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Autore: barbarak    09/09/2011    11 recensioni
Dal secondo capitolo: "Che cosa è ridicolo? Il fatto che io non sia come hai sempre pensato che fossi? Il fatto che abbia avuto il coraggio di fare la spia, che abbia rischiato anch’io la vita tanto quanto voi o il fatto che noi due fossimo diventati amici? Dimmi Hermione che cosa è che trovi tanto ridicolo?"
Le verità più difficili da accettare sono quelle che vanno contro le cose in cui si è sempre creduto. Ma non tutto è bianco o nero e forse Piton non era il solo a portare una maschera.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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                               A Lea
                  Spero di renderti meno triste questa giornata

 
 
 

Zia Mildred con zio Thomas e il piccolo Jhonatan
Zia Ariel
Zio Chris e la cugina Isabel
Zio…
 
Un leggero picchiettare sui vetri la riscosse dai suoi pensieri che al momento erano tutti concentrati sull’elenco degli invitati al matrimonio di Ginny e Harry.

Sbuffò, riconoscendo il gufo piccolo e spennacchiato che, legata alla zampa, teneva la pergamena recante il suo nome. Aveva aperto la finestra solo perché detestava veder soffrire gli animali e sapeva che il pennuto sarebbe rimasto sotto il diluvio che stava imperversando in quel momento, finché lei non avesse accettato di ritirare il messaggio (l’ennesimo) di quel mittente tanto sgradito.
 
Lentamente e delicatamente liberò la pergamena, chiusa con un laccio rosso, e la appoggiò sul letto, spezzettò una fetta biscottata per l’animale che, subito dopo aver mangiato, volò via e tornò a occuparsi degli inviti che la sua migliore amica le aveva affidato.
 
Andò avanti per tutto il pomeriggio, cullata dalle gocce sospinte dal vento che colpivano il vetro; le piaceva la pioggia; stranamente la rilassava e la faceva sentire bene. Sorrise pensando che solo fino a un anno prima odiava quel fenomeno meteorologico che la costringeva a starsene al chiuso, mentre lei adorava poter uscire e respirare il profumo dell’aria, con il sole che le baciava la pelle e le riscaldava il cuore.
 
Alzandosi dalla scrivania si avvicinò ai vetri per guardare fuori e osservare il cielo grigio che sicuramente caratterizzava quella giornata. A pensarci bene era proprio il cielo la cosa che l’affascinava di più. Avere la certezza che sotto quelle nuvole spesse e tumultuose vi fosse il sole che comunque brillava, la metteva di buon umore ma la rendeva anche malinconica. Sapeva che questa era una contraddizione ma non poteva farci niente. Il cielo tempestoso la attirava come una calamita attira il metallo e, ogni volta, continuava a rimanere in sua contemplazione cercando di capire cos’era che la faceva sentire bene e a disagio al contempo.
 
Quel giorno le nuvole sembravano più dense e arrabbiate del solito e quel grigio tendente al plumbeo la colpiva come mai prima di allora. Un ricordo bussò prepotente alla sua mente e i suoi occhi, istintivamente, si posarono sulla pergamena che era stata appoggiata di malagrazia sulle coperte qualche ora prima.
 
Già una volta aveva visto un grigio simile: era successo quando si era specchiata negli occhi della persona che le aveva scritto quelle frettolose e disordinate righe.
 
Ricordava perfettamente quel momento, quell’attimo che le era sembrato eterno in cui Draco Malfoy, alla fine della battaglia finale, avanzava verso di lei con quell’espressione strana in viso e con quegli occhi quasi folli che l’avevano pietrificata. Lui sembrava non accorgersi delle rovine che lo circondavano e neanche dei richiami che i suoi genitori gli stavano rivolgendo. Il viso sporco, gli abiti strappati e i capelli scarmigliati non intaccavano assolutamente la sua aurea di nobiltà e fierezza: del ragazzino vigliacco e viziato sembrava non esserci più nessuna traccia; sembrava uno sconosciuto e Hermione non riusciva a non guardarlo e a non sentirsi attratta da lui e da quelle iridi tempestose. Pareva che lui volesse comunicarle qualcosa solo con lo sguardo e lei aveva l’impressione di volare verso di lui, incapace di resistere a quel richiamo che sapeva di disperazione e bisogno. Non capiva più niente e le sembrò che non esistesse più nulla all’infuori di quel ragazzo che, mai come in quel momento, le parve un uomo tormentato appena sfuggito alle fiamme dell’inferno.
 
