Anime & Manga > Ranma
Ricorda la storia  |      
Autore: Walpurgisnacht    14/10/2011    3 recensioni
Ambientato qualche tempo dopo il decimo capitolo di Secrets.
-
Una rapida e un po' invadente occhiata su come la piccola Ukyo può aver preso l'evolversi della situazione fra Ranma e Akane.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ukyo Kuonji
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ukyo stava finendo di lavare i piatti. Era appena passata l'ora di punta e giusto in quel momento l'ultimo cliente se ne stava andando.
E anche oggi ho fatto un sacco di soldi e ho mostrato all'intero mondo di che pasta sono fatti i cuochi della famiglia Kuonji, pensò soddisfatta fra sé e sé. Non un solo avventore se n'era andato lamentandosi della qualità del cibo servitogli, e anzi le erano arrivati complimenti a profusione da chi era lì per la prima volta. Come al solito, d'altronde.
Fischiettava, colma di buon umore. Era una bella giornata, la scuola era andata in maniera normale -e a Nerima quello era un mezzo miracolo- ed era scesa dal letto col piede giusto.
Poi, mentre rimetteva al suo posto l'ultima stoviglia, si rabbuiò.
Le tornò alla mente l'invito di Ranma e Akane a far loro compagnia per un giro di spese pomeridiane, invito declinato con un sorriso e un piccolo dolore.
A volte soffriva ancora per quella storia. Non succedeva spesso, è vero, ma non era ancora riuscita a superarla del tutto.
Anche quella mattina, mentre le chiedevano se le andava di accompagnarli con le facce felici e dei sorrisi extralarge, non riuscì a reprimere un piccolo moto di gelosia.
Alzò le mani di fronte a sé e prese ad agitarle, come quando si vuol dire “no no”. Pensare così le faceva solo male.
Era stata lei stessa a parlare chiaramente, sia a lui che a lei. Era stata lei stessa, insieme all'intervento di altre persone, a farli avvicinare più che poteva. Era stata lei stessa a tagliarsi il ponte alle spalle, lasciando il suo grande amore per Ranma a chiamarla e a strepitare dall'altro lato del dirupo.
Scelta nobile. E un poco suicida, si trovava a considerarla in certi momenti come quello.
All'inizio temette di non farcela. Per quanto si fosse lanciata in paroloni altisonanti di perdono, passato sepolto e quant'altro aveva seriamente avuto l'impressione che si sarebbe rimangiata tutto alla velocità della luce. Per fortuna non fece così e rimase fedele al proposito. Anche se, per l'appunto, le capitavano delle ricadute.
“Ma Ukyo!” potrebbe dire qualcuno di ingenuo e ottimista “il mondo è pieno di bei ragazzi carini, gentili e simpatici! Vai e datti da fare! Sei una persona piacevole, divertente e di compagnia. Quanto può essere difficile trovare qualcuno che colmi, almeno in parte, il vuoto lasciato dal codino dell'uomo che ami?”.
