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Autore: Miwako_chan    15/08/2011    7 recensioni
Il legame tra Naruto e Sasuke è infrangibile, eppure pare quasi che con i loro continui litigi siano riusciti a incrinarlo.
Quando Sasuke fa il suo ritorno a casa, dopo due settimane trascorse in missione, nulla sembra essere cambiato, - continuano a litigare e a insultarsi come al solito - ma entrambi hanno finalmente compreso l’importanza della presenza dell’altro nella propria vita, tanto che, a causa dei discorsi insensati di Naruto, Sasuke finisce addirittura per dichiararsi, o quasi…
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kiba Inuzuka, Sakura Haruno | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Nel caso vi steste chiedendo perché mai Sasuke è a Konoha o cose del genere, sappiate che tutto questo è spiegato in modo molto approssimativo e confuso in un’altra mia fic ‘il mio cuore, le tue mani’, e non è proprio il caso che perdiate tempo a leggerla.

Questa, uhm, cosa che ho scritto, dopo una piccola introduzione dal punto di vista di Naruto, parlerà principalmente del ritorno a casa di Sasuke e il racconto al presente sarà intervallato da brevi squarci al passato riguardanti la missione assegnata all’Uchiha. Forse, detto così, potrà sembrare una cosa vagamente seria e ben fatta, be’ tranquilli, nonostante il mio impegno, purtroppo, non lo è assolutamente :3
Vi avverto che per questa fic mi sono ispirata a una bellissima doujinshi di KSL facente parte di una raccolta di nome Kotobuki, che vi consiglio caldamente di leggere
^-^ potete trovarla a questo indirizzo: http://genjutsu.altervista.org/doujinshi/congratulazioni.php

Questo avviso è stato aggiunto in ritardo, in quanto solo dopo aver riletto a distanza di molto tempo la suddetta doujinshi mi sono resa conto delle somiglianze, chiedo scusa a tutti per questa mia mancanza.
Se vi va di farmi sapere la vostra opinione, di scrivermi critiche, insulti o consigli per migliorare, io ne sarei davvero felice!
*-*

Infine, sì ora la pianto di scassamortirvi, ringrazio in anticipo e di cuore tutti i lettori!

Note:
[1] Daifuko: significa letteralmente 'grande fortuna' ed è un dolce giapponese composto da un piccolo mochi (dolce di riso glutinoso) farcito di solito con un ripieno di fagioli dolci.
[2] Irukauma: È il demone a cinque code (Gobi no bijuu), avrebbe anche una forza portante, ma io me ne sono bellamente fregata u_u
Per il resto ho cercato di attenermi il più possibile alle poche informazioni trovate sul web. Ci tenevo a inserire il Gobi nella storia
anche se l'ho fatto in modo del tutto casuale e insensato perché lo trovo in un certo senso molto affascinante.
[3] Bibiri-kun: Fifone, coniglio, pisciasotto e chi più ne ha ne metta xD




Non facciamo altro che
litigare!







È che lui non c’è, facendola molto semplice il problema in fin dei conti sta tutto qui.
Casa è il posto peggiore dove stare ultimamente, per questo cerco sempre di stare fuori il più possibile, lì la sua mancanza è così evidente che ogni oggetto, anche il più banale, sembra esser stato messo apposta per sottolinearla: la tazzina di caffè vuota abbandonata sul tavolo da ormai una settimana, il pentolino dell’ultima volta che ha cucinato con il sugo di pomodoro incrostato sul fondo, il letto perennemente sfatto e varie confezioni di senbei che ingombrano troppissimo la dispensa. Come se non bastasse che ogni più stupido particolare mi riporti prontamente al suo pensiero, si aggiunge pure la simpatica sensazione di completa inutilità e un adorabile senso di vuoto allo stomaco anche dopo aver mangiato due confezioni di ramen intere.
A dirla proprio tutta sono anche assurdamente preoccupato, ma mi sforzo con impegno di fingere di non esserlo, per esempio trovando i lati positivi della sua assenza, del tipo? Be’, intanto non si litiga più.
Eh già. Bisognerebbe essere come minimo in due per farlo.
Ma dopo un po’ ci rifletto su e ci ripenso, in fondo discutere non è poi così male, perché presuppone la sua presenza e questo è bene.
In effetti, di aspetti puramente positivi non ce ne sono, ma neanche a cercarli con cattiveria.

Per il resto rido e faccio lo scemo come al solito, così, giusto per non destare sospetti.
Sia mai che qualcuno pensi che mi manchi Sasuke Uchiha.


Si sistema meglio sul divano tastandone la morbida pelle bianca.
A casa di Sakura non ci viene molto spesso, tutto è sempre così in ordine e pulito alla perfezione che ha seriamente paura di sporcare e mettere qualcosa fuori posto, o peggio ancora di far cadere uno di quegli inutili quanto fragili suppellettili di porcellana che invadono come funghi ogni singolo mobile.
Questi sembrerebbero motivi alquanto insulsi per evitare di far visita a un’amica, ma essendo consapevole della sua proverbiale goffaggine e della violenza di cui è capace Haruno in determinate situazioni, preferisce, piuttosto che andarla a trovare, invitarla nella scatola di cartone — casa — che condivide con l’Uchiha e subirsi i suoi piacevoli commenti riguardo al caos che lì imperversa incontrastato.
Ora, però, effettivamente, è un dato di fatto che Naruto sia comodamente spiaggiato nel soggiorno di casa Haruno, cosa abbastanza strana che lo diviene ancor di più se si pensa che è andato a farle visita di sua spontanea volontà.
Ciò è facilmente spiegabile partendo dal presupposto che Naruto quando decide di fare qualcosa, la fa, punto, poi, magari dopo, ci pensa. Inoltre si potrebbe aggiungere che aveva voglia di stare un po’in compagnia di Sakura, che era stanco di girovagare a caso per il villaggio, voglia di tornare a casa non ne aveva, soldi in tasca neppure e per ultimo, ma non per meno importanza, aveva una fame terribile, e se è vero che Sakura Haruno prende a pugni gli amici e anche vero che se sei suo ospite, con ogni probabilità, ti offrirà dei dolci.

Lascia vagare lo sguardo per la sala tinteggiata di bianco panna e azzurro pastello, fino a quando la sua attenzione non viene catturata da un bel mobile in legno su cui sono poggiate, oltre ad alcune orribili statuine a forma di gatto rigorosamente frangibili, tre fotografie incorniciate.
Una di queste raffigura l’amica abbracciata all’Inuzuka e sullo sfondo alcuni meli carichi di frutta, in un’altra Kiba sorride complice ad Akamaru che con le zampe inzaccherate di fango fa le feste a una Sakura su tutte le furie. Invece, la foto messa al centro tra le altre due rappresenta il team sette al completo con il maestro Kakashi che strofina le zazzere di due ragazzini imbronciati e Sakura che sorride teneramente imbarazzata.
È la solita vecchia foto, la stessa che Naruto tiene ancora accanto al letto. Ora che ci pensa, forse dovrebbero scattarne una nuova, già, magari con una Sakura più adulta e meno bambina, Kakashi per una volta a viso scoperto e due eterni adolescenti che, inevitabilmente, si guardano in cagnesco.

