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Autore: Ginny Lily Potter    08/10/2011    0 recensioni
PostDH - Dopo Harry, Ron, Ginny ed Hermione, Hogwarts ospiterà altri giovani talenti: i figli dei Weasley.
Mille avventure per una vita da passare in serenità, senza sentire l'ombra di Voldemort gravare sul mondo magico, perchè ora si è liberi... e questa volta per sempre.
OTTAVO CAPITOLO:
“Scusate il ritardo, ecco qua gli appunti per tutti… Prego, distribuiscili pure Emmeline” disse Potter, porgendoli ad una ragazza, “direi che potremmo discutere di due problemi che potenzialmente potrebbero diventare gravi. Credo che Pix si diverta molto a rubare i libri dei Corvonero, e ciò non mi garba moltissimo, dato che le lamentele me le devo sorbire io, per cui direi che dovremmo metterlo in riga. In secondo luogo, i Serpeverde iniziano a diventare maneschi, di nuovo, e i Grifondoro li seguono a ruota… dato che di risse nei corridoi non ne voglio vedere, come credo anche lei, Professoressa, la prossima volta che sorprenderemo studenti a commettere atti di maleducazione o altro, oltre agli abituali punti, li manderemo anche da lei o altri professori” concluse Albus, continuando a sfogliare un blocco.
***
James si girò scocciato.
“Cosa vuoi ora?” sbuffò, roteando gli occhi.
“No, niente, solo informarti che stai andando ad allenarti a torso nudo” esplicò Albus, passandogli davanti.
James si ficcò una mano in bocca per non prendere a pugni il fratello e s’infilò la casacca della divisa.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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The Tales of Hogwarts’ Houses




- New Generation’s Real Adventures -



9. Ho visto le sue lacrime



Harry e Ginny erano tornati a casa due giorni dopo la partita, che aveva fatto guadagnare alla giornalista un bell’articolo su Quidditch tra i giovani.
Albus e James li avevano accompagnati fino ai cancelli di Hogwarts, e avevano iniziato a bisbigliare con il padre.

“No, papà, stai tranquillo… non faremo niente…”
“Potreste anche fare qualcosa, non ve lo vieto…” borbottò sottovoce Harry, “ma non dite alla mamma che sono stato io a suggerirvelo!”
“Allora sei dalla nostra…”
Harry lanciò un’occhiata fugace a Ginny, che stava aspettando impaziente accanto ad una siepe, e annuì.
“Certo, certo… ma avvisatemi se succede qualcosa! Non intendo rimanere all’oscuro di quello che accade ai miei figli!”
Albus e James ridacchiarono.
“Ma smettila, papà! Non ci hai mai chiesto delle nostre ragazze… eppure quando tocca a Lily la fai pedinare” sussurrò James.
Harry sventolò una mano in aria.
“È perché voi siete due maschi e non potete avere il ragazzo… cioè, potete ma..” biascicò.
I due fratelli risero ancora più forte e Ginny si girò dalla loro parte, con un’aria interrogativa sul viso.
Harry le fece un sorriso e ammiccò, mentre lei si girava roteando gli occhi, ma sorridente, prese per le spalle i due figli.
“Quello che intendo è che i ragazzi sono peggio delle ragazze nelle questioni ‘amorose’, capite? Più imprevedibili e anche un po’.. mh, carogne, a volte”
“Scusa papà, ma allora perché non hai fatto questa paternale a noi, quando ne avevamo bisogno?” sbottò Albus, contrariato.
Harry lo guardò, inarcando un sopracciglio.
“Scusa Al, ma voi due ne avete avuto bisogno?” domandò, “ti rispondo subito… no, perché voi non siete ragazzi normali, siete i miei figli. I ragazzi migliori”
James e Albus si sorrisero.
“E questa dove l’hai letta?”
“Eh, dài! Una volta che vi elogio!” disse Harry, prendendoli per le orecchie, “e ora svelti, la mamma s’arrabbia!” ordinò perentorio, “ e non lamentarti, Jamie! Sembri tuo fratello”.
James scoppiò a ridere.
“Eh no, papà! Questa era da carogna!” ribattè Albus, ridendo anche lui.

