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Autore: manymany    13/08/2011    9 recensioni
Siete sole, single e disperate? Beh statemi vicine e prima o poi l'uomo giusto vi sconvolgerà la vita!. Federica, detta Rica , ha avuto dieci relazioni e tutti e dieci i ragazzi sono rimasti a far parte della sua vita, come mariti di sorelle, cugine, parenti amiche, colleghe. Rica, sempre solare e allegra, non si piange mai addosso, ma la sera dell'ennesimo matrimonio di un suo ex con una sua amica, in cui, come sempre è costretta ad infilarsi in un osceno abito da damigella, decide di chiudere con l'universo maschile e di lasciar perdere l'idea di trovarsi un compagno. Quindi la sua migliore amica, Fran , decide di assoldare il bellissimo cugino Adam per far cambiare idea a Rica. Ci riuscirà? Tra risate, sotterfugi, piani segreti, confidenze e litigate vi racconterò di Rica e del suo Fidanzato Su Misura.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO I: Solo l’ultimo sforzo!

Se dovessi fare un bilancio nella mia vita credo che il numero adatto sia un bel dieci.
Non fraintendiamoci, non come voto, no, per quello credo che basterebbe un cinque, a voler essere generosi un cinque più.
Il dieci è il numero ricorrente nella mia vita ultimamente.
Dieci i secondi in cui penso di essere giusta in qualsiasi situazione, dieci i minuti di ritardo fisso al lavoro, dieci le ore di sonno che mi servirebbero per essere fresca e pimpante di prima mattina, dieci i giorni di arretrato nel pagare l’affitto, dieci settimane che non parlo con i miei genitori, dieci mesi che non varco la soglia della palestra, dieci anni che non mi innamoro davvero di una persona.
Dieci i ragazzi che in tutti questi anni ho conosciuto e ho pensato che potessero essere “quello giusto”.
Tutti e dieci sono rimasti nella mia vita, come cugini, cognati, amici.
Ognuno di loro ha incontrato me, ci è uscito e poi si è felicemente accasato con una a caso tra amiche, parenti e colleghe.
“Siete sole, single e disperate? Beh statemi vicine e prima o poi l’uomo giusto vi sconvolgerà la vita.”
Come ho già detto sono dieci anni che non mi innamoro e quindi tutti questi fiaschi non mi hanno turbato poi molto, a parte quel bruciore allo stomaco ogni volta, quella consapevolezza dilagante che si, c’è tanta gente in giro migliore di me, sia per l’aspetto fisico sia per le qualità “morali” ma tutte intorno a me devono stare?
Ma a parte qualche momento di sconforto sono felice che la gente intorno a me sia felice! Giusto?
Molto felice, felice da morire, felice alla follia, felice come una Pasqua. Felice.

La ragazza si guardò intorno spaesata, appena in tempo per accorgersi di essere arrivata, si alzò velocemente, infilandosi per un pelo tra le porte automatiche che si stavano già chiudendo pensando da aver appena scritto una bugia. Un enorme bugia sul suo diario.
Una bugia immensa in un diario non ha senso.
Dovrebbe essere il “luogo” in cui si è completamente sinceri, almeno con sé stessi e no, lei non era felice. Affatto.
Certo non era il tipo che si rinchiudeva in una stanza a piangere o si ingozzava di popcorn davanti a film strappalacrime, ma comunque sapeva, sapeva perfettamente, di non essere davvero felice.
Lo sentiva.
Ferma sulle scale mobili che l’avrebbe portata fuori dalla metro, afferrò il diario con la spessa copertina di finta pelle rossa, infilò l’indice tra le pagine trovando quella su cui aveva appena scritto e ci scribacchiò velocemente una nota a margine.
P.S: No, cavolo, questo è il mio diario e no, cavolo,  qui non dirò bugie, quindi no, cavolo, non sono felice.

Il sole splendeva limpido e tranquillo nel suo cielo immenso e lei camminava frettolosa tra la folla che si accalcava verso la stazione della metro, dopo vari tentativi riuscì ad allontanarsi e a camminare con maggiore velocità.
