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Autore: Deilantha    02/09/2011    11 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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“In Giappone si dice che ogni persona quando nasce porta un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra.

Seguendo questo filo, si potrà trovare la persona che ne porta l'altra estremità legata al proprio mignolo:

essa è la persona cui siamo destinati, il nostro unico e vero amore, la nostra anima gemella.

Le due persone così unite, prima o poi, nel corso della loro vita, saranno destinate ad incontrarsi,

e non importa il tempo che dovrà trascorrere prima che ciò avvenga, o la distanza che le separa,

perché quel filo che le unisce non si spezzerà mai,

e nessun evento o azione potrà impedire loro di ritrovarsi, conoscersi, innamorarsi.”





Capitolo 1









Era una strana creatura Emile. Ma l’amavo. L’amavo con tutta me stessa.

E amavo il suo nome francese, unico lascito di una madre che si era arresa tropo presto alla depressione, dimenticandosi di tutto e di tutti, vivendo un’esistenza grigia  dove il figlio e il marito erano ombre ai margini della sua coscienza. Ma pur vedendola così assente, Emile amava immensamente sua madre: in passato era stata una cantante di discreto successo, poi si era innamorata ed era fuggita via col suo uomo, abbandonando “momentaneamente” la carriera, convinta di poterla  recuperare. Invece la casa discografica non gradendo questa fuga, le rescisse il contratto, lei rimase incinta e d’un tratto il suo mondo cambiò. Pensò di potersi dedicare anima e corpo alla nuova vita che cresceva dentro di lei, già si vedeva madre felice ricolma d’amore e già pensava ad un rilancio della sua carriera… ma la depressione post partum l’aveva travolta e non ne era più uscita.

Emile era cresciuto ascoltando la voce di sua madre: aveva la musica nel sangue e prima ancora di saper parlare, già cantava. Perciò non c’era da stupirsi se a 22 anni era un prodigio nel canto e un polistrumentista talentuoso che nel suo piccolo faceva parlare di sé.

 

 

Lo conobbi durante un concerto: ero con i miei amici, felice come una Pasqua perché eravamo riusciti a portarci tutto il nostro gruppo (cosa molto rara!),  persino quella gran poltrona di Sofia che non si schiodava mai da casa propria e dal suo mondo interiore. Io amo circondarmi delle persone care, amo riempirmi la vita di emozioni condivise, di dolori vissuti in gruppo e di gioie amplificate e questo era il concerto di uno dei miei gruppi preferiti, i TresneT: ascoltare dal vivo la loro musica era già un’esperienza travolgente per me, ma riuscire a condividerla con tutti i miei amici più cari, cantare insieme le loro canzoni, sarebbe stato indimenticabile!

E in effetti fu così… ma non nel senso che immaginavo! Mentre facevamo la fila per accedere al luogo in cui si sarebbe tenuto il concerto, ero a dir poco su di giri, mi muovevo in continuazione parlando a raffica con tutti, tessendo le lodi  del gruppo e raccontando la storia della vita di ogni componente: dal batterista con un passato  da alcolista, passando al bassista ex violinista per finire al cantante appena uscito da una crisi d’identità, che gli era valsa la scrittura dei brani dell’ultimo album… Ero nel pieno del mio papiro elogiativo quando le mie orecchie iniziarono a sentire un brusio di fondo che stonava con la mia composizione: c’era qualcuno che stava criticando i TresneT! Al loro concerto! Mi stizzii immediatamente, pietrificata al solo pensiero che tra noi ci fosse qualcuno che non li venerasse e a quanto sembrava, era proprio così!

Nella fila accanto alla mia, ma indietro di due posizioni, un tipo alto e magro, con i capelli rossi, corti ma lasciati più lunghi sulla parte superiore della testa a formare un piccolo cespuglio riccio e una fila di piercing all’orecchio destro,  stava parlando con altri due ragazzi: aveva il viso volto in un atteggiamento di disprezzo, agitava una mano mimando un accordo di chitarra/basso (da cui capii chi stava criticando) e non si faceva scrupoli ad alzare la voce. I suoi amici invece, qualche scrupolo se lo facevano, dato che uno dei due lo guardava sorridendo con imbarazzo mentre l’altro era totalmente a disagio, ma a quanto  pareva, il tipo sprezzante non ne teneva affatto conto, perché continuò imperterrito nella sua sequela.

