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Autore: lullaby_89    24/11/2011    5 recensioni
Ebbene ci sono di nuovo, nuovo nome, nuovo titolo, ma i personaggi sono gli stessi!
Una storia d'amore e d'amicizia senza troppe pretese. Tra lacrime, sorrisi, incomprensioni, errori e scelte sbagliate Edoardo e Giulia cercheranno di capire qual'è il confine tra amore e amicizia!
“Sono libera di scegliere ciò che voglio senza che tu mi faccia da supervisore lo sai?”
Al contrario di Niccolò, con Edo non riuscii a mantenere un contatto visivo. I suoi occhi chiari mi schiacciavano a terra senza via di fuga.
“Io voglio solo vederti felice” accarezzò la mia spalla nuda portandomi più vicina “non raccattare il tuo cuore a pezzi” [...]
“Quando troverai un ragazzo mi lascerai da parte vedrai…” sorrise nervoso e mi posò una mano sulla mia "Un giorno ti dimenticherai di me"

- probabilmente scriverò dei capitoli extra per i missing moment a rating rosso -
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono in ritardo lo so, ma ho avuto dei problemi seri e non ho avuto né il tempo, né la testa per mettermi al pc…scusate. Però adesso ecco il 13°, dove ancora ci sarà Niccolò e niente Edo, magari a qualcuno farà piacere ad altri no…

Dopo questo capitolo posterò la prima "missing moment" a rating rosso :) spero che vi piacerà!

Grazie come sempre a chi mi segue e commenta!!

 


CAPITOLO TREDICESIMO "Hello Kitty"

 

12 Agosto. Mancava solo un misero giorno.

Era una sera tranquilla, fuori in giardino c'era quella leggera brezza marina che portava un po' di pace dopo il caldo afoso della giornata ed io me la stavo godendo tutta. Seduta a terra, tra l'erba con Damon, che stava a pancia in sù cercando di attirare l'attenzione per qualche coccola in più.

Lo accontentai grattandogli la pancia bianca e lui contento si allungò completamente chiudendo gli occhi. Quel cane era veramente strano. Faceva pisolini ogni ora.

Avevo sentito Gemma pochi minuti prima e mi aveva detto che si annoiava da morire perché lì a Positano non c'era molto da fare e soprattutto sua mamma non la lasciava mai sola. Fossimo state insieme probabilmente sarebbe stato diverso, ma lei era stata trascinata con la forza nella riviera Amalfitana dai genitori, e tutto questo all'ultimo minuto. Avevamo protestato entrambe perché avremmo preferito passare quei giorni insieme invece che separate. Non c'era stato modo di farla rimanere da me e quindi ci saremmo riviste tra qualche giorno. Ironia della sorte lei era partita proprio quando ero sola.

Per fortuna Enrico ed Ale erano tornati o sarei impazzita. Enrico non c'era quasi mai, ma Ale sì e dato che Margherita era in vacanza con i genitori, noi passavamo molto tempo insieme. Mi dispiaceva che la sua ragazza non fosse lì come ogni anno, ma ero certa che ci saremmo viste comunque presto.

Edoardo mi mandava messaggi regolarmente, almeno ogni due giorni e mi faceva piacere vedere che tutto sembrava tornato come prima. Mi scriveva cosa faceva ed io gli raccontavo la mia giornata, omettendo che Niccolò mi avrebbe raggiunto pochi giorni dopo.

Stranamente faticavo a parlarne con lui nonostante precedentemente ci fossimo sempre detti tutto ed il mio misero cervello non arrivava a capire il perché di questi miei freni. Non me li ero imposti, ero semplicemente bloccata.

La mente umana era veramente strana, o più precisamente, lo era la mia.

Alessio sbucò dalla porta della cucina chiedendomi se volevo il caffè.

"Sì, lo prendiamo fuori dai. Ti aiuto" 

Mi alzai e corsi in cucina.

Eravamo solo noi due quella sera. Enrico era già uscito da un pezzo e i nostri genitori erano fuori a cena con degli amici e noi avevamo preferito starcene in santa pace.

"Prendi i cucchiaini e lo zucchero!" gli urlai posando le tazzine sul tavolo del giardino.

Nell'aria c'era quell'odore strano delle candele accese per tener lontano le zanzare, misto a quello della salsedine e a quello dei pini che circondavano l'appartamento, al quale si aggiunse l'aroma del caffè. Era una serata magnifica, con i colori rossi e rosa del cielo che ancora si vedevano in lontananza. Mancava solo qualcuno.

Mio cugino uscì fuori portando ciò che avevo chiesto.

Alessio era un bel ragazzo e non lo pensavo perché tutti ci dicevano che ci somigliavamo, ma semplicemente perché lo era. Quando eravamo piccoli ci scambiavano sempre per fratello e sorella. Un fisico asciutto dato dalle sue corse giornaliere e quel pizzico di muscolatura dovuta alla palestra gli donavano un aspetto quasi da modello. 

Aveva due splendidi occhi marroni/verdi e i capelli castano chiaro, corti e sempre ordinati. Era quel tipo di ragazzo che non puoi non notare se ti passa al fianco.

Ci mettemmo a sedere l'una di fronte all'altro bevendo il caffè in completo relax.

"Quando hai detto che viene Marghe?" domandai.

"Tra quattro giorni" rispose.

"Bene, è un po' che non la vedo" 

Giocai come il mio solito con il cucchiaioni, rigirandolo nella tazzina, dove era rimasto un po' di zucchero.

"Ed io quando lo posso vedere Niccolò?"

Il risolino che fece mi indusse a ridere a mia volta e nemmeno mi stupì più di tanto quella domanda dato che io non avevo mai fatto niente per nascondere che mi vedevo con un ragazzo. Non c'era niente di male dopotutto e se non lo avevo detto ad Ale era perché volevo fargli una sorpresa. Enrico lo sapeva.

"Non sei tanto brava a nascondere le cose e facebook aiuta" annuii consapevole "Insomma quando potrò conoscere, o sarebbe meglio dire rivedere il mio caro amico, non che tuo ragazzo?" scherzò rilassandosi sulla sedia "Non ci credo che stai veramente con lui!"

"Usciamo, non ci sto insieme" precisai.

Parlare con Ale era facile perché sin da piccoli eravamo stati così uniti e quando eravamo cresciuti ci confidavamo sempre tutto e ci scambiavamo consigli.

"Visto che sei sempre attaccata a quel telefono credevo ci stessi insieme ed infatti mi chiedevo perché non me lo dicessi" 

"Me l'ha chiesto Niccolò, voleva farti una sorpresa domani ed invece…niente, l'hai scoperto" 

"Domani? Viene domani?" si mise a ridere "Ed io che credevo che fossi una brava ragazza!"

Lo guardai male non capendo dove volesse andare a parare, ma intuendo che non sarebbe stato un complimento.

"I genitori se ne vanno e tu chiami il tuo ragazzo qua! Complimenti, fai le cose di nascosto eh?" mi prese in giro alzandosi e venendo a darmi noia.

Gli feci la linguaccia e lui iniziò a darmi pizzicotti.

"Brutta mascalzona!" 

"Ale dai!" lo supplicai ridendo.

"Tanto lo faccio dormire sul divano!" disse serio sedendosi al mio fianco.

"Provaci!" ringhiai.

"Pretendi che ti lasci tra le grinfie di quello lì?" domandò scettico alzando un sopracciglio.

"Ma non era tuo amico?" 

"Sì, ma tu sei mia cugina e sei più piccola, quindi devo proteggerti" 

Scossi la testa divertita. Non avevo i genitori in giro e ci si metteva lui. Tutti avevano quella malsana idea di vedermi fragile e inadatta al mondo, alle difficoltà che questo ci poneva sul nostro cammino. Non sapevo se sarei stata forte di fronte a queste avversità, ma prima o poi avrei dovuto affrontarle e probabilmente mi sarei alzata. Ero troppo testarda per farmi mettere i piedi in testa.

"Mi intrufolerò nel divano quando ti addormenti" sghignazzai "tanto tu quando dormi non senti nemmeno le cannonate" 

Lo sapevano tutti che Ale poteva far concorrenza ad un ghiro per quanto riguardava il dormire. Da piccolo si era addormentato anche mentre gli facevano il bagno e cresciuto non era cambiato poi molto dato che bastava che si mettesse in posizione orizzontale e dopo cinque secondi ronfava beato.

