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Autore: MaikoxMilo    06/09/2011    17 recensioni
Svegliarsi da un coma non è facile, né per chi si trova in quella particolare situazione in prima persona, né per chi vi è fuori... No, non esiste "essere fuori" per chi sta rischiando di perdere una persona cara, perché il senso di perdita è così opprimente da toglierti il tuo stesso respiro, da spingerti a fare di tutto per salvarla...
E poi il risveglio, doppio, se possiamo dire... Perché non puoi mai sapere cosa ti riserverà il futuro, perché non puoi mai sapere cosa accade se le vite del passato e del presente si incontrano...
Seguito de "La guerra per il dominio del mondo" della quale è necessaria la lettura. Personaggi Lost Canvas e serie originale.
(Fanfic in fase di riscrittura)
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Aquarius Degel, Nuovo Personaggio, Scorpion Kardia, Scorpion Milo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato... Presente... Futuro!'
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CAPITOLO 1

 

RISVEGLIO

 

22 Luglio 2011

 

Sei stata eccezionale, Marta! Tu e le tue amiche insieme ai Cavalieri d’Oro siete riuscite a sconfiggere Crono!” una voce dall'accento francese risuona nella mia testa. Sono confusa... conosco questo tono, ma come è possibile che riesca ancora a udirlo quando... quando tutti i miei cinque sensi si erano spenti in precedenza? Costui... costui mi ha aiutato, lo so, per motivi inspiegabili mi è altresì famigliare; così famigliare...

S-sono morta?” chiedo con un filo di voce.

Sono stati secoli, in apparenza, di buio totale, per cui mi sembra strano sentire di nuovo quella voce tranquilla che mi aveva spronato a non arrendermi durante la battaglia fatale contro il padre didel Divo Zeus.

Chi lo sa? D'altronde il confine tra la vita e la morte è poco più sottile di una lamina di ghiaccio...” mi risponde, enigmatico.

Sorrido tra me e me:

Parli in maniera ambigua, devi essere un filosofo o un intellettuale, visto tutte le cose che sai!”

Sapevo... ormai sono morto” sussurra tristemente la voce, improvvisamente laconica.

Il fatto di essere morti non cancella il proprio essere, o almeno quello che si è stati! Lo spirito indugia, trasmettendo ai posteri il dono più grande: la propria essenza!” ribatto, decisa.

Anche tu sai un sacco di cose, ma non ne sono stupito... sei davvero eccezionale, Marta!”

Una mia ipotetica risposta viene interrotta da una luce improvvisa. Ho sempre gli occhi chiusi, ma il bagliore è talmente accecante che lo riesco comunque ad avvertire distintamente. Dopo così tanto tempo tempo qui, nelle tenebre oscure, uno spiraglio si è aperto, forse so dove conduce...

Cosa dovrei fare adesso? Di là è così calmo e tranquillo...” mormoro, rapita dalla sensazione di pace che proviene dalla luce. Forse... forse se la attraverso riuscirò finalmente a raggiungerLO? Potremo tornare a parlare sotto il tiglio? Basta sofferenze, basta guerre... è un ipotetico sentiero per la pace imperitura, anche questo lo so, ma... qualcosa mi trattiene qui.

Hai la facoltà di scegliere, sei fortunata... Non tutti ce l’hanno! Tieni, però, presente che se andrai verso quel bagliore la persona ormai a te più cara patirà delle pene strazianti, più di quante ne abbia subite già nella sua vita, perché ti avrà perduta per sempre e il smarrirti condurrà anche lui alla perdizione. Viceversa, se non prenderai quella strada, sarai tu a dover passare indicibili sofferenze... Hai delle ferite piuttosto gravi, rimetterti in sesto non sarà di certo una passeggiata!” mi spiega la voce criptica ma leggermente incrinata.

Ho capito, finalmente ho capito, sono una sorta di coma o qualcosa del genere e la persona ormai a me più cara sta aspettando dall'altra parte un segno; un segno di vita. Sospiro un poco affranta, sorridendo malinconicamente: non è ancora destino che ti raggiunga, amico mio, abbi ancora un po' di pazienza. Non posso ancora andarmene da questo mondo, non ora che l'ho ritrovato.

Non mi voglio arrendere, non importa quanto dovrò soffrire! Scelgo la vita! Sceglierò sempre la vita!” affermo, seria.

Lo sapevo... Orbene, Marta, ci rincontreremo presto!” asserisce la voce, diventando però sempre più bassa.

Aspetta! Il tuo nome…” dico, aprendo gli occhi, ma non c’è più nulla intorno a me.

Poco dopo una luce mi avvolge, mentre il mio corpo, da leggero quale lo sentivo, diventa pesante come un macigno.

 

*****

 

Tossisco violentemente, quasi come se i miei polmoni avessero dimenticato cosa volesse dire respirare. Le membra sono stanche, appesantite, come se sentissero solo ora il peso della carne. L'anima è così leggera, a confronto, non me ne ero mai accorta prima d'ora!!