“Allora Naruto, a cosa devo questa gentile visita?” Chiede con sottile ironia Sakura comparendo in salotto, tra le mani regge un vassoio con due tazze di tè e qualche daifuko[1] fatto in casa. Indossa una maglietta a maniche corte di un rosso sbiadito a causa dei troppi lavaggi e una gonna a balze viola lavanda. Tiene i piedi scalzi e tamburella le dita sul pavimento, probabilmente il contatto della pelle con le gelide piastrelle le dona sollievo dalla calura estiva.
“Niente di particolare, visto che Kiba è in missione ho pensato che ti sentissi un po’ sola, tutto qui.” Spiega brevemente per poi gettarsi sui dolcetti di riso non appena Sakura li poggia sul basso tavolino in vetro.
Haruno corruccia l’ampia fronte, infastidita dalle rozze maniere di Naruto che si sta ingozzando senza pietà. Racimola qualche granello di pazienza alzando gli occhi verso il cielo e prendendosi un bel respiro profondo decide di lasciar correre almeno per questa volta.
“Senti un po’,” Comincia, portandosi le mani ai fianchi e allungando un sorrisetto sulle labbra. “non sarà, invece, che sia tu a sentirti un po’ solo?”
Naruto si pulisce con grazia la bocca utilizzando l’intero avambraccio e osserva Sakura da sotto in su, lievemente stranito.
“Voglio dire, conoscendoti, ti mancherà, no?” Incalza spazientita, sedendosi accanto all’amico e inzuccherando abbondantemente la sua tazza di tè.
Uzumaki persiste nel guardare Sakura con un’espressione ebete dipinta sul volto.
“Ma chi? Sas’ke?” Replica dopo qualche minuto, perplesso.
“E chi se altro, baka?!” Esclama lei con esasperazione.
“Nah! Ma che ti viene in mente! Io sto benissimo!” Afferma con enfasi, allacciandosi le mani dietro il capo. “Ti dirò di più: il fatto che sia partito in missione è stata una vera e propria liberazione per me!”
Sakura si porta alle labbra la bevanda fumante rimanendo leggermente sconcertata dall’incapacità dell’amico; anche impegnandosi, Naruto resta sempre una schiappa totale nel mentire, non solo perché lo fa con le persone sbagliate, ma soprattutto quando non ce n’è assolutamente bisogno.
“A casa posso fare tutto quello che voglio e che più mi piace, senza dovermi subire continuamente i suoi insulti e brontolamenti, non devo più avere discussioni tutti i santi giorni e poi posso mangiare il ramen ogni volta che mi gira, insomma, praticamente è tutto di guadagnato e…”
Presa da un attimo di sconforto, Sakura posa la tazza sul grembo racchiudendola tra le mani e reclina il capo all’indietro poggiandosi sulla spalliera del divano. I capelli rosati le ricadono verso il basso, mentre trattiene fra le labbra una lieve risata.
“Mi stai ascoltando?” Chiede osservandola dubbioso.
“Sì, sì, continua pure.” Fa lei accompagnando le parole con un vago gesto della mano.
Naruto annuisce velocemente per poi riprendere con rinnovata enfasi il suo discorso sugli immensi privilegi di starsene da solo in casa senza un’Uchiha tra le scatole.
“posso andare a letto quando ne ho voglia e guardarmi la tv fino a tardi senza sentire un mormorio fastidioso nelle orecchie che mi dice ‘voglio dormire, usuratonkachi!’, niente più pomodori per colazione e finalmente posso mettere i piedi sul tavolo!” Esclama allegro e preso dalla vivacità del discorso, senza neanche pensarci, esattamente come se fosse a casa sua, solleva le gambe e piazza i piedi sopra il tavolino facendo sobbalzare le chicchere e il vassoio in ceramica.
Sakura solleva il capo di scatto sorpresa da quel rumore improvviso e poi, non appena mette a fuoco la situazione, inizia a fremere per la rabbia e ad assottigliare in modo impressionante lo sguardo nel tentativo di trafiggere l’idiota di turno che, guarda a caso, anche oggi è Naruto.
“Animale!!!” Bercia furiosa cancellando in meno di mezzo secondo il sorriso soddisfatto dal volto dell’amico.
Uzumaki poggia immediatamente i piedi a terra farfugliando qualche patetica richiesta di perdono.
“Scusami, scusami, scusami, scusami Sakura-chan!”
“Scusa un corno! E poi ti permetti pure di lamentarti di Sas’ke-kun?! È ovvio che litigate sempre, come si fa a stare con un bifolco incivile come te?!” Sbraita saltando in piedi e puntandogli un dito accusatorio contro.
“Eddai Sakura-chan abbi pietà, ti sto chiedendo perdono.” Miagola sinceramente pentito portando le mani avanti per difendersi.
Haruno ringhia sommessamente cercando di far riassopire la rabbia, o per lo meno di ridarsi un minimo di contegno. “I tuoi piedacci sul mio tavolino, dimmi come ha fatto a venirti in mente una cosa simile! Ah! Sas’ke-kun ha tutta la mia comprensione, scommetto che anche lui è contento di stare per un po’ alla larga da te, Naruto-baka!” Conclude incombendo minacciosa sul ragazzo.
Naruto abbassa lo sguardo demoralizzato, Sakura probabilmente ha ragione, anzi, come sempre ha ragione.
Dopo qualche attimo Haruno si risiede accanto a Naruto che voltandosi d’istinto per proteggersi da qualche pugno si ritrova, invece, a specchiarsi in due occhi verdissimi e vivaci, incorniciati da lunghe ciglia rosa, che l’osservano, forse… teneramente?
Sakura sospira piano distogliendo lo sguardo da Naruto e increspa sulle labbra un piccolo sorriso. “Beh, del resto anche Sas’ke dovrà avere i suoi difetti, dico bene?” Mormora inzuppando nel tè uno degli ultimi daifuko miracolosamente scampati dalle mire di Naruto. “Seppur pochi.” Puntualizza.
“Infatti, anche se ti posso dire con certezza che siano più di dieci.” Conferma Uzumaki osservando attentamente Sakura.
“Posso farti una domanda?” Chiede posando nuovamente lo sguardo su di lui.
Naruto annuisce piano in risposta.
“Mi chiedo perché continuate a vivere insieme se non fate altro che litigare, in fondo non sei più costretto da Tsunade-sama a stargli perennemente accanto. Cioè, non voglio dire chissà cosa, è solo che magari avete bisogno dei vostri spazi e tempi.”
Naruto rimane in silenzio non sapendo se parlare apertamente con Sakura o evitare l’argomento. Istintivamente stringe le mani a pugno sopra le ginocchia, in evidente imbarazzo.
“Onestamente non posso negare di averci pensato anch’io alle volte, ma la verità è che ho paura.” Si prende una piccola pausa, sorridendo amaramente. “Ho paura che se smettiamo di vivere nella stessa casa, allora a quel punto ci allontaneremo sul serio e non ci sarà più modo di ritrovarci. Poi a dirla tutta, i momenti belli ci sono, seppur pochi, io non so cosa ne pensi lui, ma a me sinceramente bastano quelli per poter accettare tutte le altre cose che magari non vanno.”


Ricapitolando, anche se effettivamente non c’è granché da riassumere, be’, comunque, il punto è questo:
Sasuke è in giro da qualche parte per i boschi a farsi ammazzare o a fare il ninja, dipende dal punto di vista, mentre io, invece che stargli alle costole come sempre, sto qui, a casa di Sakura, lamentandomi delle ingiustizie della vita.
Tutto questo perché, dopo il madornale disastro che ho combinato durante la mia ultima missione, Tsunade-obaasan ha giustamente deciso di escludermi da qualsiasi incarico per almeno un mese,
proponendomi inoltre di considerare la mia sospensione come una meritata vacanza.
Ma se vacanza significa struggersi tutti i santi giorni perché un teme di mia conoscenza ritorni sano e salvo all’ovile,
allora io le vacanze le detesto e poi sono incazzato, più o meno con tutti,
perché vivere con Sasuke è difficile, me l’avevano detto e più volte pure,
ma che il contrario fosse ancora peggio,
di questo non mi aveva avvertito proprio nessuno.



Sporadiche foglie di betulla danzano nell’aria, strappate dai loro rami da una leggera brezza estiva. Il cielo è sereno, tinto di arancio e di rosso da un basso sole tondeggiante che sta lentamente calando. La figura di Sasuke si staglia proprio lì, sullo sfondo incendiario del tramonto, alta e slanciata, stretta nella sua divisa da ANBU. Ad accompagnarlo c’è solo la sua ombra scura e affilata, proiettata sul prato del minuscolo giardino di casa Uzumaki, che trema incerta ogni volta che i fili d’erba ondeggiano smossi dal vento.

“Ehi lupo triste! Bentornato.”

Naruto, seduto sul terzo gradino del porticato da circa un’ora, finalmente si alza e sorride, o forse ghigna, magari ride, oppure sta facendo tutte queste cose insieme con un’unica espressione del volto. Rimane sul suo gradino ritto in piedi, con i capelli arruffati e una mano alzata per proteggersi gli occhi dai raggi del sole. A una prima impressione non si direbbe particolarmente euforico, almeno non quanto ci si potesse aspettare, e comunque non si dimena come un esaltato, agitando braccia e gambe e facendo prendere aria alla bocca; questo però non significa che non sia felice, euforico, o elettrizzato, semplicemente è ancora immerso in quella sorta di fase contemplativa, silenziosa estasi di pura felicità, che si presenta ogni volta che accade ciò che si stava aspettando da troppo tempo, che poi il troppo tempo sia un anno, o quindici giorni, o solo un minuto, non fa alcuna differenza.
L’importante è che ora, dopo due interminabili settimane, può nuovamente guardare Sasuke, annusare Sasuke, assaggiare Sasuke, se necessario addirittura parlargli, litigare con lui e picchiarlo obbligatoriamente.