E lei risponderebbe, acida: “Di chi stai parlando, della mia gemella malvagia? Io non sono piacevole, divertente e di compagnia. Io sono una persona che per dieci anni ha vissuto fingendosi un maschio per uno stupido piano di vendetta contro Genma Saotome, il disgraziato padre di Ranma che si era fregato il carretto degli okonomiyaki di mio papà come dote per un matrimonio che non ci sarebbe mai stato. Ho passato lunghe sere della mia vita, nel comodo riparo di un cartone appoggiato all'angolo della strada, a costruire castelli per aria pensando al momento in cui avrei ficcato la mia spatola dentro la gola dell'odiato fedifrago. Perché sì, all'epoca ero convinta che lui fosse parte del diabolico schema paterno. Ho ingoiato freddo, solitudine, sguardi storti a sufficienza da farmi appallottolare su me stessa come il più timido dei porcospini. Ho finito col ridurre i miei contatti umani al minimo indispensabile e per un periodo ho persino pensato di aver disimparato a parlare. Poi i nodi sono venuti al pettine: Ranma era completamente all'oscuro di tutta quella brutta storia, tanto che mi considerava il suo più caro amico di infanzia. Sì, proprio amico, con la o. Al che ho abbandonato i propositi di fargliela pagare e ho deciso di far valere l'antico accordo fra i nostri genitori, autoproclamandomi sua fidanzata. Ma quella carina, al contrario di Akane che era quella rozza. Solo che c'era un piccolo problema: lui ama lei, non me. Dopo molti mesi in cui quei due testoni non parevano aver nessuna intenzione di essere chiari uno con l'altra... beh, non ce l'ho fatta più. Qui in città chiunque li conosca un minimo può dire, senza timore di venir smentito, che Ranma e Akane si vogliono davvero molto bene. Era una situazione crudele, per loro e per me. Così ho indossato le alucce da Cupido e mi sono data da fare. Ottenendo in cambio una coppia felice e una stanza da letto non piena come vorrei. Ecco, vedi? Mi hai fatta partire per la tangente e raccontare cose che tutti sappiamo a menadito. In conclusione: non posso e non voglio trovare qualcun altro, sono ancora troppo emotivamente legata a lui per riuscirci. In futuro, forse. Non ora. Ora devo scendere a patti, in maniera onesta, con la realtà fattuale”.
Ukyo, finiscila di parlare da sola. Non ti aspettano all'ospedale psichiatrico, non a breve perlomeno.
La porta del ristorante si aprì cigolando. Doveva decisamente cambiarla, già.
Eh no però. Dai. Ma si può? Borbottò qualche parola sconcia sottovoce.
“Ucchan!” dissero Akane e Ranma in coro mentre si facevano strada verso il bancone, le mani piene di borse.
Magnifico. Io sto affogando nella mia autocommiserazione e chi viene a trovarmi?
Non voleva farsi vedere malinconica, loro avrebbero subito intuito il perché. Indossò la sua maschera più allegra e li accolse a braccia aperte, figurativamente parlando.
“Ehi, che bella sorpresa! Avrete fame. Vi preparo qualcosa, ok?” cinguettò, cercando di apparire rilassata.
“Puoi dirlo forte”.
“AVRETE FAME. VI PREPARO QUALCOSA, OK?”.
“... Ukyo, il tuo senso dell'umorismo è peggiorato ultimamente”.
“Eddai Ranchan, si faceva per dire. Solite porzioni e solito condimento, gentili clienti?”.
“Assolutamente, cara la mia sopraffina cuoca”.
E si mise a spignattare mentre i due chiacchieravano amabilmente del più e del meno. Uno stiletto si conficcò nella sua nuca.
Non riesco a essere felice per loro, non fino in fondo.
Che razza di persona sono? Perché mi riesce così difficile lasciarmelo alle spalle? Perché non posso sorridere di gusto di fronte a due ragazzi che si amano, stanno insieme e darebbero la vita per aiutare l'altro?
Le scappò una lacrima, ma fu svelta a cancellarne qualsiasi traccia dal proprio viso. Non poteva comandare i propri sentimenti a bacchetta ma poteva almeno evitare che si manifestassero in modo tanto palese.
Ukyo Kuonji non cercò scuse: le faceva male. Da morire. Erano occasioni rare ma quando arrivavano si facevano sentire come i peggiori tifosi degli Hanshin Tigers.
Arrivò persino, cosa inconcepibile, a doversi fermare mentre cucinava. L'arte era qualcosa di sacro per lei e richiedeva tutta la sua attenzione e dedizione. Ma in quell'esatto frangente non era in grado di dedicarle la giusta cura, e questo contribuì a peggiorarle ulteriormente l'umore.
Basta così, disgraziata. Ricomponiti e non farti vedere in queste penose condizioni da loro, li preoccuperesti. E tu non vuoi che succeda, vero? Non è perché non vuoi vederli mentre si punzecchiano ridendo di fronte a te e speri che finito il loro pasto se ne vadano lontano, vero? Non sei così meschina, vero?