Era in ritardo, come sempre. Ma i danni si potevano ancora contenere.
Insomma dieci minuti sono concessi a chiunque!
E lei non era chiunque, no?
Lei era il numero tre.. No forse quattro, in ordine di importanza per la cerimonia giusto?
Sposa, sposo, prete e poi c’era lei.
La damigella d’onore. O meglio la testimone della sposa.
Odiava quella pessima abitudine che si stava diffondendo anche in Italia delle damigelle della sposa.
Perché un’abitudine americana deve essere necessariamente copiata?
Perché quattro persone devono vestirsi con lo stesso identico vestito dai toni pastelli, precedere la sposa facendo svolazzare ovunque petali di rose come bambine di cinque anni e fingersi anche felici?
Perché?
Non lo sapeva, ma tutti la trovavano una cosa così carina che non riusciva mai a dire di no, ad opporsi, ed era la nona cerimonia alla quale presenziava in qualità di damigella d’onore.
Ovvio, dopo aver fornito loro l’uomo giusto alle spose non restava altra scelta che ricambiare il favore infilandola in un orripilante abito dai colori che oscillavano tra il giallo limone marcio, il verde pisello ammuffito e il rosa confetto scaduto.
Orribile.
Tutti vestiti dalle fogge più strane, piene di balze, di volant, di pizzo.
E dire che l’Italia era considerato il Paese della grande moda e del buon gusto.
Evidentemente la propensione a conciare quelle che dovevano essere le persone di sesso femminile più importanti per la sposa come bambolotte di pezza e renderle talmente poco desiderabili in modo da non tentare in nessun modo lo sposo, doveva essere compreso nel pacchetto matrimonio all’americana che iniziava con l’annuncio: “Non immaginerai mai, faccio il matrimonio in stile americano e tu, oh tu Rica, devi assolutamente essere la mia damigella d’onore!”
E quella era la nona volta.
C’era un limite a tutto.
- Sarà l’ultima volta. Lo giuro solennemente!- esclamò a gran voce appena arrivata davanti casa di Mara.
- Oh lo spero proprio, mi sta pestando il piede!- protestò una voce a poca distanza da lei.
La ragazza spalancò gli occhi facendo un saltello all’indietro.
- Mi.. Mi scusi!
- Stia semplicemente attenta. Se fa un danno irreparabile sa cosa può farsene delle sue scuse?
L’uomo che aveva parlato era chino sulla sua lucida scarpa nera, valutando l’entità del danno che la sua decolleté dal tacco alto poteva aver fatto, poteva vedergli solo i capelli scuri, abilmente scomposti.
Che razza di persona parlava senza nemmeno guardare in faccia la gente?
- La sua preziosa calzatura non ha subito nessun danno, stia tranquillo.
Si voltò entrando di gran corsa nella casa super affollata.
Immediatamente il suo nome risuonò per l’intera casa.
- Rica! Finalmente!
- C’è Rica?
- Dov’è Rica?
- Rica vieni al trucco.
- Rica, i capelli!
- Rica!
- Rica!
- Ricaa!
Maledizione! Ma cos’avevano tutti? Perché la chiamavano in quel modo? Le sembrava di impazzire, si fermò in mezzo all’ampio salotto,  strinse al petto la custodia amaranto che conteneva il suo “preziosissimo” abito lilla, guardando in direzione della porta.
Poteva ancora fuggire? Poteva?
La porta era ormai fuori discussione, Alessia e Margherita stavano arrivando verso di lei da quella parte ma la finestra era abbastanza vicina, era il piano terra, forse se avesse corso in fretta sarebbe riuscita a gettarsi fuori, non avrebbe dovuto farsi molto male no? Quanto male ci si può fare gettandosi dal piano terra? Era solo un metro, un metro e venti no?
Non ne aveva idea, ma certamente non poteva farsi troppo male, giusto?
Mosse il primo passo verso quell’unica via di fuga, sinceramente intenzionata a gettarsi a testa in giù da una finestra che tra l’altro era pure chiusa, pur di non affrontare quello.