Mi sento svuotata, priva di energie. Il dolore lancinante sullo sterno e sul polso destro mi toglie quasi il respiro. E tuttavia sto respirando! Lo avverto distintamente dal nuovo fremito pulsante che percepisco in petto. Fa... quasi male!

Freddo. Sento ancora i brividi di freddo sparsi in tutto il corpo, ad eccezione della mano sinistra, lì si sta incanalando un calore arcano che lentamente si diffonde ovunque. Qualcuno deve avermi tenuta stretta per tutti questi giorni, come se non avesse voluto mai abbandonarmi, lasciarmi andare via... e continua tutt'ora a farlo!

Un sorriso si dipinge sul mio volto, mentre le mie dita tentano di chiudersi sulle sue e ricambiare quel contatto a me tanto caro, senza riuscirci perché non ho la forza necessaria. Tremo per la fatica. Devo e voglio farlo, ma il gesto si perde nel vuoto. Ansimo, non riesco a muovermi come vorrei e quasi mi viene da pingere, finché... non è lui stesso ad aumentare la stretta su me, richiudendo le mie dita nel suo palmo molto più grande del mio.

“M-Marta?” mi chiama tremante Camus, nel tono di chi ha pianto per molto tempo.

Apro a fatica gli occhi per troppo tempo tenuti chiusi. La luce me li ferisce, sono costretta a richiuderli perché è accecante. Mugugno frasi inconsistenti che neanche io so bene, sprofondo nel cuscino, mi mordo il labbro inferiore perché voglio impormi di svegliarmi. Perché non ci riesco? perché mi è così difficile?!

"M-Marta, n-non, aspetta, non..."

Forse vorrebbe dire altro, non lo so; so solo che si blocca completamente nell'istante in cui le mie palpebre, scollandosi finalmente, si aprono nella sua direzione e lo guardano. Compio uno sforzo immane a focalizzarlo davanti a me, perché le mie iridi non erano più abituate alla luminosità, ma non appena riesco nel mio intento, le mie labbra si stirano nel più bel sorriso di cui sono capace.

E' buffo così: ha un po' lo sguardo da pesce lesso, la bocca dischiusa, gli occhi rossi che sembra si sia infilato le unghie dentro e ci abbia scavato a fondo, ma mi mancava da matti il suo viso.

“C-ciao, fratellino...” sussurro con voce roca cercando di fargli percepire tutto l'affetto che provo per lui.

Lui sembra sgonfiarsi come un palloncino, quasi ride, quasi piange, forse non lo sa nemmeno lui, ma si sforza di ricambiare il mio saluto: "Ciao, piccola peste..."

"Di', anf, anf... hai reperito qual-cosa di b-bello dai tuoi occhi? - gli chiedo, sforzandomi di assumere un tono ilare - S-sembra tu ci abbia scavato a fondo, o... o, anf, tu sia an-dato in spedizione su un vulcano, anf!" termino di dire, respirando più pesantemente.

Lui ridacchia tenue e il solo sentirlo lasciarsi andare così mi fa palpitare con più forza il cuore, facendomi stare meglio.

"E' perché non vedi i tuoi. - mi fa notare, dandomi un buffetto sul naso con l'indice e il medio - Sembrano due giganteschi pozzi neri in cui ho temuto di perderti, ma sei forte e coriacela come pochi, tendo a dimenticarlo, a-a volte." si raschia la gola poi, tentando in ogni modo di non farmi percepire il tremore della sua voce quando invece è estremamente tangibile.

Il paragone rende l'idea dello stato in cui versavo. I miei occhi, in effetti, avevano smesso di vedere già da tempo. Mantenere le palpebre aperte è una azione che ora mi richiede non poche energie, ma riuscire nuovamente a distinguere le forme, pur ancora sfocate, mi fa dimenticare il dolore lancinante che sto ancora provando.

E, fra tutte le sagome intorno a me, scorgere di nuovo il tuo volto, fratellino mio, mi fa pensare davvero di aver fatto la scelta giusta!

"S-sono contenta, a-allora di e-esserne uscita da quel pozzo, anf. E' b-bello r-rivederti, C-Cam!" rantolo, strizzando un poco le palpebre per lo sforzo. E' come se mi mancasse l'aria, come se il solo parlare avesse già esaurito tutto l'ossigeno a mia disposizione.

Mio fratello quasi sighiozza a seguito delle mie parole, mi passa una mano sotto il collo, alzandomi un poco il capo per agevolare la respirazione. Lo sento tremare distintamente di paura.

"C-Cam, anf!" farfuglio, nel chiamarlo. Vorrei tranquillizzarlo, ma ora ho di nuovo difficoltà a riaprire gli occhi e devo fargli pena.

“E'... lo è anche per me, piccola, ma ora non... non devi compiere sforzi!"

