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Autore: Martyx1988    17/10/2011    5 recensioni
Quando, alla maggior parte della gente, chiedono qual è il suo primo ricordo, spesso risponde che è qualcosa di confuso. Il mio, invece, è rimasto nitido nella mia mente fino ad oggi.
Il mio primo ricordo è una rosa e, col tempo, mi sono convinta che quel ricordo abbia segnato la mia intera vita.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Pisces Aphrodite, Scorpion Milo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Love Warriors'
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A Rose's Tale

La bambina che parlava con le rose

Quando, alla maggior parte della gente, chiedono qual è il suo primo ricordo, spesso risponde che è qualcosa di confuso. Il mio, invece, è rimasto nitido nella mia mente fino ad oggi.

Il mio primo ricordo è una rosa e, col tempo, mi sono convinta che quel ricordo abbia segnato la mia intera vita.


Quando mia madre scoprì di essere incinta di me, il medico non le nascose che sarebbe stata una gravidanza difficile, a causa delle sue già precarie condizioni di salute. E così è stato. È morta dandomi alla luce.


La rosa del mio ricordo era appesa sopra la mia culla. Ce l'aveva messa mio padre, perché, secondo lui, era ciò a cui somigliavo di più quando mi ha vista, appena nata.

Mio padre faceva il fioraio. Aveva una piccola bottega ad Atene che gli permetteva di sbarcare il lunario, grazie alla clientela fissa che preferiva i suoi fiori 'normali' a quelli 'magnifici' della bottega dell'Acropoli.

Non era un uomo attaccato ai soldi né schiavo della concorrenza. Accettava col sorriso tutto ciò che di buono gli capitava e con filosofia ciò che, invece, era meno buono.

Non mi ha mai sgridata, nemmeno le poche volte che gliene ho dato motivo, ma semplicemente rimproverata, perché capissi il mio errore e non lo ripetessi. E io capivo sempre quello che voleva dirmi, anche se erano concetti troppo complessi per una bambina di pochi anni, e lui capiva che io capivo, e diceva che aveva scelto bene il mio nome.

Mi chiamo Psiche. Significa 'mente' in greco.

Non è un nome comune ai giorni nostri, ma a me è sempre piaciuto proprio perché mi distingueva, così come i miei capelli. Quando sono nata sembravano di un caldo biondi fragola, poi, crescendo, hanno assunto un'inusuale tonalità rosa. Quando quella stranezza divenne evidente, mio padre, che si chiamava Kostas, mi disse che, se volevo, potevo cambiare quel colore in uno più normale, ma rifiutai.

Sono così perché io sono una rosa, giusto, papà?” gli dissi.

Lui non rispose, ma si limitò a sorridere.

In poco tempo divenni la mascotte del quartiere. I clienti non mancavano mai di lasciarmi un sorriso, una carezza o, quando erano molto generosi, una caramella o un cioccolatino.

La figlia dei proprietari del bar vicino al nostro negozio veniva spesso a chiamarmi per giocare insieme con le sue bambole. Ne aveva tante e tutte diverse, ma io sceglievo sempre la stessa. Somigliava molto ad Alice, la bimba che cadeva nel buco per inseguire il bianconiglio e arrivava nel Paese delle Meraviglie, la cui immagine l'avevo vista sulla copertina di un libro in biblioteca. Il giorno del mio quinto compleanno Georgia, la mia amica, me la regalò. Fu il giorno più felice della mia vita, fino ad allora, e non me lo dimenticherò mai, come non scorderò mai il giorno che la mia vita la cambiò per sempre.

Quel giorno scoprii che anche mio padre era un uomo normale e, come gli altri, si arrabbiava.

Eravamo nel retrobottega e mio padre stava sfogando la sua rabbia su un triste cespuglio di rose dai fiori spenti e piccoli. Le rose non erano il nostro prodotto migliore, ma qualcuna riuscivamo sempre a venderla. Secondo mio padre, però, le rose di quel cespuglio erano invendibili.

Era strano che papà si arrabbiasse per così poco, dopotutto nel negozio c'erano molti altri fiori belli che avremmo potuto vendere.