Lasciò cadere volutamente la domanda, temendone la risposta.
Servì i due okonomiyaki, mantenendo con fatica il suo finto sorriso. Non si intromise nel loro chiacchiericcio, limitandosi a guardarli mangiare soddisfatti e scambiarsi dispettucci da bimbi dell'asilo nido. Ranma lamentò anche la capigliatura corta della fidanzata dicendo che, se avesse avuto le trecce, gliele avrebbe tirate per provocarla. Akane, pronta di spirito com'era sempre stata, non mancò di afferargli il codino e tentare di strapparglielo con violenza posticcia.
La loro gioia, così manifesta, strideva con la sua solitudine. Pensò di sentire delle unghie che venivano grattate su una lavagna.
Poi lo sguardò della più giovane delle Tendo si posò, in modo abbastanza casuale, su di lei. Smise di botto di parlare e la osservò per qualche secondo.
Oh. Non accorgertene, non accorgertene, non accorgertene.
Reggi, facciata. Reggi.
“Tutto bene, Ukyo? Sembri... provata”.
Soffocò una mezza bestemmia.
“Sì sì, sto bene. Perché me lo chiedi? Ho una brutta faccia, per caso?”.
“Direi. Hai gli occhi arrossati”.
Kami. Era così evidente?
“Oh, quello. Stai tranquilla, sono solo un po' raffreddata”.
L'occhiata indagatrice di Akane le fece subito capire che non credeva alla sua balla.
“Ranma, ti spiacerebbe anticiparmi a casa? Vorrei restare qui ancora un po'. Prendi qualche borsa ma non tutte, non vorrei che ti venisse male alla schiena”. Con annessa linguaccia di scherno.
“Va bene, certo. Pensi di trattenerti molto?”.
“Non lo so”.
Poteva essere una cosa lunga e scomoda.
Quando la figura scomparve, oberata di sacchi della spesa, si voltò verso la proprietaria del locale.
“Allora Ukyo...”.
Quella deglutì rumorosamente.
“Sì?”.
“Toglimi una curiosità: da quando il mal d'amore viene chiamato raffreddore?”.
Maledizione. Sposta quei fanali marroni e quella faccia pietosa da me. Mi sento violata.
Fece mezzo passo indietro, istintivamente.
Prima di rispondere si portò una mano alla fronte per massaggiarsela con un lieve movimento circolare: “Per favore, non rigirare il coltello nella piaga...”.
“Non è mia intenzione. Sono rimasta per aiutarti”.
Le venne l'impulso di insultarla. Di dirle che l'unico aiuto che poteva darle era quello di lasciare Ranma nelle sue capaci, amorevoli mani e di andare a morire assiderata in mezzo a una tempesta di neve.
Poi, come in un flash, vide passare davanti a sé il momento in cui Akane le augurava, in modo assolutamente spontaneo e vero, di trovare la felicità. E anche quando le disse che l'avrebbe considerata sua amica perché toccata nel profondo dal suo gesto.
Quella che aveva davanti non era una nemica. Era una persona che aveva imparato a volerle bene.
E si fece schifo per aver osato pensare cose tanto malvagie verso qualcuno la cui unica colpa era quella di essersi innamorata.
La mano si mosse dalla fronte agli occhi, coprendoli. Ma non impedendo al pianto di fluire via, libero.
“Akane, ti prego... vai via...”.
Un fruscio. Passi. Due braccia strette alla sua vita e una guancia appoggiata alla sua spalla.
“Ukyo, perdonami. Io non voglio che tu stia così per causa mia”.
Le lacrime si intensificarono. Ecco perché non sopportava la sua presenza: era disgustosamente dolce.
“Akane... io sono una persona orrenda e... non merito... la tua comprensione...”.
Una carezza sul suo capo, leggera come il tocco di una mamma che consola il suo figlioletto col gomito sbucciato.