E' scemo, non capisce i miei bisogni, o forse sì, ma ha troppo timore di farmi male. Scrollo la testa come a dire 'no'. Non voglio riposare, non ora che, così a fatica, mi sono svegliata.

"Marta!"

"Cam, m-mi abbracci?" gli chiedo, supplicante.

Lui si paralizza, il tremore aumenta: "N-non posso."

"S-scemo, sì, che puoi."

"N-no, tu non capisci in che condizioni sei, piccola, n-non..."

"S-solo un abbraccio, uno solo."

"N-no, i-io..."

"V-VOGLIO U-UN ABBRACCIO, E... COUGH! COUGH!"

L'aver alzato il tono ha immediatamente i suoi effetti collaterali, mi piego quasi su me stessa, la fitta di dolore al petto pre-esistente aumenta esponenzialmente, facendomi lacrimare gli occhi e troncando di netto il mio già stentatissimo respiro. Qualcosa che non sentivo prima prende a suonare all'impazzata, mandandomi ancora di più in agitazione. Provo a muovere le gambe ma non le sento. Piango, vorrei urlare, ma sono infine le forti braccia di Camus, che si stringono delicatamente a me, a funzionare da calmante.

"Hai una testa di granito, Marta, ti ho detto che non ti puoi muovere!!!"

Respiro. Ora posso farlo. I miei occhi si spalancano, mentre anche i contorni intorno a me, che prima non vedevo, si stampano nelle mie iridi. Mi guardo confusamente in giro, sebbene i capelli blu di Camus, che è corso finalmente ad abbracciarmi -oh, ci voleva tanto?!- occludono parte della visuale.

Sono su un letto con un lenzuolo sopra bianco. Intorno a me i muri sono bianchi. I pochi mobiletti nella stanza... bianchi. Il vaso contenente dei fiori sito vicino all'ingresso bianco. Tutto bianco.

Sbatto più volte le palpebre, confusa dalla totalità di quel colore, mentre una spiacevole sensazione di intorpedimento, unita alla consapevolezza di non potermi muovere perché legata a delle apparecchiature si fa largo in me. Ansimo un poco più forte.

Vengo distesa meglio sul cuscino, in modo che la mia schiena non sia arcuata per evitare... non lo so, che cosa, ma effettivamente c'è qualcosa che mi tira tantissimo sullo sterno, come se dovesse tenere chiuso qualcos'altro. Non capisco. Il cambio di visuale, passata dal muro verso l'entrata al soffitto in seguito al movimento di mio fratello, mi frastorna ancora di più.

"Camus..?" lo chiamo in tono interrogativo, ma non ho altre forze per arricchire il suo nome con una domanda.

Lui, però, sempre abbracciato a me, inizia ad accarezzarmi dolcemente i capelli più volte, dall'alto verso il basso, a lisciarmeli con tutte le premure di cui dispone. Mi calmo quasi del tutto.

“Stai tranquilla, ora, sei qui... SEI QUI! Ci sono io con te, non ti lascio più andare!”

"Fratellino..." biascico, chiudendo stancamente gli occhi. Vorrei ricambiare la stretta, quando parlavo di 'abbraccio' intendevo da entrambe le parti, non certo solo dalla sua, ma mi sento stanca, la testa è pesante, e la mano destra, vessata da due flebo -ora le vedo!- non ne vuole sapere di essere collaborativa. Sospiro.

"Stai tranquilla, ora. - mi ripete lui, sempre in quel tono che mi fa venire le lacrime agli occhi - Devi solo recuperare le energie, solo quello. Va tutto bene!"

Annuisco, lasciandomi andare un poco su di lui dopo aver buttato fuori aria, al che probabilmente Camus, pensandomi sfinita, mi riaccompagna giù sul cuscino, mettendomi comoda per poi alzarsi nuovamente in piedi e guardami.

“Riposa ora. Non fare sforzi inutili e soprattutto non alzarti dal letto. Le ferite sono medicate e procedono bene, ma si potrebbero riaprire!” mi da istruzioni, con un pizzico di severità, recuperando in gran parte il suo consueto tono. I suoi occhi sono ancora arrossati e lucidi, ma non c'è più tremore in lui.

“Ma... ma le altre dove sono, anf? Dove... dove ci troviamo? E Crono lo avete sconfitto? E tu... tu come stai?” domando a raffica, andando per la mia strada desiderosa di sapere di più. Tento quindi di rialzarmi per darmi un minimo di contegno, ma un dolore lancinante al petto, perfino più intenso di prima, mi fa ricadere pesantemente tra le lenzuola, ancora più ansante.

“PORCA MISERIA, Marta! – esclama subito Camus, prendendomi con uno scatto dalle spalle per poi costringermi immediatamente a coricarmi. Poco dopo mi scosta le coperte, controllando eventuali danni – Quante volte te lo devo ripetere?! NON DEVI SFORZARTI!"

"M-ma io..."

