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Autore: Kazumakun    04/11/2011    1 recensioni
Kei è in preda ad una crisi di sconforto e rabbia, che sfocia in odio verso tutto e tutti soprattutto di se stesso e della sua assente mamma, finchè non scopre il modo per salvarsi da questa sofferenza.
"un'amica, un'amica con cui confidarsi, sempre presente, un'amica che
avrebbe condiviso le sue gioie e avrebbe riso con lui, un' amica che
avrebbe condiviso anche i suoi dolori e avrebbe pianto con lui."
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Un viaggio verso la salvezza

Triste era il passare dei giorni quando si era soli, quando ci si sentiva soli; così la pensava Kei, un lupo solitario che lottava ogni giorno anche contro i suoi simili, anzi a dirla tutta lui non si sentiva neanche un lupo, almeno loro hanno una famiglia. Il ragazzo non desiderava tanto una famiglia completa, più che altro desiderava una madre, una donna che lo avrebbe ricoperto di affetto, una donna che avrebbe potuto consolarlo, una donna che avrebbe potuto insegnargli i valori della vita, che avrebbe potuto consigliarlo sulle scelte da prendere.

Oppure come un'amica, un'amica con cui confidarsi, sempre presente, un'amica che avrebbe condiviso le sue gioie e avrebbe riso con lui, un' amica che avrebbe condiviso anche i suoi dolori e avrebbe pianto con lui.

Un albero forte e rigoglioso sul quale lui, tenera foglia si sarebbe aggrappato e dal quale non si sarebbe mai staccato. Purtroppo lui non aveva questa possibilità, non era una persona, non si sentiva una persona, solo una macchina creata dal capriccio dell' uomo, incapace di amare e di provare sentimenti se non odio, rabbia e malinconia.

In queste cose lui eccelleva, i suoi buoni sentimenti erano stati calpestati da un gigante che si chiama "astio"; lui odiava le persone, così fredde, ed egoiste, o almeno lui le vedeva così, odiava le donne, che un giorno sarebbero diventate madri e che era ingiusto che lui non avesse potuto godere del privilegio di averne una, odiava persino se stesso.

Odiava se stesso perchè si riteneva egoista e senza scrupoli, anche se, in fondo, non era colpa sua, lui era stato "creato" così. Giurò che se mai avesse incontrato sua madre, le avrebbe detto che la odiava, che non le avrebbe mai perdonato di averlo lasciato andare senza lottare, senza che lui potesse opporvisi, e l'avrebbe maledetta in eterno.

Pensando queste cose prendeva a pugni il gelido muro di fronte a se; ora un pugno, ora un altro, sempre più forte finchè il sangue non gli colava lungo le braccia. Era dolorante, i pugni gli bruciavano, ma a lui non importava, paragonato al dolore che aveva dentro, al dolore di essere venuto al mondo, quelle ferite non erano niente; quante volte aveva tentato il suicidio, ma senza risultati, era troppo vigliacco per quello, e questo non faceva che alimentare il suo odio. Pensava a quando aveva fatto del male, a quando aveva provocato dolore alle altre persone, e che forse avrebbero desiderato tanto ucciderlo ma lui era tranquillo, non si può uccidere una persona già morta; lui era morto dentro, come un albero cavo, svuotato dei suoi sentimenti positivi, dei suoi sogni, dei suoi desideri più reconditi.

Disteso sul letto sognava ad occhi aperti, ad un tratto vide una luce, una luce provenire da questo albero cavo; mentre, sulle ali della fantasia, vi si stava avvicinando, sentì il campanello di casa e, senza pensarci un attimo, aprì e si presentò una donna giovane, con lunghi capelli, bella quasi come una dea. "Ciao, tesoro mio. Finalmente ti ho trovato. Sono tua madre, potrai mai perdonarmi per quello che ti ho fatto passare?". A quelle parole Kei rimase basito, non sapeva che rispondere, fu un avvenimento così improvviso che lo lasciò di stucco; tutto quello che aveva pensato, tutto quell'odio verso la madre, tutti quei rimproveri che avrebbe voluto farle, non uscivano dalla sua bocca, non riusciva a parlare.

"Non ti preoccupare, è tutto finito, ora la mamma è a casa. Non devi più preoccuparti di niente. Purtroppo non sono potuta starti accanto ma ti ho sempre osservato. Ti voglio bene, angelo mio!". A quelle parole le guance di Kei cominciarono a rigarsi di dolci lacrime, era contento, non aveva mai provato quel senso di calore e tranquillità che lo pervase all'improvviso; di corsa andò ad abbracciare la sua ritrovata mamma quando sentì un rumore e si ritrovò disteso sul letto. "Non è possibile. Perchè? Non è giusto! Perchè proprio io!?", era un sogno, un sogno che lo aveva demoralizzato più di prima. Ora sapeva cosa fare, aveva trovato la sua strada e, raccolto il coraggio, si diresse verso la finestra, aprì le braccia quasi come se fossero le ali di un angelo, e con delicatezza si gettò tra le braccia dalla sua vera mamma: una mamma che non lo avrebbe deluso e che avrebbe posto fine alle sue sofferenze, la dolce "mamma morte". 

  
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