Uchiha resta fermo immobile con le braccia lungo i fianchi e i muscoli tesi, soltanto il nastro scarlatto della maschera legato dietro il capo si muove, volteggia nell’aria sospinto da un sottilissimo vento. Guarda Naruto, lo fissa in un modo così intenso da scavargli nell’anima, eppure osservando quella maschera da lupo si ha come l’impressione che i suoi occhi restino lontani, incapaci di raggiungere nessuno.
Naruto protende una mano verso di lui e schiude le labbra in un bel sorriso aperto, in quell’esatto momento a Sasuke sembra di ritrovarsi con un sole brulicante di fuoco alle spalle e un altro, completamente diverso ma capace dello stesso calore, di fronte. Pensando a questo solleva per un istante gli angoli della bocca verso il cielo, tuttavia l’impercettibile movimento delle labbra rimane celato dalla maschera che nasconde la sua bocca dietro una spessa linea tremolante. Getta lo sguardo a terra e infine a grandi falcate raggiunge Naruto.
Poggia il braccio destro sulla sua spalla, mentre con il mento gli sfiora l’altra in un abbraccio a malapena accennato.
Naruto, che non può per questioni di principio accettare gesti d’affetto vagamente abbozzati, stringe Sasuke a sé circondandolo con entrambe le braccia, ma le sue dita, di solito abituate ad affondare in morbide magliette di cotone o in pelle bianchissima, questa volta non riescono a immergersi in nulla a causa nell’armatura da ANBU che ricopre il torace e la schiena dell’Uchiha.
Sbuffa seccato limitandosi a passargli un braccio dietro al collo e ad afferrargli qualche ciocca corvina con stizza, poi affonda il viso nel suo incavo del collo, giusto per sentirlo, per sapere con certezza che è qui con lui e non se ne andrà.
È suppergiù arrabbiato, lievemente infastidito e ha già trovato almeno un paio di motivi per iniziare una litigata seduta stante; il più valido è che non sopporta di non poter guardare Sasuke in volto, davanti ai suoi occhi c’è soltanto una stupida maschera bianca dalle fattezze di un lupo bastonato senza canini da sfoderare, con tanti pretenziosi fregi dipinti di rosso e una malinconica espressione sul muso.

“Toglitela.” Ordina, o comunque tenta di impartire un ordine, perché nel tono di voce c’è una lieve sfumatura di tenerezza che farebbe pensare più a una supplica piuttosto che a un’imposizione.
Sasuke, come prevedibile, ignora prontamente la richiesta e scansandolo con indifferenza entra in casa dirigendosi in cucina.

Sul pavimento ciarlano indisturbate varie confezioni vuote di ramen istantaneo, e alcuni cartoni di latte rigorosamente scaduto da giorni, ormai dotati di coscienza propria, strisciano indisturbati per la casa alla ricerca di un cappio a cui appendersi. I vestiti sono gettati per terra alla rinfusa e il fatto che ce ne siano in cucina fa presagire che le altre stanze possano esser messe ancora peggio. Sasuke si limita a guardarsi attorno, ma neanche troppo per non sottoporre a ulteriori traumi la sua salute mentale
già di per sé compromessa —, e ad alzare sopraccigli in segno di grave disappunto.
In cucina i raggi aranciati del sole filtrano dalla finestra e donano alla stanza un particolare effetto di chiaroscuro, rischiarando il mobilio e legando a ciascun oggetto la netta ombra scura corrispondente.
I piatti e le tazze della colazione — ancora quella di prima che Sasuke partisse — sono ancora sul tavolo, mentre sui fornelli, Uchiha riesce perfettamente a riconoscere il pentolino con il sugo di pomodoro incrostato sul fondo risalente a quindici giorni addietro che lui stesso aveva preparato.
Si toglie la maschera che gli ricade sul petto e inizia a esaminare i pomodori contenuti in una cesta sul ripiano della cucina, sicuramente sono stati colti durante la mattinata — sono freschi e ancora profumati — apposta per il suo ritorno.
Naruto poggiato sullo stipite della porta osserva la schiena di Sasuke. Adesso che è tornato, la casa gli pare un po’ più piccola e più disordinata di quanto non gli sembrasse prima, ma anche più accogliente e soprattutto non è più vuota. Ora è piena, piena di tante cose che nemmeno lui saprebbe elencarle tutte, ci sono un po’ di sentimenti, anzi tanti, alcuni piacevoli altri assolutamente detestabili, sensazioni a decine, complesse e indefinibili, c’è pure l’odore di Sasuke, una mescolanza di sangue e tristezza che ha sempre sulla pelle quando ritorna dalle missioni.
Perfino tra il pulviscolo che traspare colpito dai tiepidi raggi del sole c’è qualcosa, imbarazzo soffice e palpabile, perché ci vuole del tempo per ricordare come si litiga con Sasuke, come si fa a parlargli e magari anche a comprenderlo.
Uchiha la pensa quasi allo stesso modo, l’imbarazzo lo sente pure lui in questo momento, ma anche un po’ di rabbia repressa. Quindici giorni fa se ne andava in missione senza il suo migliore amico tra i piedi. Già, Naruto non c’era, e perché non c’era? Perché fondamentalmente è scemo… moderatamente stupido quel tanto che basta per fare cazzate tali che l’Hokage si vede costretta a sospenderlo dalle sue funzioni di ninja. Perché il nome Naruto anche se non fa rima con usuratonkachi ne è comunque sinonimo, e lo è tremendamente, un usuratonkachi, non solo con Sasuke, non solo a casa, ma anche durante le missioni e ci mancherebbe altro che non lo fosse pure lì, diamine!
Fatto sta che due settimane fa Sasuke Uchiha se n’è andato, con un ghigno dipinto sulle labbra e una sottile frenesia negli occhi, e soprattutto se n’è andato volendosene andare. Era stanco, addirittura più di quanto non lo sia adesso appena tornato da una missione di livello S, stanco dei loro continui litigi, delle futili discussioni, dei loro esasperanti battibecchi, era arrivato al punto che non poteva più guardare quella meravigliosa faccia da ebete senza provare un ingiustificato moto di rabbia. Qualsiasi cosa dicesse, o facesse Naruto era insopportabile, fastidiosa e soprattutto sbagliata, tutto diveniva un valido motivo per lanciarsi insulti e farsi male alle nocche.

Poi è arrivato, arriva sempre quando si è lontani da casa, quel momento di consapevolezza in cui si comprende volenti o non, che alla fine quello che si è lasciato non era poi così male, e anzi, ci piaceva pure, e per uno come Sasuke questo deve significare tanto visto che non gli piace praticamente niente. Era arrivato al punto che tutto aveva cominciato a mancargli: il suo viso, la sua goffaggine e le risate, i suoi sorrisi, quelle mani, le chiacchiere a voce alta che non ti lasciano mai solo, la sua presenza invadente e calorosa, per finire gli mancava anche quel minuscolo giardino con il suo piccolissimo orto e soprattutto quella caotica casa sempre sotto il sole.

Sceglie due pomodori e pesandoli sulle mani valuta con cura quale sia il migliore. Il suo pensiero ritorna all’immagine del suo migliore amico sul terzo scalino del porticato, al suo volto e alle sue mani calde.

Se ci pensa, se è sincero con se stesso, potrebbe ammettere che Naruto è bellissimo — talmente tanto che non riesci a pensare a null’altro — e che il suo sorriso ti riscalda l’anima. Ma è proprio questo che non gli piace, Naruto è bello come sempre, luminoso come sempre, sorride come sempre; sembra quasi che non abbia patito per nulla la sua lontananza, che la sua assenza non l’abbia minimamente afflitto, ma che al contrario ne abbia giovato.
Il timore sottile e insidioso che avrebbe fatto meglio a non tornare a casa, a non sporcare in continuazione la felicità di Naruto con la sua presenza, l’ha già sfiorato più volte in passato e ora ce l’ha lì di nuovo, conficcato nella coscienza come un chiodo arrugginito. Perché se è vero che a lui fa bene stare insieme a Naruto, non crede che la stessa cosa valga anche per lui, e allora farebbe bene a smetterla con questa sua egoistica voglia di stare al mondo.