"Vuoi farmi passare un'altra settimana da incubo come quella appena trascorsa?! No, perché dimmelo chiaramente e chiedo a Shion di sedarti seduta stante!"

“Scusa...” sussurro, sentendomi colpevole. Non volevo farlo arrabbiare, non volevo si arrabbiasse con me. Guardo, ferita, altrove.

"Uff... - lui butta fuori aria, pesantemente, prima di picchiettarmi l'indice sulla punta del naso e farmi riscuotere - Non sono arrabbiato, Marta, solo... mi hai spaventato!"

"Lo so, non volevo." borbotto, desiderando nascondermi.

"Se lo sai, fallo almeno per me: non compiere sforzi inutili. Devi riposare!"

Acconsento con un cenno del capo, prima di tornare con lo sguardo su lui: "Dimmi però, come stanno le altre, anf, e-e c-come stai tu." insisto

“Le altre stanno bene, si sono svegliate prima di te ed ora stanno riposando. Come te, anche loro si trovano nell'infermeria del tredicesimo tempio. Shion stesso si è adoperato insieme a Zeus per tenervi in vita, s-senza il loro intervento... - la voce di Camus si incrina paurosamente di nuovo, sembra quasi sul punto di crollare un'altra volta, ma riesce a riprendersi – Crono è stato sconfitto, non ci darà più fastidio, ed io... ora che ti sei svegliara sto bene, Marta!” mi risponde a tutti i quesiti posti, regalandomi una delicata carezza che io mi godo tutta, anche se sto cominciando a non sentirmi bene e il mio sorriso gli arriva smorzato.

"A-anche le tue ferite vanno meglio?" chiedo ancora, imponendomi di non crollare. Non adesso.

"L-le mie..? Ah! - il suo tono appare incerto per qualche sparuto secondo - Sì."

"O-ora che Crono è sconfitto si stanno rimar-ginando, anf?"

"S-sì, piccola, sì... non devi essere così in pena per me, per quelle!" mi surrurra, melodioso, gli occhi dolci nel guardarmi.

“Mi dispiace... di averti fatto preoccupare.” pigolo, sinceramente dispiaciuta, sentendomi sempre più stanca.

Camus scuote la testa, mi regala un altro buffetto, stavolta, sulla guancia, prima di chinarsi verso di me e coprirmi meglio con il leggero lenzuolo.

“L’importante è che ora tu ti sia svegliata, ma soprattutto... cerca di recuperare in fretta le forze, sorellina mia!” conclude il dialogo, posandomi un delicato bacio sulla fronte e facendo per uscire, se la mia mano, per quanto dolorante e gremita di flebo, non si muovesse velocemente verso di lui per arpionarsi alla sua maglietta.

Ansimo. Il gesto, nella sua semplicità, mi ha totalmente sfiancato. Mi viene da tossire e la testa mi pulsa.

"Marta, no! N-non... - lui deve voltarsi immediatamente per sorreggermi e avvolgermi in un nuovo abbraccio, perfino più leggero del precedente, ma prezioso come l'acqua - Ti ho detto che non puoi fare ora simili movimenti!"

"N-non andart-ene, anf, cough! Cough! N-non lasciarmi!"

Ho paura e non so perchè, ho timore di separarmi da lui e non so perché.

"Non ti lascio, vado solo a prendere alcune cose e poi torno, ok?"

"P-prima devo dirti una cosa anf, p-prima..."

E' importante, non so se sono riuscita a dirgliela prima che accadesse quello che è accaduto. Non voglio più avere rimpianti, né esitazioni.

"Marta, ora basta fare i capricci! Tu devi capire che..." il suo tono è tornato rude, mi guarda con un pizzico di severità, probabilmente vorrebbe rimarcare il fatto che non sono in condizioni di compiere sforzi, ma io sono più veloce di lui ad esprimermi.

"T-ti voglio bene, anf, Camus."

Qualcosa passa nel suo sguardo che ora mi fissa sbalordito, mentre le sue mani ancora su di me tremano. Chiudo gli occhi e mi appoggio sfinita a lui, al suo busto, anziché sul cuscino. Sembra tanto alto in confronto a me, e forte. Sorrido automaticamente nell'avvertire quel calore intrinseco della sua pelle anche se indossa la maglietta.

Tra l'altro non si muove, al di là di tremare, ciò mi fa pensare che la frase mi sia uscita a stento, che non abbia udito, o che pure il tono era troppo basso per poter essere percepibile.

"Ti v-voglio... t-tanto bene, anf, C-Camus!" esalo ancora, prima di sentirmi raschiare la gola e dover tossire perché qualcosa mi stuzzica la laringe e mi da fastidio.

Ancora niente. Ho di nuovo il dubbio che non mi abbia udito per l'ennesima volta, solo che non credo più di riuscire a produrre altro, da quanto sono stanca.