"Sai che non dicevo sul serio" prese una sigaretta e l'accese, buttando fuori una leggera nuvoletta di fumo "Però sarà strano…e se penso che Niccolò lo conosco lo è ancora di più! Non avrei mai detto…be', meglio lui che un altro che probabilmente non avrei sopportato" 

Prese un'altra boccata di fumo e lo soffiò in alto cercando di fare dei cerchi, che alla fine si rivelarono più delle figure strane e sbilenche.

"Almeno sono certa che non lo picchierai…ti sei sempre lamentato delle persone che mi sono piaciute"

"Infatti non c'è mai stato niente tra te e loro. Evidentemente avevo ragione quando dicevo che erano dei coglioni patentati" scherzò.

Lo guardai male, ma in quelle parole in fin dei conti c'era solo la pura verità.

"Ok, non potevi dirmelo prima che mi infatuassi e stessi male venendo a sapere che non gli piacevo?" chiesi con un finto sorriso.

"Dicevo che erano coglioni, non sapevo che sarebbe andata a finire male. O meglio che non sarebbe iniziata proprio!" 

Gli tirai una pacca sulla spalla ridendo. 

"Imbecille" esclamai.

Ale si mise a ridere e si alzò per spegnere la sigaretta nel posacenere, posato all'altro capo del tavolo. Accese la luce esterna dato che il buio era ormai calato.

"Racconta un po' come l'hai conosciuto" si rimise a sedere "Sono curioso"

"Me l'ha presentato Edo quando siamo venuti al mare a Luglio. Giocava nella sua stessa squadra qualche anno fa…non me lo aspettavo che si interessasse a me, invece è stato lui a fare il primo passo, ci siamo rivisti e poi…"

"Poi si entra nelle cose sconce e non mi interessa"

"Quanto sarai idiota? Non ci sono particolari sconci!"

"Scherzavo" mi disse serio con uno sguardo dolce.

Quando dicevo che Ale sapeva tutto di me intendevo proprio tutto, compresa la mia vita sentimentale e anche gli annessi. Non c'era vergogna tra di noi.

"Sono sorpreso che Edo ti abbia presentato un ragazzo, si starà mangiando le mani ora. Come l'ha presa la notizia?"

Lo guardai rimanendo in silenzio per qualche secondo. Cosa intendeva anche lui con quel discorso?

Che le mie amiche pensassero che Edoardo vedesse in me più di un'amica era risaputo, ma che lo credesse anche Ale era una sorpresa per me.

"Normale…come vuoi che l'abbia presa?" risposi non con molta calma.

"Mi ha chiamato prima di partire, non mi ha detto niente di te e Niccolò, ma nonostante mi dicesse che era contendo di entrare in C2 non è che trasudasse gioia da tutti i pori sai? Mi sembrava giù di morale e…so che si è lasciato con Gemma, ma non penso sia per quello dato che sappiamo tutti che gli giova alla salute questa separazione! E insomma, io l'ho sempre pensato che eravate perfetti insieme e come hai appurato io non sbaglio mai" terminò con fierezza.

Il discorso non faceva una piega ed io non potevo controbattere, un po' perché i comportamenti di Edo non erano stati da amico una volta iniziato a frequentare Niccolò, ma era anche vero che doveva essere in pensiero per la situazione con i genitori. Situazione che aveva risolto prima di andare in ritiro, mi aveva detto.

"Se era giù di morale non era certo per colpa mia…" mi difesi senza aggiungere altro "Perché avete tutti la malsana idea che ci possa essere qualcosa tra di noi?" domandai un po' più nervosa.

Iniziai a martoriarmi l'unghia del pollice on l'indice e come previsto me la spezzai molto presto, maledicendomi da sola.

"Quando siete insieme c'è qualcosa che non vi fa sembrare esattamente amici" spiegò serio chinandosi in avanti "quella cosa che sta al limite, tra amicizia e amore. Voi siete in bilico su questa fune, ma penso che ora che c'è Niccolò tutto cambierà…e vedremo chi ha ragione" 

Nessuno l'aveva mai interpretato così il rapporto che c'era tra me ed il biondo e dovetti ammettere che alcune volte mi era sembrato anche a me di stare con un piede dall'altra parte della fune ed ero convinta che Edo l'avesse superata più volte di me. Era stata debolezza, bisogno di affetto e di sapere di essere importante almeno per qualcuno dopo la consapevolezza di non essere stato niente di più che un amico con cui fare sesso per la propria ragazza.

"Io" esclamai sicura.

"Vedremo" disse lui con il suo solito sorrisetto furbo "Intanto rispondi che il tuo amore ti chiama" rise sotto i baffi ancora una volta e si alzò, lasciandomi sola con le note di Magnolia, che provenivano dal cellulare.

Avrei vinto io quella scommessa perché ero certa di poche cose, ma una di queste era l'amicizia tra me ed Edoardo.  E non mi importava delle dicerie dell'amicizia impossibile tra uomo e donna senza nemmeno un briciolo di attrazione. Wilde evidentemente non aveva conosciuto noi. Niente mi avrebbe fatto cambiare idea.

 

"Mi raccomando, la casa la vogliamo trovare come l'abbiamo lasciata! Giulia confido in te" 

Mia zia era la classica donna ansiosa e ancora mi chiedevo come avesse fatto a lasciare i suoi figli per un'intera settimana. Alessio aveva quasi ventidue anni, ma Enrico ne aveva sedici e lei era la persona più tragica del mondo. Pensate ad una cosa orribile che potrebbe accadere. Lei la pensa cento volte peggio.

"Zia vai tranquilla, ci penso io a questi due!" scherzai.

Passai le braccia intorno alle loro spalle, alzandomi sulle punte dei piedi, e li strinsi a me.

"Mi fiderò…fai il bravo tu e vedi di non fare stupidaggini" pregò rivolta al più piccolo.

"E quando mai non l'ho fatto?" rispose con il suo sorriso angelico.

Enrico aveva l'aspetto di un sedicenne calmo e pacato, ma dietro nascondeva uno scalmanato senza freni. Amava divertirsi e voleva forse fare tutto troppo in fretta e prima del tempo. Per non parlare delle ragazze, non riusciva a stare con qualcuna per più di due settimane. Eppure con me era la persona più dolce del mondo, come il fratello mi trattava da principessa ed a volte sembrava lui quello più grande.

"Al massimo lo lego zia, vai tranquilla. Mamma tranquillizzala tu" supplicai uscendo dal cancello.

Mio padre e mio zio stavano cercando il miglior modo di sistemare le valige e mia mamma sembrava la coordinatrice dei lavori.

"Puoi stare serena, penso che si comporteranno meglio di quando ci siamo noi qua" intervenne lasciando perdere le direttive e penso proprio che i suoi lavoratori ne furono più che felici.

"Giusto, quindi ora andate che fate tardi!" disse Ale.

Prese la madre per le spalle e dolcemente la fece uscire in strada, aprendole la portiera della macchina.

"Fate buon viaggio e non chiamare ogni cinque minuti va bene? Se non rispondiamo probabilmente non sentiamo il telefono e non siamo caduti in un burrone!" la prese in giro.

"Stupido!" 

"Ciao" dissi io abbracciando mamma "Divertitevi e fate un tuffo anche per me" abbracciai anche mio padre e poi passai anche agli abbracci di zia e zio. 

Mi dispiaceva non andare con loro, o almeno ne ero stata scontenta prima di invitare Niccolò, perché in quel momento  non vedevo l'ora di vederli montare in macchina e girare l'angolo. 

"Chiamate" disse un'ultima volta mia zia montando finalmente in macchina.

Tutti e tre in piedi sembravamo le belle statuine, con la mano alzata, scuotendola da destra a sinistra come robot, ed un bel sorriso stampato in faccia. 

"Sì, ciao!" esclamammo in coro.

Finalmente partimmo e noi eravamo soli. Liberi e senza genitori tra le scatole. 

Era il sogno di ogni ragazzo.

Enrico mi prese per la vita e mi alzò da terra girando su se stesso ed io iniziai a ridere come una ragazzina alzando le braccia al cielo. Una scenetta comica.