Adesso Uzumaki è dietro di lui, non parla e gli dà fastidio che stia zitto, dovrebbe dire qualcosa, qualsiasi cosa, per esempio che gli è mancato, vorrebbe davvero sentirselo dire, ma Naruto, invece, imperterrito tace senza dargli soddisfazione.
Indugia ancora nella scelta del pomodoro migliore. In verità non ha nemmeno fame, lo stomaco ce l’ha chiuso da giorni, sta soltanto prendendo tempo, aspetta scrutando ortaggi rosso fuoco che il suo migliore amico gli rivolga la parola.
“Be’, sei stato via per due settimane e quando torni non hai nulla da dire?” Sbuffa infine Naruto tenendo gli occhi puntati sulla schiena di Sasuke, forse con l’intenzione di trafiggerlo.
Uchiha si volta lentamente, con la maschera da lupo che gli tintinna contro l’armatura. Il suo viso è stanco e due occhiaie scure gli segnano gli occhi.
“Preparami un caffè.” Ordina laconico, non ci pensa nemmeno che la sua sgarbataggine e finto menefreghismo possano ferire qualcuno, piuttosto nella sua testa non fa altro che ripetersi la stessa ossessiva domanda ‘dimmelo, stai meglio senza di me?’.
Uzumaki inghiotte aria per il nervoso e si ritrova a stringere i pugni con forza fino a farsi sbiancare le nocche.
“Che?!” Ringhia a denti stretti.
“Ti ho chiesto se potresti prepararmi un caffè,” Replica formulando la frase in modo più gentile, ma con almeno il doppio dell’arroganza nel tono di voce. “dobe.” Puntualizza come conclusione della frase, ritenendo che ora il simpatico appellativo ci stava.
“Arrangiati, teme!” Sbraita Naruto in risposta, con un’irrefrenabile voglia di tirargli un pugno.
Sasuke è tornato a casa da meno di dieci minuti e hanno già incominciato a litigare, nulla di strano, era ciò che si aspettava, ma che avrebbe piacevolmente evitato.
Uchiha si limita a piegare le labbra in un’impercettibile smorfia e ripone uno dei due pomodori nella cesta.


Accovacciato sopra il robusto ramo di un larice, Sasuke Uchiha restava immobile sotto l’acqua che scrosciava ininterrottamente. Kiba Inuzuka, invece, dall’incirca un momento e mezzo osservava a braccia incrociate il suddetto compagno di squadra in attesa che gli rivolgesse la parola.

“Ehi lupo stronzo, nel caso non avessi sentito, ho detto che la radiotrasmittente s’è fottuta e che non riesco a percepire né l’odore di mamma cervo né degli altri, quindi, reitero: lupo stronzo, che si fa?” Berciò sbattendo con irritazione il piede contro la corteccia.
Sasuke sorvolò, seppur con un residuo di risentimento, sull'appellativo usato da Kiba nei suoi confronti, del resto è questo che ci si deve aspettare se si saltano deliberatamente le riunioni per la scelta dei nomi in codice, le probabilità che chi dovrà sceglierlo al tuo posto è qualcuno che ti detesta, sono altissime.
“Dobe, è palese che non ci rimanga altra scelta che cercare di tornare indietro da soli, ma tu morirai per certo, gli esseri che fanno pisciare il proprio cane sulle radiotrasmittenti non hanno speranze di sopravvivenza.” Replicò con tono pacato, senza degnare il suo interlocutore di un solo sguardo.
Kiba ovviamente di tutta la frase colse unicamente la parola, o meglio l’insulto — dobe — e iniziò a ghignare divertito.
“Yo, modera i termini lupo stronzo, non so se tu te ne sia accorto o meno, ma non sono Uzumaki!”
A quel punto Sasuke levò gli occhi verso Inuzuka, strinse nervosamente le mani a pugno e con la maschera ANBU che gli celava il volto ebbe tutta la libertà di piegare le labbra in una smorfia contrita. Già, quel canide non assomigliava per niente a Naruto, ma doveva ammettere che entrambi avevano l’innata capacità di fargli saltare i nervi. Con un movimento fulmineo ghermì Kiba per il bavero della divisa spingendolo con forza contro il tronco dell’albero.
Inuzuka digrignò i denti per il contraccolpo, ma poté notare da quella posizione ravvicinata che gli occhi scarlatti dell’Uchiha, al di là delle cavità buie della maschera, si volgevano inquieti verso destra. Constatò con un sospiro che finalmente anche Sasuke se n’era accorto.
“Puzzano di marcio ‘sti tizzi.” Sibilò tendendo l’orecchio e annusando l’aria per riuscire a individuare la posizione degli avversari, ma sfortunatamente la pioggia che precipitava a dirotto non facilitava l’operazione confondendo i suoni e disperdendo gli odori.
Sasuke liberò Kiba dalla presa e si lasciò cadere verso il basso, rimanendo appeso al tronco a testa in giù per mezzo del chakra confluito nei piedi. I capelli corvini intrisi d’acqua gli pendevano come fusi perpendicolari al terreno, mentre osservava il cavallo bianco in prossimità del larice impegnato a fiutare qualche traccia sospetta. Che fosse un cane, invece che un equino, agli occhi di Sasuke non aveva poi molto importanza.
“Siamo circondati.” Asserì atono volgendo lo sguardo verso Kiba.
“Ok, adesso vuoi dirmi anche che la pioggia è bagnata o per oggi abbiamo finito con le cazzate?!”



“… siamo rimasti separati dal resto della squadra e in seguito siamo stati attaccati da un gruppo di ninja cacciatori d’Iwagakure, è accaduto tutto così all’improvviso che siamo stati colti completamente impreparati.” Mormora tralasciando particolari, raccontandogli l’infinitesima parte di tutto quello che in realtà avrebbe voluto dirgli.
“Non te l’ho chiesto.” Ribatte Naruto interpretando uno sguardo annoiato piuttosto convincente.
Di solito non si parla mai delle missioni, o perché le hanno svolte insieme e quindi non avrebbe senso, oppure, in generale, perché non è mai bello raccontare di come si ammazza la gente.
“C’è stato un momento in cui stavo per morire,” Prosegue lasciandosi scivolare addosso quelle gentili parole d’interessamento.
Sasuke non dice — ho temuto di morire — oppure — ho rischiato di morire —, perché se c’è di mezzo la sua vita lui non teme e non rischia nulla, Naruto questo l’ha notato e serra le labbra in un’espressione severa.
“in quel momento pensavo a te.” Termina sferrano un morso al pomodoro. “E togliti quell’espressione ebete dalla faccia.” Aggiunge, nonostante i suoi occhi non gli permettano di vedere in modo nitido indovina perfettamente l’espressione di Naruto, che non riesce a capire dove voglia andare a parare con quello strano discorso.
“Se stanno così le cose, allora non dovresti mai più pensare a me.” Replica secco dopo qualche istante, come se fosse giunto alla più ovvia delle conclusioni.
Sasuke scuote lievemente il capo, questo del resto è quello che succede quando si permette a Naruto Uzumaki di sforzare troppo le meningi per trovare soluzioni non richieste.
“Dobe, lo dici come se fosse possibile.” Commenta con sottile sarcasmo, morsicando con le dovute attenzioni il pomodoro per non sporcarsi; attenzioni del tutto inutili visto che gli Uchiha per natura non possono sbrodolarsi, al massimo un sottile rivolo rosato potrebbe percorrergli con ingenua sensualità le labbra e scorrere fino al mento, cosa che tra l’altro sta succedendo, ma che è ben diversa da un comico e fortemente ridicolo sbrodolamento.
Naruto deglutisce a vuoto, in imbarazzo, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla goccia di un rosso diluito che indugia sulle labbra di Sasuke, non sa nemmeno come rispondere a quell’affermazione che l'offende e lo conforta insieme, ma il problema non gli si pone neanche poiché un Uchiha stranamente loquace riprende subito la parola.
“Come al solito non hai capito nulla, usuratonkachi.” Incalza con uno sprizzo d’acidità.
Uzumaki si mette di fronte a lui, corrucciando le sopracciglia bionde per il nervoso. “Neh, che sarebbe a dire che non capisco niente?! Ho capito perfettamente invece quello che intendevi. Se pensi a me invece di concentrarti sul combattimento, allora dico che faresti meglio a non pensarmi affatto, teme!” Esclama a poca distanza dal volto impassibile dell’Uchiha.
Sasuke si lascia sfuggire dalle labbra una lieve smorfia di disappunto. “Infatti, ciò che intendevo dire è che il pensiero di te mi ha fatto desistere dal morire.” Arriccia in modo impercettibile la bocca nel dirlo, come se volesse pentirsene, o punirsi per aver lasciato che le parole gli rotolassero via dalla lingua senza il suo permesso.
Naruto rimane a guardarlo sorpreso e forse anche un po’ turbato, indeciso su come reagire di fronte a quella strana dichiarazione d’affetto. Alla fine rilassa il volto in una serena espressione e apre sulle labbra un caldo sorriso.
“Dimmelo eh, Sas’ke, dimmelo, ti hanno drogato, vero?” Ride, senza sforzarsi troppo di trattenersi.
“Ch’!” Sibila risentito.
“Nah, è che sembra proprio che tu mi abbia detto qualcosa di gentile, è strano davvero!” Spiega sorridente, intanto è sempre più vicino al volto dell’amico, tanto che i nasi per poco non si sfiorano.
“Usuratonkachi, nel caso non te ne fossi accorto, ti avverto che mi stai facendo incazzare.” Ringhia con un filo di voce, tuttavia quella sottospecie di minaccia non fa che accrescere l’allegria di Naruto che intreccia le dita tra i capelli corvini di Sasuke attirandolo a sé nel tentativo di baciarlo, ma l’Uchiha con un movimento fulmineo si cala la maschera sul volto e il Jinkuurichi si ritrova a posare le labbra su una superficie liscia e fredda, anziché sulla morbida e tiepida bocca dell’amico.
"Teme! Levati subito ‘sta maschera!” Abbaia imbronciandosi, puntando un intimidatorio dito indice contro il muso del lupo.
Sasuke si limita a gettargli un’occhiata di pura indifferenza. “Scordatelo.” Replica freddamente.
Molla il pomodoro mezzo morsicato in mano a Naruto ed esce dalla cucina calciando accidentalmente, o forse no, alcune confezioni di cibo precotto sparse sul pavimento.
Sta per mettere piede in salotto, che poi è anche la camera da letto, quando qualcuno, o meglio qualcosa, gli si appioppa sulle spalle a peso morto.
“Sas’ke,” Gli mugugna in un orecchio. “mi sei mancato!”
Ecco, finalmente l’ha detto, anche se con un tono di voce troppo alto perché Sasuke possa apprezzare completamente il pensiero e non ritenerlo fastidioso.
Uchiha digrigna i denti, continuando stoicamente ad avanzare nonostante il peso leggiadro che gli grava sulla schiena, e poi sibila, con languida dolcezza, la sua dichiarazione d’amore:
Scrostati.