Non riesco nemmeno più a mantenere la posizione, sono lì lì per ricadere sul letto, ma mio fratello finalmente mi abbraccia stretto stretto, pur con mille e più premure di non farmi male. Mi bacia la nuca, tra i capelli, mi fa appoggiare meglio contro di sé, mentre le sue lacrime, zitte zitte, hanno ripreso a scorrere. E, di nuovo, mi inumidiscono i capelli, da farmi sentire viva.

"Lo so, piccola mia... lo so!" mi sussurra, tremando con più forza, mentre io mi lascio cullare.

"A-avevo paura, anf, che il messag-gio non ti fosse, urgh, a-arrivato!" mi spiego, il cerchio alla testa sempre più opprimente, le palpebre nuovamente incollate.

"Mi è arrivato, invece, mi.. urf! - si deve fermare, stavolta gli è uscito un singhiozzo che non è riuscito a controllare - Potrai dirmelo quante volte vorrai, quando starai meglio, ma ora... ora riposa, mia coraggiosissima guerriera!" mi dice, accompagnandomi di nuovo sul letto, tra le lenzuola, con cura.

Mi corica lui, perché io non ho più energie, mi sembra quasi di respirare male, di far fatica, e questa cosa che mi raschia la gola che sembra quasi piena di spilli, non mi aiuta di certo. Sento le sue dita, leggere come piume, appoggiarsi alla mia fronte.

"Ti si sta alzando di nuovo la febbre..." constata in un fremito. Ed io vorrei dirgli che mi dispiace tanto, ma non riesco. Le parole non escono, si attorcigliano nella gola che mi brucia sempre di più.

Camus tira giù completamente il letto, mi discosta un poco il lenzuolo per poi sbottonarmi la camicia da notte che devono avermi fatto indossare in questi giorni. Non ho alcun controllo in tutto questo, avverto solo le sue mani su di me, le dita sollevare qualcosa che prima aderiva alla cute, probabilmente per guardare quello che c'è sotto, non lo so; so solo che la mia coscienza è sempre più a sprazzi, a momenti di buio si alternano attimi in cui avverto le sue dita sempre su di me. A volte tamponano qualcosa, a volte mi accarezzano lieve gli zigomi, mentre lui parla, mi parla sempre dolcemente, baciandomi la fronte, o la punta del naso, che mi farebbe quasi ridere se fossi in me...

Mi sento bagnata e inerme, non capisco bene le sue manovre, ma ad un tratto avverto le bende -bende nuove?!- stringere tantissimo. Sono molto fastidiose, vorrei liberarmente, forse ci provo anche, ma la sensazione di malessere si placa quando Camus, utilizzando il suo gelo, mi da un po' di sollievo.

"F-fratellino, anf..."

"Resisti, Marta, sono qui. Passerà... passerà tutto, piccola!" - mi rassicura, accarezzandomi i capelli impiastricciati dal sudore per poi rimanere lì con la destra mentre la sinistra scende nuovamente sulla mia mano per tenerla stretta stretta - Ti rimetterò in sesto, t-tornerai quella di prima, te lo prometto!"

Cedo del tutto alla stanchezza, un mezzo sorriso tra le labbra nel percepirlo così vicino. Che mi vuole bene anche lui non me l'ha detto, no, ma è come se, con i soli gesti, lo avesse espresso in ogni caso.

 

*****

25 Luglio 2011, mattina

 

Apro gli occhi nellìavvertire la gola secca, togliendomi dalla fronte il panno bagnato che stanotte Camus mi ha messo in testa. Vedo di traforo il bicchiere d'acqua che mi ha lasciato, lo afferro con mano tremante, portandomelo alla bocca per bere, finalmente, perché mi sembra di avere un deserto nella trachea.

Sono stati tre giorni molto difficili, in cui recuperavo la coscienza a fasi, più spesso vaneggiavo, rabbrividivo e ancora straparlavo. In questo esatto ordine.

Certo, la voce mi aveva avvisato che il prezzo da pagare per aver scelto di vivere sarebbe stato questo, ma non mi sarei aspettata di trascorre altri tre giorni nel delirio più totale!

Febbre, nausea, male alle ferite... credo che ad un certo punto mi abbiano dato perfino la morfina per tenere sotto controllo gli spasmi di dolore che erano insostenibili.

E Camus si è sempre preso cura di me senza mai lamentarsi, senza chiudere occhio.

Poso, con mano tremante, il bicchiere sul comodino. Ho ancora tanta sete, la brocca è nelle vicinanze ma dubito di riuscire a prenderla. E' scoraggiante e tremendamente imbarazzante, più o meno come tutti questi giorni in cui non ero autosufficiente.

Ripenso al mio stato e arrossisco di netto al solo rammentarlo. Già, non avevo alcun controllo su me, dipendevo in tutto e per tutto da mio fratello nelle cure e nella pulizia personale. Io, che non mi sono mai fatta vedere nuda da un uomo, eccetto mio nonno quando ero molto piccola, e che mi sono trovata in balia di altri che dovevano agire in mia vece nel pensare a farmi stare meglio perché io non ne ero in grado.