*°*

L’ufficio della Professoressa McGrannit era illuminato dalla luce della luna che entrava dalla finestra e da un fuoco crepitante nel camino.
Era Novembre ormai inoltrato e mancava poco più di un mese alle vacanze di Natale, dove la maggiorparte degli studenti sarebbe tornata a casa.
La penna pregiata d’aquila raschiava rapidamente la superficie ruvida di una pergamena, attenta a non sbavare l’inchiostro.
“Ah, Potter, se solo avessi fatto più attenzione…” commentò tra sé e sé, scuotendo la testa, “errori banali e stupidi…”
Immerse la penna nella boccetta d’inchistro nero e firmò il compito, posandolo a destra del calamaio e prese un’atrlo foglio da correggere.
Prima di guardare il nome, qualcuno bussò alla porta.
“Avanti” disse la McGrannit, indispettita.
“Scusa Minerva, ti sto disturbando?” chiese Vitious, zampettando fino alla scrivania della Professoressa.
“No, no… siediti pure, Filius” sospirò la donna, aggiustandosi sul naso gli occhiali.
Il piccolo Professore saltò su una sedia e incrociò le dita davanti a se.
Passò qualche minuto e Minerva McGrannit alzò lo sguardo, corrugando un sopracciglio.
“Volevi dirmi qualcosa?” lo incitò, lasciando da parte la risma di compiti da correggere.
“Ecco, sì.. sì, sì, ci sarebbe una cosa” borbottò Vitious.
La McGrannit alzò gli occhi al cielo.
“Allora parlamene, Filius!” sospirò, appoggiandosi allo schienale della sedia.
“Mi chiedevo se anche quest’anno avremmo tenuto un ballo… così, tanto per sapere” sussurrò il Professore.
Minerva McGrannit alzò le sopracciglia e sorrise leggermente.
“Non credo, Filius, non c’è nessun evento da festeggiare” disse.
Vitious annuì pensoso.
“Proprio come pensavo. Ma l’anno prossimo se ne andranno quelli del settimo e-”
“… non ti facevo un Professore da prediletti!” esclamò la donna, facendolo arrossire.
“Ehm, non è proprio come pensi… diciamo che non vorrei che i miei alunni migliori se ne andassero senza un bell’addio” biascicò.
“Lasciami un po’ di tempo per pensare. Di sicuro non sarebbe a Natale, Filius. Al massimo per la fine dell’anno” disse Minerva, alzandosi dalla sedia.
“Certo, certo… grazie Minerva, credo che ora sia tempo di andare, si è fatto tardi” salutò Vitious, “grazie ancora, e buona notte!” aggiunse, prima di saltare giù dalla sedia e scomparire nel corridoio buio.
La Professoressa si chiuse la porta alle spalle e si diresse verso le sue stanze, pensierosa.

*°*

“Albus? Al…?” sussurrò Lily, scutendo il fratello avvolto nelle coperte, “Al, svegliati!”
Albus si alzò di scatto e cadde dal letto, incastrato nelle coperte.
“Cos-? Lily!” mugugnò, stropicciandosi gli occhi, “cosa ci fai qua?” domandò sorpreso.
La sorella si battè una mano sulla fronte, sbuffando.
“Certo che dovresti ricordartelo! Hai la riunione dei Prefetti, knarl! Fila!” esclamò, scalciando via dal letto Albus.
“Ehi! Maldeucata!” protestò, massanggiandos la schiena, “ a che ora è la riunione?”
Lily ridacchiò e guardò l’orologio che portava al polso.
“Tra precisamente… sette miunuti e sette secondi! Uno, due, tre… marsch!” comandò la rossa, stendendosi sul letto e afferrando dal comodino un libro.
Albus imprecò e si catapultò in bagno, con la divisa tra le braccia.
Cinque minuti dopo stava già sfrecciando per i corridoi, con in bocca un croissant e le labbra sporche di zucchero a velo.
“Porc-!” esclamò, quando travolse un Corvonero, “perdonami, sono in ritardo!” si scusò, scavalcando il corpo e correndo verso le scale.
Dea Canon scosse la testa, rialzandosi.
Non l’aveva neanche riconosciuta e probabilmente non si ricordava il suo nome.
Eppure lei sapeva chi era lui. Albus Potter, il fac totum di Grifondoro, il grande prefetto, Colui-che-andava-bene-in-tutto.
Dea sospirò e scosse di nuovo il capo, afferrando dei libri caduti.
L’altro giorno gli aveva parlato, in un momento pieno di coraggio, aveva rivolto la parola ad Albus Potter.
Non si era mai sentita più stordita…
E poi se n’era andata, perché Malfoy si era avvicinato.
Un altro sospiro, e Dea andò a Pozioni, trascinandosi lungo i corridoi.