Fu l’abbraccio che Ron le rivolse a spezzare l’incantesimo e a farla tornare in sé. Lontana da quegli occhi e da quell’incredibile attrazione, stretta nelle forti braccia di quello che era sempre stato l’unico ragazzo capace di farle battere il cuore, Malfoy tornò a essere quello che per Hermione era sempre stato: un Mangiamorte, figlio di Mangiamorte, pavido e insignificante.
 
Tornò a prestare attenzione a lui solo quando sentì pronunciare il suo nome da quella voce che aveva sempre sputato cattiverie nei suoi confronti. La chiamava con disperazione, pregandola di guardarlo, mentre cinque o sei nerboruti Auror trascinavano via l’intera famiglia Malfoy.
 
La ragazza aveva faticato non poco a scacciare via quella voce dalla sua mente ma le distrazioni dovute alla vittoria, gli obblighi verso i caduti, la ricerca dei suoi genitori e il godere finalmente delle attenzioni del giovane Weasley, l’avevano aiutata a relegare in un cassetto remoto ed ermeticamente chiuso del suo cuore quegli occhi di ghiaccio bollente e quel tono di supplica che l’avevano marchiata contro la sua volontà.
 
Ora, guardando quella pergamena, al momento abbandonata, e puntando i suoi occhi al cielo, il ricordo di Draco Malfoy, del suo sguardo e  del suo comportamento, così lontano da quello che di solito le riservava, la investì in pieno.
 
Lentamente srotolò la lettera appena ricevuta, sapendo perfettamente quale sarebbe stato il contenuto del messaggio.
 
Ho bisogno di parlare con te. Richiedi un permesso per vedermi è importante.
 
                                                                                                       DM
 
Hermione scosse la testa e gettò la pergamena per terra di fianco alla scrivania.
 
Era l’undicesima volta che leggeva quella frase perché Malfoy era esattamente da undici mesi chiuso in carcere e continuava imperterrito a sprecare la sua unica opportunità mensile di comunicare con l’esterno scrivendo a lei che, non solo non aveva acconsentito ad assecondare quella specie di richiesta (oppure era meglio dire ordine), ma si guardava bene anche solo dal rispondere alle sue lettere.
 
Per undici mesi era riuscita ad allontanare il pensiero del ragazzo nel momento stesso in cui buttava quel pezzo di carta nel cestino; però, questa volta, complice quel cielo che piangeva disperazione con quei colori così simili all’ex Principe delle Serpi, la ragazza non riusciva a non provare curiosità per quell’assurda richiesta e nemmeno il pensiero dell’organizzazione del matrimonio dei suoi migliori amici riusciva a farle dimenticare la sensazione di familiarità che l’aveva colta quando quel Mangiamorte da strapazzo si stava avvicinando, con una brama negli occhi che subito l’aveva spaventata ma che immediatamente dopo aveva risvegliato qualcosa. Qualcosa cui non sapeva dare un nome e neanche una spiegazione ma era qualcosa che nessuno (nemmeno Ron dannazione) era mai riuscito a farle provare.
 
Non sentì la porta aprirsi per questo sussultò quando due braccia, ormai familiari, la avvolsero e la strinsero contro un petto caldo, rassicurante e muscoloso ma che la faceva sentire a disagio come se quello non fosse il suo posto.
 
Ron si abbassò e cominciò a lasciarle dei piccoli baci sul collo, scostandole i capelli e sfiorandole la nuca con il naso. Lei si rilassò perché lui era talmente gentile e delicato che si sentiva al sicuro con lui, certa che niente avrebbe più potuto farle del male. Lui era sicurezza e tranquillità, lui era certezza, lui era stabilità, lui rappresentava una casa e una famiglia magari con qualche gatto, lui era tutto quello che poteva chiedere dalla vita.
 
