ehi, Weasley.”
Dominique reclinò la testa all’indietro e nella visuale le entrarono le gambe di Violet, fasciate dalle calze dell’uniforme. Lei prima di Dicembre si rifiutava di portarle.

“Ehi Piggie.”
L’interpellata sbuffò, ma lasciò perdere. Si sedette accanto a lei, sebbene ci mise ben mezzo minuto per scandagliare la zona alla ricerca del metro quadrato perfetto.

Beh, l’importante è il pensiero, dai.
“Ti sporcherai l’uniforme.” La prese in giro allungando soddisfatta le gambe fasciate di jeans. I babbani erano dei geni: perché solo dei geni avrebbero potuto inventare una stoffa così geniale.
“Va’ agli inferi.” Fu la replica, guardando con un mezzo sorriso distratto gli unicorni rivolgerle occhiate incuriosite.
“Se vuoi puoi andare a dir loro ciao.”
“Per ora preferisco rimanere qui.” Violet si toccò i capelli stretti nello chignon che andava di moda quell’anno, sistemandosi ad arte una forcina.

“Stai meglio con i capelli sciolti.”
“Quando mai mi hai visto coi capelli sciolti?”
Staresti meglio?”

Violet esitò, poi con un lieve sospiro spazientito si liberò dalla gabbia di fermagli e forcine per sciogliere i capelli in una lunga cascata color inchiostro.
A Dominique venne inspiegabilmente da sorridere. Come aveva previsto, quei poveri capelli si trovavano molto meglio liberi.
Come la loro padrona…
“Sei tornata.” Attestò. Violet era stata a casa ben due settimane dopo quello che era successo. Si era vociferato persino il suo ritiro da Beaux-Batons in vista di un trasferimento.
Dominique non ci aveva creduto neppure per mezzo secondo: non aveva proprio potuto.
“Certo che sono tornata… pensavi anche tu che mia madre mi facessa trasferire?”
“No.” Scosse la testa. “È solo che si diceva in giro.”
Violet si passò le dita trai capelli, sciogliendone un nodo. “Mia madre detesta Hogwarts, e Durmstrang è una specie di consesso di primitivi che si veste di pelle e beve sangue da teschi.” Sorrise dello sghignazzetto dell’altra. “E le altre scuole non sono così rinomate. Impossibile trasferirsi. E poi le ho detto che non l’avrei mai fatto.”

“Oh-oh!” Esclamò sentendosi inspiegabilmente più leggera. Sul serio, inspiegabilmente. “Stiamo tirando fuori la voce!”
Violet ovviamente replicò con una smorfietta disimpegnata. “Ringraziami Weasley. Se non fosse stato per la mia voce a quest’ora non saresti qui.”
“Mh.” Le concesse, prima di buttarsi all’indietro e posare la nuca sulla sua zolla d’erba preferita di tutta la radura. Notò con la coda dell’occhio che l’altra era rimasta immobile, fissando con estrema concentrazione un puledro che sgambettava di fronte all’occhio vigile della madre.
Dominique capì. E le tese la mano. “Grazie.” Disse, perché le parole avevano un potere, aveva ragione suo padre a dirlo. Le parole potevano attivare gli incantesimi. Le parole potevano ferire.
Violet le lanciò un’occhiata poi la prese e gliela strinse forte
Le parole erano cose importanti, pensò Dominique. Le parole potevano renderti libera.
 
Dominique non aveva mai visto tanti genitori riuniti insieme, sebbene l’ufficio che li ospitava fosse spazioso. I suoi genitori, sua madre nelle sontuosi vesti con cui lavorava e suo padre con ancora la Metropolvere sul giubbotto di pelle. La vedova Parkinson-Goyle, che sembrava un grosso ragno pasciuto seduto rigidamente e infine i coniugi Allard, che le sembravano due stronzi con una grave paresi ai muscoli del collo, da quanto tenevano il mento sollevato.
Violet era già accanto alla madre. Si era rimessa l’uniforme e teneva le mani in grembo, così strette da essere pallide come quelle di un morto.
“Weasley, eccola qui. Venga avanti, e chiuda la porta.”   
Dominique aveva obbedito alla Preside, lanciando un’occhiata ai genitori. Suo padre aveva un’espressione seria in viso, ma soprattutto stanca. Chissà in che parte del mondo stava lavorando quando l’avevano chiamato. Sua madre invece aveva un’aria anodina. Ma quando le si sedette accanto, le lanciò una lunga occhiata indagatrice.