Plick, plick,
plick.
Sasuke riaprì lentamente gli occhi ritrovandosi sdraiato per terra a osservare il muso ridente di un grosso cane bianco, il fastidioso picchiettio che l’aveva risvegliato era appunto la saliva di questo che precipitava sulla sua maschera.
Cercò Kiba con lo sguardo, ritrovandolo a qualche metro di distanza intento a rialzarsi faticosamente in piedi. Non riusciva a ricordare nulla di quello che fosse successo negli attimi prima e non poteva nemmeno capacitarsi di come dei semplici ninja cacciatori avessero potuto ridurre due ANBU del loro livello in quello stato.
“Ehi lupo stronzo! Vedi di alzare il culo da terra o siamo morti!” Sbraitò Kiba sorreggendosi al tronco di una conifera.
Sasuke si tirò in piedi aggrappandosi alla folta pelliccia di Akamaru, si sentiva disorientato, come se avesse le vertigini. Istintivamente si portò una mano alla testa ritrovandola poi sporca di sangue.
Non pioveva più. Gli abeti nelle vicinanze erano stati spezzati a metà, altri addirittura sradicati e il terreno era pervaso da profondi solchi come se ci fosse stato un terremoto. L’aria era satura di urla strazianti che giungevano, però, ovattate alle orecchie di Sasuke, erano le grida degli stessi ninja d’Iwakagure che prima avevano tentato di attaccarli e che ora venivano massacrati senza pietà.
Alzò il capo, assottigliando lo sguardo per mettere a fuoco ciò che accadeva a scarsa distanza da lui: un’enorme creatura dal manto bianco e fattezze equine si agitava inferocita muovendo nervosa le sue cinque code.
Strinse immediatamente l’elsa della spada, cercando con la coda dell’occhio un cenno da parte dell’Inuzuka.
Il biju, intanto, aveva iniziato ad avvicinarsi al trotto, allungando la grossa testa da cetaceo per afferrare alcuni ninja fuggitivi.
“La coda…” Esalò Kiba levando lo sguardo verso la bestia, con occhi sgranati.
Sasuke in quel momento notò che una delle code dell’Irukauma
[2] era percorsa da scariche elettriche, un istante dopo alcuni ninja lo superarono correndo rapidissimi, poi tutto divenne bianco.


Dopo una veloce doccia fredda si sente già meglio, è ancora stanco, sì, ma almeno si è tolto di dosso l’odore di sangue, di sudore e Dio sa che altro. Sfrega i capelli con l’asciugamano di spugna, mentre cerca di farsi strada nel disordine di vestiti e rifiuti vari gettati a terra per cercare di raggiungere il letto.
Naruto è già tra le lenzuola che finge di dormire dandogli rigorosamente le spalle, sì finge, perché altrimenti dovrebbe russare.
L’estate è arrivata e da tempo pure, per questo non perde occasione per farsi sentire con il suo piacevolissimo caldo afoso che giunge dalla finestra spalancata insieme all’insistente frinire delle cicale.
Sasuke piega l’asciugamano riponendolo ai piedi del letto e recupera dalla sedia — dopo vari tentativi a causa della scarsa luminosità della stanza — una maglia nera, è vero che il cielo è ancora chiaro e la luna rischiara l’ambiente, ma il colore della maglietta e il disordine non lo aiutano di certo, così come la miopia.
S’infila l’indumento per la testa rimanendo poi con le braccia immobili all’altezza dei pettorali, i suoi occhi si sono posati su Naruto e da quel volto non riescono più a distogliersi. Lo guarda davvero, per la prima volta dopo due settimane. È lì, con gli occhi chiusi e i capelli sparsi sul cuscino a formare un vago ventaglio di ciocche bionde, sulle labbra tiene stampato un mezzo sorriso, forse a farlo divertire è la convinzione che Sasuke lo creda addormentato.
Uchiha rilassa le braccia lungo i fianchi, scuotendo lievemente il capo nel tentativo di allontanare fisicamente certe immagini sensuali che il viso di Naruto è capace di rievocare in lui. S’intrufola tra le lenzuola leggere, fresche e con impresso il profumo di loro due. Socchiude gli occhi assaporando la piacevole sensazione di dormire dopo tutto quel tempo in un vero letto, sopra un morbido materasso, finalmente a casa.

Si mette in posizione supina osservando il soffitto biancastro, nella stanza è calato un piacevole silenzio velato soltanto dal canto delle cicale e da una brezza leggera che smuove le fronde degli alberi. Si volta lentamente posando lo sguardo sulla schiena di Naruto che si alza e riabbassa al ritmo del suo respiro. Distende un braccio, senza nemmeno starci a pensare troppo, e affonda le dita tra soffici ciocche dorate.