"Siamo liberi!" 

Poteva sembrare un'esagerazione reagire così, ma bisognava conoscere mia zia per capire la felicità del momento. Non li lasciava soli una notte e si preoccupava persino di andare a cena fuori se loro erano a casa. Sette giorni da soli era qualcosa di inimmaginabile.

Mi rimise con i piedi a terra.

"Insomma quando arriva?" domandò Ale. Non importava aggiungere il nome, sapevo di chi parlava.

"Gli avevo detto le nove e mezza, mancano dieci minuti" farfugliai guardando l'orologio. Potevo sembrare calma e tranquilla, ma dentro scalpitavo dall'impazienza di rivederlo.

"Bene, aspetto che arrivi e poi vado" disse Enrico rientrando in casa.

"Dove vai tu? Io non ti accompagno!" disse Ale gettandosi sul divano.

"Ho la moto" sorrise furbo Enrico andando a cercare qualcosa nel mobile della televisione "Secondo te non portavo le chiavi di riserva?" 

Sventolò le chiavi rosse del suo motorino di fronte alla faccia del fratello, che scosse la testa divertito.

"Se lo sa ti ammazza" 

"Basta non dirglielo" ridacchiò.

Questo era il lato libertino di Enrico, che non riusciva proprio a fare ciò che gli si diceva. Amava stare senza costrizioni e visto che la madre gliene poneva anche troppi lui era obbligato a non ubbidire.

Lasciai i due in salotto e andai in camera per darmi un'ultima occhiata. Erano due settimane che non ci vedevamo ed io ero in ansia, ero spaventata e temevo che non gli sarei piaciuta più.

Indossavo un vestito marrone di san gallo, con le spalline sottili e la gonna larga. I capelli sciolti e leggermente mossi. Cambiavano sempre quando sentivano l'aria di mare. Ero abbronzata e questo era l'unica cosa che trovavo piacevole del mio aspetto riflesso nello specchio.

Se c'era il premio per la persona più insicura del mondo lo avrei vinto con una maggioranza schiacciante. A Niccolò ero piaciuta struccata, vestita semplicemente con canottiera e pantaloncini, perché doveva essere diverso adesso? Tanti problemi per nulla.

In quei giorni era stato lui a chiamarmi, io solamente due o tre. Non l'avevo fatto perché non mi interessava sentirlo, ma perché ero timida e soprattutto, resami conto che mi interessava sul serio, andavo cauta, con i piedi di piombo, e aspettavo si essere certa che per lui non fossi un divertimento per qualche settimana. Avevo già parecchie prove a suo favore e l'ultima era proprio quella di venire da me per qualche giorno.

Sbagliavo ad andarci piano?

A mio parere no. Io gli avevo fatto capire che mi piaceva, eccome se mi piaceva, ma non avevo dato a vedere quanto e né a che livello. Non volevo pensasse a me come una preda facile. Se mi voleva veramente avrebbe dovuto faticare un po'. Spocchiosa? No, semplicemente non volevo essere presa in giro e non volevo soffrire.

Il problema era unicamente uno. Potevo comportarmi come mi ero imposta solo se lui non era con me, perché per telefono tutto era diverso, ma averlo di fronte mi cambiava totalmente.

La prova l'ebbi due secondi dopo quel pensiero, mentre il cellulare iniziava a vibrare sopra il comodino. Era Niccolò.

"Sono qua, ma non ricordo il numero di casa…mi sa che sono andato troppo avanti" 

"103, c'è una siepe alta ed un cancellino in ferro" spiegai con un sorriso, anche se non poteva vederlo.

"Allora sono indietro" 

Lo sentii ridere.

"Ti aspetto fuori dai" 

"Ok, due secondi e sono da te! Finalmente…" 

Sentii quell'ultima parola sussurrata e poi buttò giù.

Corsi letteralmente fuori, passando ovviamente dal salotto e facendo ridere i miei cugini. Mi catapultai in strada, deserta perché non era una via principale, ma una traversa, dalla quale passavano principalmente i residenti. Varcai il cancellino e una volta lì mi guardai a destra e a sinistra più volte, senza vedere i fari di nessuna macchina. Ero troppo nervosa e dovevo calmarmi o non avrei resistito dal gettarmi tra le sue braccia.

Quando udii il rumore di una macchina scattai come una lepre che avverte un minimo fruscio nelle vicinanze. Riconobbi al volo l'Audi nera di Niccolò e solo il mio buon senso mi fermò dal saltellare felice in stile bambina di quattro anni la mattina di Natale.

Gli feci segno con la mano di svoltare a destra nello spiazzo di ghiaia e terra battuta in cui parcheggiare e lui fece come gli avevo appena detto, parcheggiando vicino alla macchina di Ale.

Lo raggiunsi immediatamente e quando scese di macchina mi sembrò di tornare a respirare per la prima volta dopo tanto tempo. Era magnifico, ancora di più di quanto mi ricordassi. La sua pelle abbronzata, in contrasto con quella semplice maglia bianca, così scura da farmi sentire bianca come una mozzarella, era da mozzare il fiato.

Fu lui a venire verso di me a passo svelto, prendendomi subito tra le braccia e baciandomi teneramente per un tempo che parve infinito, ma che fu solamente il necessario per posare teneramente le sue labbra sulle mie e ritirarle velocemente.

"Finalmente…" 

Era quello che aveva mormorato al telefono minuti prima, ma sentirglielo dire, con la sua bocca a sfiorare la mia era tutt'altra cosa. 

"Mi sei mancato…" sussurrai timidamente.

E via il proposito di essere più distaccata e non far trasudare quel che veramente provavo. In fondo se non rischiavo non avrei mai colto i frutti di quel che sarebbe accaduto.

"Tu non hai idea di quanto tu sia mancata a me" mi accarezzò le guance ed i capelli ed io mi sciolsi "Sei più bella che mai" mi sussurrò all'orecchio facendomi il solletico.

È la stessa cosa che ho pensato io di te, avrei voluto dirgli, ma non feci in tempo e venni trasportata in quel limbo, dove solo i suoi baci riuscivano a catapultarmi ogni volta. Labbra morbide come velluto, la pelle liscia del viso, appena rasato e quel profumo che mi faceva impazzire. Le sue mani sulla mia schiena in una dolce carezza mi facevano sentire sicura.

Sorrisi sulle sue labbra e lui fece altrettanto, stringendomi ancora di più alzandomi di qualche centimetro da terra.

"Prendo la roba o stiamo qua fuori tutta la notte?"

"Entriamo" 

Prima che i miei piedi tornassero a toccare terra baciai ancora una volta le sue labbra, ne ero stata troppo tempo in astinenza. È come quando assaggi la cioccolata, ne vuoi sempre di più e se stai senza per un po' quando ti capita tra le mani un morso non ti basta e ne vuoi subito un altro.

"Ho solo un piccolo trolley…non so quanto starò, non ne abbiamo parlato" 

Aveva preso la valigia blu chiudendo e guardandomi serio mi aveva cinto per la vita spingendomi a camminare insieme a lui trascinando dietro il piccolo bagaglio.

"Non lo so…i miei tornano il 23"

Per me poteva restare anche fino all'ultimo minuto, ma contava anche ciò che voleva lui.

"Il 17 devo essere a casa, è il compleanno di mio fratello" 

"Allora fino al 16" dissi un po' dispiaciuta.

Tre giorni non erano molti se paragonati alle due settimane dove non ci eravamo visti, ma mi dovevo accontentare e l'avrei fatto perché in quei giorni magari avrei dato risposta alla domanda che da un paio di giorni mi frullava in testa.

"Tre giorni insieme…ce li faremo bastare" 

Mi baciò di nuovo, con dolcezza.

Aprii il cancellino che prima avevo chiuso per non far scappare Damon, che non appena entrai si alzò dal suo posto e trottò verso di noi, fermandosi alla vista del moro dietro di me. All'inizio avevo pensato che avrebbe abbaiato, invece si avvicinò ancora qualche metro e fu come se lo avesse voluto studiare. Aveva una faccia buffissima, inclinata sul lato e con le orecchie tese in avanti.