Ma due mani la afferrarono, la fecero sedere su una sedia mentre altre due mani si infilavano tra i suoi capelli e altre due mani ancora iniziavano a solleticarle il viso con pennelli, spugnette e aggeggi vari.
Mani ovunque!
In quante erano?
Perché non poteva dire semplicemente no grazie, sorridere e non sentirsi in colpa?
Non ci riusciva.
Sorrideva e accettava, sottoponendosi a torture inaudite.
Scelta della chiesa che comportava ore e ore di valutazioni e crisi di pianto.
Scelta del ristorante che comportava ore e ore di valutazioni e crisi di pianto.
Scelta del menù che comportava ore e ore di valutazioni e crisi di pianto.
Scelta delle bomboniere che comportava ore e ore di valutazioni e crisi di pianto.
Scelta degli addobbi floreali che comportava ore e ore di valutazioni e crisi di pianto.
Scelta degli abiti delle damigelle che comportava ore e ore di valutazioni e crisi di pianto.
Scelta della meta per il viaggio di nozze che comportava ore e ore di valutazioni e crisi di pianto.
Scelta di quale modello di frigo mettere in cucina che comportava ore e ore di valutazioni e crisi di pianto.
Scelta del nome dell’eventuale primogenito che comportava ore e ore di valutazioni e crisi di pianto.
E poi c’era il dulcis in fundo.
La tortura delle torture.
La regina dei supplizi.
La cosa che più le procurava sofferenza fisica e mentale.
Scelta del vestito che comportava ore e ore e ore e ore e ore di valutazioni e crisi di pianto e crisi di pianto e crisi di pianto.
Un calvario.
Perché l’Fbi torturava gli imputati con interrogatori estenuanti, lampade al neon, privazione di cibo e acqua?
C’era un metodo più semplice ed efficace.
Seguire una sposa durante l’organizzazione del suo matrimonio!
Chiunque, anche il più convinto, anche il criminale dei criminali si sarebbe redento di fronte ad una simile tortura.
Certamente.
- Allora? Perché sei in ritardo?
Mara comparve nel suo abito che ricordava tanto una delle meringhe appena sfornate che rubava nel laboratorio di pasticceria di sua nonna quando era piccola e le pose la fatidica domanda.
Perché era in ritardo?
Perché ogni santo giorno, in qualsiasi occasione lei ritardava?
Si preparava sempre con largo anticipo, si metteva ad aspettare, seduta, che fosse il momento giusto per avviarsi ma poi ogni volta accadeva qualcosa.
Il telefono squillava e un centralinista sottopagato e afflitto dai debiti la supplicava di accettare una “promozione imperdibile”, bussavano alla porta e il suo vicino di casa, un ometto di settant’anni che la trattava come “la nipote che non aveva mai avuto”, la invitava a prendere il caffè da lui in modo che lei potesse spiegargli il funzionamento di qualche moderno aggeggio tecnologico totalmente inutile che lui acquistava ma che poi matematicamente non sapeva usare, la lavatrice finiva il lavaggio ed era un peccato lasciare i panni nel cestello, se li avesse appesi subito, al suo ritorno sarebbero stati già asciutti e allora poteva anche fare una nuova lavatrice, tanto ci volevano solo pochi minuti no? Così i vestiti quando lei sarebbe rientrata alla sera sarebbero stati già lavati e pronti per essere messi ad asciugare.
Insomma ce n’era sempre una.
Quella mattina Tommy, il gatto di Bianca, la figlia di altri suoi vicini si era infilato in casa sua entrando dal balconcino della cucina e si era barricato sotto al letto.
Nemmeno la sua padroncina era riuscita a tirarlo via facilmente.
Non era servito a nulla la ciotola piena di latte, né quella zeppa di croccantini al pollo. Nemmeno la scopa che lo spingeva delicatamente lo aveva impressionato. Si era limitato a miagolare qualcosa infastidito e a cambiare posizione, acciambellandosi ancora di più.