Albus era arrivato davanti allo studio della McGrannit, in ritardo, ma era arrivato.
Bussò alla porta ed entrò.
In cerchio, vicino alla scrivania della professoressa, seduti su delle sedie, stavano i Prefetti di ogni casa.
“Bene Potter, mancavi solo tu… ora possiamo iniziare” decretò la McGrannit.
Albus abbozzò un sorriso e si sedette vicino a Rose.
“Dov’eri finito, si può sapere?” gli sibilò la cugina, rigida contro lo schienale della sedia di legno.
Al non rispose e estrasse dalla sacca una risma di fogli scarabocchiati.
“Scusate il ritardo, ecco qua gli appunti per tutti… Prego, distribuiscili pure Emmeline” disse Potter, porgendoli ad una ragazza, “direi che potremmo discutere di due problemi che potenzialmente potrebbero diventare gravi. Credo che Pix si diverta molto a rubare i libri dei Corvonero, e ciò non mi garba moltissimo, dato che le lamentele me le devo sorbire io, per cui direi che dovremmo metterlo in riga. In secondo luogo, i Serpeverde iniziano a diventare maneschi, di nuovo, e i Grifondoro li seguono a ruota… dato che di risse nei corridoi non ne voglio vedere, come credo anche lei, Professoressa, la prossima volta che sorprenderemo studenti a commettere atti di maleducazione o altro, oltre agli abituali punti, li manderemo anche da lei o altri professori” concluse Albus, continuando a sfogliare un blocco.
Minerva annuì e chiese agli altri Prefetti se erano d’accordo.
“Sì, sì… Potter ha ragione e ha trovato le soluzioni, mi pare che si sia risolto tutto” tagliò corto il Prefetto di Tassorosso, già pronto ad uscire dalla stanza.
“Aspetti un momento ancora, MacMillan" lo interruppe la McGrannit, aggiustandosi gli occhiali sul naso, “Potter, Vitious mi ha chiesto se ci sarebbe la possibilità di preparare un ballo a fine anno. Cosa ne pensi?”
Albus, già in piedi e con la borsa sottobraccio, si fermò, pensoso.
“Direi che potremmo organizzarlo. Sì, si può fare. Lei cosa ne pensa?” chiese, frugando nella sacca e scrivendo su un fogliettino: ‘ballo fine anno organizzare’ con una grafia veloce e disordinata.
La McGrannit annuì, accennando una scrollata di spalle.
“Benissimo, allora potete continuare senza di me… scusate ma ho l’allenamento” sorrise in risposta Al, uscendo velocemente dalla stanza.
Camminando rapido per i corridoi, salutò gli studenti, che oramai lo conoscevano, non solo come ‘Figlio di Harry Potter’, ma anche come il Prefetto più impegnato di tutta Hogwarts.
Albus arrivò negli spogliatoi appena in tempo, posò la sacca sulla panca e si infilò la divisa in fretta e furia.
“Era ora che arrivassi, Al… non possiamo sempre aspettarti” disse James, che si stava cambiando.
“Non ti avevo visto” disse, “non succederà più, dài!”
James lo guardò sottecchi, non convinto, ma lasciò perdere e afferrò la sua scopa, poggiata alla parete.
Al lo guardò con un sopracciglio inarcato.
“Ehm-ehm” tossicchiò, “ehm-ehm!”
James si girò scocciato.
“Cosa vuoi ora?” sbuffò, roteando gli occhi.
“No, niente, solo informarti che stai andando ad allenarti a torso nudo” esplicò Albus, passandogli davanti.
James si ficcò una mano in bocca per non prendere a pugni il fratello e s’infilò la casacca della divisa.

