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Autore: HarryJo    10/09/2011    33 recensioni
Una ragazza con dello zucchero filato più grande di lei in mano sta guardando i fuochi d’artificio insieme ai suoi amici, perdendosi in quello spettacolo.
Un ragazzo, vestito con una maglia nera, mani in tasca, capelli biondi e ricci, si avvicina.
È alto una ventina di centimetri più di lei, eppure ha solo un anno in più.
« Sapete » dice, guardando anche lui il cielo, « i fuochi d’artificio contengono zolfo, alluminio, magnesio, titanio… »
La sua voce si perde nell’aria e la ragazza comincia a spostare lo sguardo ai suoi occhi, anziché continuare ad ammirare lo spettacolo pirotecnico. Occhi verdi.
« … e grazie al fenomeno di detonazione… »
« Lo sai che mi stai rovinando i fuochi? » lo interrompe.
Sorride. Denti perfetti, sorriso da ricordare, imperfezione al sopracciglio sinistro.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Erica & Davide, it's a never ending story.' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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A Davide.
Tu abiti in me, non riuscirò mai a disfarmene fino in fondo.
Sei appeso saldamente al filo della mente, dondoli tra i pensieri,
ignorando come mi fai sentire.
Senza respiro.

 
 
 

Ricordi i fuochi d’artificio?

 
 
 
Una ragazza con dello zucchero filato più grande di lei in mano sta guardando i fuochi d’artificio insieme ai suoi amici, perdendosi in quello spettacolo.
Un ragazzo, vestito con una maglia nera, mani in tasca, capelli biondi e ricci, si avvicina.
È alto una ventina di centimetri più di lei, eppure ha solo un anno in più.
« Sapete » dice, guardando anche lui il cielo, « i fuochi d’artificio contengono zolfo, alluminio, magnesio, titanio… »
La sua voce si perde nell’aria e la ragazza comincia a spostare lo sguardo ai suoi occhi, anziché continuare ad ammirare lo spettacolo pirotecnico. Occhi verdi.
« … e grazie al fenomeno di detonazione… »
« Lo sai che mi stai rovinando i fuochi? » lo interrompe.
Sorride. Denti perfetti, sorriso da ricordare, imperfezione al sopracciglio sinistro.
« Piacere, Davide » si presenta, porgendo una mano.
La ragazza mangia un po’ del suo zucchero filato, squadrandolo, e poi ride.
« Erica » dice, stringendogliela.
E sopra la loro testa scoppia l’ultimo fuoco d’artificio.
 
 
 
Mattina di dicembre, un luogo indefinibile in centro Treviso.
Le macchine passano senza mai fermarsi, ognuno troppo impegnato a farsi largo per la propria meta per accorgersi del mondo.
Ci sono ragazzi in bicicletta, dentro alle auto, nelle corriere.
E c’è chi è in una pensilina ad aspettare che l’autobus arrivi per portarlo a scuola.
Magari studia, magari gioca, magari ride con qualche amico.
E poi ci sono loro. La ragazza dello zucchero filato e il ragazzo con il sopracciglio tagliato a metà.
Parlano e ridono, come se si conoscessero da sempre. Denigrano ogni autobus che si ferma, pronti per aspettare l’ultimo. L’ultimo sarà quello che prenderanno, perché sarà vuoto, perché sarà solo per loro due.
« Erica, buon compleanno » sta dicendo lui, mentre le dà due lievi bacini sulla guancia.
Lei arrossisce, cercando di nascondere l’emozione, e ringrazia con un abbraccio.
Le ha regalato un portafoto, che stringe con una mano, incredula.
« Grazie per il regalo » mormora, un po’ imbarazzata.
« Figurati. Devi mettere la foto di un bel ragazzo, eh! »
« Tipo te? »
« E chi altro? »
E ancora risate. Nel vento che le ruba, silenzioso.
 
 
 
« Sei la mia migliore amica ».
Cinque parole che restano impresse nella mente di Erica, come se fossero fatte di cioccolata, ricoperte di glassa, semplicemente gustose e buone come il miglior dolce del mondo. Giorno: 2 luglio.
« Anche tu sei il mio migliore amico » mormora contro il suo petto.
Si stanno stringendo in un abbraccio caloroso, che trasmette più parole di quanto un dizionario possa mai immaginare.
E poi, distrattamente, i volti si incontrano, le mani si intrecciano, le bocche si uniscono.
Contatto breve, lieve, dolce.
Il calore si sta espandendo in Erica, che si sente quasi euforica, mentre si mette in punta di piedi per raggiungere meglio il suo viso.
« È un bacio da amici » precisa Davide subito, sorridendo. « Non voglio fraintendimenti ».
« Certo, tranquillo » gli risponde con un sorriso, ma nasconde una lacrima.
Avrebbe voluto non fosse così.
 