"Tranquillo è buono" dissi a Niccolò "Damon va a cuccia, tra un po' ti porto a fare la passeggiata" 

Il lupo parve capirmi e data un'ultima occhiata al ragazzo al mio fianco e poi ci voltò le spalle per tornare a sdraiarsi al fresco sul cotto.

"Mi ha guardato male o mi è sembrato?" chiese scioccato e divertito.

"È solo curioso…" lo liquidai io ridacchiando.

Lo presi per mano e lo trascinai in casa entrando dal salotto, dove Ale si era appena alzato dal divano, avendo sicuramente sentito il cancello sbattere e la mia voce lì fuori. Enrico era sparito, probabilmente si stava preparando per uscire. Aveva aspettato anche troppo, e ne ero certa, solo per curiosità.

Niccolò appena entrato in casa non ebbe nemmeno il tempo di guardarsi intorno, che Ale già lo abbracciava e gli dava pacche sulla schiena, che il moro non esitò a ricambiare, ridendo e scherzando con il suo vecchio amico.

Io ero impalata lì dietro di loro, imbarazzata per chissà quale motivo.

Le mie amiche l'avevano conosciuto come amico di Edo e successivamente come qualcosa di non ben definito, ma molto vicino alla definizione di mio ragazzo, però era diverso così. Ale era parte della famiglia e ora Niccolò lo stavo presentando come mio ragazzo, o meglio lui l'aveva etichettato così.

"Spugna! Ci voleva mia cugina per rivederci disgraziato?" scherzò il castano.

Avrei dovuto chiedere in seguito qualche spiegazione per quell'appellativo strano.

"Anche tu eh! Ti sei fidanzato e sei sparito!" replicò il moro.

"Tu hai aspettato di fidanzarti per fatti vedere!" disse l'altro "Penso che ora non ci saranno problemi per questo no? Ti vedrò anche troppo spesso..." con lo sguardo indicò me ed io abbassai gli occhi con le guance già tinte di rosso.

"Scusami, ma preferisco tua cugina a te!" 

"Vorrei ben dire!" 

Iniziarono a ridere come due imbecilli fino a quando anche Enrico non fece il suo ingresso, anche lui squadrando Niccolò, ma con uno sguardo meno ostile del mio cane.

"Non dirmi che quello è tuo fratello!" esclamò il moro "Me lo ricordavo secco come un'acciuga, piccolo e con gli occhiali alla Harry Potter! L'avete riempito di vitamine?" scherzò.

"Ciao Niccolò" disse Enrico abbracciandolo "Anche tu sei cresciuto però" sghignazzò il più piccolo.

"No, sul serio…"

"Rugby" rispose "Ho iniziato due anni fa e l'altezza è di famiglia. L'unica nanetta l'hai presa tu" scherzò indicandomi.

Enrico mi chiamava sempre così, o almeno da quando aveva iniziato a svilupparsi a velocità smisurata. In famiglia erano tutti alti, ma lui sembrava voler battere il record, dato che a 16 anni era quasi un metro ed ottanta.

"Dovrei pensarci anche io, da quando ho abbandonato il calcio mi sono sgonfiato, non ho più un addominale nemmeno a cercarlo con la lente d'ingrandimento!" 

I tre si misero a ridere e io avrei anche voluto replicare, ma stetti in silenzio. Aveva un corpo asciutto sì, ma era bellissimo a mio parere ed i muscoli non gli mancavano.

"Scusate, io vado, sono già in ritardo" 

Enrico prese le chiavi del motorino e salutò con un cenno della mano. Non erano ancora le dieci e già spariva, per tornare come al solito a tarda notte. Per fortuna non c'era mia zia o sarebbero stati urli e strepiti perché avrebbe voluto averlo a casa per mezzanotte al massimo. 

Io lo lasciavo fare perché mi fidavo di lui. Era solo un ragazzino, ma aveva più cervello dei suoi amici e lo reputavo intelligente e non così stupido da ficcarsi in qualche pasticcio.

"Vieni con me? Ti faccio fare un giro turistico" scherzai.

Con Ale avrebbe potuto parlare dopo, ora lo volevo un po' per me. E quella valigia andava messa a sposto dopotutto.

"Andate, io vado a comprare le sigarette e dopo passo da Luca. Prendo le chiavi." ci salutò anche lui e rimanemmo soli.

"Mi fai dormire sul divano come promesso?" 

Ridacchiò seguendomi verso quella che sarebbe stata la nostra camera. Nemmeno mi era passato per la testa di farlo dormire lontano da me, nonostante in quel letto, poche settimane prima ci avessi dormito con Edo, ed era stato stranissimo. Avevo dormito spesso con lui, ma quelle notti furono leggermente diverse. 

Scacciai via quel pensiero non volendo paragonare quello che era il mio migliore amico con quello che avrebbe potuto essere il mio ragazzo.

"Dormiamo qua" dissi "metti il trolley sul lettino"

Quando c'era anche Margherita io ero costretta a dormire con i miei, in quel lettino che odiavo con tutta me stessa. Era troppo rigido e non aveva la testata, così a notte fonda il mio cuscino spariva tutte le volte.

"Sei tu quella nella foto?" indicò la piccola cornice azzurra in cui io, nei miei splendidi cinque anni sorridevo di fronte al mare.

"Sì, avevo cinque anni. Ero alta quanto un soldo di cacio e pesavo meno di una formica" dissi con una risata ricordando che anche un soffio di vento mi avrebbe potuta portare via.

"Eri veramente carina" disse avvicinandosi alla cornice.

"Grazie"

"Lo sei ancora" 

Lasciò perdere la mia fotografia e tornò a guardare me.

"Insomma, il giro turistico?" sghignazzò prendendomi per i fianchi e spingendomi fuori dalla camera.

"Non c'è molto" ridacchiai "Qua a destra c'è la camera dei genitori di Ale" aprii la porta e gli mostrai una camera praticamente quasi identica alla mia, tranne per il fatto che mancava il lettino singolo.

Entrai dentro e andai ad aprire la porta finestra che si affacciava sul retro, dove c'erano alcuni vasi di fiori ed il lavatoio.

"Il retro…niente di che, ma se torni e sei sporco di sabbia c'è la doccia lì nell'angolo" spiegai "È comoda…anche se l'acqua è quasi sempre fredda"

Mi voltai e cozzai contro il corpo di Niccolò, che rise, facendomi sorridere a mia volta.

"Memorizzato"

"Vieni, manca la cosa che preferisco di questa casa" 

Lo trascinai nel corridoio e aprii la porta scorrevole del bagno che dividevo con i miei cugini. In travertino e con uno specchio enorme, nel quale ci si poteva specchiare in quattro senza problemi. In fondo la doccia, incastrata tra tre pareti, larga almeno un metro e mezzo, profonda poco di meno, con un getto d'acqua enorme e rilassante.

"Quella!" esclamai indicando il vetro per metà opaco.

"Quella?" domandò "E come mai ti piace tanto"? chiese con un curioso tono malizioso.

"Be' io…è bella no?" balbettai.

Diamine, mi gettavo la zappa sui piedi anche senza volerlo. Ero ingenua all'inverosimile. Chinai la testa a destra, sbirciando da sotto il ciuffo di capelli castani le mie guance leggermente arrossate riflesse nello specchio.

"Bellissima, ma se hai la passione per le docce quando vieni da me ti mostro la mia. Mia mamma ha arredato il mio bagno come se fosse un salotto, con una doccia che sembra un armadio!" 

"Inizieremo la visita di casa tua dal bagno!" scherzai uscendo.

Di casa sua avevo visto solo la facciata e intravisto il retro e già me ne ero innamorata, chissà com'era bella ed elegante all'interno. Me la immaginavo con colori tenui e mobili d'antiquariato, magari anche con un bel camino in sala. Non sarebbe stato poi così impossibile.

"Cucina, salotto" indicai a sinistra e poi in salotto "Ed ecco finito. Ah no! C'è il piccolo giardino" 

Forse erano quindici metri quadri d'erba, non di più. Però c'era una veranda carina, dove spesso mangiavamo d'estate e si stava veramente bene.

"Vuoi saper cosa mi è piaciuto di più?" domandò mentre eravamo in cucina, l'uno di fronte all'altra.