“Ora che siamo tutti qui, possiamo iniziare.” Aveva esordito Madame, glissando elegantemente sull’assenza di Allard-figlio. “La questione è piuttosto grave.”
“Naturalmente lo è!” Madame Allard sembrava aver aspettato solo quell’attacco, per dar fuoco alle polveri. “Questa ragazza ha aggredito mio figlio e la sua fidanzata mandandoli in infermeria!” Il doppio mento le tremava furibondo e Dominique si era incantata a fissarlo.

Budino.
“È vero Domi?” Aveva chiesto suo padre, riscuotendola.
Dominique di fronte a suo padre si era sentita improvvisamente molto meno baldanzosa. L’atteggiamento dei genitori di Mathieu le faceva solo venir voglia di calcare la mano. Il viso di suo padre, no.
“Più o meno.” Aveva risposto senza distogliere lo sguardo.
Mathieu s’è inventato una storiella in tempo record. I miei omaggi…
“Sta mentendo!” Aveva sbraitato la donna. “È inaudito che venga permesso a certe creature evidentemente squilibrate di frequentare una scuola di ma…”
“Mi scusi.” Era intervenuta lentamente sua madre. “Ha appena paragonato
mia figlia ad un elfo domestico o ad un folletto, per caso?”
L’altra strega doveva aver capito di essere stata trasportata dall’emozione, perché aveva richiuso subito la bocca.

Sua madre non aveva bisogno di presentazioni per far sapere chi era e quanto contava. Dominique fino a quel momento l’aveva considerata una scocciatura. Fino a quel momento, appunto.
“Sua figlia ha aggredito Mathieu e Violet, Madame Weasley.” Aveva risposto per la moglie Monsieur Allard, che sembrava altrettanto spocchioso, ma più controllato. “Apparentemente senza nessuna ragione.”
La Preside aveva aspettato quel momento per intervenire. “È questo che stiamo cercando di capire. Dominique… vuoi dirci perché l’hai fatto? Mathieu dice che non ha idea del perché.”
Dominique voleva dirlo. Smascherare quel figlio di puttana e possibilmente non trovarselo più davanti. Non per me. Per lui. Se me lo trovo a meno due metri, giuro che lo rendo una ragazza.
Poi aveva lanciato un’occhiata a Violet. Aveva le labbra così livide che sembrava stesse per svenire da un momento all’altro.
Dominique aveva capito che non doveva essere lei a dirlo. Violet invece, con la mano della madre sul ginocchio, aveva bisogno di una bella terapia shock.
“Non ho aggredito Violet.” Ripeté. “E per quanto riguarda Allard, c’è un motivo, ma non lo dico.”
“Dominique, questo non è uno scherzo.” L’aveva incalzata sua madre. “È una cosa seria, rischi l’espulsione.” E non potrò proteggerti, se non mi aiuterai – era sembrato aggiungere la sua espressione.
Dominique aveva sentito una fitta di senso di colpa, ma era rimasta sulle sue posizioni davanti agli sguardi increduli e preoccupati dei suoi genitori.