 
 
Capodanno.
Erano passati giorni, settimane, mesi, anni. Davide e Erica erano inseparabili.
La loro amicizia era invidiata e idolatrata da tutti i loro amici e loro erano felici, insieme. Era come se niente potesse spezzare quel rapporto idilliaco, era come se fossero finalmente completi.
Erica rivelava ogni segreto che aveva riposto in fondo al suo cuore per tutti quegli anni, Davide si fidava di una persona per la prima volta e le raccontava ogni cosa.
Se dovevano uscire lo facevano insieme. Non c’era cosa che ormai era diventata di proprietà propria, era tutto loro. Il mondo era loro.
Tassello dopo tassello, costruivano un legame più forte di mille catene. Sembrava fosse l’unica cosa davvero reale, in quel mondo astratto di sogni e speranze.
« Auguri » le sussurra all’orecchio, stringendola a sé.
Erica scivola tra le sue braccia, instabile al suo tocco.
« Esprimi un desiderio » gli sussurra.
Lui chiude gli occhi, mostrando un sorriso, e dice: « Voglio vivere con te quando sarò grande e nessuna mi vorrà sposare. Oppure devi essere la mia vicina di casa, minimo ».
Erica sente un brivido lungo la schiena.
« Così sia » gli mormora, ridendo.
« E tu cosa desideri? »
« Che non finisca ».
 
 
 
« Sei solo un bastardo! »
« E tu credi di essere tanto meglio? »
« Almeno io ti dico le cose in faccia e non aspetto che siano gli altri a dirtele! Abbi almeno il coraggio di dirmi cosa non va in me! »
« Sei troppo appiccicosa, okay? E poi, senti chi parla! Tu mi dici le cose in faccia? Quando pensavi di dirmi che avevi un ragazzo? »
« Te l’ho detto la sera stessa che ci siamo messi insieme! »
« Ma io non sapevo nemmeno che esistesse, quello lì! È comparso dal nulla! »
« Che problema hai? Tu hai Giulia! »
« Forse è ora che la smettiamo ».
« Forse è ora che ci diciamo la verità ».
« Quale verità? »
« Sono innamorata di te ».
Silenzio.
« E Zeno? »
« Cerco di dimenticarti ».
« Resterò comunque il tuo migliore amico, non voglio che perdiamo tutto questo per uno sbaglio ».
Sbaglio, una parola che risuona nella mente di Erica e che le provoca oceani di lacrime.
E il cuore si spezza.
 
 
 
« Ci siamo lasciati ».
Erica piange, ma non sa il perché.
Forse perché ancora una volta non può far a meno di tornare da lui a chiedergli conforto. Perché i suoi tentativi per eliminarlo dal cuore hanno fallito, come tante frecce sparate per cercare di colpire una stella nel cielo. Impossibile.
Davide le prende il telefono dalla tasca, e lei non può far a meno che soffocare un brivido fin troppo familiare.
Lentamente disegna con un dito sullo schermo, e poi lo mostra alla sua migliore amica, con un sorriso.
Un cuore.
Erica lo abbraccia, felice. Davide è tutto ciò che ha, Davide è vita.
Finché ci sarà lui, il suo mondo avrà delle fondamenta stabili.
Il tempo si ferma, per loro. Comincia a girare intorno, sfocato, come se non avesse alcuna importanza. Sono l’uno accanto all’altra, come sempre. Possono esplodere in mille colori, come i loro fuochi d’artificio, anni prima.
 
 
 
Una mattina come tante altre; il 4 maggio si apre con un venticello fresco e un sole allegro. Sembra una bella giornata, ma le apparenze ingannano troppe volte, per i gusti di Erica.
Si avvicina in fermata saltellando, appoggia lo zaino a terra, rivolge lo sguardo verso Davide, che però non la vede.
« Ciao! » esclama felice.
Ma lui, non appena incrocia i suoi occhi, si gira dall’altra parte, senza proferir parola.
Erica vuole morire. Erica vuole sprofondare e non risalire più la superficie.
Ricaccia indietro fastidiose lacrime e fa finta di nulla.
Succede per tre giorni di fila, ma al quarto lei scoppia.
« Si può sapere che c’è? » domanda, afferrandogli un braccio.
« Non ho voglia di parlarti, è un problema? » risponde lui, secco.
« Beh, ma perché? » chiede ferita. Il mondo le sta crollando, minuscoli pezzi di cuore si staccano da lei e cadono impotenti nel pavimento. Silenziosi.
« Non c’è un motivo. Dio mio, sembra che muori se non ti parlo per un po’! » sbotta, scostandosela.
Le lacrime la sovrastano.
Sì, Davide. Se non mi parli io muoio. Sto morendo, affogata nel tuo silenzio.
Ma non parla ad alta voce e soffre in sordina.
 