Annuii impercettibilmente guardandolo dritto negli occhi, neri come la pece. Diamine, ci si poteva annegare in quella tenebra affascinante.

"La guida…" 

La sua voce appena udibile ed il gesto che fece successivamente mi portò a desiderare di chiudermi in camera con lui per i successivi tre giorni. Mi strinse forte, posando il mento sulla mia spalla, facendo scorrere la punta del naso sul mio collo, alternando qualche bacio qua e là, mentre le sue mani accarezzavano piano la mia vita per poi salire verso le braccia. Io adoravo quando mi si coccolava in quella maniera.

Stavo bene con Niccolò anche per quel motivo. Lui mi coccolava, mi faceva sentire desiderata e mai messa da parte. Non ero affatto egocentrica, anzi quando mi trovavo in gruppo odiavo essere al centro dell'attenzione e spesso preferivo rimanere in disparte a causa della mia timidezza. Quel desiderio di sentirmi importante era tutt'altra cosa.

"Possiamo legarlo?" chiese ridendo al mio orecchio rompendo quel limbo.

"Chi?" domandai scioccamente.

"Mi sta guardando male di nuovo" sghignazzò un po' preoccupato.

Spostai lo sguardo sulla porta socchiusa, dove il muso di Damon si intravedeva in un ringhio basso e silenzioso, che cercava di fare capolino per entrare. 

"Leviamoci il dente, te lo presento. Anzi, lo devo portare fuori, vieni con me e lo tieni tu. Ti va?" proposi avviandomi verso il cane.

"Ok, devo conoscere la tua famiglia dopotutto. Iniziamo dal cane!"

Damon guaì contento e, ci giurerei, soddisfatto di aver attirato l'attenzione su di sé. Gli feci qualche carezza sulla testa e lo feci entrare in salotto ordinandogli di sedersi. Solitamente ubbidiva e quella volta non mi deluse. 

"Vieni, non morde, te lo assicuro" 

"Ho anche io due cani e so che possono essere gelosi dei loro padroni" disse prima di fare qualche passo incerto "Speriamo che non mi odi per aver preso la sua…" schedò accucciandosi al mio fianco.

Tenevo il cane per il collare per essere sicura che non lo attaccasse. Era aggressivo solo con i gatti ed i piccioni, ma preferivo prevenire.

"Ma no, non penso sia geloso…i tuoi lo sono?" domandai curiosa.

"Un po', soprattutto la femmina" 

"Uhm…" mugolai.

Se era gelosa ci sarebbe stato da lottare pensai tra me e me.

"Damon non voglio rubarti Giulia capito? Ce la divideremo da bravi e maturi uomini quali siamo, va bene?" scherzò Niccolò parlando al mio cane, che in risposta inclinò la testa di lato portando le orecchie avanti. Aveva un muso buffissimo.

Guardai il moro ridacchiando sotto i baffi per il modo in cui si era rivolto all'animale e in risposta ebbi un occhiolino. Damon intanto lo osservava senza muoversi.

Niccolò accarezzò la testa pelosa del cucciolo e lui guaì appena, come aveva fatto prima con me e sorprendentemente si liberò della mia presa e dopo aver leccato la mano di Nicco si sdraiò a terra mostrando la pancia bianca per ricevere carezze e grattatine.

"Intelligente! Abbiamo stipulato un patto!"

Niccolò stinse la zampa al mio cane e io mi portai una mano in testa ridendo.

"Ora appartengo a te e a lui?" domandai divertita "sono messa veramente bene!" 

"Non ti è andata male…poteva andarti peggio" disse convinto coccolando l'husky "Potevo essere calvo, con la pancia e pure brutto! Invece sono bellissimo e niente pancia!"

"Presuntuoso" esclamai facendogli la linguaccia "E poi magari tra dieci anni sari pelato! Chi può saperlo? Forse avrai anche la pancetta da bevitore!" lo presi in giro.

Mi trovai con il sedere a terra, con Niccolò a tenermi sdraiata con una faccia sghignazzante.

"Ne dubito" controbatté serio "Mio nonno ha quasi ottanta anni e ha ancora tutti i capelli!"

"Ti sei dimenticato la pancetta" dissi con un sorriso furbetto.

"Mi terrò in forma" 

"Uhm…io vedo già cedimenti qua" scherzai toccando la sua pancia perfettamente piatta.

"Ma se sono in forma perfetta?" disse con aria orgogliosa.

Mi prese in braccio ed in baleno fui in piedi. Non ero leggerissima, ma evidentemente non era così esile e fuori forma come lo avevo descritto io prendendolo in giro.

"Anzi, visto che devo mantenere questo bel corpicino andiamo a fare la passeggiata con Damon" 

"Giusto, ne ho bisogno" 

Lui aveva un fisico perfetto, io no. Non ero la ragazza magra e perfetta, avevo le curve ed ero morbida. Ero rotondetta a mio parere. Insomma non un'acciuga pelle e ossa.

"Tu no, sei perfetta così"

Esclamò con serietà senza darmi modo di replicare.

Era la stessa scena che avevo vissuto qualche settimana prima con Edo. Anche lui mi aveva detto che in me non c'era niente che non andava e che avevo poca stima di me.

"Be', grazie" mormorai imbarazzata.

Cercai il guinzaglio in tutti i posti possibili, dato che mi ero dimenticata dove lo avevo lasciato l'ultima volta, e lo trovai fuori, in terra tra i vasi. Come c'era finito era un mistero.

Allacciai il moschettone al collare di Damon, che già aveva capito che saremmo andati fuori e scodinzolava contento, e poi porsi la fascia di cuoio a Niccolò, che lo afferrò senza esitare.

"Ricorda il patto palla di pelo. Non farmi fare figuracce" esclamò rivolgendo lo sguardo in basso.

L'husky alzò il muso verso colui che lo teneva e con aria piuttosto rilassata mosse qualche passo in avanti verso la strada. Era più calmo e buono con quel ragazzo che con me. Feeling tra maschi, pensai.

"L'hai conquistato" 

Camminavamo verso il porto, in quella strada quasi sempre deserta, ma illuminata da grandi lampioni. C'era un'odore forte di pino, dato dalla piccola pineta lì vicino e dai molti alberi nei giardini degli appartamenti o delle villette. Molti aghi erano a terra e scricchiolavano sotto i nostri piedi.

Camminavamo tutti e due allineati, con Damon che ci precedeva di due metri scarsi e quella scenetta mi sembrava veramente buffa e un po' rivelatori per il futuro. Sembravamo una coppietta felice che porta a spasso il cane, ci mancava solo un bambino in passeggino e avevamo formato il perfetto quadretto familiare. Sentii i brividi invadermi tutto il corpo al solo pensiero. Ero troppo giovane per una cosa del genere e anche immaginarlo era terrificante.

Quando mi prese per mano e le nostre dita si intrecciarono pensai che non sarebbe stato poi così male avere lui al mio fianco. Un pensiero stupido. Avevo diciotto anni e la mia mente spaziava su matrimoni e figli. Nemmeno mi piacevano i bambini!

Arrivammo al porticciolo, che affacciava sulla foce del fiume e salimmo le scale, mentre Niccolò mi raccontava dei giorni passati in Sardegna, le spiagge, le serate in discoteca o in qualche locale all'aperto. Soprattutto si vantava di quanto era stato bravo nel rifiutare le avance da molte ragazze. 

"Tu solo ci dovevi provare a starci!" dissi guardandolo torva.

"Non mi interessavano, pensavo solo a te! Chiedilo a Michele, credo che mi abbia dato dello stupido almeno mille volte" 

Intanto ci eravamo seduti sul pontile e dato che era tutto deserto lasciai andare Damon. Lì a fianco c'era anche un piccolo spiazzo d'erba.

"Se fai il bravo ragazzo ti dà di scemo?" domandai scocciata.

Odiavo quella strana mentalità maschile per cui uno più ragazze aveva e più era figo.

"Loro sono spiriti liberi e amano divertirsi. Evidentemente non hanno trovato ancora la ragazza giusta…quando la troveranno si calmeranno e metteranno la testa a posto. Prima poi succede a tutti"

Da quel discorso intuii che probabilmente lui non era stato diverso da loro e che Edo non aveva poi avuto tutti i torti a dirmi che non era il tipo adatto a me. Ovviamente non aveva messo in conto che nella vita si cambia. Niccolò non mi sembrava affatto uno frivolo o dedito solo al divertimento. 