Ripenso al tocco delicato di Camus, alle sue mani che mi hanno privato più e più volte degli abiti, alla destrezza con la quale toglieva le bende sporche per metterne di pulite senza procurarmi altro dolore; alle sue parole nel farmi forza, alle sue labbra sulla mia fronte, quando vaneggiavo e stavo tanto, troppo, male, da chiamarlo in continuazione per paura che mi abbandonasse, come uno straccio vecchio.

Mi poso una mano sopra il cuore, provando una certa gioia nel sentire i suoi battiti. Vi era il calore in mezzo a tutto quel dolore, lo ho ancora adesso, soprattuto dentro al petto. Ora che il peggio sembra finalmente passato lo avverto ancora di più. Vorrei nascondermi dalla vergogna, eppure... mi ha fatto sentire così protetta!

Non ero da sola, nel buio. Ricordo le sue parole costantemente ripetute, mentre con una mano stringeva la mia e l'altra era posata sulla mia testa: "Non arrenderti, piccola, coraggio. Non sei sola... NON SEI SOLA! Adesso siamo in due!"

Sorrido, rasserenata: "Non mi hai mai lasciato da sola, Cam. GRAZIE!" sussurro a voce alta, anche se lui al momento non è qui, prima di ripensare ad altro, alle ultime cose successe i giorni scorsi.

Nello specifico, Francesca voleva venirmi a trovare, ma Camus glielo ha impedito con frasi tipo: “Ha la febbre alta ed è ancora molto debole”, alle quali, puntualmente, Francesca rispondeva: “Lo so ma non mi importa, devo vederla!” e Camus a quel punto ribatteva: “Cerca di capire, Francesca, già Sonia e Michela stanno male, non voglio che ti ammali anche tu!”

Solo a quel punto Francesca aveva desistito con un grosso sospiro, tornando alle sue faccende.

 

Mi stiracchio come un gatto, mentre un raggio di sole mi abbaglia, rendendomi felice.

Aaaah, finalmente! Credevo di non vederlo mai più!

Oggi sto molto meglio e, nonostante le ferite mi facciano ancora male, sento che una parte delle forze è tornata, tanto che ho una voglia matta di uscire.

Il mio pensiero va automaticamente alle mie amiche, chissà se anche loro hanno avuto dei miglioramenti da quando si sono riprese, perché non scoprirlo da me?

Conscia di disubbidire nuovamente a Camus ma di farlo per una causa più che giusta, metto lentamente un piede sul pavimento, seguito poco dopo dall'altro... Uao! Come è freddo! Non mi ricordavo fosse così gelido, o forse sono io che sono particolarmente calda! Faccio un primo tentativo di alzarmi, ma le gambe non reggono affatto e ricado sul letto.

“Pensate che mi arrenda così?! Non ci sperate!” esclamo, testarda.

Il secondo tentativo va un po’ meglio, ma solo perché riesco a poggiarmi al comodino. Bene, ora viene il difficile: camminare. Mi dirigo fuori dalla stanza a passi incerti e, stando attenta a non beccare Camus nei paraggi , mi guardo intorno, chiedendomi tacitamente dove possano essere le mie amiche.

“Ne sei sicura, Sonia?” la voce alta di Aiolia, proveniente da dietro una porta, mi indirizza su dove si possa trovare una di loro. Mi avvicino cautamente alla porta e, senza farmi notare, la apro leggermente.

La scena che si presenta ai miei occhi è la seguente: Milo e Aiolos ai due lati del letto in cui è seduta Sonia; quest’ultima, dopo essersi fatta una leggera ferita al polso sinistro, lo unisce con il polso destro di suo fratello Aiolia in quello che sembra uno scambio volontario. Alcune gocce di sangue cadono sul pavimento, trasmettendomi una sensazione di nausea che non riesco a comprendere... è forse il fatto che Crono ci ha mezze dissanguate partendo proprio dal polso?!

Senza nemmeno accorgermene perdo l’equilibrio e cado in avanti, facendomi discretamente male, tuttavia sono i capogiri il vero problema. Mi alzerei anche subito se non avessi queste fitte insistenti al petto. Speriamo non si sia aperto niente, altrimenti Camus mi ammazza definitivamente!

“Marta!” esclamano Sonia, Aiolia e Aiolos all'unisono, nello stesso momento sento qualcuno sollevarmi delicatamente e tenermi tra le sue braccia. Alzando lo sguardo, incrocio gli occhi azzurro cielo di Milo e subito un moto di gioia mi investe nel rivederlo.

“Stai bene, piccola? Non dovresti essere in piedi, se tuo fratello lo scopre, passerai un brutto quarto d'ora!” mi rimprovera lui, ma bonariamente. Sorrido di rimando, felice di vederlo malgrado il dolore lancinante al torace e il ronzio nelle orecchie..

