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Autore: gaccia    09/10/2011    38 recensioni
Cosa può spingere un giovane uomo, sano ed attraente, ad affittare una moglie?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Salve a tutti, tutti, tutti.

Sono in ritardo di 8 giorni, dramma totale. Mi dispiace tantissimo, perché sembra che abbia voluto sospendere la storia, mentre invece è stata solo mancanza di tempo.

In primo luogo, voglio ringraziare tutte le persone che mi hanno recensito, tantissime davvero! Oltre ovviamente, a chi ha messo questa storia nelle ricordate, preferite e seguite (addirittura qui abbiamo superato i 200! Non credo di poter eguagliare una considerazione simile in futuro). Ringrazio inoltre gli oltre 800 personaggi che hanno osato entrare nell’ultimo capitolo per gustarsi in silenzio le avventure di questa versione di Bella (e anche Eddino, và).

 

Siamo arrivati a Miami! Nel villone-albergo. Cominceremo a incontrare i nuovi parenti di Bella, e sarà un bagno di folla! Speriamo bene…

Mi auguro che questo capitolo vi piaccia, come è piaciuto a me scrivere alcune cosette…

Buona lettura!

 

 

----ooo00O00ooo----

 

 

Tornai a guardare incuriosita la ragazza che stava cercando di fare l’arrampicata sul corpo di mio marito. Uffa! Prima la hostess e adesso questa? E basta! Stavo per partire alla carica come un bisonte, quando Edward si girò innocente verso di me.

«Isabella, ti presento mia cugina Tanya, l’unica parente che non mi stressa la vita! Cuginetta, ti presento Isabella Swan, mia moglie». Ok, sganciata la bomba rimasi immobile a verificare l’effetto shock. Svenimenti, crisi isteriche, ictus, ormai ero pronta a tutto… invece…

«Moglie? Finalmente sei guarito! Grande! Isabella, lasciati abbracciare, sei bellissima, sai? Mio cugino ha trovato il buon gusto da qualche parte! Vieni con me, ti porto dentro così ti presento gli altri». Ero stata travolta, un paio di braccia mi tirarono verso l’entrata senza che io potessi impedirlo. Non era molto più alta di me, ma cacchio se ne aveva di forza questa. Mi voltai un attimo verso il mio coniuge, che risultava incurante del mio rapimento.

«No, devo aiutare Edward…» provai a dire. Aiuto! Non voglio incontrarli tutti da sola!

«Ah, non ti preoccupare, è normodotato e se la caverà benissimo da solo» rispose con una scrollata di spalle.

«Lo sai, Isabella, che sei la prima donna della nostra generazione a entrare in famiglia? Noi cugini siamo sette femmine e tre maschietti, Eddy, Jake ed Emm, e loro sono sempre stati un po’ restii a farci conoscere le loro fiamme… chissà perché?».

“Già, chissà perché? Forse essere assalite e rapite senza poter dire nulla ha il suo peso” pensai ironica.

Sulla porta trovai ad aspettare i due ragazzini che avevo scorto in precedenza. Braccia incrociate sul petto e cipiglio scuro non promettevano niente di buono. Nel frattempo anche Edward era arrivato con due valigie e il mio borsone.

«Ciao, scimmiette. Questa è Isabella, la moglie di Edward, loro sono Alec e Jane, i figli adolescenti e pestiferi di mia sorella Kate e suo marito Garrett» Tanya fece le presentazioni.

«Chissà da chi hanno preso! Ciao ometto, ciao scricciolo» salutò Eddy.

«Non sono uno scricciolo! Sono grande adesso!» rispose piccata Jane, voltandosi ed entrando in casa.

 

«Adolescenza! Brutta bestia!» commentò Tanya, vedendo il volto sorpreso di mio marito.

Venni nuovamente arpionata ed entrai nel grande atrio del villone-hotel. Una enorme scalinata si apriva circolare sul fondo e portava ai piani alti, sulla destra un lungo e lucido bancone, che doveva essere la reception, era coperto da vasi di fiori, bicchieri di cristallo e tartine varie. Nella sala erano sparsi divanetti e poltroncine dove erano accomodati alcune persone.