“Voglio dormire, usuratonkachi.” Brontola, imitando una voce impastata dal sonno.
Sasuke resta per un attimo perplesso, di solito è lui che pronuncia con stizza quella frase quando Naruto non riesce a dormire e continua a rigirarsi nel letto, ciarlando da solo riguardo ad argomenti insulsi e allungando casualmente — perlomeno a suo dirsi — le mani dove non dovrebbe.
“Da quando hai il sonno così leggero, dobe?”
Consapevole di essere stato smascherato, Uzumaki rimane in dignitoso silenzio.
“E soprattutto non provare mai più a chiamarmi usuratonkachi, usuratonkachi.” Incalza Sasuke, continuando con incredibile nonchalance ad accarezzare quei morbidi capelli.
“Già, come vuoi.” Concede con magnanimità. “Allora, teme, voglio dormire.” Blatera infine.
“Domani mattina non hai nulla da fare, quindi smettila di lamentarti.”
“Il fatto che io sia in vacanza non significa che non abbia nulla da fare.” Replica saccente.
“Non sei in vacanza, dobe, ti hanno sospeso, c’è una certa differenza.” Ribatte iniziando a tirargli le ciocche bionde, così, solo per il gusto di farlo arrabbiare.
“Vedila come vuoi, in fondo non posso farci nulla se Tsunade-obaasan è crudele e soprattutto mi odia. E leva ‘sta mano teme, che mi stai facendo male! ” Abbaia digrignando i denti e cercando di liberarsi dalla presa di Sasuke dai suoi capelli.
“Se per crudele intendi giusta, allora potrei anche darti ragione…”
“Teme non dire stronzate, tu non mi daresti ragione in ogni caso!”
Sasuke gli lancia uno sguardo torvo per essere stato interrotto. “Devo ricordarti il disastro che hai combinato nell’ultima missione?” Azzarda perfido, avvicinandosi all’amico.
“Perché devi continuare a mettere il dito nella piaga, stronzo? E soprattutto mi chiedo perché devi rompere così tanto le palle stanotte!” Sbotta girandosi di colpo e ritrovandosi Sasuke a pochi centimetri dal viso a cavalcioni sopra di lui.
“Perché se non fosse stato per la tua immane stupidità, non saremmo rimasti separati per tutto questo tempo.” Sibila risentito, leggermente rosso sulle gote, sia per la rabbia, che quella ce l’ha sempre in corpo, sia per l’imbarazzo.
Naruto l’osserva perplesso, domandandosi se deve ridergli in faccia e chiedergli per l’ennesima volta se ha assunto qualche sostanza nociva. Sì, perché Sasuke gli ha appena detto, in un modo molto originale, che gli è mancato, ma alla fine decide, invece di complimentarsi con lui per aver esternato una volta tanto i suoi sentimenti, di controbattere con altri insulti, ritenendo di non poter sorvolare in nessun modo sulla gentilissima espressione — la tua immane stupidità — che l’Uchiha gli ha con affetto dedicato.
“Quindi è questo il tuo problema! Ma forse non ti ha sfiorato minimamente il pensiero che, magari, avresti potuto rinunciare tu alla missione, neh?! Sai, sono certo che non muori se per una volta smetti di pensare unicamente a te stesso!” Sbraita afferrando Sasuke per le spalle.
Uchiha lo fissa con astio chiudendosi nel suo solito e pretenzioso mutismo, giusto per far intendere a Naruto che ciò che dice non è neanche degno di risposta, non che poi lo pensi effettivamente.
Rinunciare alla missione è una gran cazzata perché le probabilità che sia accettata una sostituzione sono bassissime, ma che pensa solo a se stesso, purtroppo, è dannatamente vero. Piega il capo verso l’incavo del collo del suo migliore amico, sfiorandogli la pelle con i capelli corvini che scendono perpendicolari al cuscino.
“E poi, Sas’ke, sei troppo vicino.” Mormora piano Naruto trattenendo un sorriso.
“Queste cose dovrei dirle io, usuratonkachi.”
Naruto sorride piano socchiudendo gli occhi, mentre Sasuke nel modo più disinvolto e spontaneo inizia a baciargli il collo e a sfiorargli con la punta della lingua il lobo dell’orecchio.
Faceva già caldo prima, per colpa di questa dannata estate che intende presentarsi con puntualità tutti gli anni, ma ora è anche peggio; l’aria bolle nella stanza e qualcos’altro arde dentro Naruto e Sasuke, fa caldo, troppo, c’è così tanto calore tra loro che in pochi attimi il mondo non sembra più il posto tanto brutto che si era immaginato e i ricordi dolorosi diventano meno insopportabili, quasi svaniscono, evaporati, sotto strati di piacevoli sensazioni.
Infila una mano sotto la maglia bianca di Naruto, andando a graffiare e a stringere quella pelle abbronzata. Socchiude le iridi scure, assuefatto dal profumo intenso del suo migliore amico, dalla sua presenza chiassosa, sempre e comunque, anche nel silenzio, capace di mettere a tacere ogni suo pensiero. Non riesce nemmeno a riconoscersi, non vuole riconoscersi Sasuke, senza il suo freddo autocontrollo e con il cuore, stranamente più leggero, che batte furioso; non riesce a imporsi di smetterla di accarezzare Naruto con le labbra, non vuole fermarsi e continua a mordere e a baciare quella pelle per lui irresistibile.
“Sas’ke, che fai?” Mormora affondando le dita tra i capelli serici di Sasuke. La domanda di per sé è insulsa, in quanto è palese ciò che sta facendo l’Uchiha, probabilmente non è nemmeno una domanda, perché è inconfondibile il suo retrogusto da rimprovero.
Sasuke solleva di poco il capo assottigliando gli occhi neri con stizza. Naruto tiene il volto di lato e guarda altrove, non si capisce se resta in quella posizione perché vuole lasciare più libertà all’altro sul suo incavo del collo, oppure è un atteggiamento di distacco.
“Dobe, proprio non ci arrivi? Quello che avremmo dovuto fare già da tempo.” Gli soffia in un orecchio, provocatorio. Forse è questo che si chiama prendere l’iniziativa e lui mai prima d’ora ha avuto il coraggio di prenderla. Sì, perché Sasuke è fondamentalmente un codardo e ci tiene troppo al suo muro di freddezza e indifferenza per rischiare di abbatterlo con stupide dichiarazioni. Questa notte, invece, a modo suo, l’iniziativa l’ha afferrata, stritolata e scagliata addosso a Naruto, perché Sasuke è stanco di tantissime cose, e non solo di litigare, di svegliarsi la mattina e di vedere ogni giorno le facce sceme degli abitanti di Konoha, ma è stanco pure di perdere tempo prezioso.
Naruto sgrana per un attimo gli occhi azzurri e ride pensando alle perifrasi cretine che s’inventa l’Uchiha per dire che ha voglia di una sana scopata.
“Ti desidero anch’io.” Confessa sorridendo, traducendo quello che Sasuke intendeva dire prima.
Con un colpo di reni Naruto capovolge la situazione ritrovandosi sopra all’amico che per tutta risposta lo trafigge con un’occhiata assassina.
“Usuratonkachi che significa?!” Soffia afferrandolo per le spalle nel tentativo di levarselo di dosso.
Naruto sbuffa esasperato alzando gli occhi al cielo, del resto doveva aspettarsi una reazione del genere da parte di Sasuke, se litigano persino su cosa mangiare a colazione figurarsi quando devono decidere i ruoli a letto.
“Giusto per rinfrescarti la memoria… avevamo deciso che stavo io sopra.” Risponde seccato, mentre un piede dell’Uchiha, non si sa esattamente come, gli finisce in piena faccia.
“Non inventarti stronzate, dobe!” Sibila imbestialito, tirandogli le guance con forza e puntandogli l’altro piede dritto sullo stomaco.
Naruto soffoca tra le labbra un lamento di dolore e tirando colpi a casaccio alla fine riesce a colpire Sasuke in volto e a pigiargli la testa sul cuscino.
“Mi fhai mahae!” Bofonchia, mentre Sasuke continua a deformargli il viso senza pietà, come se fosse fatto di gomma.
“E tu tirami via ‘sta mano dalla faccia…” Stava per dire — dobe — o — testa di cazzo —, ma gli è appena arrivato un pugno nello stomaco che gli ha fermato le parole in gola.
Naruto si ritrova in pochi attimi al limite della sopportazione quando Uchiha inizia a tirargli il naso con spietata cattiveria, e a provare un odio viscerale per il piede che gli sta lentamente sfondando la mascella.
Ormai la verve è andata a farsi benedire e non c’è molto da aggiungere, se non che la nottata ha preso la solita brutta piega.
Dopo aver cercato inutilmente di liberarsi dalle grinfie di Sasuke a suon di pugni, tenta, nella più cieca disperazione, in particolare del suo naso che implora pietà, di vincerlo usando la temibile arma del solletico. Per un attimo la nuova strategia sembra portare a buoni frutti, visto che l'Uchiha lascia immediatamente la presa e diventa in volto di un rosso tremendo per lo stoico tentativo di trattenere le risate, peccato però, che la sua rabbia nei confronti del Jinkurichi sia aumentata in modo esponenziale e con un semplice calcio ben assestato riesce a scaraventarlo giù dal letto.
“Teme, per poco non picchiavo la testa contro lo spigolo!” Ciarla innervosito, a gambe aperte e con il sedere dolorante per la caduta. “Potevo farmi male!” Aggiunge agitando un pugno a mezz’aria.
“Appunto.” Replica tagliente.
In meno di un istante e mezzo, l’intero lenzuolo con un Sasuke incazzato nero al seguito si ritrovano spiattellati, senza troppa delicatezza, sul pavimento.


“Ogni coda, ogni coda equivale a un elemento...” Asserì Sasuke respirando affannosamente, nascosto insieme a Kiba e a Akamaru in un piccolo anfratto formatosi con le scosse sismiche provocate dal demone.

