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Autore: Evakai    19/10/2011    10 recensioni
Quando fai da balia a bambini viziati e demoniaci, cominciano a spiegarsi molte cose.
Desiderare l'estinzione, a quel punto, è cosa giusta e naturale.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nappa, Nuovo personaggio, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non so da dove sia uscita questa cosa, giuro!
Forse il mio cervello cerca di inviarmi segnali del tipo “Esci di casa, maledizione, svagati!” , fatto sta che sono ancora a casa, davanti al pc... mi domando quale sarà la conseguenza!
Un grazie specialissimo a Bluemary , che ha avuto la SANTA pazienza di betarmi tutto in una volta sola!
Merita o non merita una standing ovation? :D
Detto ciò, buona lettura!



Nappa ed i Pagrumi



Si aggirava per i corridoi con un lieve cerchio alla testa e la netta impressione che l'avessero fregato.
Quando quella mattina Vegeta l'aveva convocato in tutta fretta, aveva pensato ad un'imminente e ghiotta missione con cui finalmente si sarebbero sgranchiti un po' i muscoli; eppure l'aveva messo in allarme il tono leggermente isterico del monarca, che non perdeva quasi mai la calma, ma che, soprattutto, non faceva mai scenate degne di una non esattamente prima donna.
Trafelato aveva raggiunto la stanza del principe, incrociando un Radish decisamente strano che si dirigeva, in tutta fretta, nella direzione opposta.
Il saiyan più giovane l'aveva adocchiato e, dandogli una lieve pacca sulla spalla, che l'aveva lasciato esterrefatto, aveva pronunciato queste esatte parole:

- Io mi sto recando sul pianeta Freezer 274 per recuperare un carico di schiavi. Buona fortuna. - e, con un passo fin troppo celere, era sparito dalla sua visuale girando l'angolo.

Lì aveva capito che c'era qualcosa che non andava e che sarebbe stato lui a rimetterci.
Angosciato e teso aveva accelerato il passo quasi fino a correre, per fermarsi di botto di fronte alla porta della stanza del principe; aveva preso un profondo respiro e aveva pregato che, quanto meno, qualunque cosa l'attendesse gli avrebbe consentito di restare con tutti e quattro gli arti attaccati al corpo.
Bussò e, dopo aver ricevuto il permesso di entrare, varcò la soglia della camera.
Ancor prima che la frase “cosa succede, Vegeta?” finisse di attraversargli il cervello, si pietrificò di fronte alla scena che gli si presentò.
Il suo principe era rigido e addossato ad una parete, neanche cercasse di inglobarsi in essa, mentre, al centro del letto presente, c'era quello. Il marmocchio di Freezer. Kuriza.

- Nappa! Finalmente sei arrivato! - la voce del giovane e nervoso saiyan lo ridestò dal torpore in cui era caduto. E dove sperava di restare.
Fu quasi con una meccanicità robotica che ruotò la testa verso il suo sovrano e, ancora prima che questi gli condannasse la giornata con l'ordine più crudele che potesse dargli, comprese.
E, per la prima volta nella sua vita da guerriero spietato, provò la terribile emozione dei vinti: la disperazione.

- Io devo andare, ma Lord Freezer mi ha chiesto di occuparmi di suo figlio. Lo farai tu al posto mio. Obbedisci ad ogni suo ordine. - neanche temesse che Nappa rifiutasse l'incarico, uscì dalla stanza con una fretta che non gli era mai appartenuta, rendendo la situazione ancora più inquietante.

Tornando a guardare il piccolo cucciolo del loro schifoso padrone, emise un impercettibile mugugno di avvilimento.
Quando era stato resa nota l'esistenza dell'ultimo discendente di una stirpe di anfibi conquistatori, lui si era ritrovato quasi con sgomenta sorpresa a concepire il fatto che quelle lucertole repellenti potessero riprodursi. In che modo non voleva saperlo per nessuna ragione; si sarebbe sfondato i timpani piuttosto, se qualcuno avesse voluto spiegargli il come, il quando e persino il perché.
Aveva temuto per un attimo che l'arrivo di tale moccioso avrebbe potuto recare grattacapi, ma aveva ritenuto che, in fondo, il problema non si sarebbe mai posto, perché mai avrebbe dovuto averci a che fare, quindi si era messo l'anima in pace e aveva ripreso a bere e mangiare insaziabilmente.
Ed invece il suddetto lattante era di fronte a lui, in carne e coda, a rammentargli quanto fosse orribile fare da balia a mocciosi potentissimi e ugualmente viziati. Perché l'aveva riconosciuto benissimo quello sguardo; lo stesso che aveva Vegeta quando era poco più di un poppante e già pretendeva ed esigeva come neanche suo padre il sovrano, quando la giornata non era buona.
Non che adesso fosse cambiato poi molto, era solo più alto e meno avvezzo a strepitare ordini se notava qualcosa che attraeva la sua attenzione.
Aveva perfino ringraziato il cosmo quando finalmente lo sviluppo aveva trasformato una voce squillante ed infantile in una più profonda, rauca e spaventosa.
Neanche si fosse premurato di ricordargli uditivamente quanto fosse insopportabile quel trombettio continuo, il piccolo parlò.