La Vedova Parkinson Goyle invece non aveva ancora detto una parola. Ma aveva un piccolo sorriso che le contraeva le labbra di un rosso violento.
Vaffanculo. L’unica cosa bella che ha prodotto il tuo sangue puro del cazzo ce l’hai accanto e neanche te ne rendi conto.
“Non lo dico.” Aveva ripetuto, fissando Violet che l’aveva guardata di rimando. Le tremavano le mani, anche se cercava di tenerle ferme stringendole le une alle altre. Non farlo, non obbligarmi, non ce la faccio – questo urlavano i suoi occhi.
Dominique sapeva di rischiare, che Violet era terrorizzata, umiliata e che avrebbe preferito seppellire quel segreto nel suo subconscio e lasciarlo lì a marcire per il resto della sua vita.
Non posso permettertelo. Scusa tanto, ma mi hai trascinato dentro e quindi faccio la mia mossa.
“Non c’è altro da aggiungerei direi.” Aveva esordito Allard-Senior. “Olympe, è ben chiaro che la ragazza, come ha detto mio figlio, ha avuto un raptus di invidia nei suoi confronti e l’ha aggredito mentre era indifeso, in compagnia della sua fidanzata. Sono venuto a sapere che Mathieu ha assicurato la vittoria alla sua squadra. Forse questo non è andato giù a Madamoiselle Dominique, che a quanto ne so, è solitamente colei a cui sono imputate le loro vittorie.”
Ma per favore … Cioè, ci credete davvero?  
“Dominique… sei sicura di non voler aggiungere qualcosa in tua difesa? È la tua parola contro quella di Mathieu. Capisci, vero, che se non dici nulla sarò costretta ad espellerti?” Si era rivolta a lei, la Preside. Dominique aveva capito che l’altra sapeva com’erano andate le cose. Ma nella sua posizione non poteva far molto. Non c’erano testimoni e per quanto si sapeva, Mathieu non era considerato un bruto.
Le uniche a sapere erano lei e Violet. Violet doveva parlare, ma non lo stava facendo.
Non era l’unica ad averlo notato, perché sua madre lanciò un’occhiata gelida verso le due streghe inglesi. “La Signorina Parkinson-Goyle non ha ancora detto una parola. Eppure era presente, no?”
“Mia figlia è sotto-shock, Madame Weasley…” Il cognome era stato pronunciato con un insulto. Per un folle momento, a Dominique sembrò che suonasse come ‘donnola’. “Sarebbe una crudeltà forzarla a ricordare.”

Dominique aveva di nuovo guardato Violet, che le aveva lanciato un’occhiata prima di abbassare lo sguardo. Aveva sentito una morsa artigliarle le viscere.
Ho puntato ed ho perso?  
 
“Razza di … bionda demente.”
 
Era stata Violet, naturalmente. La stava guardando come se volesse come minimo lanciarle una maledizione senza perdono.  
Ottimo. Qui ti volevo Piggie. Se sei furiosa, ti scordi che brava bambolina obbedienti dovresti essere.
“Violet?” Aveva detto la donna-ragno. Violet aveva deglutito con la stessa faccia di qualcuno che aveva appena mandato giù una pozione orrenda, ma aveva poi ignorato il richiamo.
“La Weasley ha tanti difetti, ma non è una violenta.” Era poco più di un sussurro, ma c’era. “Non è stata lei ad aggredirmi. È stato Mathieu. Voleva…” Le era mancata la voce e a tutti era stato immediatamente chiaro cosa volesse fare.
“Non è possibile!” Era esplosa Madame Allard. “Siete fidanzati ufficialmente!”
Violet doveva aver preso la cosa per un insulto, perché l’aveva guardata malissimo. “Questo non gli ha impedito di tentare di violentarmi, Madame.”
L’aveva detto ed era calato un silenzio gelido come un inverno siberiano.

La prima a scongelarsi era stata incredibilmente la vedova. “Violet… è ciò che è successo?” Aveva chiesto con leggerezza, quasi parlasse del tempo. Ma in inglese.
Qualcuno si è appena dimenticato le imprescindibili buone maniere?
Rimasta di sasso, eh Vedova nera?

Violet aveva guardato dappertutto fuorché in direzione di sua madre. Ma aveva risposto. “Sì. I lividi che avevo ieri sera me li ha fatti Mathieu mentre mi teneva ferma.”
“E ci è…” La voce della strega era sempre più bassa. Dominique aveva visto con una certa soddisfazione i coniugi Allard farsi sempre più piccoli. I loro menti altezzosi non svettavano più granché.