Ovviamente non avevo la sfera di cristallo e non potevo sapere se mi aveva detto la verità, ma mi fidavo.

"Anche molte ragazze sono così" dovetti ammettere "Però ci sono anche quelle che aspettano semplicemente che arrivi quello che reputano giusto" aggiunsi riferendomi a me.

Mai una volta avevo baciato qualcuno semplicemente per divertimento o per aggiungerlo alla lista. Che senso aveva?

"Tu sei una di queste vero?" chiese con un sorriso "Non ti ci vedo a provarci con il primo che passa"

"È così…sono convinta che anche un semplice bacio vada dato a qualcuno che si reputa importante" spiegai confermando la sua ipotesi.

"Quindi io sono importante se sono riuscito a strapparti un bacio?" sussurrò nel mio orecchio.

Aveva posato una mano sul mio ginocchio e una dietro di me, in modo da sporgersi quel tanto che bastava da avere le labbra a qualche centimetro dalle mie.

"Lo sei…" ammisi "tu non li devi nemmeno chiedere"

Detto questo sentii la morbidezza della sua bocca sulla mia, ferma immobile, come a gustarsi quel momento. Poi si mosse, accarezzando piano e senza chiedere di più. Era un bacio dolce, non privo di passione e desiderio, ma comunque esprimeva più amore che lussuria.

Andai a posare la mia mano sulla sua nuca, sfiorando appena i suoi capelli ed in quel momento allontanò le labbra dalle mie, rimanendo però vicino, così da sentire ancora il suo respiro su di me.

"Se mi dici così potrei approfittarmene…attenta…" mormorò con una voce leggermente bassa e profonda.

Con quel tono doveva stare attento lui perché mi faceva venir voglia di saltargli addosso.

Sorrisi appena e mi accoccolai sulla sua spalla, mentre lui mi teneva per la vita e con l'altra mano stringeva la mia. Non stavamo insieme ufficialmente, ma ingenuamente lo consideravo il mio ragazzo. Un po' per quel comportamento da fidanzatino modello, un po' perché ci speravo con tutta me stessa.

"La luna è quasi piena…per Ferragosto lo sarà del tutto, spero che non piova. Gemma mi ha detto se vogliamo andare al solito falò sulla spiaggia. Che ne dici?" chiesi.

Sapeva chi era Gemma, anche se non l'aveva mai vista né conosciuta, quindi non specificai. Gli avevo parlato di lei come mia amica e lui sapeva che un tempo era stata anche la ragazza di Edoardo. Non aveva avuto una buona fama in quel periodo, ma potevo capire che esternamente, dato il suo comportamento, non poteva rimanere simpatica. Gli avrei fatto cambiare idea una volta conosciuta.

"Direi che è d'obbligo il falò, è come il panettone a Natale! Irrinunciabile!" 

"Perfetto!" esclamai dandogli un bacio sulla guancia "Le dico che andiamo. Non vede l'ora di conoscerti" ammisi.

"Come i miei amici…" sospirò lui "Era la prima volta dopotutto, che gli parlavo così insistentemente di una ragazza" confessò guardandomi mentre le mie guance diventavano un po' rosse.

"Che…cosa ti hanno detto dopo avermi vista?" domandai un po' curiosa.

Lui sorrise tra sé e sé voltandosi verso la fine della banchina, dove un gabbiano si era appena appollaiato su una di quelle boe quadrate che dividevano il fiume dalle barche. 

"Gli piaci. Michele ha detto semplicemente che sei troppo per me ed io gli ho detto che ha ragione, ma che speravo tu non lo capissi mai…" ammise senza guardarmi.

Nemmeno io sarei riuscita a dire una cosa del genere guardandolo negli occhi. Nonostante ci fosse sa leggere tra le righe il concetto era chiaro. Non concordavo, ma perché ribattere su una cosa così dolce?

"Non è vero. Non sono certo perfetta, bellissima o intelligente più di te. Sono solo…"

"Sei perfetta ai miei occhi" finì lui per me, questa volta faccia a faccia.

Diamine, mi ero innamorata sul serio.

Come si può non perdere la testa per un ragazzo bello e dolce come lui? In più aveva altri mille pregi, come quella sua passione per la fisica. Una cosa stranissima a mio parere, ma mi piaceva quando cercava di spiegarmi una teoria strana o qualcosa che aveva appena letto. Era intelligente ed io amavo le persone con una mente brillante.

Che c'era di male nell'ammettere di essersi innamorata? 

Ancora non lo capivo, ma una parte di me si sentiva in colpa.

 

Per tornare a casa passammo dalla piazzetta nuova, una struttura a ferro di cavallo con porticati al piano terra ed appartamenti molto carini al primo. Bar, gelaterie e negozi erano ancora aperti e molti villeggianti se ne stavano seduti ai tavolini sistemati fuori.

Mano nella mano con Niccolò, che teneva anche Damon, costeggiavamo la piazza e pur essendo un gesto semplicissimo, apprezzavo molto il fatto che le nostre dita fossero intrecciate e soprattutto che fosse stato lui a cercare il contatto.

Ogni volta che incrociavo il suo sguardo pensavo che fosse solo uno scherzo della mia immaginazione. Era così incredibile averlo tutto per me. In meno di un mese mi ero affezionata a quel ragazzo in un modo impressionante. Ero partita con l'intento di non infatuarmi troppo, perché conoscendomi, se fosse finita male ci sarei stata malissimo ed invece avevo mandato a farsi benedire la ragione.

In quel momento era lì con me e non avrei dovuto desiderare altro, eppure c'era qualcosa che mancava: la sicurezza.

Cos'eravamo noi di preciso?

Stavamo insieme, oppure eravamo ancora in fase di rodaggio? E quanto doveva durare questo periodo?

Non ero il tipo da fare certe domande e quindi aspettavo che fosse lui a parlarmene.

"Torniamo verso casa?" domandai trovandoci all'incrocio.

"Sì, ho decisamente voglia di andare a letto e devo disfare la valigia" sbuffò "Avrò le camicie ridotte a delle palline raggrinzite" scherzò.

Ci avviammo in direzione opposta al mare ed in meno di cinque minuti arrivammo a destinazione.

Ale ancora non era tornato, quindi dovetti usare le mie chiavi. Appena aprii il cancello sganciai il moschettone del guinzaglio e lasciai andare Damon, che si sdraiò nel suo solito angoletto preferito.

"Vuoi una mano?" domandai riferendomi al bagaglio che stava sul lettino.

"Dimmi solo dove posso mettere le mie cose"

Il moro aprì la valigia e tirò fuori le sue amate camice, non molto stropicciate per fortuna. Le sistemai io, vicino alle mie cose e poi feci un po' di spazio per gli altri indumenti, al resto pensò lui. Sinceramente sarei diventata rossa come un peperone nel mettere a posto le sue mutande.

"Fatto?" chiesi seduta sul letto a gambe incrociate.

"No, manca il pigiama, ma lo lascio qua…tra un po' lo metto"

Si avvicinò al letto e salì sopra, portando me a sdraiarmi al suo fianco e lui disteso su un fianco con la testa sorretta da una mano.

"Dove dormi solitamente?" domandò.

Prese una ciocca dei miei capelli per riportarla al suo posto.

"A sinistra…ma fa lo stesso" 

Stavo per dormire con lui, nello stesso letto. Il mio cuore sembrava voler scoppiare e da quella posizione vedevo benissimo il mio petto salire e scendere ritmicamente.

La mano che prima teneva tra i miei capelli scese giù, accarezzando il collo facendomi rabbrividire, percorse l'interno del mio braccio e poi di fermò sulla vita, stringendomi e portandomi a cozzare con il suo corpo. Adesso anche io ero distesa su un fianco.

Niccolò sorrise, avvicinandosi al mio volto e poi mi baciò senza indugio e con passione. Le mie mani partirono da sole e andarono ad accarezzargli i capelli spingendolo in avanti. In un baleno mi trovai a cavalcioni sul corpo del moro, con le ginocchia intorno al suo torace e le mani sulle sue spalle. Tutto questo senza allontanare le nostre labbra, che ora si mordevano e si cercavano, come le nostre lingue intrecciate.