- Tu sei Nappa, vero? - fece acido e per niente conciliante.
Annuì di riflesso, ancora in completa metabolizzazione dell'enorme disgrazia che gli era piovuta sul cranio liscio e lucido.
- Ho fame. - ingiunse ancora il piccolo tiranno.
E, da lì, cominciò la giornata più lunga e massacrante che lui ricordasse di aver mai vissuto.

Dapprima cercò di rammentare cosa piaceva al suo principe quando era bambino: le cose friabili e dolci erano quelle che preferiva, quindi optò per quella scelta.
Inutile dire che il suo compare non era della stessa opinione; lo costrinse ad un giro prolungato di tutta la base spaziale, ampia pressoché quanto l'intero il pianeta, alla ricerca di una specifica patata gommosa e agrodolce, che solo dopo ore fu catalogata come “rara e d'importazione galattica su ordinazione”.
Aveva spezzato il collo al povero rifornitore senza pensarci due volte, quando questi aveva avuto l'ardire di comunicarglielo.
Il piccolo, la cui forma del cranio ricordava vagamente una castagna bicolore – un tripudio accecante di rosso acceso per la parte superiore, che terminava con un piccolo pungiglione, e bianco immacolato per i lati che l'avvolgevano – aveva provveduto a completare l'opera, rilasciando un ki-blast spaventoso e polverizzando letteralmente il reparto di controllo rifornimenti.
Osservò la scena annichilito, mentre gocce di sudore scivolavano sulle sue tempie; non ebbe neanche il coraggio di dirgli che adesso, il suo maledetto tubero deforme, non l'avrebbe ottenuto mai più.

- Inutili essere inferiori. - sbottò stizzito il nefasto marmocchio, ricordandogli sempre più l'atteggiamento indisciplinato e incontrollabile di Vegeta bambino.
Lo guardò di sottecchi aspettando un'ulteriore affermazione -ordine- del piccolo, dacché aveva imparato che, se c'era una cosa che non bisognava fare con marmocchi potenzialmente letali e infinitamente capricciosi, era assumere quell'atteggiamento conciliante e di aiuto che si aveva di solito con i bambini delusi.
Quell'unica volta che l'aveva fatto, migliaia di giorni addietro, quando ancora poteva affermare di avere dei capelli e quello spirito positivo che regala la gioventù, non solo si era sentito ridicolo, ma il piccolo principe l'aveva guardato come se gli avesse gridato un insulto irripetibile. Se la sua vita era salva, lo doveva solo a quella quarantina in più di saibamen che aveva “promesso” a Vegeta.

- Ho sete e mi annoio. - ufficializzò la sua personale e, fortunatamente, temporanea palla al piede.
Bene, due in uno. Voleva piangere ma il suo rango e la sua razza gli ricordarono che non poteva; in compenso avrebbe preso volentieri a testate la parete accanto a sé.
Cosa doveva fare adesso? Il gentile moccioso aveva disintegrato il reparto che più che serviva in quel momento e tremava all'idea di quale fosse la sua concezione di divertimento.

- Voglio il succo di Farfugno*. - decretò la testa a castagna, sempre con il tono docile che assumevano i bambini dittatori. E dire che un qualcosa di piagnucoloso, in quella vocetta stridula, c'era.
Nappa accolse la notizia come la più bella che avesse mai ricevuto; Radish ne era, inspiegabilmente, goloso come un orso e ne aveva sempre una scorta di riserva nel minuscolo congelatore dato in dotazione in ogni cubicolo grosso quattro metri per quattro che solo i neonati avrebbero potuto definire “stanza”.
Per una volta ringraziò mentalmente i ridicoli e assurdi gusti del suo camerata, pensando addirittura di fargli un regalo.
Si avviò, con la bestiola al suo seguito, verso gli alloggi dei soldati e gli rifilò tutte le bottigliette che riuscì a scovare. 58.

Dopo che il piccolo divoratore di cibi-incredibili-la-cui-esistenza-era-probabilmente-il-frutto-di-qualche-incrocio-vegetale-contro-natura e distruttore di bocce di prima categoria ingurgitò anche l'ultimo sorso del succo “preso in prestito”, lasciando attorno a sé un marasma di vetro tintinnante, lo guardò negli occhi.