Sussultò quando senti la sua grossa mano intrufolarsi sotto la maglietta, chiudersi a coppa sul suo seno e stringerlo in una morsa tenera ma dolorosa; percepì le dita muoversi in cerchi sempre più stretti fino a raggiungere i suoi piccoli boccioli rosati prendendo a stuzzicarli in maniera goffa e frenetica.
 
Lei non provava piacere.
 
Lui continuava a tirare e sfregare con i pollici quella carne tenera mentre la sua erezione cresceva e spingeva sulle natiche della ragazza; ansimava sui capelli di Hermione ondeggiando il bacino in avanti per avere un maggiore contatto con lei; lei che non provava piacere.
 
Fu quando lui spostò una mano sull’apertura dei pantaloni che l’ex Caposcuola si ritrasse e lo fermò.
 
“Ron, io…non me la sento. Scusami”. Abbassò gli occhi per cancellare l’espressione di disgusto che le era sicuramente scolpita in viso: disgusto per se stessa perché aveva provato repulsione al contatto con quel tenero ragazzo che amava da quando aveva undici anni. Si disse che era per via della sua inesperienza, che si era trattato d’imbarazzo e che in realtà le erano piaciute quelle mani rudi sul suo corpo, ma sapeva di mentire, anche se per il momento non era pronta ad ammetterlo.
 
“Non c’è problema piccola. Lo faremo quando sarai pronta. Posso aspettare”. La baciò sulla fronte e poi in mezzo ai capelli come se fosse una bambina piccola e la fece sentire uno schifo perché le era capitato il ragazzo più dolce della terra e lei rabbrividiva al solo pensiero di essere toccata da lui.
 
“Hai ricevuto posta?” Stava guardando la pergamena che non aveva ancora gettato e Hermione si affrettò a prenderla per infilarla nel primo cassetto che le capitò a tiro.
“Sì, conferme per il matrimonio”. Sorrise e lo baciò delicatamente sulle labbra, maledicendosi per avergli mentito sia con le parole sia con i suoi gesti.
 
“Si sposano tra sei mesi e tu hai già programmato tutto. Sei talmente presa da questo evento che non vorrei che ti dimenticassi di me. Comunque ero venuto a dirti che la cena è pronta per cui dovresti scendere”. Lo disse con il sorriso sulle labbra, mentre già aveva aperto la porta e stava uscendo per cui non poté vedere l’espressione di terrore che si dipinse sul viso della sua compagna quando lui aveva accennato alla possibilità che lei si dimenticasse di lui.
 
“Vai avanti, ti raggiungo subito”. Ancora un altro sorriso tirato ma di cui Ron non si accorse e si ritrovò di nuovo sola.
 
Passò immobile i successivi cinque minuti, poi come un automa si diresse alla scrivania, aprì il cassetto, ne estrasse la pergamena incriminata e con un colpo di bacchetta la incenerì incolpando lei e il suo mittente per tutti i disagi e i malesseri che si sentiva addosso.
 
“Maledetto Malfoy, non soddisferò mai le tue richieste. Mai. Qualunque cosa tu voglia non m’interessa e non m’interesserà. Mai.”
 
***
Passò un altro mese e Hermione riacquistò la calma e la serenità che l’aveva sempre contraddistinta.
 
Il pensiero di Malfoy e delle sue pretese era stato relegato in un angolo nascosto della sua mente per cui le giornate della ragazza scorrevano verso una vita calma e tranquilla.
 
Ron non aveva più tentato approcci sessuali e questo aveva contribuito a farla sentire bene, inoltre la sua domanda per essere ammessa ai corsi per diventare avvocato del mondo magico era stata accettata. Che cosa poteva chiedere di più?
 
***
Si trovava con Ron, a casa dei suoi genitori. Lui era seduto sul divano e lei gli si era semisdraiata addosso. Le mani del ragazzo le accarezzavano distrattamente i capelli mentre lei si rilassava facendo disegni immaginari con le dita sul suo petto. Si disse che forse avrebbe potuto tentare ancora un avvicinamento fisico con lui, magari questa volta sarebbe andata meglio. Prese coraggio ingoiando un po’ di saliva e con un grosso respiro iniziò a strusciarsi per fargli capire la sua disponibilità riguardo all’argomento.
 