Ero quasi intenzionata ad avvicinarmi al bancone, dal mio stomaco si stava per levare una di quelle musiche cavernicole da imbarazzo totale, invece mi feci condurre verso quelli che dovevano essere i miei nuovi parenti.

Mi voltai, dove diavolo era mio marito?

«Hola! Figlia numero tre, chi mi porti? Una donzella smarrita?» un signore grassottello e quasi completamente calvo, si alzò allegro dalla poltrona avvicinandosi baldanzoso verso di noi.

«Isabella, ti presento mio padre, lo zio di Edward, Eleazar. Credi alla metà di quello che dice e non fare nulla di quello che suggerisce e riuscirai a sopravvivere senza traumi, come faccio io» e in questo modo, Tanya presentò suo padre.

«Terza! Mi rovini la piazza così!» protestò l’uomo facendomi l’occhiolino. L’azzurro dei suoi occhi era qualcosa di assolutamente disarmante. Vista l’altezza e i lineamenti fini, doveva essere stato uno splendido giovane ai suoi tempi, e nonostante le rughe lo avessero avvizzito, aveva ancora un certo fascino simpatico.

«Perché ti chiama terza?» sussurrai alla mia accompagnatrice.

«Perché sono la sua terza figlia e lui si è sempre lamentato di avere solo femmine» rispose Tanya ridendo. «Quella la in fondo, bionda, vicino al mulatto carino, si chiama Irina ed è la seconda, accanto a suo nuovo marito Laurent. Sono sposati da sei mesi, stare vicino a loro rischi una congestione di zuccheri» poi mi guardò.

«A parte che credo che anche per te ed Eddy sia uguale, no?» e cominciò a sventolare le sopracciglia con fare malizioso e senza farmi rispondere aggiunse «Papà, lei è Isabella, la moglie di Edward».

Stavo quasi per arrossire alla allusione sesso, mi bloccai all’effetto bomba: Eleazar tirò fuori un urlo talmente possente da zittire l’intera sala.

«Edward sposato! Urrà!». Tutti si voltarono verso di noi e incominciarono ad avvicinarsi.

«Questa è mia sorella Kate, la prima, e lui è suo marito Garrett… loro sono i felici genitori dei due angeli che hai incontrato prima… io avevo già suggerito il bromuro, ma loro non mi ascoltano» Tanya fece le presentazioni ed io iniziai a stringere mani.

«Isabella, la moglie di Edward» sussurravo a ogni mano, arrossendo sempre più.

«Non credere a tutto quello che dice mia sorella, la pazzia di mio padre è ereditaria» mi sorrise Kate.

«Loro sono mia cugina Rachel e suo marito Paul, con il piccolo James» e mi indicò un bambinetto biondiccio di quattro o cinque anni che stava correndo curioso verso di noi,  «E la pargoletta è la piccolissima Victoria, il penultimo neoacquisto della famiglia»

«Visto che l’ultimo sei tu» mi giunse all’orecchio la voce calda e bassa di Edward.

Come presa da un tic nervoso, cercai subito la sua mano e la strinsi in modo spasmodico quando la trovai, come se fosse un’ancora di salvezza… stavo annegando tra i corpi dei parenti.

«A proposito, Rachel, tuo fratello?» chiese Tanya all’ultima cugina presentata. Mi ricordava qualcuno, aveva lineamenti famigliari, ma forse era perché erano tutti parenti.

«Jacob e mio padre stanno arrivando, sono scesi dall’aereo circa 40 minuti fa» rispose.

Ecco chi era, la figlia di Billy Black.

«Lei è Leah, un’altra cugina… credo che dovrai farti spiegare tutte le parentele per benino da Eddy, altrimenti farai una gran confusione» e mi presentò anche a quest’altra che mi guardava con un’aria talmente stupita da farmi pensare a un probabile svenimento. La sorpresa Edward sposato, aveva colpito ancora.

 

All’improvviso si zittirono tutti mentre dalla scalinata stava scendendo una signora molto anziana, sostenuta per un braccio da un affascinante uomo di mezza età e poco dietro una piccola donna che teneva un cane dalmata per il collare.