- Voglio allenarmi con qualcuno di divertente. - e nello sguardo verde del piccolo demonio vide la stessa luce sadica che contraddistingueva il terrificante genitore.
A quel punto ebbe due opzioni: o sacrificarsi per il ludibrio del moccioso, o divenire il miglior reclutatore di giovani guerrieri pronti a mettersi alla prova, e con un istinto suicida inconsapevole, in meno di un'ora. Scelse, ovviamente e senza pensarci due volte, la seconda.
Nel giro di poco tempo, l'arena di combattimento era ghermita da innumerevoli soldati usa-e-getta che guardavano il mefistofelico lucertolino con una luce addirittura beffarda negli occhi.

Peggio per loro.

Fu un massacro tanto vasto e sanguinoso quanto prevedibile, almeno per lui.
Restò seduto composto in un angolo dell'arena mentre arti e interiora gli volavano oltre la testa; totalmente insensibile alle urla di terrore e agonia, aveva negli occhi solo l'aspettativa dell'ora del pisolino dopo la ricreazione.
Almeno Vegeta in questo era “normale”.
Dimenticava il piccolo e insignificante dettaglio che quell'essere non era un bambino ma una lucertola nana nata da lombi non meglio identificati ma sicuramente posseduti dal male. Letteralmente e metaforicamente.

Sporco di sangue e con brandelli di carne multicolore sparsi su tutto il corpo, il piccolo gli si avvicinò.

- Ora ho fame di nuovo. Voglio il Pagrumo. - dichiarò autoritario.

E che diavolo è?

Riuscì a convincere, in maniera casuale e incredibilmente fortunata, la spina nel fianco a darsi una ripulita, adducendo che Lord Freezer non avrebbe mai mangiato in tali condizioni.
Se fosse stato un po' più lucido e magari anche meno lento di comprendonio, avrebbe capito come, se non manipolare il funesto moccioso, almeno gestirlo. Ma lui non era famoso per il suo acume, quindi intraprese, dopo aver delegato a delle terrorizzate schiave il compito di lavarlo, la ricerca del famigerato Pagrumo.
Mentre il cerchio alla testa diventava un'emicrania con i fiocchi e prendeva in seria considerazione l'idea che quel dannato – schifoso, maledetto e odioso- sterminatore in miniatura se li stesse inventando, tali alimenti, fu proprio quello, giunti nella zona ristoro, ad indicargli, con un imperioso gesto del ditino violaceo, un soldato che stava, disgraziatamente per lui, mangiando.

- Quello. - pronunciò quasi deliziato il pargolo coduto, negli occhi la scintilla della brama che dilagava inarginabile.

Si trattava di un fagotto giallognolo dall'aria unta e un po' viscida.
Persino a lui fece un po' schifo ma tant'è che agguantò il povero sciagurato per il bavero, gli occhi iniettati di sangue e sul collo una vena in evidenza che pulsava spasmodicamente.
Gli chiese poco cordiale dove l'avesse preso e fu con una gran confusione che l'interpellato gli additò la teca di vetro, con i prodotti esposti.
Marciò neanche fosse in guerra in quella direzione, tallonato, manco a dirlo, dalla cimice-lucertola che pareva felice quanto poteva sembrarlo un muro.

Il venire a conoscenza che tale Pagrumo fosse terminato gli provocò uno shock tanto forte che per qualche secondo non vide, non sentì e non percepì nulla.
Colpì la teca di vetro, frantumandola in mille pezzi, e sbraitò come un ossesso parole a caso che pure vennero comprese. Forse perché la lingua dell'esasperazione folle non aveva bisogno di unioni sensate di sillabe.
Fatto sta che dopo poco tempo, anche se a lui parve un eternità, il suo personale tarlo corrosivo attaccato al... posteriore venne ricoperto con una quantità incalcolabile di fagotti. Finalmente aveva avuto i suoi dannati Pagrumi.
Il piccolo -schifoso- li divorò tutti ad una velocità stupefacente, persino per uno come lui.

Proprio mentre il suo nuovo torturatore gli puntava gli occhi verdi sulla faccia, in chiaro procinto di costringerlo ad un'altra, infinita e sfiancante, missione di ricognizione di qualcosa che al 90% non esiste o non si troverà su questo pianeta, lo scouter sul suo occhio cominciò a ronzare.
Fu con sentimenti contrastanti che aprì la comunicazione; la speranza che questa apocalisse fosse terminata e il terrore cieco che il destino volesse fargli scontare tutti gli anni di spensierate carneficine perpetrate ai danni degli indifesi.
Adesso però era lui quello inerme e traumatizzato, e non chiedeva altro che una sola, unica, meravigliosa, buona notizia.
La voce di Vegeta gli invase un timpano e mai lui fu più felice di udirla. Davvero.