“C’è posta per te?”. Hermione si bloccò all’istante. Non si era accorta del piccolo gufo che picchiettava alla finestra e, non appena l’ebbe riconosciuto, avrebbe voluto che neanche Ron se ne accorgesse.
 
“Vuoi che legga io?” Il ragazzo si era alzato senza curarsi di buttarla di malagrazia sul divano.
 
“No!”. Si affrettò la Grifondoro che in quel momento avrebbe tanto voluto essere una Corvonero per trovare un’idea geniale per uscire dalla situazione.
 
Probabilmente l’anima di Cosetta volle essere magnanima con lei perché le parole le uscirono spontanee e neanche troppo tese. Prese gentilmente la pergamena dalle mani di Ron e si avviò al piano di sopra senza tradire minimamente l’agitazione.
 
“Saranno altre conferme per il matrimonio, riconosco il gufo di tuo zio George. Vado un attimo su a posare la pergamena e arrivo.”
 
Quando fu sicura di non essere più in vista, salì i gradini due alla volta e non appena fu in camera sua, sigillò la porta con un incantesimo.
 
Che diavolo le succedeva? Perché il suo cuore batteva forsennato? Possibile che aspettasse la lettera di Malfoy?
 
Guardò quel pezzo di carta che stava stropicciando tra le mani e lentamente la aprì come se già sapesse che questa volta la lettera sarebbe stata diversa.
 
La mia sentenza passerà a essere definitiva tra quindici giorni esatti. Dopo, non potrò più scriverti. Dopo non ci saranno più speranze per noi. Ho bisogno di te.
                                                                                                       Draco
Ho bisogno di te.
 
Quelle parole le si impressero a fuoco nell’anima non appena le ebbe lette e prima ancora di rendersi conto di scendere le scale per tornare dal suo quasi fidanzato e congedarlo, adducendo un improvviso mal di testa, aveva già deciso che sarebbe andata da Malfoy. Forse, in questo modo, sarebbe riuscita a scrollarsi di dosso la sgradevole sensazione che ci fosse qualcosa in sospeso nella sua vita e avrebbe finalmente potuto porre a quel maledetto biondo platinato la domanda che le frullava nel cervello da ormai un anno: perché diavolo si comportava in quel modo? E soprattutto: cosa voleva da lei?
 
***
 
Raggiungere Azkaban non era stato per nulla semplice: aveva dovuto chiedere favori nelle alte sfere per fare in modo che la sua visita fosse tenuta segreta; aveva visto alzarsi più di un sopracciglio davanti alla sua richiesta, infatti, i suoi interlocutori, primo fra tutti Harry, non riuscivano a spiegarsi il motivo e soprattutto il destinatario di quella scomoda trasferta.
 
Hermione non aveva dato spiegazioni chiedendo fiducia ma la verità era che lei stessa non sapeva motivare la sua voglia di vedere un ex Mangiamorte (rinchiuso in carcere da un anno) che l’aveva sempre odiata, derisa e umiliata.
 
Non appena aveva varcato il pesante cancello di ferro, a bordo della piccola imbarcazione incantata che fungeva da mezzo di trasporto dalla costa fino all’isola che ospitava la prigione, la ragazza si era sentita avvolgere da una tristezza infinita e gli occhi spenti e il fisico provato di Sirius Black le erano tornati alla memoria come un vecchio ricordo triste e sbiadito ma che comunque le stringeva il cuore, cuore che si strinse ancora di più quando ai capelli neri e mossi si sostituirono altri biondi e lisci e gli occhi scuri divennero lame d’acciaio fuso.
 
***
Lo vide entrare da una porta secondaria di cui non si era nemmeno accorta, portava la divisa carceraria e ai polsi e alle caviglie aveva dei ferri che, Hermione sapeva, si sarebbero uniti magicamente tra di loro non appena il prigioniero avesse tentato la fuga.
 