Mi fumavano le orecchie per la rabbia, che doveva essere ben evidente sul mio viso, dato che Margherita mi prese il braccio guardandomi preoccupata mentre Stefano diceva a Federico: 

«Ecco che Testarossa parte, ci sarà da divertirsi!»

“Testarossa” era il soprannome che mi aveva dato Sté quasi in un’altra vita: mi conosceva praticamente da sempre, eravamo stati compagni di classe alle medie e alle superiori (ovvero fino all’anno precedente) e sapeva benissimo quanto poco ci mettevo a scaldarmi quando mi toccavano qualcosa a cui tenevo con tutto il cuore. Da qui il soprannome di Testarossa, come quella di un fiammifero e non per il colore dei capelli, che invece erano di un nero cupo dai riflessi blu; una specie di Morticia Addams col caschetto, ma senza il suo charme! E la suddetta mancanza si mostrò proprio in quell’occasione, nel momento in cui persi le staffe ed iniziai a ribattere ad una conversazione a cui non ero stata  invitata a partecipare.

«Scusami ma perché sei venuto  a questo concerto se i TresneT non ti piacciono?! Non ti accorgi che le tue critiche stanno dando fastidio a tutti? È come se arrivasse un prete in una riunione di Mussulmani a dire “State sbagliando fede”: chi ti dà il diritto di venire a rovinarci il concerto?!» sentii il silenzio che si era formato d’un tratto nelle nostre due file: stavo dando spettacolo e la folla era in attesa della risposta per sapere se avrebbe ricevuto un bell’intrattenimento nell’attesa di entrare.

Sentivo Stè che ridacchiava alle mie spalle mentre gli altri si tendevano in preda al disagio… Sofia di sicuro si stava pentendo amaramente di essere venuta!

Ma tutto questo contorno di persone m’interessava ben poco: ormai ero lanciata nella mia battaglia personale in difesa dei miei eroi e non volevo uscirne sconfitta in alcun modo, tutto il mio essere era pronto a ricevere la risposta del rossino che mi stava guardando interdetto.

O almeno lo era stato per i primi secondi, mentre ascoltava l’intro della mia arringa. Ma mano a mano che parlavo, ho visto il suo volto mutare dal sorpreso al sarcastico.

«Ecco perché non sopporto voi fans esagitati, come sentite un minimo di critica costruttiva rivolta ai vostri idoli senza macchia, dimenticando che sono comuni esseri umani, partite in quarta pronti all’attacco senza nemmeno sapere di cosa si tratta!» 

Esagitata a me? Beh sì, in effetti lo ero, ma come si permetteva lui, che nemmeno mi conosceva?! Nell’arco di due minuti aveva offeso i miei dei della musica e anche la sottoscritta, questa era un’onta che andava lavata via col sangue!

«Potrò anche essere esagitata, ma almeno non mi presento ad un concerto di un gruppo che evidentemente disprezzo, con il solo scopo di criticarlo e dar fastidio a chi invece l’apprezza! Sembra quasi che tu ne sia invidioso e sia venuto qui per infangarli come la volpe con l’uva!» feci un sorrisetto soddisfatto, occhio per occhio, offesa per offesa! Ma la mia soddisfazione durò poco, quello lì era un osso duro!

«Un altro motivo per cui non sopporto i fans esagitati: non avendo argomenti plausibili, mettono in mezzo il solito discorso dell’invidia. Se proprio ci tieni a saperlo sono qui perché mi hanno invitato, non avrei mai speso un soldo di mia volontà per assistere ad un concerto di una boyband dalle ore contate e non sono venuto qui con lo scopo di dar fastidio, dato che conversavo tranquillamente con i miei amici e non ero di certo a tenere un’arringa pubblica, come sta facendo qualcun altro in questo momento!»

Mi guardò con aria di sufficienza e un sorriso soddisfatto: era riuscito a stravolgere la situazione, ero io ora ad apparire la disturbatrice che monopolizza l’attenzione e disturba il pubblico in attesa! E aveva dato della boyband ai TresneT! Oddio come non lo sopportavo! 