*°*

Emily Baston stava asciugandosi i capelli in dormitorio, tamponandoli con un panno bianco, quando la sua compagna di stanza entrò spalancando la porta.
“Oh Emily! Oh, Emily! La sai la novità?” cinguettò, prendendo la Baston sottobraccio.
La mora, scettica, scosse la testa. Mai fidarsi delle novità.
“Come no? Ne parla tutta la sala comune” esclamò estasiata Dianne, prima di sospirare sognante.
“Senti, hai intenzione di dirmi che succede o vuoi continuare a fare scena?” disse Emily, battendo un piede a terra.
Dianne roteò gli occhi e si sedette sul letto.
“Certo che con te non ci si può divertire… comunque, l’unica cosa che volevo dirti è che pare che Potter stia uscendo con una Tassorosso”
Il cuore di Emily fece un balzo, ma non si scompose.
Da tempo le sue compagne cercavano di farle confessare perché avesse lasciato James e ricorrevano a tutto, perfino ai più sciocchi trucchi da ragazzine.
“Ah, sì, ho sentito anche io… per caso quella Mary?” chiese, sfidando con gli occhi la compagna.
Dianne serrò le labbra e si lasciò andare sul letto.
“Mi fa piacere… tanto so che nessuna è al mio livello” sentenziò Emily, prima di ritornare in bagno.
Chiudendosi la porta alle spalle, la Baston si guardò nello specchio.
'Tanto lo sai che è una bugia, non ha una nuova ragazza' cercò di convincersi, 'è troppo preso dal Quidditch. Tanto non ha una nuova ragazza… Dài, ce ne sono centinaia migliori di Potter'.
Il volto amareggiato di Emily si rifletteva nello specchio.
“Ce ne sono centinaia. Tanto lo sai che è una bugia” sussurrò ancora una volta, prima di uscire con un finto sorriso sulle labbra.
“Eccomi, sono pronta Dianne. Andiamo? Non vorrei arrivare tardi per il pranzo” disse Emily, prendendo sottobraccio la sua compagna.
“Sì, ok, prima dimmi una cosa: ti sei rincretinita tutto d’un colpo o lo eri già prima? Tu non sei la Baston” sentenziò Dianne, scutendo la testa.
Emily sorrise.
Si, non era più lei. Ora basta, era stufa di stare così male.
Scendendo le scale, incontrarono Albus Potter, indaffarato a dare indicazioni a degli studenti del secondo anno.
“… esattamente, e poi girate a destra… sì, lì, brava… ciao, ora andate, mi raccomando” sorrise ad una ragazzina e si girò verso Emily.
“Ehi, allora, vieni a mangiare con noi?” chiese, raccogliendo da terra la sacca e issandosela sulle spalle.
Emily scrollò le spalle e si avviò insieme al ragazzo e Dianne verso la Sala Grande.
“Mmh, allora Al, come vanno gli altri Prefetti?” domandò cinguettante Dianne.
Albus si girò e sorrise gentile.
“Oh, bene bene, grazie”
Emily trattenne a stento una risata per il tentativo fallito della sua compagna di fare conversazione e Dianne le fece una linguaccia, un po’ delusa.
Arrivarono in Sala Grande quando già tutti stavano uscendo.
“Direi che siamo in ritardo. Dài, prendi qualcosa e andiamo a mangiare in Sala Comune!” si affrettò a dire Albus a Dianne, che schifata non sapeva come prendere il cibo.
Al la guardò interrogativo e poi ficcò in un paniere qualche focaccia e tre cosce di pollo avvolte in dei fazzoletti.
“Che schifo! Ma-ma è da incivili!” squittì Dianne, ritraendosi quando il ragazzo le passo il contenitore.
“Oooooh, arragiati allora e non mangiare, tra poco scompare tutto” esclamò Emily, arraffando un cesto di dolci.
Si mise a ridere, notando la quantità di cibo che erano riusciti a prendere.
“E ora via, alla Torre!” disse Albus, mentre usciva dalla Sala con le braccia piene di cesti.
In Sala Comune i Grifondoro rimasti, molto pochi, dato che tutti stavano assistendo all’ultima sfida dell’anno di Gobbiglie, non tanto per diletto, quanto più per ridere dei partecipanti.
“Ehi, che stai facendo?” domandò James appena vide il fratello, alzandosi di scatto dalla poltrona nella quale era rimasto sommerso.
Quando Emily passò il buco del ritratto e comparve ridente in Sala Comune, sgranò gli occhi e squadrò il fratello.
A grandi falcate si avvicinò ad Albus e lo trascinò di peso verso le scale.
“Io non ho fatto niente! Te lo giuro!” protestò Al, “e ora smettila di tirarmi, Jamie! Caspita, piantala!”
“Perché lei sta ridendo?” sibilò al suo orecchio.
Albus si mise a ridere.
“Mi stai prendendo in giro? No, dimmelo subito perché sembri proprio convincente”
Il viso di James rimase impassibile.
“No, non scherzi Tu sei geloso di… guarda che abbiamo riso tutti e tre, niente di importante, giuro” cercò di rincuorarlo.
James assunse la tipica aria dell’arrabbiato e si mise i pugni sui fianchi.
“Piantala, James. Così sembri la mamma. E ti assicuro che non è un complimento, in questo momento” disse Albus, ridacchiando, “e poi non trovo l’importanza della situazione, sinceramente… guarda che ha riso altre volte”
James chiuse gli occhi.
“Ma non davanti a me da quand-”
Albus lo guardò, scuotendo la testa.
“Sei patetico, James… è colpa tua e ora ti piangi addosso, evitavi di metterla in condizione di scegliere” lo aggredì e il fratello si riscosse rapidamente.
“Non parlarmi così! Lei gli piaceva! Come potevo permett-”
“Dovevi fidarmi, Merlino! Dovevi fidarti di lei! Ti amava, non ti avrebbe tradito!” esclamò Al, puntandogli un dito contro.
Il fratello aprì la bocca un po’ di volte, senza riuscire a spiccicare parola e poi si coprì il viso con le mani.
“Jamie. Ce ne saranno altre migliori” mormorò Al, circondando le spalle del fratello con un braccio, sentendosi un groppo in gola per lui.
“Tanto so che è una bugia…” sussurrò James, abbracciandolo.
Albus sorrise.
Quando aveva saputo che suo fratello e Emily si erano lasciati non ci aveva creduto.