«Nonna Elisabeth, papà, mamma!» esclamò Edward trascinandomi oltre le persone che avevo appena conosciuto per arrivare ai piedi della scala.

Oddio! Stavo per conoscere i miei suoceri ed ero appena scesa da un aereo dopo sei ore di volo! Ma gli uomini sono proprio imbecilli! Sicuramente i capelli erano in disordine, i vestiti stropicciati, il trucco sbavato o inesistente, ero un disastro insomma! E lui mi trascinava a conoscere i suoi così? Ma cos’hanno nella testa questi esseri maschili? Semi di zucca?

«Isabella, loro sono mia nonna, mio padre Carlisle e mia madre Esme… Lei è Isabella Swan, mia moglie» finì la presentazione quasi in un sussurro, mentre, con la coda dell’occhio vedevo che arrossiva leggermente.

“Allora è umano anche lui!” pensai con una punta di soddisfazione.

Subito mi sentii abbracciare, due braccia esili appartenenti a quella che doveva essere mia suocera, mi stringevano con affetto «Mia cara, benvenuta in famiglia, è un piacere conoscerti». Era alta quanto me, con gli stessi occhi verdi di suo figlio dallo sguardo sincero e amorevole, una serie di piccole rughe di espressione segnavano la sua pelle che raggrinziva ad un enorme sorriso emozionato. Una cascata di ordinate onde color caramello incorniciavano il suo viso. Se avessi dovuto pensare al volto materno prototipo, l’avrei immaginato così.

Sorrisi a mia volta ricambiando l’abbraccio «Piacere mio».

«Ti sei sposato?» chiese secca la signora anziana.

«Si nonna, lei è mia moglie» rispose Edward guardando fisso davanti a se.

Mi diede un’occhiata come a valutarmi e già così mi sentii fremere, quando parlò nuovamente fui costretta a stringere la mano di mio marito per rimanere impassibile, quella donna era di una simpatia stellare.

«Potevi avvisarci prima. Andiamo Carlisle, dobbiamo prepararci per la cena» e si avviò verso l’ascensore, sempre al braccio di mio suocero.

Rimasi allibita, che freddezza, non sapevo cosa dire. Poi il padre di Edward mi aveva solo guardato in silenzio, senza dire una parola… ma che famiglia era questa?

 

«Coraggio! Siete sopravvissuti all’iceberg, adesso divertiamoci» ci incitò Tanya, non appena i due personaggi sparirono nell’ascensore.

«Non pensarci cara, vedrai che appena avranno la possibilità di conoscerti, sia mio marito che mia suocera ti adoreranno» mi bisbigliò Esme, stringendo la mano che penzolava inerte al mio fianco.

Al suo contatto mi risvegliai, e, lasciando Edward, abbracciai nuovamente mia suocera con trasporto.

«Dai, ragazza, lascia andare Esme e raccontami come hai fatto a incastrare mio nipote» Eleazar pretendeva attenzione e ridendo mi voltai verso di lui.

«Mi ha rapito nel bel mezzo di una festa e mi ha trascinato all’altare» risposi ammiccando.

Non ci eravamo messi perfettamente d’accordo, ma se lui era intelligente come supponevo, sarebbe sicuramente riuscito ad improvvisare. E poi… che gusto c’era se non lo mettevo un pochino in difficoltà? Mica ero solo io che dovevo soccombere all’assalto del parentado.

«Wow. Cavernicolo cugino!» ridacchiò una nuova ragazza che si avvicinò a me presentandosi.

«Ciao, io sono Kim, la sorella di Leah e tu sei la moglie di Edward? Era ubriaco quando ti ha sposato o gli hai fatto una makumba? Sono anni che stiamo cercando di liberarlo dall’ossessione…».

«Kim ti prego! Basta con questa storia!» intervenne Edward.

«Ok!» alzò le mani in segno di difesa «Devo ammettere comunque che hai dimostrato decisamente un ottimo gusto» disse complimentandosi e scrutando tutto il mio corpo dalla punta dei piedi alle doppie punte dei capelli.