“Le persone orrende non si sacrificano come hai fatto tu. E io non potrei mai essere così vicina a una di loro. Dimmi perché pensi questa baggianata”.
“Perché io... io... io... ti ho appena augurato di... sparire...”.
“Prendi il numerino e mettiti in fila, c'è la coda per quello. Ukyo, non posso fare a meno di pensare che tu sia troppo dura con te stessa. Hai voluto bene a Ranma per tutto questo tempo, come pretendi di girare pagina in poche settimane? Non sei un robot con la lista dei comandi, sei un essere umano. E non solo: sei una donna innamorata. È perfettamente normale che ti capitino queste crisi. Se fossimo state a ruoli invertiti ti assicuro che ti avrei evitata come se avessi avuto la peste bubbonica e, fosse capitato di incrociarti per strada, credo che la mia reazione più gentile sarebbe stata darti un calcio in bocca. Ci sarà un perché se io sono quella manesca, no? Tu invece ti stai sforzando di comportarti normalmente e questo è encomiabile da parte tua, sul serio”.
Come? Come poteva essere così... tenera? Così... impossibilmente cara?
“Non mi stancherò mai di ripetertelo, signorina Kuonji. Tu sei una delle persone più meravigliose e di buon cuore che mi onoro di conoscere. Hai avuto la forza d'animo di farti da parte di fronte all'uomo dei tuoi desideri per permettere a me, la scontrosa e volgare Akane Tendo, di prendere il posto che, a ben guardare, era legittimamente tuo per diritto di prelazione. Non posso pensare a un gesto più altruista. E credimi, ci ho provato. Ma non mi è veramente venuto in mente niente che non sfigurasse in maniera barbina di fronte a questo. Io ti sarò per sempre in debito. Per sempre. E, prima che ti passi per la testa di tirar fuori qualche insensata obiezione, ci terrei a ricordarti che è vero che anche Shan-Pu e Kodachi si sono graziosamente levate dalle scatole, ma nessuna di loro lo ha fatto di propria volontà. Come ben sai ci sono voluti lunghi discorsi da parte di Ranma. E le reazioni? Te le ricordi le loro reazioni? Quella pazza scatenata della Rosa Nera ha prima cercato di avvelenarlo per legarlo e tenerlo in ostaggio a casa Kuno, poi ha tentato il suicidio strozzandosi col suo stesso nastro. Per quanto riguarda quell'altro fenomeno da baraccone cinese ha preso a pugni qualunque cosa le capitasse a tiro, faccia di Ranma compresa. Dai, tu stessa l'hai sfottuto per giorni quando si è presentato a scuola col muso gonfio. Ma mentre tutto il Furinkan spettegolava sul prode Saotome che scaricava le proprie spasimanti nessuno, e dico nessuno, ha fatto una sola parola su di te. E questo l'ho trovato tremendamente ingiusto e irrispettoso. È proprio vero che gli eroi non vengono quasi mai ricompensati come meritano”.
Alla fine di questo lungo monologo Ukyo ebbe un tracollo psico-fisico totale. Si accasciò in ginocchio, i pugni chiusi a sbattere per terra e i lucciconi mescolatisi col sudore che le colava lungo il viso.
“Perché non posso odiarti! Perché! Perché! Perché! Sarebbe tutto più semplice! Sarebbe tutto meno doloroso!”.
Akane la lasciò sfogarsi, retrocedendo un poco. Rispettava il suo strazio. Inoltre aveva già detto quel che aveva da dire.
Non l'avrebbe lasciata isolata. Non le avrebbe permesso di precipitare in una spirale di angoscia.
Akane Tendo era il tipo che aiutava le amiche in difficoltà. Specialmente quelle preziose e speciali come Ukyo.
Quando finalmente la cuoca parve calmarsi un attimo la aiutò a rialzarsi. Non aveva più il viso contratto e segnato dal tormento. Vi scorgeva, anzi, una quieta rassegnazione, seppur velata inevitabilmente di tristezza.