“Marta!!! E’ così bello vederti!” ami fa eco Sonia, contenta, mentre Aiolia le richiude la ferita grazie ai suoi poteri.

Milo mi accompagna sul letto, affinché possa finalmente riabbracciarla con enfasi. E' così bello, sono talmente euforica che urlerei ai quattro venti che voglio un gran bene a tutti.

“Ehm, che stavi facendo, Sonia?” chiedo pochi secondi dopo, ricomponendomi, che già, cadendo come un sacco di patate, ho fatto una ben magra figura.

“Scambiavo il sangue con uno dei miei fratelli. Sai, ripensando a tutto quello che è successo, mi è tornato in mente quello che ci ha detto Francesca: tra semidei è possibile ‘vedersi’ se un qualcosa di uno è dentro l’altra persona; allora ho chiesto a Lia di ‘unire’ il nostro sangue, in modo tale che, se per qualche ragione veniamo nuovamente separati, possiamo capire comunque dove ci troviamo e se stiamo bene” mi spiega lei, sorridendo raggiante.

“Né io, né Aiolos eravamo d’accordo, ma Sonia è talmente testarda!” dice Aiolia, dandole un leggero colpetto in testa.

“E’ colpa di Milo, – afferma scherzosamente Aiolos – Sonia è stata troppo tempo con lui!”

Nella stanza riecheggiano le nostre risate divertite.

 

*****

Dopo le piacevoli chiacchierate tra amici, esco dalla camera di Sonia. Mi ha fatto davvero piacere vedere che tutti si sono ripresi, così facendo sono ancora più incentivata a guarire il più velocemente possibile. Ora cosa ci riserverà il futuro? Abbiamo sconfitto Crono, quindi abbiamo svolto il nostro compito e non ci resta che recuperare le forze, ma quando ci saremo riprese saremo rispedite dalla nostre madri? sarà arbitrariamente concluso il rapporto tra noi e i Cavalieri d'Oro? Circa un mese fa sarei stata contenta di questo, ma ora... è veramente ciò che voglio? Ormai mi sono abituata al Grande Tempio e ho conosciuto persone fantastiche con le quali mi piacerebbe approfondire i rapporti. Se riuscissi a diventare più forte, magari, potrei anche aiutarli a proteggere questo mondo e tutte le forme di vita che...

Improvvisamente mi sento afferrare violentemente il braccio sinistro (quello sano per fortuna!), voltandomi, trovo il viso infuriato di mio fratello a pochi centimetri dal mio... Oh, merda!

“Ca-Camus!” balbetto, preparandomi a ricevere la sfuriata di mio fratello.

“Mi pigli per il culo, Marta?! Mi raccomando di non uscire e di muoverti poco, e tu?! Non solo non fai quello che ti dico, ma anche mi passi di fianco come se nulla fosse!” esclama, sempre più scuro in volto.

Ahia, ha detto una parolaccia. Qui non si mette bene!

Maledico la mia mente quando si perde in mille congetture e non bada a ciò che ha intorno. Ora come ci esco da questa situazione, con mio fratello che, giustamente, mi sta per esplodere addosso?!?

“I-io...” comincio, incerta.

“Devo forse legarti al letto?! O rinchiuderti nella 'Bara di ghiaccio'!? Dimmi tu cosa preferisci, ti concedo il privilegio di scegliere, perché, a quanto pare, il tuo cervello da solo non è in grado di attenersi alle mie direttive!” alza ancora più la voce Camus, sovrastandomi completamente sia di mole che di parole.

"Io volevo..."

"Non mi interessa cosa vuoi TU! Se ti dico di stare allettata, STAI allettata, non vai a farti le passeggiate in giro!"

Abbasso lo sguardo, facendomi piccola piccola. Quando si arrabbia Camus fa davvero paura... ma sono anche consapevole che è colpa mia, se lo avessi ascoltato non sarei in questa situazione, quindi posso stare solo che zitta e aspettare che la furia si plachi.

"Ringrazia che sei ancora di salute malferma, perché oggi ero a tanto COSI' - e mi avvicina esaustivamente la mano al volto nel proferirlo - da prenderti a sberle, ragazzina! Chissà mai se in questo modo ti attieni a quanto ti dico!"

Ingoio vuoto, sentendomi pizzicare intorno agli occhi. Non ho le parole per controbattere, mi viene solo da piangere, tiro su con il naso, non guardandolo più in faccia. Mio fratello deve capire che ci sono rimasta male, un po' si pente, lo percepisco dal breve fremito che ha il suo corpo. Forse, se il discorso continuasse, proverebbe anche ad addolcire un minimo il tono, ma, fortuna o sfortuna, un urlo proveniente da dietro una porta, tronca sul nascere ogni possibilità.