«Come ho già detto al caro Jake... giù le mani da mia moglie, Kim!» ordinò Edward.

Come giù le mani? Cioè solo se fosse stata... oddio! Guardai la nuova cugina con più attenzione.

«Tranquillo, Eddy. Poi sai che i miei gusti sono più simili a quelli di Emm» ribatté ridendo la ragazza. Lesbica.

 

«Ciao gente!». Al saluto mi voltai e vidi un ragazzone, alto quanto Jacob, in costume, che probabilmente tornava dalla spiaggia dopo un bagno, visto che stava gocciolando.

Ma come li alimentavano da queste parti? Era scuro di capelli e con un paio di sorridenti occhi azzurri, resi ancora più maliziosi da un paio di fossette che nascevano ai lati della bocca, anche lei allargata al sorriso. Ma la cosa più impressionante (almeno per me, madama Elisabeth sarebbe scoppiata per il tappeto che il nuovo arrivato stava bagnando) era il torace possente, con dei pettorali e più sotto una tartaruga che faceva a paio con quella del cugino di Edward… e tutte a dire toccami toccami. 

«Ragazza, non ti imbambolare sui loro muscoli! Anche noi vecchietti non siamo messi male» mi prese in giro Eleazar, continuando «Guarda qui! Come loro anche io ho il guscio di tartaruga, loro la parte sotto e io il carapace sopra! Che fisico eh?» e strizzò l’occhio indicando il suo ventre prominente.

Ci misi un secondo per assorbire quello che aveva detto… si dice tartaruga il ventre che mostra i fasci muscolari, perché ricorda il sotto dell’animale, mentre lui si vantava di avere il sopra… iniziai a ridere.

«Se devo essere sincera, apprezzo molto questa curva del benessere, la trovo rassicurante» risposi indicando con un colpetto la sua pancia.

«Edward, questa ragazza è un portento! Se te la fai scappare, a parte disconoscerti, me la piglio io!». Avevo un nuovo spasimante! Wow. Forse era quasi da reparto geriatrico, ma caspita se era simpatico.

«Brutto orso, smettila di spaventarla dicendo stupidaggini! Scusalo, cara, ma quando apre bocca è meglio non ascoltarlo», così dicendo una signora bassina e larghissima, mi arpionò il braccio e mi trascinò in un abbraccio soffocante

«Lei è mia moglie, Carmen, l'unica donna al mondo che ha potuto sopportarmi per più di trenta anni» mi confidò Eleazar mentre io cercavo aria.

«Santa, mi devono fare santa!» commentò la zia «Ma che bella ragazza, Edward, finalmente ti sei deciso» e mi strinse ancora con un sorriso felice.

«Infatti, è quello che dicevo anche io! Avevo quasi perso le speranze con lui. Pensavo che lo facesse andare in pensione» e indicò con il dito un punto non meglio definito sui pantaloni di mio marito.

«Ma zio!» protestò Edward, mentre zia Carmen tirava uno scappellotto a suo marito e tutti gli altri si mettevano a ridere.

«Sino ad ora, la mia consolazione era Emmett, anche se non ci aveva portato a casa le sue ragazze, si dava da fare! Tu sembravi un frate da clausura! Anche io ho una vita sess...»

«Eleazar!». Carmen era rossa in viso e stava sbuffando come un toro. Io avrei avuto paura se fossi stato il marito.

«Tieni a freno la lingua! Vecchio pazzo! O non potrai vantarti ancora per molto!». A questo punto volevo sparire! Ma davvero stavo ascoltando una conversazione sul sesso di due persone di circa sessanta anni? Forse era giunto il momento di chiedersi quando arrivasse la pace dei sensi. Diciamo che la prospettiva di tutta questa attività, in un certo senso, mi rendeva euforica: avevo davanti ancora parecchi anni. Wow.

 

Sentii vicino a me una nuova presenza.