Il vestito che indossavo si era alzato un po' con tutto quel movimento e fu scostato ulteriormente dalle mani di Niccolò, che dalle mie ginocchia era risalito fino alle cosce, soffermandosi un po' e poi andando oltre. Anche le mie carezze si erano spostate dalle spalle al suo petto.

Mi era mancato terribilmente in quei giorni e nonostante non fossi una ragazza con gli ormoni in subbuglio, che saltava addosso al primo che passava, in quel momento sembravo proprio in quel modo. Avevo timore di quello che poteva accadere dopo, Niccolò mi piaceva tantissimo, ma avevo lo stesso il presentimento che era troppo presto. Eppure lì mi ero buttata a capo fitto su di lui senza pensarci troppo.

A Niccolò non sembrava dispiacere, ma non gli piacque per niente quando sentimmo la porta di casa aprirsi e la voce di Ale.

"Sono a casa! vestitevi!" urlò divertito prima di apparire sulla soglia della porta, che io avevo lasciato aperta.

Tornai seduta compostamente, ricomponendomi per quanto fosse possibile.

"Siamo vestiti scemo" risposi scuotendo la testa.

"Sai non ci tengo a beccarvi in atti poco casti" rise sotto i baffi.

Niccolò si alzò con il busto e mi imitò, ridendo anche lui.

Mio cugino se ne stava poggiato al muro tutto sorridente, conscio di aver interrotto qualcosa e con l'evidente espressione di chi ne è fiero. Non avevo fratelli protettivi verso di me, ma lui ne era un valido sostituto e pensare che Enrico era anche peggio.

"Poi sarei stato costretto ad ucciderti" continuò rivolto a Niccolò, che stette allo scherzo.

"Non pretenderai che non la baci mai per farti contento! Scordatelo, è pur sempre la mia donna!" 

Io ridacchiai e lo baciai all'angolo della bocca.

"Me ne farò una ragione…dimenticavo che le coppie all'inizio sono tutte sdolcinate" alzò gli occhi al cielo e ci voltò le spalle.

Sembrava se ne volesse andare, ma si fermò e si girò verso di noi "Io dormo qua a fianco…niente scherzi!" ci minacciò serio trattenendo però un sorriso.

Gli lanciai un cuscino dietro alzandomi in piedi sul letto e riuscii a farlo andare via lasciando solo l'eco della sua risata. Si stava semplicemente godendo quella novità. Le cose nuove attraggono e dato che Niccolò si poteva considerare il mio primo ragazzo, Ale si divertiva a prendermi in giro. Sapeva bene che mai avrei fatto qualcosa quella notte.

Niccolò era pure fortunato dato che erano amici, fosse stato uno sconosciuto si sarebbe sorbito anche un bell'interrogatorio. Ho una famiglia pazza, ma sono felice che si preoccupino così tanto per me.

"Ho il presentimento che non scherzi"  mormorò in ginocchio, facendomi ricadere sul letto.

"Ma no, è innocuo" lo rassicurai poco convinta "E solo che non è abituato…non ho mai avuto un ragazzo…cioè, tu…sì, insomma…" l'avevo definito il mio ragazzo, quando mai avevamo affrontato l'argomento.

Ero una stupida. Abbassai lo sguardo con una gran voglia di scappare via. E se mi avesse detto che non era il mio ragazzo? 

"Dormo a casa tua, nel tuo letto. Ci vediamo da un mese…io voglio stare con te" sussurrò.

Sentii le sue dita sul mio mento e delicatamente mi fece voltare guardandomi dolcemente.

"Sei la mia ragazza, non dubitarne mai" disse serio.

"Mi sei piaciuta da subito, forse è stato quel tuo viso angelico, forse la tua semplicità. Poi siamo usciti insieme e conoscendoti ho avuto la conferma: mi piacevi molto. Mi piace stare con te e mi sei mancata più di qualsiasi altra cosa durante questi giorni, tanto che credevo di essere impazzito!" gli uscì un risolino un po' strano.

Quindi anche lui si imbarazzava ogni tanto.

Gli diedi un bacio a fior di labbra e sorrisi con le guance ancora rosse.

Era sublime sentirsi dire quelle cose.

"Posso finalmente presentarti come mio ragazzo?" gli sorrisi entusiasta.

"Se non lo fai avremmo dei problemi, dato che io farò così…non vorrei passare da scemo" scherzò accarezzandomi le guance con i pollici e tenendomi stretto il viso, avvicinandolo al suo.

"Allora vedrò di non far passare il mio ragazzo uno scemo…" sorrisi prima di baciarlo.

"Grazie" mormorò tra un bacio e l'altro.

Posava le sue labbra sulle mie e poi le ritirava, facendomi sorridere e mugolare infastidita. Era un gioco piacevole dopotutto, ma mi gettai su di lui, facendolo sdraiare sul letto e ridere divertito.

Prima che riuscissi a baciarlo il telefono iniziò a squillare e sapevo bene chi fosse.

"Scusami, devo rispondere o mandano la CIA a cercarmi" scherzai alzandomi dal letto.

Frugai nella borsa e avevo ipotizzato bene.

"Ciao mamma" esclamai sedendomi sul letto.

«Ci siamo imbarcati adesso tesoro, va tutto bene lì?»

Erano partiti da tre ore nemmeno e già si preoccupava.

"Certo, stiamo per andare a letto." omisi il fatto che non dormivo con nessuno dei miei cugini "Tranquillizza anche la zia" aggiunsi conscia del fatto che era lì ad ascoltare.

«Dormi con Ale?» 

Mentivo poco a mia mamma, quasi mai e solo per cose futili e da adolescenti, ma quella volta la dissi veramente grossa.

"Certo, dormiamo in camera mia tutti e tre" esclamai cercando di essere convincente.

Non mentivo spesso anche perché ero una frana nel farlo e venivo scoperta subito.

«Va bene, ci sentiamo domani allora»

"Ok, ma non chiamate presto! Voglio dormire!" scherzai.

La nave arrivava alle 7,30 di mattina ed io avevo intenzione di rimanere a letto per qualche ora in più.

"Buona notte" salutai e riattaccai.

Mi voltai e vidi Niccolò sghignazzare.

Alzai un sopracciglio confusa ed incrociai le braccia al petto.

"Non potevo dirgli che dormivo con te!" sbuffai intuendo il motivo di quella sua reazione.

"Immagino, gli verrebbe un colpo" scherzò scendendo dal letto "Mettiti il pigiama dai" mi diede un bacio sulla tempia e andò a recuperare il suo.

Si sarebbe cambiato lì? Be', ovvio, non è che poteva andare da un'altra parte e poi sarebbe stato come vederlo in costume. No, non era lo stesso perché era la situazione che rendeva differente tutto. Se non avessi finito di fissarlo mi avrebbe presa per una maniaca dato che lo stavo mangiando con gli occhi.

Era difficile non farlo quando colui che ti piaceva oltre ogni limite di decenza si stava togliendo la maglia.

Con tutta la buona volontà del mondo distolsi lo sguardo da quel paradiso personale e aprii il cassetto dove stava il mio pigiama. L'unico estivo che possedevo. Canotta nera con la faccia stilizzata di Hello Kitty sul davanti, in basso e pantaloncini corti violetto chiaro. Un acquisto fatto nell'ultima gita insieme a tutte le mie amiche. Avevamo una bellissima foto nella nostra camera vestite tutte con quel pigiama ed era stata subito sviluppata ed incorniciata.

"Vado a prendere un bicchiere d'acqua" dissi per trovare una scusa plausibile per uscire.

Non mi voltai nemmeno, conscia che se l'avessi visto ancora una volta a torso nudo non sarei più riuscita ad andarmene. Niccolò rispose un ok un po' strano, ma io avevo già varcato la porta.

Andai prima in bagno e feci quello che in camera non ero riuscita a fare, cioè togliermi il reggiseno. Sarei arrossita come un pomodoro se l'avessi fatto di fronte a Niccolò. Lo misi nella tasca del mio accappatoio e andai in cucina. Avevo bisogno d'acqua.

