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Autore: lilspot    08/09/2011    3 recensioni
Non ho mai scritto un diario e non so bene come iniziare. È la prima (e ultima) volta che scrivo qualcosa, ma ne sento il bisogno. Fuori è buio e la fioca luce dei lampioni di Middlesex Road riesce a malapena a illuminare anche la mia stanza.
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la prima e ultima pagina di un diario di un uomo che avrebbe voluto essere una persona.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Rory Burn - Omicidio a Newport News'
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Il diario di Rory Burn

30 ottobre 1988

Newport News, Virginia, U.S.A. –Ore 03:06 AM
Non ho mai scritto un diario e non so bene come iniziare. È la prima (e ultima) volta che scrivo qualcosa, ma ne sento il bisogno. Fuori è buio e la fioca luce dei lampioni di Middlesex Road riesce a malapena a illuminare anche la mia stanza.

Una volta mi ero chiesto come sarebbe stato morire, come sarebbe stato sapere cosa si prova prima di spegnersi. Stamattina l’ho chiesto alla persona sbagliata, l’ho chiesto a una persona che sapeva rispondermi. Ho detto stamattina perché, per me, il mondo è finito il 29 ottobre 1988.
La cosa strana è che non mi hanno spaventato le descrizioni dei dolori, delle emozioni e sensazioni che uno prova prima, dopo o durante la morte, ma sono rimasto terrorizzato nel sapere che nessuno saprà mai di me. Rimpiango la solitudine che ho tanto osannato negli ultimi anni di vita.

Mi brucia sapere di aver sbagliato nella vita e mi brucia ancor di più non avere quella chimera che è la seconda possibilità. Uno stupido scherza che un vivo fa a uno che dopo poco non lo sarà più. Mi brucia sapere che potevo fare qualcosa. Mi brucia sapere che bastava non fare niente per fare qualcosa.
Non sembrava neanche una mattinata di ottobre: faceva abbastanza caldo da uscire senza indossare la giacca. Sapevo già che quella mattina avrei gironzolato per il quartiere, mi sarei fermato a prendere un caffè e poi sarei corso in stazione per prendere il primo treno per non so dove. Newport news mi stava stretta, ma adesso la rimpiango.

In queste ultime ore mi sono messo a invidiare tutti, a odiarli e invidiarli. Anche il cane, quell’alano malconcio che sta urinando sulle ruote dell’Impala davanti alla casa di mattoni rossi. Lo invidio: è senza una casa, ma è spensierato, libero dall’incubo del sapere.

Dopo aver perso il treno avevo pensato, solo per un momento, di tornare in quella caffetteria affollata solo per sentirmi ancora un po’ parte di questa città. Invece sono rimasto immobile ad aspettare il treno seguente. È lì che ho risposto a quel canuto signore con il maglione giallo. Pensavo di fare una buona azione, tenere compagnia a un estraneo. Peccato che le buone azioni non fanno sempre bene a chi le fa.

Mi son già stancato, nonostante non abbia scritto nemmeno quattrocento parole. Sono incazzato. Infuriato non perché non ho potuto vivere bene, fare quello che volevo, nemmeno perché non ho avuto una seconda opportunità o perché odio e invidio anche i cani. Mi manda in bestia sapere che il mio ultimo pranzo è stato un hot dog con senape. E io odio la senape. Mi da fastidio morire, non perché sarò torturato e sentirò dolore e invocherò Dio (lo odio più di quel cane), ma perché ho mangiato la senape sull’hot dog.
   
 
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