«Ciao, io sono Emmett, la consolazione di zio Eleazar. E tu chi sei, piccola venere?» mi chiese con fare seducente. Non fosse perché ero sposata con suo cugino, che tra parentesi era più carino di lui, e visto che lui era un gran pezzo di figo, era tutto dire, e non fosse stato che era per colpa sua che io ero legalmente sposata con Edward-me-ne-faccio-una-ovunque-anche-in-aereo-Cullen, (e credo che questa cosa mi resterà sullo stomaco ancora per un po') mi sarei lasciata facilmente conquistare… invece di fare un passo verso di lui e pestargli il piede. “Questo è per il matrimonio legale” pensai.

«Ops, scusami. Sono mortificata! Ma che piede hai? È lunghissimo, cammini sulle acque per caso?». Un flap flap innocente dei miei occhi e fui perdonata all'istante per il pestaggio. Avrei voluto usare il tacco a spillo che avevo nel baule, ma non avevo tempo per cambiare scarpe. Pazienza.

«Figurati, sei così leggera che non ho sentito nulla». “Sì, dillo a tua sorella” pensai guardando la smorfia che aveva ancora dipinta in volto.

«In ogni caso, non cammino sulle acque. Quella era una moda di duemila anni fa, ora questi piedi si usano per lo sci d'acqua, o per fare massaggi sulla schiena... vuoi provare?». E questa volta il flap flap dell'occhio innocente era il suo.

«Emmett, sono colpita! Piacere, sono Isabella, la moglie di Edward. Però tu chiamami Bella, preferisco.» e gli tesi la mano, che strinse con vigore, accompagnandola con una risata.

«Edward, tua moglie è proprio sveglia! Bella, mi devi raccontare tutto di te!» mi disse con il sorriso più aperto e sereno che conoscessi. Doppiogiochista!

«Facciamo così, Emmett. Io ti do, nome, cognome, certificato di nascita e codice previdenza e tu indaghi su tutto il resto. Ok?» risposi con il mio miglior sorriso falso come una moneta da tre dollari.

«Edward! Cosa le hai detto!». Stavo per scoppiare a ridere, era quasi furente il detective.

«Solo la verità, cuginetto. Tu non la prendere in giro e lei farà la brava.». Domanda: mi considerava cattiva? Perché se era così, non aveva ancora visto nulla. Ghignai soddisfatta.

«Tigrotto, sono molto stanca, possiamo andare a riposarci un pochino?» mi voltai verso Edward, con l'espressione più naturale che potessi fare. Avevo la faccia che rischiava la paresi.

«Ogni tuo desiderio è un ordine, micetta» mi rispose, cercando di soffocare una risata, che si sfogò direttamente nel suo sguardo divertito. Mi indicò le scale e prendendomi per mano salutammo le persone presenti e iniziammo a salire le scale.

 

Quelle sala era davvero scenografica, vista dall'alto.

Al primo piano si dipanavano tre corridoi in altrettante direzioni.

«Vieni da questa parte» mi invitò Edward, lasciando la mia mano. «I nostri bagagli sono già in camera, compresi i tuoi bauli. Marcus è rimasto decisamente scioccato, ha detto che neanche Alice aveva osato tanto» disse ridacchiando.

«Chi è Marcus?» chiesi, sperando che non fosse un altro parente, per oggi era stato sufficiente.

«Diciamo che è il maggiordomo, il capo supremo delle persone che lavorano qui dentro, una specie di amministratore». Che cosa complicata, quasi rimpiangevo il mio semplicissimo bilocale... mica sono scema, ho detto quasi.

«Eccoci arrivati» e con un gesto teatrale, spalancò la penultima porta del corridoio che stavano attraversando entrando in quella che sembrava un mini appartamento.

 

Appena chiusi la porta della camera tirai un sospiro di sollievo e mi voltai per ispezionare il luogo dove avrei trascorso due mesi in compagnia di Edward. A ben pensarci ero leggermente imbarazzata... insieme, nella stessa camera... di notte...

“Bella non ci pensare neanche! C'è sempre la questione della hostess di mezzo!” certo vocina, certo. Dignità prima di tutto.

In quel momento mi accorsi che mi stava guardando, aspettando che mi svegliassi da questa catalessi che mi aveva presa negli ultimi cinque minuti.