“Questo lo sapevamo già! Puoi dire qualcosa di più utile, eh?” Sbottò Kiba interrompendolo. “Per esempio: hai qualche idea per salvarci la pellaccia?“
Uchiha gli lanciò una torva occhiata per poi annuire velocemente col capo e risalire con un agile salto l’avvallamento. Estrasse la spada di Kusanagi, con Kiba a quattro zampe dietro di lui che lo guardava sconcertato.
“Gli spezzo le zampe e poi gli taglio la testa, questo è il piano.” Dichiarò senza nessuna particolare sfumatura nel tono di voce.
Inuzuka trasalì violentemente, accompagnato da qualche uggiolato triste del suo cane.
“Tu sei pazzo.” Replicò esprimendo in modo sintetico l’opinione che si era fatto dell’Uchiha nel corso di tutti quegli anni . “Sai com’è, forse è meglio qualcosa di molto più semplice e assolutamente efficace, del tipo: scappiamo!”
Non che Kiba sia un codardo, questo no, semplicemente ha un forte istinto di sopravvivenza, come tutti gli animali, ed è dotato in minima parte di una certa cosa, del tutto sconosciuta a Sasuke, chiamata buonsenso.
Uchiha ignorò completamente le lamentele dell’Inuzuka avvicinandosi a falcate decise alla bestia, la quale, con un corpo folgorato dai suoi fulmini tra le fauci, si voltò di profilo verso i due ninja. Gli scrutò con un occhio gelido dalla palpebra arrossata e muovendo a intervalli regolari la grossa mandibola sporgente fece risuonare il distinto rumore di ossa che si spezzano.
Utilizzare l’arte del fulmine sarebbe stato sicuramente inefficace verso un demone che usa il suo stesso corpo come ricettore di elettricità e lo stesso discorso sarebbe valso anche per il fuoco, dato che poteva controllare perfettamente anche quell’elemento.
Chiuse l’occhio destro e spalancò il sinistro nella cui iride nera comparve una complessa figura lineiforme rosso scarlatta.
“Amaterasu.” Sibilò attraverso la maschera e fiamme senza luce avvolsero le zampe della creatura.
Raggiunse rapidissimo la pentacoda spiccando un salto per riuscire a decapitarla con un unico fendente di spada, mentre lei si divincolava convulsa a causa del fuoco nero.
Kiba lasciò sfociare sulle labbra un amaro sorriso e sollevò di poco la maschera da cane che gli celava il volto, il tanto che bastava per portarsi alle labbra una pillola di tonico da guerra.
Uchiha da solo non ce l’avrebbe fatta o come minimo sarebbe ritornato a casa completamente cieco e, no, le prediche di Naruto non aveva affatto voglia di sentirle.


Dopo una buona manciata di minuti sono ancora lì, imperterriti, a prendersi a pugni e a lanciarsi amorevoli insulti, accaldati, sudati e stanchi, in particolare Sasuke che è appena tornato da una missione di grado S, ma pare che questo piccolo particolare non interessi a nessuno, men che meno a lui.
A un certo punto la situazione sembra andare a favore di Naruto che con un rapido movimento riesce ad afferrare alla sprovvista l’Uchiha e a scaraventarlo di schiena contro il materasso, per poi stringergli i polsi e immobilizzargli le mani sul cuscino.
Si avvicina al viso di Sasuke, pregando in silenzio affinché non gli sputi in un occhio.
“Bibiri-kun
[3].” Sussurra placidamente con un mefistofelico sorriso dipinto sul volto.
Sasuke sgrana gli occhi, deglutisce a vuoto e serra le labbra in una smorfia per evitare di azzannare Naruto al collo in preda a un fortissimo istinto omicida.
“Che hai detto?” Sibila rabbioso liberandosi dalla presa del Jinkurichi con una facilità disarmante e invertendo nuovamente le posizioni.
“Cos’hai osato dire, demente cronico? Prova a ripeterlo se ne hai il coraggio.” Sussurra velenoso, tentando di strozzarlo e di incenerirlo contemporaneamente con lo sguardo, cosa che non gli riesce poi molto, dato che Naruto pare per nulla turbato e continua a ridacchiare insensatamente.
“Bi-bi-ri-kun.” Sillaba ghignando come un disgraziato, la visione di Sasuke offeso a morte è semplicemente impagabile.
“Ti ammazzo, sì, io ti ammazzo.” Ringhia scuotendo per il collo, con estrema violenza, quella gioiosa testa bionda.
Uzumaki continua a sorridere imperterrito, perché Sasuke ha perso da un bel pezzo il suo ferreo autocontrollo e, nonostante incuta un po’ di timore con le sue intimidazioni che non sa se prendere seriamente o meno — il suo neurone comunque sta cominciando a soffrire il mal di mare a furia di essere sbatacchiato in quel modo —, è palese che ormai lo tenga in pugno.
“Starò io sotto e farai tu quello che spinge, contento femminuccia?”
E Sasuke trema già per la rabbia al solo sentire quelle parole.
“Così quando la prossima volta ci invertiremo i ruoli, sapendo già com’è, sarò il più delicato possibile. Non temere.” Incalza, sfiorandogli addirittura una guancia con la mano, sorridendo amorevolmente.
“Non prendermi in giro, dobe!” Abbaia tentando per di più di scarnificargli la mano a morsi.
Si allontanano l’uno dall’altro praticamente nello stesso istante, uno perché ci tiene in modo particolare alla sua mano destra, l’altro perché deve ricucire al più presto il suo orgoglio ferito.
Ed è così che Sasuke si getta a un lato del letto mettendosi supino — nonostante sia consapevole che ciò che sta facendo sia esattamente quello a cui Naruto mirava —, perché lui, Uchiha Sasuke, non teme e non ha paura di nulla, assolutamente nulla, può benissimo fare l’uke mantenendo tutta la sua virilità ed è pronto a dimostrarlo.
“Allora, usuratonkachi, non dirmi che sei tu quello che si sta pisciando sotto adesso.” Mormora lanciandogli uno sguardo di sfida.


Questo è essere un ANBU: la vita per la patria, la mente per la missione e il cuore per i compagni, nulla gli appartiene, nemmeno la propria morte.
È questo che Sasuke intendeva rivendicare quel giorno, il diritto di scegliersi la morte. Senza Naruto ad afferrargli la mano per trattenerlo nel mondo, era così facile per lui lasciare che la sua mente vagasse libera nei ricordi più cupi e dolorosi, e adagiarsi nella placida speranza di poter porre una fine, un limite oltre al quale nulla avrebbe potuto scalfirlo. Naruto avrebbe capito, avrebbe accettato la morte di un ninja, una morte non scelta, mai, invece, avrebbe sopportato il suicidio, l’atto di puro egoismo. Per questo Sasuke aveva deciso di simulare un dignitoso martirio per la patria.
Sentiva ancora il torbido dolore delle ferite, il sangue che colava lento dall’occhio sinistro, che gli scivolava tra le labbra con il suo sapore ferroso. Avvertiva l’odore penetrante di cane bagnato nelle narici e quei dannati ricordi, preziosi, angoscianti, bastardi e dolorosi ricordi ancora meravigliosamente lucidi e vividi nella sua mente. Strinse gli occhi cercando di reprimere un gemito di dolore, fra poco sarebbe tutto finito, niente più stupidi ricordi, niente più fitte nel cuore, basta con le lacrime amare mal trattenute.
“Deficiente vedi di ripigliarti, hai capito?! Io non ci voglio andare a dire a Naruto che sei crepato, hai capito che non voglio farlo?! Quindi vedi di aprire ‘sti cazzo di occhi e respirare, altrimenti…”
Attraverso la maschera dall’aspetto canino, la voce di Kiba giungeva inaspettatamente piacevole alle orecchie dell’Uchiha.
Nulla gli pareva più auspicabile in quel momento se non il lasciarsi cadere in un dolce sonno, dimenticarsi finalmente di tutto e sigillare il dolore in un luogo dove non poteva più essere ascoltato.
“… Dio, quello mi ammazza se gli dico una cosa del genere e non solo! Hai presente la faccia da ebete che c’ha? Ecco, si metterà sicuramente a piangere e la sua faccia da deficiente peggiorerà ancora! È allucinante, cazzo!”
Kiba non ragionava più da un pezzo, ma continuava a sbraitare e ciarlare a vanvera, con gli occhi sgranati e increduli di fronte al volto esangue dell’Uchiha.
Sasuke era certo che in tutta la vita non avesse fatto altro che mutilare l’entusiasmo e la felicità di Naruto. Senza di lui sarebbe stato sicuramente meglio, avrebbe realizzato con facilità tutti i suoi sogni, Naruto più di ogni altro meritava la felicità. Se ne sarebbe andato liberandolo dalla sua oppressiva presenza, avrebbe spezzato quel legame che credevano indistruttibile. Il suicidio, lasciarsi andare alla morte con gli occhi chiusi, era la scelta che riteneva fra tutte la più altruistica.
Ma Sasuke, nonostante le sue buone intenzioni, è sempre stato un egoista ed è per questo che quel giorno decise di non morire. Proprio per quello che lui stesso chiama ‘il mio egoismo di vivere’ si rialzò faticosamente in piedi, raccolse la maschera da terra e lasciandosi sorreggere da Akamaru legò il nastro rosso dietro il capo.

