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Autore: Elos    04/12/2011    4 recensioni
- Vieni con me. - gli aveva detto lei. - Non c'è nulla per cui valga la pena di restare qui.
E il Drago l'aveva saputo anche in quel momento, sì, che lei aveva ragione: solo, era stato troppo vigliacco per poterlo ammettere. [...]

Prima Classificata al concorso "The Indoors Fantasy" indetto da schwarzlight.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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. cinque



L'odore di fumo e sangue si era fatto più forte con il trascorrere del tempo. Era stato mattino quando la ragazzina era arrivata correndo. Si era addormentata a mezzogiorno, svegliata nel pomeriggio. Aveva catturato un grosso ragno e l'aveva pulito, privato delle zampe, cotto, trangugiato. Aveva bevuto, assetata, lo sgocciolio umido di una stalattite in fondo alla grotta. Si era riaddormentata e il Drago l'aveva tenuta tra il fianco e la coda, al sicuro, al caldo, muovendosi poco per lasciarla riposare. Al mattino il Drago aveva aperto gli occhi e aveva scoperto che la ragazzina era in piedi, e si rassettava gli abiti, e parlava di voler uscire fuori.
- Voglio solo guardarmi intorno. - aveva detto.
Il Drago avrebbe voluto tenerla con sé nella grotta, ma non poteva.
Era rimasto per ore e ore e ore con il capo levato verso l'imboccatura della caverna, così, a fissare un semicerchio di cielo striato di fumo scuro, fetido, con il sentore della morte a viaggiarci dentro: ed al tramonto, quando ormai aveva cominciato a credere che la ragazzina fosse stata uccisa, che non sarebbe più tornata, lei era ricomparsa. Sullo sfondo del crepuscolo era stata una figurina nera sul viola.
- E' tutto bruciato. - aveva detto. Il Drago le aveva trovato un pipistrello: i pipistrelli erano molto meglio dei ragni, e la ragazzina aveva spolpato le piccole ossa una ad una, avidamente, aveva succhiato la cartilagine fino a lasciarne poco e niente. - Non solo il mio villaggio, ma anche quello accanto. E quello dopo. Dalla collina si vede fino ad Acquaviva, ed è tutto bruciato.
Il Drago era incerto e confuso:
- Perché dovrebbero fare una cosa del genere? Non sono soldati del vostro re, questi?
La ragazzina suonava incerta come lui, ma pareva molto meno confusa:
- Forse abbiamo pagato poche tasse.
- Come hai fatto a scappare via? - le aveva chiesto il Drago.
La ragazzina aveva alzato la testa. L'aveva fissato. Aveva la bocca sporca di grasso di pipistrello, di fuliggine, di cenere. Odorava di sangue.
- Ho mirato allo stomaco. - aveva detto, pianamente. - Loro non si sono rialzati.

Quella notte l'aveva sentita lamentarsi e gemere, piangere.
L'aveva circondata con la coda, aveva aperto un'ala per ripararla: il fuoco che ardeva, incendiando la roccia annerita nel mezzo della caverna, si rifletteva sulle sue scaglie con uno scintillio ardente, feroce, di un vividissimo rosso.
Le aveva mormorato cose dolci e cose gentili, alla ragazzina del Male Bianco, finché il suo sonno non era tornato quieto.