Arrivò, poi, un altro uomo nel retro, e tutto mi fu chiaro. Il camion con gli altri fiori aveva avuto un incidente lungo il tragitto e non era stato possibile recuperare il resto del carico. Quel cespuglio di rose, l'unico sopravvissuto, sembrava solamente voglioso di raggiungere gli altri fiori.

Mio padre, esasperato, colpì l'alberello con le cesoie e tornò in negozio per chiudere, seguito dal corriere. Io rimasi lì, a fissare il cespuglio pensando a come aiutare papà, e mi vennero in mente le sue parole la prima volta che mi rimproverò.

È importante che tu capisca ciò che si può fare e ciò che non si può fare. Molti altri genitori, al posto mio, ti avrebbero già dato una sculacciata per quello che hai fatto ma io no, perché so che basta spiegartele, le cose, perché tu ti comporti come si deve”

Mi avvicinai al cespuglio e mi inginocchiai di fronte a lui, presi un respiro profondo ed iniziai a parlargli.

Per favore, cespuglio, puoi crescere di più? Il mio papà ha bisogno delle tue rose, sennò non possiamo prenderci da mangiare. Tutti gli altri fiori sono morti in un incidente, abbiamo solo te e devi aiutarci, ti prego”

Non percepii subito quella strana sensazione che mi percorse il corpo, quel calore strano, perché ero troppo concentrata ad osservare ciò che stava accadendo. Le rose mi avevano ascoltata e avevano iniziato a crescere e a diventare di un rosso brillante e pieno di vita. I rami del cespuglio si allungarono così come le radici, che ruppero il vaso di terracotta e si insinuarono tra le travi di legno del pavimento per raggiungere il terreno sottostante.

Mio padre sentì probabilmente il rumore di cocci rotti e si precipitò nel retrobottega per vedere che non mi fossi fatta niente.

Psiche, cosa...?” iniziò a chiedere, prima di ammutolire di fronte a ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi.

Psiche, allontanati!” mi intimò subito, prendendomi per un braccio e mettendomi in piedi, ma io opposi resistenza.

No, papà, non fa niente, gli ho detto io di crescere” gli spiegai, pur sapendo che era quasi impossibile che mi credesse.

Psiche, non è il momento di fare la spiritosa” mi rimproverò, infatti, ma io insistetti.

È vero, papà! Guarda... per favore, stai spaventando papà, non crescere più. Così va bene”

E la pianta mi obbedì di nuovo, arrestando la sua incredibile crescita.

Mio padre fece saettare per qualche attimo lo sguardo da me al cespuglio, ora rigoglioso e carico di rose rosse come mai se ne erano viste. La sua mano continuava a stringere il mio braccio e, a parte la testa, il corpo sembrava totalmente paralizzato.

Cosa... come...” iniziò poi a balbettare, indicando le rose.

Mi dici sempre che basta spiegarle le cose. Io le ho spiegate a quel cespuglio e lui ha capito e ci ha aiutati” gli spiegai con ingenua semplicità.

Mio padre biascicò ancora qualcosa e ringraziò il cielo, prima di abbracciarmi come mai aveva fatto. Quando sciolse l'abbraccio, mi guardò poi con serietà.

Psiche, ti piacerebbe aiutare papà con i fiori?” mi chiese, tremante.

Ma io non so contare i soldi” risposi con sincerità.

Non dovrai farlo, dovrai solo curare i fiori qui, come hai fatto adesso, ma solo se è una cosa che ti piace fare e se hai voglia di farla. Non voglio costringerti a fare nulla, chiaro?”

Sembrava timoroso mentre mi spiegava tutto quanto, ma io capii quello che voleva dirmi.

Io l'ho fatto per aiutarti, papà. E voglio aiutarti anche domani, finché Georgia non mi viene a chiamare per giocare”

Certo, piccola mia” accettò mio padre, con le lacrime agli occhi, per poi abbracciarmi nuovamente.