«Ciao, ti ricordi di me?» chiese ridacchiando «Sei incredibile Bella, un momento ci sei e un attimo dopo sei sulla luna».

«E' una di quelle abilità speciali che i professori adorano, li fa sentire presi in giro e ti schiaffano dal preside» risposi con tutta la calma del mondo. Con il preside del liceo avevo anche instaurato un buon rapporto, praticamente ci vedevamo un giorno ogni due, io portavo i biscotti, lui metteva il tè e facevamo il nostro spuntino di mezza mattina.

Mia madre, dopo essersi risposata con un famoso giocatore di baseball, non poteva avere una figlia ignorante, spersa nelle lande desolate di Forks, (non che mi piacesse, infatti ero scappata appena possibile). Così mi aveva mandata in una scuola privata carissima, sempre dispersa nelle lande verdi e desolate dello stato di Washington, dove tutti erano ingessati e in divisa, e lì mi aveva rinchiusa quando non stavo con mio padre. Guai a rovinarle la nuova vita, lei mi accudiva nei mesi di scuola (a scuola), mio padre gli altri, affidamento congiunto lo chiamava...

«... però c'è un letto solo. Va bene?». Ecco lo sapevo, avevo perso altri minuti di vita.

«Come scusa?» chiesi guardando Edward con occhio innocente.

«Bentornata! Dobbiamo fare qualche cosa per questi viaggi, un giorno di questi ti troverai nei guai. Dicevo... Questo è il salottino, lì c'è il bagno e l'altra stanza è la camera da letto, però il letto è uno solo, quindi dovremo dividerlo» mi spiegò rapidamente ma a me rimase in testa l'ultima parola: dividerlo. Ma non se ne parla neanche! Io assieme all'assatanato, nello stesso letto? Con uno che non riesce ad acquattare il suo coso senza scopatina giornaliera? Uno che se ti mette la cintura di sicurezza sembra un polipo? Uno... beh, a ben pensarci, uno così... no no no no no! Neanche morta! Anche perché in quel caso farei veramente poco, correggo il tiro: neanche in punto di morte! Però sarebbe l'ultimo desiderio di un condannato, chi lo saprebbe? No! Neanche... neanche! Punto. (non mi veniva altro per convincermi, ma giuro che mi ero convinta).

 

Presi le mie cose, senza degnarlo di risposta.

«Vado a farmi una doccia» annunciai e mi diressi verso il bagno, mentre lui annuì incupito.

L’acqua calda era rilassante, il doccia schiuma profumato, lo shampoo con relativo massaggio cutaneo tranquillante. In una parola uscii dal box nuovamente allegra, basta poco e i piccoli piaceri della vita possono fare miracoli.

Cercai l’accappatoio tra i ripiani e non trovai altro che asciugamani talmente piccoli da non coprire un neo.

«Bella! Hai finito? Volevo parlarti di quello che è successo oggi in aereo». L’irritazione per la mancanza di un telo adeguato, si sommò alla visione stampata indelebile nella mia memoria: lui e il suo collo rosso, al quale avrei voluto avvolgere la mia sciarpa di chanel, in quel momento. E stringere.

«Lascia stare» intimai.

«No, non lascio stare. Voglio che mi lasci spiegare quello che è successo» alzò la voce.

«E io non voglio sentirti!» risposi alzando anche io la voce per farmi sentire attraverso la porta chiusa. “Oh! Eccoti dove eri finito gran bastardo di un asciugamano. Non è enorme ma mi devo accontentare. Oggi credo di aver utilizzato la parola bastardo un po’ troppe volte. Meglio cambiare con altro… brutto figlio di p… no, non va bene neanche questo: che colpa ne hanno le mamme se i figli gli sono usciti così? Accontentiamoci di bastardo” i miei pensieri andavano pari passo con la conversazione.

«Bella, non fare la bambina! Voglio spiegarmi e tu mi ascolterai!» mi intimò alzando ancora di più la voce. Ormai stavamo quasi urlando.