Il giorno dopo si era svegliato e lei era nuovamente in piedi: solo, stavolta teneva tra le mani la sua spada spoglia.
Il Drago l'aveva fissata e si era irrigidito. Per un attimo aveva rammentato tutti quei cavalieri che si erano infilati nei suoi rifugi nel corso dei secoli per cercare di ucciderlo; si era ricordato che la punta della spada di certo non sarebbe passata oltre le sue scaglie dure come la pietra, però nel mezzo di uno dei suoi occhi molli, lì, be', lì sì. Dagli occhi al cervello, nella testa di un Drago, c'era un soffio di spazio. Ma quella era la sua ragazzina, non un cavaliere, e la sua ragazzina non gli avrebbe fatto del male.
- Hai detto che era mia. - aveva detto lei, subito, sulla difensiva. - Che potevo prenderla.
Il Drago aveva annuito:
- Sicuro.
- E se la volessi portare fuori di qui?
Fuori di lì non c'era niente, si era detto il Drago. Fuori di lì era bruciato tutto. Fuori di lì l'avrebbero uccisa, alla ragazzina pallida del Male Bianco, e le avrebbero tolto la spada.
- Per farci cosa?
Lei l'aveva fissato in silenzio per un lungo istante, prima di chinare il capo. Dietro al velo dei suoi pallidissimi capelli il Drago riusciva a vedere anche nella penombra quieta della grotta la forma affilata del suo viso, la piega liscia della sua espressione.
- Hai detto che una volta c'era un Buon Re.
Il Drago capiva che era un momento delicato, quello. Tutti i momenti delicati richiedevano risposte molto caute.
- L'ho detto, sì.
- Un Buon Re avrebbe fatto quel che ha fatto il re ora?
- No. No, un Buon Re non l'avrebbe fatto. Neanche il Buon Re degli uomini.
- Non è giusto.
- Molte cose non sono giuste, ragazzina.
- Questa lo è meno delle altre. - aveva detto lei, e la sua voce si era come infiammata. - Hai detto che il mondo, adesso, va peggio di quando sei sceso qui. Hai detto che anche prima non era un bel mondo, ma ora è peggiorato, va solo peggiorando. Hai detto che il re dovrebbe dire qualcosa. Dovrebbe fare qualcosa. Perché il re non fa qualcosa?
Il Drago si era sporto verso di lei, cautamente, smuovendo la pila di monete d'oro e di bronzo sulla quale giaceva:
- Non posso saperlo, ragazzina.
Lei aveva sollevato la spada:
- Io sto andando a chiederglielo.
L'avrebbero ammazzata, aveva pensato il Drago. L'avrebbero ammazzata, gliel'avrebbero ammazzata, la sua ragazzina, che non avrebbe fatto cinque metri senza essere uccisa e aperta come un maiale, senza che finissero di bruciarla, senza che le facessero altro, che in un certo senso sarebbe stato peggio che ucciderla. Gli uomini si facevano cose terribili tra di loro. Il Drago non voleva che le facessero a lei.
- Questa è la madre di tutte le idee stupide. - aveva sentenziato.
La ragazzina aveva scrollato le spalle. Il Drago l'aveva vista armeggiare per rimettere la spada nel fodero – perché le avevano trovato un fodero, nel mucchio di antichi tesori, e lei aveva fatto altri buchi alla cintola per poterla stringere a sufficienza – e non aveva resistito, le aveva detto:
- E' un suicidio.
La ragazzina si era chinata e aveva raccolto dalla pila un elmo: era troppo grande per lei, troppo grosso per la sua testa piccola, per le sue spalle magre, come un'enorme pentola rovesciata sul cranio di un bambino.
- Non sai neanche dove cercarlo, il re.
- Chiederò.
- Tu non sei un soldato. Quelli lì fuori sono soldati. Ti faranno a pezzi. A pezzettini piccolissimi. Tu non vuoi morire, ragazzina, vero?
Lei aveva girato la testa. Aveva guardato l'imboccatura della grotta e il Drago aveva visto che il cielo oggi era più limpido, più chiaro. C'era un odore diverso nell'aria.
Aveva mormorato pianissimo:
- Non posso restare qui dentro.
Quando si era voltata di nuovo verso di lui, il Drago aveva visto il cielo riflesso sulla sua faccia, la luce azzurra, i bordi rossi dell'alba, il riflesso pallido delle nuvole. Gli era sembrato di sentirli cantare dietro al viso della ragazza-bambina, la bambina del Male Bianco, mentre lei protendeva le mani verso il Drago e lo pregava:
- Vieni con me.
E poi:
- Non c'è nulla per cui valga la pena di restare qui.
Il Drago aveva ringhiato:
- Venire dove? Fuori? E perché?
- Non c'è nulla in questa grotta. - aveva bisbigliato lei. - Fuori c'è il cielo. C'è il vento. Non vuoi più uscire? Non vuoi più combattere?
Il respiro del Drago si era levato come un sibilo nella caverna buia:
- Io sono Drago. Noi siamo il Drago. Non ci mescoliamo agli umani. Non abbiamo a che fare con le loro guerre.
Lei gli si era avvicinata e il Drago si era ritratto – per istinto. Aveva capito tutto ad un tratto di averla lasciata avvicinare troppo in quei giorni, in quei mesi, di essersela presa troppo vicina. La ragazzina aveva alzato la testa per poterlo guardare negli occhi, con la medesima, immutata, assoluta mancanza di paura che aveva avuto anche quel primo giorno, quella prima volta, e aveva bisbigliato ancora:
- Hai detto che siete rimasti da soli. Non vuoi vedere com'è essere in tanti?
- Non siamo più in tanti.
- Gli umani lo sono. Gli umani sono tanti. Non devi più stare da solo.
- Voi siete umani. Io sono Drago.
Le mani della ragazzina gli si erano posate su un artiglio, e il Drago aveva ricacciato indietro la tentazione di ruggire, di sputare fuoco, di arderla. Gli sarebbe bastato soffiare e di lei non sarebbe rimasta che cenere.
- Io vado a cercare il re. - gli aveva detto lei. - Per chiedergli che fine ha fatto il Buon Re. Per chiedere giustizia. Vieni a chiedere giustizia con me, Drago.
Il Drago era rimasto in silenzio per un lungo istante. Una volta di più il soffitto aveva cercato di stringerglisi addosso. Il Drago aveva ricordato l'odore che aveva avuto il vento, un tempo, il sapore dell'acqua di mare quando aveva volato appena sopra le onde e, anche se ora forse il mare si era spostato, anche se ora forse l'acqua scorreva in un altro modo, certo non poteva essere poi cambiata molto la fragrante, acuta carezza dell'erba imperlata di rugiada nell'alba.
Aveva ricordato tutte le cose che la grotta non conteneva, tutte le cose che aveva perduto, e si era sentito bruciare.

Il Drago si era girato, lentamente, arrotolandosi la coda attorno per farsene scudo contro la ragazzina e la sua voce. Aveva serrato le ali contro il busto per resistere alla tentazione di spalancarle e aveva bofonchiato:
- Vattene.
Non si era girato per guardarla allontanarsi: aveva sentito il silenzio dietro di sé, a lungo, e poi il rumore dei suoi piccoli, piccolissimi piedi che smuovevano appena i sassi mentre usciva dalla grotta.
Il Drago aveva chiuso gli occhi.






Note: Con (mio) infinito gaudio, ne approfitto per comunicare che sembra che io stia producendo un seguito per questa storia. Il tono è molto più orientato al fantasy classico e molto meno orientato al fiabesco, sembrerebbe, e non ho alcuna garanzia dei tempi (né certezza dell'effettiva conclusione di siffatta impresa x°D), ma minacciare nuovi parti della mia grafomania compulsiva mi diverte sempre.

Il prossimo capitolo sarà anche l'ultimo: tutti i singoli ringraziamenti, perciò, si spostano lì. Nel frattempo, un grazie collettivo a tutti voi che leggete.
  
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