«Io non sto disturbando proprio nessuno, difendo il gruppo che amo e se non te ne fossi accorto, non sono l’unica qui che è venuta per ascoltarlo e non per criticarlo! Eri liberissimo di non accettare l’invito se ti fanno tanto schifo o non avevi nient’altro di meglio da fare?»

Oh, l’avevo messo a posto, Testarossa=2, Rossino Odioso=1!

Vidi il suo sguardo lampeggiare per un momento, ma all’improvviso, campeggiò un sorriso astuto sul suo volto, come per un ripensamento repentino:

«Considerato che volente o nolente, sto dando spettacolo e sto anche pagando per farlo, a questo punto ti lancio un invito ad ascoltare la vera musica: se sei così convinta che i tuoi idoli siano il miglior gruppo del mondo, domani sera vieni al Dada alle 22:00, così capirai cosa significhi ascoltare un vero gruppo! Anzi venite tutti, visto che ci siamo!»

A queste parole si alzò un polverone di domande: erano tutti curiosi di sapere chi si sarebbe esibito, incuranti delle ripetute offese date al nostro amato gruppo: quel tipo terribilmente irritante aveva approfittato della caciara per fare pubblicità a qualche gruppetto di belle speranze ed era riuscito ad attirare l’interesse di tutta la sua fila!

Miscredenti!

Ed io che avevo lottato anche per loro!

A quel punto ero rossa di rabbia ed ero stata battuta, perché non avevo più possibilità di replicare, visto il vociare che si era creato intorno a lui. Sentivo Stè che rideva a crepapelle, divertito come non mai dal mio spettacolo: era uno dei miei migliori amici e forse l’unico che non mi faceva pesare questo carattere impulsivo che mi trovavo, essendo sempre divertito dalle mie “passionali argomentazioni”, come le chiamava lui ed era una panacea per me, che spesso mi pentivo di aver parlato un po’ troppo. Mi alleggeriva il senso di colpa per non aver tenuto la bocca chiusa e mi faceva sentire meno sbagliata. Ma in quel momento l’avrei fucilato! Ero troppo arrabbiata e mortificata per soprassedere a ciò che era appena accaduto e le sue risate mi facevano sentire ancora più ridicola!

«Che ti ridi tu stupido!? Potevi anche parlare e aiutarmi, non piacciono forse anche a te i TresneT? O sotto sotto anche tu sei come quell’imbecille lì e vieni solo per criticare?!»

Ero al culmine della rabbia e sentivo già l’umidità salirmi negli occhi, quando Margherita mi prese per le spalle e riuscì a placare il fuoco che mi stava divorando.

 «Calmati Pasi, ti stai agitando troppo e ti stai rovinando la giornata, vuoi dargliela vinta in questo modo? Ora rilassati e dimenticalo, sei con i tuoi amici e stai per ascoltare il tuo gruppo preferito, dieci minuti fa eri al colmo della gioia, torna in quello stato d’animo e non pensare più ai disturbatori fastidiosi.»

Margheritina mia, menomale che c’era lei! Con la sua calma mi riportava sempre a ragionare e a non farmi arrivare ad un passo dall’ulcera, era la mia medicina personale!  

«Hai ragione Rita, ora mi calmo, non vale la pena rovinarsi una giornata splendida per un deficiente!»   Caricai l’ultima parola di tutto il mio disprezzo, prima di fare un respiro profondo  per ritrovare la calma, come mi aveva insegnato Sofia, che praticava yoga ormai da anni e spesso ci dava dimostrazioni pratiche di quanto una respirazione regolare e profonda potesse calmare l’animo più sconvolto. 