«Quello che hai fatto è stato più che sufficiente e non credo di avere bisogno del disegnino per capire come funzionano certe cose!». Insomma che pretendeva?

«Oh, certo! Non sia mai che una donna possa ascoltare delle scuse. Se siete voi a dire “Caro devi ascoltarmi” pronti via sull’attenti o sareste capaci di dare fuoco alla casa con le sole parole, ma non sia mai che una di voi si abbassi a sentire gli altri». Ma come si permetteva?

«Io ascolto e vedo!» gli urlai mentre mi frizionavo i capelli. Adesso basta!

«Ma cos’hai? Il ciclo, per essere così acida?». Lo ammazzo! Adesso lo faccio fuori, divento vedova e mi piglio tutta l’eredità. Lo faccio per soldi? No! È la soddisfazione intrinseca nell’atto!

 

Uscii dalla porta come una furia, con l’asciugamano avvolto sul corpo che copriva a mala pena seno e fianchi.

In quel momento la porta si aprì ed entrò un ragazzino di 8 o 9 anni, timido che ci guardava con occhi sgranati

«Oh» riuscii solo a dire, Edward, invece, neanche quello.

Nello stesso istante della mia intelligentissima esclamazione, successero una marea di cose tutte insieme: la porta aperta della stanza fece corrente con l’apertura del bagno, la porta del suddetto bagno si chiuse in modo violento, la risuddetta porta del bagno impigliò un angolo del mio asciugamano chiudendosi, io feci un passo avanti, inconsapevole dell’intoppo e mi ritrovai… nuda. Nuda più di un verme nudo. Io! Che non avevo mai fatto neanche le foto nuda sul lettone quando hai quattro mesi. Io! Che se non fosse perché mi sentirei un pochino strana, nuoterei con il burkini in piscina. In camera da letto sì, ma mi vede solo chi voglio io!

Io nuda davanti a un bambino di 8 anni! Voglio morire! Ti prego pavimento apriti e inghiottimi all’istante! Mi daranno della depravata!

 

Come colpito da una molla, la mano di Edward si lanciò davanti agli occhi del bambino, mentre guardava me con due occhi che stavano per staccarsi dal resto della testa.

Io intanto mi coprivo con le braccia e non sapevo più come nascondermi. Mi voltai e cercai di strattonare l’asciugamano per recuperarlo, offrendo agli occhi di mio marito anche il lato B (tanto ormai…)

«Seth, tesoro, esci per favore» invitò mio marito.

«Ma io voglio vedere» protestò il bimbo. Mica scemo! Solo che era troppo presto per una sessione di Playboy.

«Non c’è niente da vedere. Cosa volevi?» chiese Edward nel tentativo di cambiare argomento, mentre io mi ricoprivo e lui riusciva finalmente a spingere Seth, fuori dalla nostra porta.

«La zia mi ha mandato ad avvisarti che tra un’ora si cena e si è raccomandata di essere puntuali e di litigare sotto voce» riferì compito, cercando di alzarsi sulle punte per sbirciarmi ancora.

«Grazie. Riferisci pure a nonna Elisabeth che saremo puntuali» e chiuse la porta.

Poi si girò sospirando, mi guardò e si mise a ridere. Rideva e rideva con le lacrime agli occhi.

«Cosa ti è saltato in mente? Vuoi traviare un bambino adesso?» riuscì a chiedere dopo essersi leggermente calmato.

Effettivamente la situazione ora sembrava buffa anche a me, e se non fosse stato per evitare di dargli soddisfazione, mi sarei messa a ridere anche io.

Nel frattempo mi ero indirizzata verso la camera a cercare gli indumenti da indossare per la mia prima cena in famiglia.

 

Ero quasi pronta, quando sentii bussare alla porta. Sbirciai. Edward aveva appena finito di fare una doccia ed andò ad aprire con un asciugamano annodato ai fianchi e un altro con cui frizionava i capelli bagnati. Decisamente un bel vedere.

«Seth ci ha detto che qui c’è una donna che si fa vedere nuda» annunciò una voce piena di ilarità, accompagnata da altre che mugugnavano.