- La lucertola è tornata, desidera vedere il moccioso. - fine delle comunicazioni, inizio di una nuova vita.
Ebbe quasi l'istinto di saltellare mentre recava il suo enorme corpo esausto e quello minuscolo e scattante della progenie del demonio nella sala ufficiale, quella in cui Freezer accoglieva i suoi soldati.
Entrò spavaldo, il martellante mal di testa sparito e la stanchezza del corpo cancellata; arrivò ai piedi del suo padrone e s'inginocchio accanto a Radish, che gli lanciò un'occhiata scioccata.
Stava sorridendo istericamente e non gli importava assolutamente nulla se sembrava un povero demente appena scappato dal manicomio. A conti fatti, quell'incredibile cancro maligno in miniatura aveva quasi indotto Vegeta ad un'evidente fuga.
Persino il principe gli lanciò uno sguardo indagatore.

Il dittatore sollevò una mano e subito il suo degno erede si apprestò ad avvicinarsi, permettendogli di posarla sul suo piccolo capo appuntito.

- Kuriza, spero che tu abbia passato una giornata gradevole. - disse mellifluo e insinuante, mentre osservava sadico e beffardo il suo cranio pelato da scimmia devastata.
- Sì, padre.- rispose subito il cucciolo, mentre sorrideva all'indirizzo del suo premuroso genitore.
Con un gesto della mano liquidò i tre soldati ancora inginocchiati davanti a lui, che si alzarono e si allontanarono, chi a passo più veloce di altri.

Era felice come poche volte nella sua vita da mercenario. E dire che c'erano tante cose che lo divertivano.
Adesso voleva solo scappare da quella stanza, andare in camera, farsi una doccia, mangiare fino a scoppiare e trovarsi una bella schiava con cui sollazzarsi. E, soprattutto, dimenticare per sempre quella giornata e quel marmocchio infernale.
Si trattenne a stento dallo sfrecciare come una furia verso la porta d'uscita; insomma, un minimo di dignità l'aveva pure conservata, da qualche parte.

- Fermatevi. - ordinò improvvisamente il loro padrone.

Un lungo brivido gli corse lungo la spina dorsale, mentre il peggiore presentimento della sua intera esistenza fagocitava tutta l'aria presente nella stanza.
Si voltarono tutti e tre con celerità, mentre Freezer puntava i suoi liquidi occhi color rubino in quelli neri e penetranti del colosso.
Nappa deglutì visibilmente.

No, no, no, no! Ti prego, fa che voglia mandarci a cogliere patate deformi sul pianeta più lontano di tutti!

- Kuriza ha detto che si è molto divertito oggi. Vuole che ti occupi di nuovo di lui anche domani, mentre sarò via. Lo farai vero, Nappa? - domandò la crudele e demoniaca lucertola adulta.

Se avesse avuto un cervello, gli si sarebbe spento, ma fortunatamente non era il suo caso, quindi si limitò a fissare imbambolato un punto casuale della parete accanto al suo giudice cornuto, viola e dalla coda ondeggiante di soddisfazione.
Era condannato. Infelice. Disperato. Distrutto nello spirito e nel corpo. Voleva morire.
Fu con una lentezza esasperante che chinò il capo e diede un cenno d'assenso; d'altra parte, non sarebbe stato accettato di buon grado nient'altro.
In realtà non si accorse nemmeno di acconsentire, semplicemente s'inclinò in avanti, valutando con distrazione se si sarebbe fatto abbastanza male sbattendo la faccia sul pavimento di marmo nero e lucido.
Radish e Vegeta gli lanciarono un'occhiata quasi compassionevole, mentre voltava le spalle al suo nuovo boia dalla testa a castagna ed usciva. Comunque troppo tardi.
Si adagiò sul muro, muto ed inespressivo, gli occhi spalancati e fissi nel vuoto. Non avvertì neanche il saiyan dai lunghi capelli scuoterlo e poi strapparlo al suo appoggio, mentre lo trascinava, con difficoltà, verso le loro stanze.

Cercò di vedere il lato positivo: sarebbe morto prestissimo. Ucciso o meno.

Chissà se poi il Pagrumo era buono davvero?








*si ringrazia il maestro Leo Ortolani, fautore delle mie migliori riprese emotive dopo esami crudeli e malvagi. Senza teste a castagna.

NdA: Kuriza è un personaggio creato dal maestro Toriyama ed inserito nella sua serie “Neko Majin”, parodia di Dragon Ball. Il suo nome riprende quello di Frieza, pronuncia nipponica di Freezer, e da kuri che in giapponese significa, per l'appunto, castagna. ^^
   
 
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