Stupido gatto, chissà perché aveva quella passione proprio per il suo letto.
- Beh io.. Ecco vedi..- provò a spiegare lei, ma la sposa troncò sul nascere le sue parole.
- Non propinarmi la scusa del gatto perché non ci casco stavolta. Siamo già in ritardo di venti minuti e devi ancora finire di prepararti..
“Non oso immaginarmi il ritardo che avrai quando sarai tu a sposarti” continuò Rica tra sé e sé, anticipando le parole della sposa.
Le dicevano tutti la stessa cosa.
-Non oso immaginarmi il ritardo che avrai quando sarai tu a sposarti!- concluse quella infatti, scuotendo la testa e posandosi le mani sui fianchi somigliando ancora di più a quella enorme meringa che le ricordava l’infanzia.
- Non ci vorrà molto, credo che mi stiano strappando tutti i capelli così non ci sarà bisogno di acconciatura e penso che anche gli occhi stiano per essere asportati.. Cosa diavolo state..?- provò a dimenarsi ma la sposa la trattenne per una mano.
- Non osare muoverti. Lasciale lavorare, forse riusciremo a non far cambiare idea a Max e lo troverò ancora all’altare quando arriverò in chiesa con un “mostruoso” ritardo.
Ormai afflitta dal senso di colpa Rica si accasciò sulla sedia, sopportando con coraggio l’ennesima tortura.

La chiesa era piena zeppa e l’odore di fiori era talmente intenso da risultare perfino rivoltante.
Si fece coraggio, cercando di non pensare che per qualche orribile minuto sarebbe stata lei il centro dell’attenzione.
Il tempo di attraversare la navata gettando manciate di petali fucsia sul pavimento.
Afferrò il cestino e iniziò la sua parata sforzandosi di non ricordarsi che indossava quell’osceno abito color lilla lucido con volant di una tonalità più chiara che le lasciava scoperti i polpacci non proprio perfetti e che le dava l’aria della bambina di sei anni daltonica e senza il minimo gusto.
E fu in quel momento che lo vide.
Capelli scuri un po’ lunghetti che sfioravano il colletto inamidato della camicia bianca, il pizzetto curato, gli occhi nocciola, brillanti.
Carichi d’amore.
Ok, era Max, lo sposo, e lo sguardo pieno d’amore era indirizzato oltre le sue spalle, all’inizio della navata dove presumibilmente la sposa aveva appena fatto il suo ingresso al braccio del padre.
Gli occhi non erano più puntati su di lei.
I fiori dentro il cestino erano finiti e lei si era messa seduta nella prima panca insieme alle altre damigelle.
Eppure un tempo Max aveva guardato lei negli occhi e per una frazione di secondo, entrando in chiesa, era stato bello immaginare che quello sguardo pieno di amore e di aspettative fosse davvero indirizzato a lei.
Ma no.
Lei era la damigella della sposa. Ancora.
E lo sposo era un suo ex. Ancora.
Certo non un ex importante.
Lei non aveva ex importanti, a parte uno che comunque ormai era sposato da tempo.
Però Max era uscito con lei ed era così che aveva conosciuto Mara.
Ancora.
Sorrise stringendo il manico del cestino ormai vuoto.
Quasi tutte le sue amiche e colleghe si erano sposate.
Forse le sarebbe aspettato un periodo di calma.
Niente più matrimoni per qualche anno.
La pace assoluta.
L’ultimo sforzo.
Solo l’ultimo sforzo.

Ed eccomi qui con un'altra avventura! Sono pazza, lo so! Ho altre sotrie da finire ma questa storia si sta praticamente scrivendo da sola, non riesco a smettere! Quindi eccoci qui! Spero che vi piaccia, io ne sono stranamente soddisfatta. Mi raccomando fatemi sapere che ve ne pare! Bacioni. Manu!
Al prossimo capitolo vi metto le foto e il banner.

Mara con abito da sposa
Max
vestito da damigella(senza offesa per nessuno ma a me non piace)/a>
Per chi non l'avesse capito questa è Rica:
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