Il giorno dopo le rose che avevo fatto crescere andarono a ruba, ripagandoci in buona parte del guadagno perso per l'incidente. Il mattino seguente giunse il nuovo carico. Piena di entusiasmo, provai a parlare anche agli altri fiori, ma ottenni risultati più mediocri che con le rose. Le vendite, comunque, aumentarono notevolmente, così come il carico di lavoro per mio padre, che però non mi chiese mai di rinunciare al mio pomeriggio di giochi con Georgia.

Il cespuglio grazie al quale avevo scoperto quel mio talento rimase piantato nel retrobottega ed era il primo a cui dedicavo le mie attenzioni la mattina, perché era l'unico che sembrava capire appieno ciò che gli chiedevo. Con gli altri fiori non sentivo la stessa sintonia, lo stesso brivido caldo che mi percorreva il corpo.

Una settimana dopo la mia scoperta era il giorno del mio sesto compleanno e mio padre mi regalò un vestito nuovo e uno zainetto con una rosa ricamata sopra. Quattro mesi dopo, a settembre, avrei dovuto cominciare la scuola elementare insieme a Georgia e decisi che quello sarebbe stato il mio zaino per la scuola.

Il destino volle, però, che iniziassi la scuola molto prima degli altri bimbi, nonché da tutt'altra parte.

Un giorno venne in negozio un ragazzo e la prima cosa che notai di lui fu che era esageratamente bello. Doveva avere massimo quindici anni, ma sembrava già un uomo adulto e possedeva un'eleganza nei movimenti che mai avevo visto. Quando lo vidi, smisi di parlare con le mie rose, totalmente rapita dal suo fascino. Anche lui mi scrutò intensamente, nell'attesa che mio padre finisse di servire una cliente, quindi scambiò poche veloci parole con lui. Intuii che stessero parlando di me quando lo sguardo cordiale di mio padre si fece preoccupato e guardò per un attimo nella mia direzione. Non sentii cosa disse al ragazzo, ma lo accompagnò personalmente da me e, seppur con riluttanza, ci lasciò soli per servire i clienti in negozio.

Ciao, Psiche” mi salutò lui, accovacciandosi vicino a me e sorridendo. Il neo vicino all'occhio sinistro sembrò più evidente.

Ciao” risposi educatamente, ma con un certo imbarazzo.

Ti piacciono le rose?” mi chiese, accennando col capo al mio cespuglio.

Mmh, mmh” annuii col capo. “Se ne vuoi una devi chiedere a papà, io non so contare i soldi”

Grazie, ma io ho già le mie, di rose”

Dal nulla, il ragazzo tirò fuori la rosa più bella che avessi mai visto, ma quando feci per toccarla, me la tolse da sotto le dita.

Attenta, queste rose non si possono toccare” mi mise in guardia e inevitabilmente mi sentii offesa, pensando che mi reputasse una sprovveduta.

Lo so, anche le mie hanno le spine che pungono” gli feci notare, ma lui scosse la testa.

Già, ma non sono velenose come le mie” mi spiegò a voce bassa perché solo io sentissi, lasciandomi senza parole. Non avevo mai sentito parlare di rose velenose, né da mio padre né da altri.

E come fanno ad essere velenose?” gli chiesi, pendendo totalmente dalle sue labbra.

È un segreto che non posso rivelarti, a meno che tu non mi spieghi come fai a creare queste bellissime rose”

Mi ritrovai spiazzata di fronte a quella condizione, perché nessuno sapeva del mio talento, a parte mio padre. Era stata una sua precisa scelta quella di non rivelare niente a nessuno. Come faceva quel ragazzo a sapere?

Io... non faccio niente, lo giuro!”

A me puoi dirlo, Psiche” mi assicurò con dolcezza, accarezzandomi la testa. “Io sono come te”

Detto questo, il ragazzo chiuse gli occhi e un'aura dorata iniziò ad emanare dal suo corpo. Mi sentì pervadere dalla stessa sensazione che provavo quando parlavo ai fiori, solo innumerevoli volte più forte. Quella luce dorata, poi, sembrava in grado di illuminare tutta la stanza.

Che cos'è?” gli domandai, estasiata.