“Sì, Al, mi ha lasciato… se n’è andata… gliel’avevo detto che non doveva andare…”

“Aspetta, aspetta! Spiegami bene, con calma” l’aveva interrotto, poggiando il libro che stava leggendo.
“Lei… lei è andata da lui…”
“Lui chi?” chiese Albus, alzando un sopracciglio
“Tim, quel suo amico… il suo migliore amico”
“… non trovo il problema, Jamie…”
James si riscosse e lo guardò interrogativo.
“Caspita Al! Tim! Quello a cui piace!”

“E quindi? Anche tu entri nella classe di Incantesimi, con tutte quelle Corvonero ammiccanti… ma Emily cosa dovrebbe fare? Arrabbiarsi con tutte le studentesse che hai dietro?”
“Smettila! Non capisci!” aveva esclamato James, alzandosi dal letto..
“E allora spiegami  meglio, Jamie”
“Io le avevo chiesto di scegliere… perché lei i aveva detto che doveva andare da Tim, era malato e al S.Mungo, ma avrebbe passato il suo compleanno là… e io, io era arrabbiato, avevo impiegato mesi per prepararle la festa a sorpresa!”
“Tu l’hai fatta scegliere?” aveva esclamato Al, saltando giù dal letto e guardando stranito il fratello
“Sì, e lei se n’è andata… e mi ha detto che non vuole avere niente a che fare con un insensibile come me, che non le lascia spazio per vivere”

Quella fu la prima volta che vide suo fratello piangere, e anche l’ultima.
“Ehi-ehi, ora basta, vieni a mangiare con noi” mormorò Al, battendo una mano sulla spalla del fratello.
“No, grazie. Preferisco andare in dormitorio” rispose James, riscuotendosi e salendo le scale.
“Va bene” gli disse Al, tornando in Sala Comune.
Sperava, e lo faceva veramente, che tutto potesse risolversi.
  
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