“No, non c’è riuscito.” Violet si era morsa un labbro. “Perché Weasley è arrivata in tempo per fermarlo.”
“Ma… ma…” A Dominique aveva fatto quasi pena, la mammina apprensiva Allard. Sembrava totalmente sconvolta, incredula. “… ma questa pazza l’ha comunque ridotto in fin di vita!”
Quasi, appunto.
“Ridotti in fin di vita mi sembra una definizione inadeguata.” Si era inserita sua madre, la cui espressione avrebbe fatto concorrenza ad una Veela tutta completa. “Ho saputo che stamattina è stato dimesso. Oltretutto, mia figlia non ha neppure usato la magia.”
“Questo lo dice lei!”
“Lo dicono i fatti.” Lo aveva bloccato. “Ho incrociato prima Mael Delacour, che mi ha ridato
questa.” Suo padre aveva tirato fuori dal giubbotto la sua bacchetta. Dominique era rimasta a bocca aperta: un asso nella manica? Dall’espressione di sua madre, neanche lei ne era a conoscenza.
La Preside si era sporta a guardare, aggrottando le sottili sopracciglia. “Dove l’ha trovata?”
“Dietro un’armatura, almeno ad una decina di metri dal luogo dello scontro. Quindi, mi riesce difficile credere che mia figlia abbia lanciato incantesimi, se era chiaro che non l’aveva con sé. Possiamo fare un Prior Incantatem, se avete bisogno di altre prove.” Aveva concluso suo padre con una gentilezza che strideva con le espressioni bellicose degli altri. Se non fosse che era troppo gentile. Il che significava, Dom lo sapeva bene, che era più incazzato di tutti gli altri messi assieme.
Sangue Weasley über alles.
“Mio figlio…” Aveva tentato Allard Senior per poi chiudere la bocca, senza parole. “È comunque inammissibile che sua figlia…” E la voce si era spenta debolmente.
Lei e Violet si erano guardate nello stesso momento.
“Weasley non ha usato la bacchetta.” Aveva confermato Piggie. “L’ha usata solo per allontanare Mathieu da me, non per aggredirlo.” Si era morsa con forza le labbra, ma poi aveva continuato. “… non so cosa sarebbe successo, se non fosse venuta a cercarmi.”
“È così? La Weasley ti ha…” La voce di Pansy Parkinson-Goyle non era riuscita a trattenere lo smarrimento. Dopo, probabilmente sarebbe arrivato lo sdegno, appena ripresa dallo shock di sentire sua figlia esprimere un’opinione propria.
Dominique aveva trovato quel momento perfetto per dire la sua. Aveva rivolto un sorriso a trentadue denti alla donna-ragno. “… salvato, Madame. Rode, eh?”
Aveva visto l’ombra di un sorriso dietro la barba di suo padre.
La Preside aveva fatto un lungo, estenuato sospiro. Dominique sapeva quanto odiasse ospitare più di un genitore per volta nel suo ufficio. Ora capiva il perché.
“Alla luce della testimonianza della signorina Parkinson-Goyle, mi vedo costretta a rifiutare la vostra richiesta di espulsione per la signorina Weasley.” La Preside, Dom non se lo stava immaginando, stava sogghignando. O quasi. Più o meno. Perché si era poi subito accigliata. “Temo invece Mathieu dovrà rispondere a parecchie domande…”
 
“I tuoi genitori come l’hanno presa?”
Dominique si grattò la nuca, ritornando al tempo reale: due settimane dopo, due settimane di punizione spacca-reni.

Pulire le docce degli spogliatoi di Quidditch senza magia. Urgh. Sarà stata anche dalla mia parte, ma la Madame sa come farti passar la voglia di fare l’eroina.
Fece spallucce. “Mia ma’ voleva farmi il terzo grado, ma grazie a Morgana la carrozza sua e di papà partiva tipo subito. Mi sono arrivate un paio di Strillettere però.”
“Un paio?” La guardò inorridita. “Non ne basta una?”
“Sicuro. Una da mia madre, una da mia sorella.” Specificò.  
Violet appoggiò il mento sulle ginocchia, tirandosele al petto. Le fronde frusciavano gentili sopra le loro teste. “Mia madre non mi ha parlato. Se n’è andata subito anche lei.” Mormorò. “Credo che non sapesse che pesci prendere. Era furiosa, però.”
“Con te?”
“No.” Scosse la testa. “Con gli Allard. Se ne sono andati a gambe levate… non ho mai visto qualcuno correre così veloce verso la propria carrozza.”

Dominique sorrise, dandole un colpetto sulla caviglia. “Allora è andata bene!”
“Un po’.” Convenne  strappando un ciuffetto d’erba secca con aria distratta. “… ma mia madre non si arrenderà facilmente. Non passerà molto tempo prima che tenti di presentarmi qualcun altro.”
“Non ha imparato niente da ‘sta storia?”
“Lei…” Violet scrollò le spalle, ma non erano più curve, passive. Questo lo notò anche Dominique. “… lei è fatta così. Ci vorrà del tempo, penso. Ma perlomeno non sarà Mathieu. Non sarà mai più Mathieu.” Soffiò l’erba via dalla mano e soffiò sollievo.