In cucina trovai Ale, che si riempiva un bicchiere, esattamente come stavo per fare io. Senza chiedere niente ne presi uno e lo portai vicino al suo con l'evidente richiesta di mettere l'acqua anche lì.

"Pigiama anti sesso?" chiese squadrandomi ben bene "Hello Kitty Giuli?" chiese retoricamente.

"Perché? No…comunque sai bene che no farò niente dai, finiscila" risposi un po' tesa.

Avevo il corpo che mi diceva una cosa e la mente quella opposta e non sapevo quale delle due lasciare andare.

"Calma, se ci prova e non vuoi io sono qua" mi disse con un sorriso "Ma non lo farà…noi uomini non siamo così fissati come pensi, sappiamo aspettare se qualcuna ci interessa" il suo sguardo non era dei soliti derisori, sembrava serio.

Era passato un mese e non c'erano stati avvenimenti che mi avrebbero potuto dimostrare il contrario. Niccolò mi aveva capita a dir suo e non mi aveva mai forzata a fare qualcosa. Ci eravamo sempre limitati al bacio.

"però i pantaloncini anche se non c'erano eh…" commentò guardandomi il fondoschiena.

"È agosto…dovevo mettermi la tuta da sci?" risposi sorridente.

Io avevo sempre caldo, già dormire con quella specie di mini pigiama era una sofferenza. Insomma io mettevo al massimo una canottiera oltre alla biancheria intima.

"Anche se…non devi per forza negarti qualche piacere" ammiccò facendomi avvampare "tanto lo sai, quando dormo non mi svegliano nemmeno le cannonate!"

Annuii scappando da lì "Buonanotte!" dissi tornando in camera chiudendo la porta alle spalle. Se non lo avessi fatto chissà dove saremmo andati a finire con quel discorso. Poi io non ero il tipo che ne parlava con scioltezza.

Quando vidi ciò che mi aspettava davanti mi venne da sorridere. Il letto era già pronto ed era stato lui. Possibile trovarlo sexy anche con il pigiama? Una semplice canotta bianca e un paio di pantaloni blu, ma per me era magnifico.

"Se sai anche stirare ti sposo!" esclamai senza pensarci.

"Scegli la data" rispose lui ridendo.

Salii sul letto con le parole di Ale che mi ronzavano in testa. Più o meno erano state le stesse di Vale, ma lei era mia amica e sapevo com'era fatta. Sentirsi dire da mio cugino che potevo confermi qualcosa era strano perché solitamente lui era protettivo verso di me.

Fu Niccolò a farmi sdraiare completamente, sovrastandomi quasi per intero, guardandomi intensamente e con quell'espressione magnifica stampata in faccia. L'avrei assalito in meno di due secondi.

"Il pigiama di Hello Kitty…" sogghignò percorrendo con l'indice il contorno della stampa.

Mi faceva il solletico, ma c'era anche altro. Iniziavo ad avere caldo e non era la temperatura, ma un mix di pensieri e di  sensazioni che iniziavo a sentire, nuove e più nitide che mai.

"È l'unico che ho portato" dissi ingenuamente con voce strozzata.

"Mi piace…" 

Lo vedevo e non me ne dispiaceva. Il dito, che prima sfiorava la pancia ed il fianco, in quel momento era diventata una mano, posata sulla vita, che faceva su e giù fino alla coscia e poi sempre più in alto. Forse non avrei dovuto togliete il reggiseno, si vedeva che non lo portavo, ma era fastidioso dormirci.

Era una sensazione strana, dovuta forse da una nuova situazione in cui trovavo; in camera da letto con un ragazzo che mi piaceva a dismisura e che mi aveva appena detto di considerarmi la sua ragazza.

L'attrazione fisica era palpabile, anche se io continuavo a stare immobile. Lui ovviamente sapeva meglio di me cosa fare e quando posò le labbra sulla mia clavicola le mani si mossero involontariamente verso i suoi capelli. I piccoli baci che mi posava sembravano disegnare una collana intorno al mio collo, una che comprendeva anche un pendente evidentemente, perché la sua bocca si spostò verso il basso, sullo sterno. 

Mi uscì un mugolio strano. Approvazione, piacere, non saprei dire con certezza cosa significasse. Evidentemente per Niccolò fu come un lasciapassare e si sistemò tra le mie gambe facendomi piegare le ginocchia in alto, a fianco del suo bacino.

Lo tirai a me con le mani sul suo collo e gli diedi un bacio profondo. Sentivo il bisogno di quel contatto, di sentirlo mio. Ci baciammo a lungo, mentre sentivo le mani di Niccolò percorrere ogni centimetro del mi corpo fino a quando una non si chiuse sul mio seno sinistro. Mugolai di nuovo abbandonando la sua bocca.

Sorrise lasciando la presa sul mio corpo.

"Mi sono lasciato andare un po' troppo?" chiese a pochi centimetri dal mio volto.

"No!" esclamai con entusiasmo facendolo ridere.

Quando si dice che spesso l'istinto parla prima della ragione. Quello era uno di quei casi. Mi piaceva da morire quello che stava facendo e non avevo più quel timore delle prime volte, quando temevo che volesse solo divertirsi con me. Fatto con sentimento, ogni cosa aveva un valore.

"Allora continuo se non ti dispiace…" sghignazzò.

Se non fossi stata così timida gli avrei urlato un "Sì, ti prego" a pieni polmoni, ma mi limitai ad annuire e a sospirare quando le sue mani tirarono verso l'alto la canottiera, fin sotto il petto, senza però andare oltre.

Io a quella lingua e a quelle labbra, che tormentavano la mia pelle, gli avrei eretto un monumento in oro massiccio. Non che avessi un'esperienza da poter dire che fosse il più bravo, ma per me lo era.

Risalì verso la mia bocca e da dove si erano interrotti i suoi baci, riprese la mano, improvvisando carezze intono all'elastico dei pantaloncini. Sapevo dove saremmo andati a finire e non desideravo altro dato che mi sembrava di prendere fuoco. Stavo iniziando a comprendere i molti racconti di Valentina.

"Se non vuoi dillo" sussurrò al mio orecchio con una tale sensualità che solo una stupida lo avrebbe fermato.

Dato che le parole sembravano non voler uscire deicidi di farglielo capire a gesti.

Presi la sua mano e la posai sul mio fianco, ma sotto i pantaloncini, calandoli un po'. 

Niccolò mi sorrise e tornando a baciarmi di nuovo, scese con le labbra fino al mio ombelico, prendendo entrambi i lati dell'elastico per tirarlo giù fino alle mie caviglie lasciandomi con dei semplici slip color carne con un nastrino sottilissimo che si chiudeva con un fiocchetto sul davanti.

Arrossii per il modo in cui continuava a guardarmi e la tentazione di tirare giù la maglia era tanta, ma non lo feci, bastò un suo bacio lieve a farmi tranquillizzare.

"Non voglio fare niente che tu non voglia, quindi se vuoi dormire basta che tu lo dica, anche se non ti nascondo che sto impazzendo per te in questo momento"

Non è quello giusto per te…

Perché mi venivano in mente quelle parole? 

No, lui era quello giusto o almeno lo credevo. Affermarlo con certezza era da stupidi. 

Scacciai via quella stupida vocina appena apparsa nella mia testa e risposi al bellissimo ragazzo che avevo di fronte.

"Io lo voglio" dissi dolcemente.

Non ero pronta per donargli tutta me stessa, ma sentivo il bisogno di passare al livello successivo con Niccolò. Sentivo che non era sbagliato. Mi piaceva, provavo dei sentimenti per lui.

Niccolò sorrise malizioso e quando mi mordicchiò il lobo dell'orecchio la mia bocca si aprì in un sospiro muto sentendo la sua mano avventurarsi nella mia intimità.

Quella notte ringraziai il cielo che i miei cugini avessero il sonno veramente pesante perché qualche sospiro e mugolio purtroppo non riuscii a trattenerlo. Ero contenta di ciò che avevo fatto e lì, con la testa sul cuscino, rivolta verso quel volto rilassato ed addormentato ero certa di una cosa: mi ero innamorata e non avrei più frenato ciò che provavo. Era da sciocchi nascondere i sentimenti ad una persona che non faceva niente per celarteli.

  
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