Si chiama cosmo, e ne possiedi uno anche tu” mi rivelò il ragazzo.

Davvero?” presi a guardarlo con tanto d'occhi. Lui annuì. “Sì, ed è grazie a lui che riesci a creare questi fiori meravigliosi, mentre col mio posso rendere le rose velenose”

Anche il mio è d'oro come il tuo?” chiesi ancora, spinta da un'irrefrenabile curiosità.

Non so di che colore sia il tuo, non è ancora abbastanza sviluppato”

E come hai fatto a vederlo, allora?”

Il cosmo non è solo quest'aura dorata che vedi intorno a me. È qualcosa che è dentro di noi, un piccolo universo da cui possiamo trarre energia” mi spiegò con pazienza.

Io ho un universo... dentro di me?” scandii, incredula.

Sì, un piccolo universo che posso vedere attraverso i tuoi occhi”

Sorrisi meravigliata, quindi mi lasciai di nuovo travolgere dalla curiosità. “Posso vedere il tuo?”

Se ci riesci” acconsentì il ragazzo, per poi lasciarsi scrutare dal mio sguardo intenso e concentrato. Già dopo qualche secondo sbuffai, convinta di poter vedere soltanto il nero delle sue pupille, ma poi in quel nero vidi qualcosa di luminoso e pulsante, come una stella. E poi un'altra e un'altra ancora. Tutte quelle stelle divennero, infine, un piccolo cielo che continuava ad espandersi. Era il suo cosmo.

L'ho visto! Ho visto il tuo universo! Era un cielo pieno di stelle!” esclamai al massimo della felicità.

Il ragazzo rise della mia gioia e mi tenne le mani mentre saltellavo per la stanza. Ma attese poco, prima di interrompere quel tripudio di felicità.

Sì, sei stata bravissima, ma adesso devo dirti una cosa molto importante”

Smisi allora di saltare. Avevo il fiatone, ma non riuscivo a smettere di sorridere. Mi feci, comunque, attenta, come quando dovevo ascoltare mio padre che mi spiegava qualcosa di importante.

Il potere che possiedi, di parlare coi fiori, potrebbe diventare qualcosa di molto più grande, se allenato. Io sono venuto sin qui da un luogo dove si fa proprio questo, si allenano i talenti come te a diventare più forti, a coltivare le loro capacità perché possano sfruttarle al massimo. Ognuno di noi ha un universo dentro di sé che era piccolo come il tuo e che, col tempo e il duro lavoro, è diventato grande come il mio”

È tipo una scuola?” domandai, interessata.

Esatto, una scuola speciale per persone speciali come te. Io ti propongo di venire con me in questa scuola e di diventare mia allieva. Ti seguirò per tutto il tempo che sarà necessario affinché sviluppi al massimo il tuo potere”

Pur non sapendo ancora nulla di quel mondo che mi aveva descritto in poche parole, sentivo che quella era la strada giusta da intraprendere. Quel cosmo che avevo visto in fondo ai suoi occhi era così caldo e accogliente che mi era stato impossibile non sentirmi attratta da lui. Ma ero ancora una bambina e, come tale, legata per prima cosa alla mia famiglia.

Tanto poi torno a casa da papà per cena, no?” gli chiesi ancora, ma per la prima volta da quando era arrivato, il volto del ragazzo assunse un'espressione che mi fece capire che non avrei ricevuto la risposta che desideravo.

No, Psiche. Se accetti di venire con me, non potrai più vedere tuo papà né nessun altro”

rosa

Psiche, Kostas, Georgia © Martyx1988
Aphrodite © Masami Kurumada

Buongiorno a tutti! Con questa storia mi piacerebbe (se riesco) approfondire la storia di Psiche, del suo addestramento e della sua vita da Sacerdotessa, nonchè alcuni aspetti più personali che non riuscirei a trattare in Babylon. L'inizio non è molto lungo, ma ho preferito farlo concludere a questo punto per poi trattare separatamente il suo arrivo al Santuario.
Spero che anche solo il primo cap sia di vostro gradimento e che arrivi qualche commento :)
Martyx1988
   
 
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