I loro sguardi si incrociarono e si ancorarono uno all'altro: “Akane, io non so come ringraziarti. Qualunque altro, al tuo posto, mi avrebbe scaricata in malo modo, accusandomi di non saper prendere la responsabilità delle mie azioni e di strepitare come una mocciosa per qualcosa che mi ero andata a cercare. E tu...”.
“Innanzitutto sono io a dover ringraziare te. Da qui alla fine del tempo e oltre. Ricordati questo: è proprio perché ti sei caricata sulle spalle il peso delle tue scelte che stai così male. Hai deciso una cosa e l'hai portata fino alla sua conclusione. Sapevi perfettamente cosa ti aspettava lungo il cammino ma evidentemente hai appurato che i lati positivi, per me e Ranma, erano più dei lati negativi, per te. Hai dimostrato una maturità fuori dal comune per gente della nostra età, e non solo. Prova a pensare a Genma, confrontati con lui e vieni ancora a raccontarmi la barzelletta sul fatto che non saresti seria”.
E finalmente la tanto bistrattata Ukyo Kuonji, martire d'amore e campione di verità pesanti, rise.
“Su questo non ho niente da ridire. Quell'uomo è un olocausto vivente”.
“Pensa me che ci abito insieme. E soprattutto pensa a che razza di figlio splendido ha avuto da quella santa donna di sua moglie...”.
Si pentì immediatamente di quest'ultima frase. Esaltare i lati positivi di Ranma non era ciò di cui Ukyo aveva bisogno. Ma si rilassò quando la vide rivolgerle un'espressione serena. Ancora un po' tirata ma serena.
“È passata, per ora. È passata”.
“Non voglio portarti sfortuna ma sai che tornerà, non è vero?”.
“Sì, purtroppo lo so. Ma quando succederà saprò a chi rivolgermi per un po' di genuino conforto”.
“Kiyohime?”.
“Oh sì, certo. Così finirò con lo stritolare Ranma e morderti il collo. No grazie, non ho nessuna voglia di trasformarmi in un serpente demoniaco. Parlavo di te, stupidina”.
“Ma no. E io che credevo ti riferissi a quel mattacchione del preside Kuno”.
“Oddio Akane, ma la smetti? Diventi inquietante quando fai così”.
“Non ci posso far nulla, mi diverte prendere in giro quelli con cui mi sento a mio agio”.
“... un altro complimento. Cerca di non viziarmi”.
“Mi spiace, ma se ti ostini a essere una così bella persona non smetterò tanto presto”.
L'argine dell'autocontrollo si ruppe, in Ukyo. Non seppe trattenersi e la abbracciò con vigore.
“Grazie, sul serio. Grazie. Mi ha fatto bene parlare con te adesso”.
“Non ho intenzione di venir meno alla mia promessa di esserti sempre vicina, per qualunque cosa tu possa aver bisogno. Ti sarò compagna e niente, niente potrà farmi cambiare idea. Tu mi hai regalato la felicità più immensa che possa esistere, mi sembra il minimo che cerchi di restituirti almeno parte del favore”.
“Basta o scoppio a piangere di nuovo”.
“Va bene, va bene. Ora scusa ma temo di dover andare, a casa mi aspetteranno”.
“Sì, certo”.
“Grazie per gli squisiti okonomiyaki”.
Si avviò trotterellando verso la porta, non prima di aver raccolto le borse rimanenti. Quando la aprì sentì un'ultima richiesta.
“Di' a Ranma che è fortunato”.
“Anche chi troverà le chiavi del tuo cuore sarà fortunato”.
Ironico, pensò Ukyo mentre Akane se ne andava. La mia migliore alleata è colei che, per qualche tempo, ho attivamente cercato di disprezzare e di dipingere come l'essere umano meno meritevole di vivere su questa terra.
Quante cose strane riservano quelle montagne russe chiamate vita.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: Walpurgisnacht