Lei cercò di fuggire il suo sguardo per un tempo indefinito soffermandosi sui particolari dell’uniforme sporca, stracciata e troppo grande per lui; risalì dalle gambe lunghe e magre sino alla vita sottile; il torace comunque ampio e le spalle larghe ancora dritte nonostante un anno di prigionia. Alla fine non poté più farne a meno e incontrò i suoi occhi.
 
La guardava con un misto d’incredulità, felicità e emozione.
 
Di tutte le emozioni che si era aspettata di vedere sul volto del giovane, queste erano le uniche che proprio non aveva considerato.
 
Si sedettero l’uno di fronte all’altra e aspettarono di essere lasciati soli per iniziare a parlare.
 
“Sei venuta finalmente!” Non era il solito tono da bambino viziato e razzista; era più carezzevole come se effettivamente stesse aspettando di vederla dal momento in cui l’avevano rinchiuso.
 
“Che cosa vuoi Malfoy?” Le era stato incredibilmente difficile parlare ma le parole le erano uscite più acide di quello che avrebbe voluto.
 
“Ho bisogno di aiuto e tu sei l’unica che può aiutarmi”. Si era sporto verso di lei come se volesse farle una confidenza e lei aveva fatto violenza su se stessa per non assecondare l’istinto di avvicinarsi a lui. Si sistemò meglio sulla sedia ponendo qualche altro centimetro tra loro.
 
“Questo me l’hai già scritto per ben dodici volte. Come può una lurida sangue sporco come me aiutarti, e soprattutto perché dovrei volerlo fare”.
 
Per un momento le sembrò di veder passare un’ombra su quegli occhi che ora si accorgeva non avevano mai smesso di essere presenti nella sua mente ma fu solo un attimo prima che lui riacquistasse la stessa freddezza di sempre.
 
“Tu sei una Grifondoro nel profondo della tua anima e non lasceresti mai che un innocente paghi per colpe che non ha commesso, agli altri forse non importerebbe ma tu… tu credi nella giustizia e nella verità quindi mi aiuterai”.  Sentire le parole innocente, giustizia e verità uscire dalla bocca di un Mangiamorte non era cosa da tutti i giorni per questo Hermione ci impiegò un po’ più del solito prima di rispondere.
“Tu ti reputi innocente Malfoy? Il Marchio che hai sul braccio dice il contrario e anche tutte le azioni orribili che hai compiuto. Sei sempre stato dalla parte di Voldemort, hai complottato per uccidere Silente, te ne sei stato inerte mentre la tua cara zia mi torturava, hai cercato di fermarci quando volevamo l’Horcrux di Corvonero ed è a causa tua se Tiger è morto. Non saprei vederti in nessun posto se non Azkaban.” Aveva in pratica urlato le ultime frasi e solo l’espressione di puro dolore che vide dipinta sul volto del ragazzo e il suo gesto istintivo di toccarsi il braccio sinistro, la fermarono dal continuare con la sua valanga di accuse.
 
“Tutto ciò che hai detto è vero; l’unica cosa che posso dire è che non sempre le cose sono come appaiono.”
 
Quello sguardo era talmente intenso che Hermione, istintivamente, si guardò i vestiti per vedere se stessero bruciando.
 
“Ti sei dato agli indovinelli ora? Parla chiaro che non ho tempo da perdere in questa prigione”.
 
Lui si appoggiò stancamente sulla sedia su cui era seduto, si passò una mano tra i ciuffi biondi che ora gli coprivano quasi interamente gli occhi e disse l’unica cosa che Hermione non si aspettava di sentire.
 
“Io non sono un Mangiamorte e tu lo sai”.
 
 
 
Angolo della posta:
Salve, so cosa state pensando: ho già una storia in corso e mi sono imbarcata in una nuova avventura. A mia discolpa posso dire che questo racconto sarà brevissimo (massimo tre o quattro capitoli) ed è già quasi finito per cui non dovrebbe togliere nulla al mio tempo.
Spero che la storia vi prenda come ha preso me mentre la scrivevo e spero che non la troviate banale o scontata.
Baci BABY 

Consigli di lettura: io l'ho trovata stupenda ed emozionante. Medusa - come le fragole e il sangue di Atopika  

 

   
 
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