“Naruto”

Sussurrò con un filo di voce, rivolto più a se stesso che a Kiba, il quale guardava sconcertato l’incredibile ripresa dell’Uchiha.

“io lo detesto,”


Sono lì, loro due, nel letto, con il lenzuolo esanime accasciato sul pavimento, la finestra aperta e le zanzare che entrano insieme a un leggero venticello che seppur sottile c’è e si sente, ma che non basta comunque a dar loro sollievo dal caldo estivo, perché dopo essersi picchiati e urlati contro come pazzi crepano per l’afa lo stesso.
Dopo un profondo respiro, Naruto distoglie lo sguardo dal soffitto, che del resto non è molto divertente da fissare, per posarlo sul viso di Sasuke lievemente rischiarato dalla luce della luna. Tiene le labbra appena schiuse e con le occhiaie scure a segnargli il volto dà l’impressione di essere veramente molto stanco.
“Se stiamo tutte e due sotto non credo che succederà granché.” Blatera tornando a osservare il soffitto biancastro.
“Già, dobe, sei perspicace.” Replica secco, alzando una mano per schiacciarsi una zanzara sul collo che però, data la lentezza del gesto, ha tutto il tempo per svolazzare via indisturbata.
“Neh, devi insultarmi obbligatoriamente ogni volta che apri bocca?” Si lagna imbronciandosi come un bambino.
“Non posso farne a meno, usuratonkachi. La mia è una diretta conseguenza delle tue azioni e parole.”
“Sai, a volte credo di detestarti, anzi, come non detto, io ti detesto teme,” Mormora mantenendo sulle labbra quella particolare espressione che sta proprio a metà, fra un sorriso e una risata.

“Ciononostante non credo”


“di poter fare a meno…”


“a meno di lui.”

“di te.”
“Finiscila di fare dichiarazioni a vanvera, dobe, sei imbarazzante.”


“Ehi, lupo stronzo, dove credi di andare? Ti reggi a malapena in piedi e poi quello ci beccherà subito se usciamo così allo scoperto!”
Sasuke, ormai fuori dalla profonda e ampia fenditura nel terreno che gli aveva fatto da nascondiglio, acuì lo sguardo verso la creatura in lontananza che scalciava come un’ossessa, vittima delle fiamme eterne di Amaterasu.
Se non era in grado di darle una morte rapida, non aveva alcun senso far soffrire la pentacoda in quel modo. Socchiuse gli occhi e sciolse il ninjutsu dissipando immediatamente dal corpo del biju il fuoco nero.
Capobranco,” Si morse il labbro con stizza per aver chiamato quello scemo con il suo altrettanto scemo nome in codice. “andiamocene.”
“Cosa?! Adesso ce ne andiamo e quando l’ho detto io col cazzo che mi hai ascoltato! E cosa credi, che quello ci lascerà andare così?!” Indicò la pentacoda, che riscossa dagli schiamazzi dell’Inuzuka aveva nuovamente puntato lo sguardo su di loro raspando innervosita per terra.
“E poi si può sapere perché non è più sotto l’effetto dell’Amaterasu? Ehi, lupo stronzo, mi puoi spiegare perché cazzo la tua tecnica… Akamaru piantala!” Interruppe la frase a metà per rimproverare il cagnone che lo tirava con forza per la manica. A quel punto Kiba si accorse che Sasuke, nonostante le ferite, stava già scomparendo tra i rami delle conifere lasciandolo indietro.


“Sas’ke.”
“Oi.”
“Siamo davvero patetici,” Ridacchia piano Naruto, scompigliandosi con una mano la zazzera bionda. “Non lo credi anche tu?”
“Parla per te, usuratonkachi.” Replica freddo, massaggiandosi le palpebre che probabilmente hanno incominciato a farsi pesanti.
“Ma ti rendi conto? Non facciamo altro che litigare!” Esclama piantando i gomiti sul cuscino per sollevare il busto. “Non riusciamo mai ad avere un dialogo decente senza insultarci o prenderci a pugni, dimmi l’ultima volta che...”
“Ha importanza?” L’interrompe con tono tagliente, mentre allarga le dita dei piedi in segno di nervosismo.
Naruto s‘imbroncia, sbuffando annoiato, e si lascia ricadere sul materasso allargando le braccia fino a sfiorare accidentalmente con una mano quella di Sasuke.
“Sì, no, cioè… sinceramente non lo so. Preferirei evitarlo almeno qualche volta ecco, giusto per rendere più sopportabile la tua presenza e, beh, magari è questo il nostro unico modo per comunicare e allora poi non ci sarebbero tante altre soluzioni.” Ciarla giocherellando con le dita affusolate dell’amico.
“Dobe, l’unica soluzione possibile sarebbe che tu non fossi tu.” Puntualizza atono, sopportando con amorevole rassegnazione le attenzioni non richieste che Naruto sta dedicando alla sua mano.
“Nah, che spasso che sei, attento a non farmi ridere troppo.” Ribatte piccato, intrecciando le dita con le sue.
“E a te che interessa tanto trovare delle soluzioni e dal momento che dubito che tu possa mai non essere tu, a me sinceramente le cose stanno bene anche così.” Mormora voltandosi verso Naruto e dopo essersi liberato dalla sua presa facendo scattare rapide l’esili dita, gli stringe nuovamente la mano imprimendo così tanta forza che sembra voler suggellare con lui un’eterna promessa.


Rimarrò sospeso nel dubbio di aver sbagliato e nell’incertezza di aver scelto il meglio.
Vivere è il gesto più altruistico di cui un uomo è capace, lasciandosi andare alla morte non si potrebbe essere più egoisti, è così che la pensa Naruto, ma per me è l’esatto contrario ed è per questo che fino a quando non saprò cambiare il mio punto di vista, non potrò mai essere in pace con me stesso.


“Io, alla fine, dopo tutto questo tempo, credo che qualcosa di te sia riuscito a capirla.” Gli dice ad un orecchio a voce abbastanza alta perché Sasuke possa contrarre le labbra in una smorfia d’insofferenza e intimargli ripetutamente di stargli alla larga perché è fastidioso e poi fa caldo.
“Tu capire… qualcosa?” Chiede dopo un po’ con una punta di cattiveria.
“Già, Sas’ke.” Risponde annuendo vigorosamente col capo, e non si sa se il sarcasmo della domanda di Sasuke sia stato brillantemente ignorato dall’insospettabile maturità di Naruto o non sia stato recepito affatto. “Tu sei orgoglioso, testardo, freddo e complessato, pensi sempre e pensi troppo, ecco qual è il tuo problema,” Continua contando gli aggettivi sulla punta delle dita.
Sasuke lo guarda e automaticamente nega con un gesto del capo tutto ciò che ha appena sentito. Sarà che l’afa lo rende irritabile, sarà che ha sonno, che le zanzare sono fastidiose ma mai quanto Naruto che persiste a dire scemenze e a stargli appiccicato, sarà forse per tutte queste cose insieme e nella stessa notte che Sasuke Uchiha sente l’irrefrenabile desiderio di azzittire con una testata oppure con un bacio, a scelta, lo scemo che ha di fronte.
“Hai finito con la tua brillante analisi psicologica o devi aggiungere altre cazzate, dobe?” Ringhia rigirandosi dall’altra parte dando le spalle a Naruto.
“Nah teme, non ho affatto finito, perché tu sei anche assolutamente incoerente, così tanto che dici sempre il contrario di quello che provi veramente.” Incalza lasciandosi sfuggire una lieve risata dalle labbra.
Sasuke si volta e guarda Naruto intensamente, esasperato e felice insieme, pare quasi che sorrida, non con la bocca perché quella rimane come sempre tirata in una sottile linea orizzontale, ma con gli occhi sì, tagliati a mandorla e nerissimi.

“Allora io, credo proprio di odiarti.”













  
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