«Zio Eleazar, Jacob, Garrett… anche tu Alec? Vergognatevi!» rispose Edward cercando di trattenere le risate. Io, in camera, andavo a fuoco.

«Ma Seth l’ha vista! Perché noi no?» protestò Alec, il ragazzino.

«E’ stato un incidente. Adesso comportatevi da adulti. Garrett, mi vergogno di te! Questo è tuo figlio! Ha solo 12 anni! Zio, è tuo nipote, insomma» cercò di sgridarli, ma la sua voce era tutto tranne che seria.

«Oh! Insomma nipote! Non si è mai finito di imparare! E poi meglio dal vivo che sulle pagine di una rivista, così gli spiego tutto per benino»

«Emmett! Grazie al cielo! Prendi questi quattro depravati e portali di sotto! E ringraziate che non vado dalle vostre mogli e madri a lamentarmi» minacciò mio marito.

«Veramente, Eddy, mi hanno detto che qui ci sono donne nude…» si giustificò il nuovo arrivato.

«Ma siete impossibili!» e chiuse la porta.

Ero ro-vi-na-ta! Potevo tranquillamente tornarmene a casa.

 

Edward, bussò allo stipite della porta facendomi voltare.

Ormai ero pronta, un abito di misto lino, con pantaloni larghi e morbidi e una blusetta a maniche corte e scollo quadrato, color sabbia mi davano un’aria leggermente seria.

«Ho una proposta!» annunciò continuando ad asciugarsi i capelli.

«Parla» invitai, rivolgendo la mia attenzione verso la cintura intrecciata con pendagli, color cuoio, di uno stile leggermente etnico, da abbinare con i sandali.

«Io ti giustifico con tutti e ti faccio da parafulmine, e tu mi ascolti buona buona su quanto è veramente successo sull’aereo». Come proposta non era male, avrei sentito le sue scuse banali, avrei fatto finta di crederci e lui mi avrebbe sostenuto sotto lo sguardo da brividi della matriarca.

«E se non accetto?» lo provocai. Lui mi sorrise serafico, mentre raccoglieva i boxer e si incamminava verso il bagno.

«Te la vedrai direttamente con nonna Elisabeth. Sarà mia cura posizionarti vicinissima a lei, questa sera a cena!» e gli sfuggì un ghigno.

«Vicino a tua nonna? Accetto! No dai, scherzavo! Ti ascolterò talmente buona che ti sembrerò adorabile!» promisi. Tutto pur di evitare cuore di ghiaccio.

«Tu sei adorabile… quando vuoi» confermò chiudendo la porta.

 

Puntualissimi, entrammo nel salone da pranzo dell’albergo. Tutti i tavoli erano accostati alle pareti, tranne uno lunghissimo, al centro, esattamente sotto il lampadario di cristallo.

Stava per iniziare la mia prima cena nella famiglia Cullen.

 

----ooo00O00ooo----

 

 

Angolino mio:

Mi auguro davvero che questo capitolo vi sia piaciuto, io l’ho trovato divertente (soprattutto i parenti che andavano a vedere la donna nuda…).

 

Allora, abbiamo conosciuto altri parenti, abbiamo incontrato la matrona, lo suocero taciturno, la suocera amorevole, lo zio e la cugina pazzerelli, varie cugine un pochino più serie, e traumatizzato un bambino in età prepuberale!

 

Direi che è andato tutto liscio per poter affrontare la cena,

Non sarà una cosa lunga però, dobbiamo ancora sentire quanto ha da dire Eddino per l’incontro de fuego con l’assistente di volo, e poi, come tutti i bravi bambini… a nanna!

 

Il titolo del prossimo capitolo sarà: Prima notte.

Dopo la prima cena, dove speriamo che non ci siano altri intermezzi imbarazzanti per Bella, proseguiremo sino alla camera da letto. Non pensateci neanche! Pervertiti/e! niente sesso!

Posterò il prossimo capitolo tra 15 giorni, so che è tanto ma vi prometto un capitolo lunghetto come questo!

 

Grazie per l’attenzione e

baciotti

 

  
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