Dopo quest’avvenimento a dir poco fastidioso, cercai di non pensare più a quel tipo odioso e di godermi la giornata: la fila iniziò a scorrere più velocemente (e non poteva farlo prima?!), i cancelli si aprirono e fui proiettata nel mio piccolo Paradiso! Il concerto fu bellissimo ed io me lo godetti tutto, ma ogni tanto mi saliva alla mente quello che avevo sentito dire  da quel tipo insopportabile prima di infuriarmi: “Due accordi ripetuti continuamente cambiando solo il background non sono musica, è commercio spietato”,  questa frase mi rimbombava nella testa ogni volta che sentivo il chitarrista o il bassista e iniziai a sentire i brani in modo critico. La musica era sempre stata sinonimo di trasporto emotivo per me, mi appassionavo ad un brano quando mi trasmetteva emozioni, quando senza nemmeno capirne il testo, sentivo un magone improvviso, oppure avevo voglia di gridare al mondo la mia felicità. Ma ora quel tipo iniziava a farmi percepire la musica da un punto di vista tecnico più che emozionale: era così che la percepiva lui? Sentiva solo la tecnica senza farsi trasportare dalle emozioni? Che razza di musica ascoltava allora? Magari era un fissato di robetta classica o di strumenti suonati in modo improbabile pur di sembrare dei geni creativi! Ed io mi stavo perdendo il concerto per pensare a certe cose!

Alla fine della serata, Stè esordì con:

«Allora Testarossa, a che ora vengo a prenderti domani?»

Lo guardai interdetta, non avevamo parlato di uscire, né avevamo alcun appuntamento…

«Di cosa stai parlando Testa di Paglia?»

La mia originalissima contromisura al soprannome di Stè: aveva i capelli biondissimi, tant’è che alle medie lo prendevano in giro chiamandolo svedese e siccome non era facile trovare capelli così chiari intorno a noi, quando iniziò a chiamarmi “Testarossa”, decisi di controbattere con la stessa moneta, criticando il colore dei suoi capelli. Ok, è vero che la sua era stata una trovata più originale, rispetto alla pura critica fisica, ma ad una ragazzina di undici anni colta nel suo punto più debole e facile a perdere le staffe senza ragionare, al momento non venne nulla di più originale in mente! E poi quell’anima sempre allegra di Stè non se la prese minimamente, anzi, ci fece una risata su e accettò il soprannome di buon grado. Così in classe iniziarono a chiamarci Le Teste di Fuoco, e diventammo una coppia indivisibile!

«Sto parlando dell’invito del tuo nuovo fan, l’esibizione di domani al Dada alle 22:00»

Sgranai gli occhi per lo sbigottimento: Stè voleva dare soddisfazione a quel tipo! E si aspettava che ci andassi anche io!

 «Ma dico stai scherzando vero?! Non darò una soddisfazione simile a quello lì nemmeno se mi pagano! Non andrò a sentire un gruppetto da quattro soldi facendo il suo gioco!»

Stè mi guardò divertito, come qualcuno che ti conosce talmente bene che sa già cosa farai prima ancora che tu stessa ci abbia pensato.

«Ok, allora passo a prenderti alle 21:00, così arriviamo presto e non ti perdi lo spettacolo!» e come al suo solito, si fece una bella risata. Margherita, Fede e Sofia non furono minimamente interpellati perché sapevamo che non sarebbero venuti: Sofia  ci aveva già donato la sua uscita settimanale e mai sia che facesse bis, Rita era “super impegnatissima” come diceva lei, tra università, palestra e lavoro part-time (persino il suo nome preferiva accorciarlo in qualcosa che fosse sbrigativo e facesse perdere meno tempo!), Fede aveva il lavoro nella comunità che era la sua vita, quindi come al solito, rimanevamo io e Stè, Le Teste di Fuoco, sempre pronti a fare casino quando ce n’era occasione.  E tutto sommato era vero, volevo andarci per sentire che razza di gruppo stava promuovendo quel tipo!















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NDA
Questa è la prima storia che pubblico che non sia una one-shot. Finalmente, a quanto pare, la mia ispirazione sembra essere un pò più duratura, per cui sono altamente felice di poter iniziare a pubblicare qualcosa che non si fermi ad un solo capitolo!
Perciò, al di là del riscontro che potrà avere con i lettori, sono davvero felice e soddisfatta per averle dato la luce. Ovviamente spero che la mia piccola creatura possa piacere e che lasci qualcosa ai lettori, come sta facendo a me che la scrivo.

Ringrazio come sempre la mia Tomodachi, Iloveworld, perchè è diventata la mia Beta Reader, perchè mi ha spronato a scrivere qualche mese fa quando ci siamo conosciute e perchè lo fa tutt'ora col semplice fatto di esserci. :*


Grazie mille per essere passati da qui ^ ^

   
 
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