 
 
Arriva il 2 luglio, ma Erica non vuole ricordare. Sono mesi che non si parlano, mesi da soli, distanti, senza legami.
Non sa cosa sta facendo, cosa sta vivendo, cosa sta provando.
E questo non sapere la uccide. Le strappa il petto come se fosse semplicemente di carta. Carta straccia.
Mangia un gelato in compagnia di una sua amica, cercando di non pensare e non piangere.
« Scommetto che anche lui sta pensando a te » le dice, per aiutarla.
Ma lei lo sa che non è così. Lei non lo sente più, quando dorme, accanto a lei.
Ricorda le sue parole e le sue promesse, e comincia a scoppiarle la testa. Le emozioni si perdono in un unico dolore: i ricordi. Persi per sempre.
Si avvicina al letto, dolorante, senza ricordarsi com’è giunta fin lì.
Ha un portafoto familiare nel comodino che contiene uno scatto di lei e lui che sorridono alla fotocamera con un gelato in mano, leggermente sporchi di cioccolato e menta lungo i bordi delle labbra.
Lo stringe a sé per un po’, versandoci una lacrima.
Poi lo guarda negli occhi e sussurra, nel buio meschino: « Auguri Davide. Mi manchi ».
E le sue notti sono attraversate da incubi.
 
 
 
« Voglio parlarti ».
La sua voce trema, mentre gli afferra una manica. Sa che non ci riuscirà, ma deve almeno tentare.
« Ti ho scritto una lettera » continua. « Voglio sapere cos’è successo. Son stata male. Ritorna. Dimmi cosa pensare. Dimmi se te ne sei andato. Dimmi se è un addio ».
Il discorso è lungo e continua all’infinito, Davide sembra ascoltare come se non sapesse cosa rispondere.
Rifiuta la lettera stropicciata nelle mani di Erica e sussurra qualcosa a proposito del fatto che la colpa è sua. Che rimedierà. Che deve aver pazienza.
Lei annuisce, mite. Ma le parole di qualche giorno dopo le rimbomberanno nella testa come niente ha mai fatto prima.
« Sei la mia disgrazia. Per colpa tua vivo male. Io sono maturato, tu sei ancora una bambina. È ciò che penso e vedo da un anno e mezzo ».
Perché è così difficile sparire nel nulla?
 
 
 
Erica guarda il soffitto della camera, sentendosi spaesata.
Non è più completa, un grosso pezzo di puzzle le è stato portato via e ora ha un buco esattamente nel centro del disegno. Se fosse stato agli angoli, magari avrebbe potuto far finta di nulla, ma così è fin troppo evidente.
Guarda il telefono, scorre la rubrica.
Davide.
È ancora lì, aleggia nei suoi incubi, nei suoi gesti.
« Ti amo » sussurra, ma la notte ruba quelle parole.
Osserva quel nome a lungo, poi l’illuminazione si spegne, lasciando solo uno schermo nero.
Con il dito che trema traccia un cuoricino come aveva fatto lui, molto tempo prima.
Lo intravede grazie al riflesso dell’abajour e non può far a meno che scoppiare a piangere.
Non tornerà. È tutto finito, deve farsene una ragione.
Ma quei ricordi sono troppo vivi per lasciar spazio ad un futuro senza lui, le sembra ancora impossibile.
Ormai non riesce a far a meno di pensare che fossero tutte menzogne. Vorrebbe solo comprare dello zucchero filato. Vorrebbe tornare a quel Capodanno e sentire di nuovo il suo desiderio, che ora le sembra solo un’invenzione.
Ma quando scopri che il passato è costruito solo sulle bugie, cosa fai del tuo presente rimasto senza fondamenta?







{ Spazio HarryJo.
Non ho niente da dire. Ieri ho visto dei fuochi d'artificio dalla finestra della mia camera, e ho scritto questo.
Fatemi sapere, se volete, cosa ne pensate.
Erica.
   
 
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