“E chi sarà? Dico, il prossimo? Idee?” Le venne spontaneo chiederlo. Le venne anche spontaneo tirarsi a sedere per essere alla sua stessa altezza. C’era tanta differenza tra lei e Piggie: la mora era raggomitolata su sé stessa, sebbene elegantemente. Lei aveva le gambe incrociate e la posa rilassata.
Dominique non pensava avesse comunque molta importanza ai fini della storia.
Ce l’hai mai avuta?
Nah.
 
Violet guardò gli occhi azzurri della Weasley fissarla interrogativi.
Era matta come un cavallo, dato ultra-comprovato; solo per farla parlare aveva rischiato l’espulsione, solo per spingere lei a salire sul palcoscenico per improvvisare la sua parte si era giocata, a ribasso, la sua intera carriera scolastica.
Violet non si era mai ritenuta stupida. Anzi.
“Io ti piaccio, vero Nicky?” chiese e usò con intenzione il diminutivo con cui, anni prima, l’altra si era presentata. Le uscì piuttosto naturale, anche se si sentiva il cuore in gola; ma quello si supponeva facesse parte del gioco.
L’altra la fissò battendo le palpebre in fretta. Lo faceva sempre quando qualcosa la prendeva di sorpresa, che fosse la domanda di un professore o un Bolide in traiettoria.
Dominique non era timida. Non era neanche riservata. Era solo noncurante dei sentimenti altrui e soprattutto, incredibilmente, dei suoi.
“… forse.” Le concesse lentamente. Fece una pausa. “Me lo chiedi perché adesso vuoi baciarmi?”
Violet aveva imparato da quell’orribile esperienza che starsene zitti non era sempre un’ottima idea.

“Quanti mesi abbiamo ancora alla fine dell’anno?” Chiese allora.
“Non si risponde ad una domanda con un’al…”
“Weasley, concentrati!” Doveva definitivamente soffrire di qualche disturbo dell’attenzione. “Quanti?”
“Otto mesi, perché?” Doveva segnarsi la voce: sono stata la prima persona sulla faccia dei Due Mondi a farmi guardare come una bestia rara da Dominique Weasley.

Violet trovò molto più proficuo rispondere prendendole il viso tra le mani e baciandola.
Louise poteva essere stata una carogna delatrice – e avrebbe trovato il modo di fargliela pagare prima o poi – ma aveva avuto un merito: le aveva insegnato come baciare una donna. Il baci che si erano scambiati lei e Dominique a quattordici anni in confronto erano stati goffi e confusi.
Ma comunque dieci volte meglio.
Si staccò e dovette infatti appuntarsi mentalmente il secondo merito: aver lasciato senza parole la Weasley.
“Io…” Esordì. Poi tacque.
Violet poteva aver timore del mondo sin da bambina. Ma si cresceva, prima o poi. Non si smetteva di aver paura, ma ci si abituava ad essa come alla presenza di una vecchia amica. E alla fine, un giorno, si scopriva che il mostro non era così brutto come lo si dipingeva.
“Otto mesi di questo, Weasley. Interessata?”
Dominique corrugò le sopracciglia, con ancora le sue dita sulle guance. Non sembrava infastidita, e Violet ricordò che di solito l’altra non amava essere toccata sul viso.
Ma lei lo stava facendo, e sembrava andarle bene, perché le sorrise.  

“Sì, Piggie.” Disse. “Sono interessata. ”
 
In Aritmazia era stato loro spiegato che due le linee parallele non si incontravano mai. In seguito Violet aveva però scoperto che non era possibile tracciare due linee perfettamente parallele.
Non esiste la perfezione e quindi qui, nel mondo reale, si incontrano prima o poi. Si allontanano. E si incontrano di nuovo.

 
 
Nemmeno la luna è perfetta. E' piena di crateri. E il mare? Nemmeno lui! Troppo salato.
Insomma, le cose più belle non sono perfette. Sono speciali.
(B. Marley)
 
 
****
 
 
Note:

Avevo promesso che avrei sbrigato il Sesto e il Settimo in un capitolo. Lo so. T_T

(Devo davvero far qualcosa per questa grafomania).
A questo punto aspettatevi il folle Settimo come bonus track. Intanto, per ora, la storia è conclusa.
AUL mi chiama come un vampiro affamato.

Qui e qui le due canzoni ispiratrici.
Beaux-Batons me la sono immaginata come il castello di Chambord, nella Loira. Qui.
Butto lì due volti che mi hanno ispirato per Victoire e Louis .
  
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