“Brutto idiota! Allora è per colpa tua se Camus è morto nella Battaglia delle Dodici Case!” esclama la voce di Michela, alta più del normale. Mio fratello ed io ci guardiamo per un attimo, tetri, poi facciamo per entrare nella stanza dalla quale è uscito il vocalizzo, ma Hyoga, tremante e con le lacrime agli occhi, ci impedisce involontariamente il passaggio uscendo prima di poter compiere alcunché.

“Hyoga, non ci posso credere! Glielo hai detto?! - lo interroga Camus, apprensivo. Deve bastargli l'espressione mortificata del suo allievo come risposta non verbale. Sospira lungamente, esasperato - Cosa avete oggi nella testa, fra tutti?!? Marta, ferita com'è, va in giro come se niente fosse, tu non trovi un momento più propizio di questo per riferire a Michela della nostra battaglia all'undicesima casa! Io davvero non..."

“E' uscito il discorso, Maestro, e... non potevo più tacere. - si morde il labbro inferiore il Cavaliere del Cigno, dopo avermi dato un'occhiata indicariva - Perdonatemi!" si scusa e, senza aggiungere altro, si allontana in fretta e furia, come se il solo sguardo di Camus peggiorasse il suo stato.

Entriamo immediatamente nella stanza, notando subito che Michela sta singhiozzando sul letto, mentre Francesca la prova a consolare.

“Non può essere! Quello là lo ha ucciso, è stato lui... che ingrato! Ha assassinato chi lo ha fatto crescere, perché mi innamoro sempre delle persone sbagliate?!?” mormora tra le lacrime Michela, nascondendosi sotto le coperte.

“Mic...” faccio per avvicinarmi alle mie amiche, ma Camus si mette in mezzo, impedendomi di proseguire.

“Vai a letto, Marta! E’ un ordine perentorio! A Michela ci penso io, la tua presenza non è richiesta! ” mi dice mentre lentamente si allontana in direzione di Michela.

Francesca mi guarda triste.

“Ma... tu non sai il suo vissuto, lasciami stare qui, ti preg...” provo a ribattere, ostinata.

“E tu non sai il mio, di vissuto! - mi sibila, spietato, ammutolendomi - Non farmelo ripetere! Non voglio vederti gironzolare qua intorno per un bel po' di tempo! Esci di qui e vai a letto, o sarò costretto a prendere provvedimenti!” sentenzia lui, freddamente e con un pizzico di spietatezza.

Così, senza aggiungere altro, vinta su tutti i fronti, mi dirigo a capo chino verso la mia camera con il desiderio di sparire da questa dimensione.

 

*****

 

Mi volto e rivolto nel letto agitata.. No! Non puòa essere vero! Camus! Milo!

Loro moriranno, lo sai? Moriranno... così lontano da casa!” una voce mi rimbomba in testa, ma non è né dolce né tranquilla come quella che mi ha fatto compagnia quando ero in coma, né allegra e gioviale come quella che ho sentito prima di svenire dopo la battaglia contro Crono.

Nella mia testa scorrono veloci immagini orribili: Camus, Milo ed un altro ragazzo molto simile ad Aiolia, ma più giovane, sdraiati su dei letti... il loro respiro, debole come un battito d’ali di una farfalla, sembra quasi destinato a finire da un momento all'altro. Sul loro corpo sono impresse alcune macchie scure che lasciano ben poche speranze e ben pochi dubbi su quanto è accaduto...

No! No! Non è possibile!” grido disperata, coprendomi gli occhi con le mani.

Loro moriranno! E tu non potrai fare niente! NIENTE! Muhahaha!!!”

 

“Nooooooo!!!” urlo, aprendo di scatto gli occhi e alzandomi a sedere. Così facendo urto, involontariamente, contro qualcuno seduto sul bordo del letto.

Alzo lo sguardo, che si posa su due occhi del colore del mare, nel frattempo cerco di calmare il mio respiro e i miei battiti forsennati.

“C-Camus... sei qui, per fortuna! I-io...” mormoro, massaggiandomi la testa e cercando di trovare le parole giuste per chiedergli scusa.

“Ehm, temo... temo che mi stiate confondendo con qualcun altro, madamigella...”

Spalanco gli occhi al limite dell'incredulità: da quando Camus mi dà del ‘voi’ e mi chiama ‘madamigella’?! Anzi, da quando la voce di mio fratello ha un tono così cordiale e affabile?!

Sbatto le palpebre, cercando di mettere a fuoco la figura nella semi-oscurità. Appena compiuta questa azione rimango basita e imbambolata. Decisamente c’è qualcosa che non va... il ragazzo di fronte a me ha, si, gli occhi blu come quelli di Camus, ma a differenza di lui possiede dei bei capelli verde pascolo!

Cosa diavolo...?

Il giovane uomo mi sorride appena, porgendomi la mano in segno di saluto:

“Io sono Dègel... Dègel dell’Acquario! Sono lieto che vi siate svegliata!”

 

  
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